La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 1 ottobre 2015

Renzi boccia il reddito di cittadinanza. Dice che l’Italia non ne ha bisogno

di Antonio Sciotto
Il red­dito di cit­ta­di­nanza «credo che non sia quello di cui abbiamo biso­gno. La nostra costi­tu­zione parla di diritto al lavoro. Il nostro dovere innan­zi­tutto è creare lavoro». Con que­ste parole ieri il pre­si­dente del con­si­glio Mat­teo Renzi ha boc­ciato l’idea di un asse­gno di soste­gno a chi non lavora, cavallo di bat­ta­glia di M5S e Sel ma che ha fatto brec­cia anche nel cen­tro­de­stra, ad esem­pio in parti di Forza Ita­lia. Dall’altro lato, però, il pre­mier ha annun­ciato «misure con­tro la povertà infan­tile» nella legge di Stabilità.
La gior­nata poli­tica, sul piano del main­stream, è stata carat­te­riz­zata da un forte bat­tage pro­pa­gan­di­stico sul Jobs Act, soste­nuto dai dati posi­tivi su ago­sto dif­fusi dall’Istat.
Ecco i dati, tutti con il segno “più”, anche se la mag­gior parte dei con­tratti resta comun­que a ter­mine: dopo la cre­scita di giu­gno (+0,1%) e di luglio (+0,3%), ad ago­sto la stima degli occu­pati cre­sce ancora dello 0,3% (+69 mila), ha comu­ni­cato l’Istat. Que­sta cre­scita, secondo l’istituto di sta­ti­stica, è deter­mi­nata dall’aumento dei lavo­ra­tori alle dipen­denze (+70 mila), in pre­va­lenza a ter­mine (+45 mila). Il tasso di occu­pa­zione aumenta dello 0,2%, arri­vando al 56,5%. Su base annua l’occupazione cre­sce dell’1,5% (+325 mila per­sone occu­pate) e il tasso di occu­pa­zione dello 0,9%.
Posi­tivi anche i dati sulla disoc­cu­pa­zione: la stima dei disoc­cu­pati ad ago­sto dimi­nui­sce dello 0,4% (-11 mila). Il tasso cala dello 0,1%, pro­se­guendo il calo del mese pre­ce­dente (-0,5%) e arri­vando all’11,9%. Nei dodici mesi la disoc­cu­pa­zione dimi­nui­sce del 5,0% (-162 mila per­sone in cerca di lavoro) e il tasso di disoc­cu­pa­zione di 0,7 punti. Dopo il calo di giu­gno (-0,4%) e la cre­scita di luglio (+0,6%), la stima degli inat­tivi tra i 15 e i 64 anni dimi­nui­sce nell’ultimo mese dello 0,6% (-86 mila per­sone inat­tive), tor­nando al livello di giugno.
Il pre­mier prende subito la palla al balzo, e ovvia­mente twitta dopo pochi minuti dalla dif­fu­sione dei dati: «Istat. In un anno più 325mila posti di lavoro. Effetto Jobs act. #ita­lia­ri­parte #lavol­ta­buona», scrive Renzi.
La seconda pun­tata si spo­sta su Face­book: «I dati Istat cer­ti­fi­cano che il Job­sAct fun­ziona — spiega il pre­mier in un post — In un anno abbiamo recu­pe­rato 325 mila posti di lavoro, ago­sto su ago­sto. La disoc­cu­pa­zione che era quasi al 14% all’inizio dell’azione del Governo, adesso è sotto il 12%». «Le riforme danno frutti, l’Italia riparte. Avanti tutta, adesso — inco­rag­gia Renzi — C’è ancora molto da fare e pos­siamo farlo insieme, con la fidu­cia di chi sa che appar­te­niamo a un grande Paese, forte e orgo­glioso. Viva l’Italia».
E non basta, per­ché il mes­sag­gio viene riba­dito una terza volta, in tv. Renzi viene infatti inter­vi­stato dal Tg3 dopo una gior­nata di pole­mi­che sulla nuova «Tele­ka­bul» e gli attac­chi del Pd (in par­ti­co­lare di Michele Anzaldi) a Rai 3 e alla sua testata.
«Ci hanno rac­con­tato che il Jobs Act avrebbe tolto diritti — ha spie­gato Renzi al tg diretto da Bianca Ber­lin­guer — Se pen­siamo che nel giro di un anno gra­zie al Jobs Act ci sono 325 mila per­sone che hanno avuto un posto di lavoro, direi che dob­biamo essere sod­di­sfatti e rimet­terci al lavoro». «Da quando è stato appro­vato il Jobs Act — ha aggiunto il pre­mier — abbiamo un +36% di con­tratti sta­bili. Cre­scono anche i mutui. L’Italia piano piano si sta rimet­tendo in moto».
Dall’opposizione arriva il tweet pole­mico di Mat­teo Sal­vini (Lega): «Disoc­cu­pa­zione 11.9%, Renzi esulta.. 4 milioni di disoc­cu­pati, molti ras­se­gnati, 40.000 negozi chiusi nel 2015.. Flat tax 15%, e si riparte!». All’attacco anche Renato Bru­netta (Fi): «Basta frot­tole! — twitta — Posti aumen­tano solo se c’è cre­scita del Pil, e non con costose par­tite di giro(o di rag­giro) come il Jobs Act».
I Cin­que­stelle pole­miz­zano con­tro la scelta di varare misure anti povertà anzi­ché un red­dito di cit­ta­di­nanza, per­ché quest’ultimo è «lavoro con dignità».
Cgil e Uil met­tono in guar­dia dal dif­fon­dere otti­mi­smo: «I dati sono legati agli incen­tivi», spie­gano. E Cesare Damiano (Pd), pre­si­dente della Com­mis­sione Lavoro della Camera, chiede infatti di «ren­derli strut­tu­rali per evi­tare una bolla».

Fonte: il manifesto 

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