La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 31 dicembre 2015

Stefano Rodotà: una falsa democrazia anticipa il nuovo regime

Intervista a Stefano Rodotà di Andrea Fabozzi 
«Il populismo è una spiegazione troppo semplice. I partiti tradizionali non riescono più da tempo a leggere la società. Non è populismo, è crisi della rappresentanza». L’intervista con Stefano Rodotà comincia dal giudizio sui risultati elettorali in Francia e Spagna. «In entrambi i casi il bipolarismo va in crisi. Ma in Francia il fenomeno assume tinte regressive. Lì il Front National coltivava da tempo il disegno di sostituirsi ai due grandi partiti in crisi, ed è stato facilitato dalla rincorsa a destra di Sarkozy e Hollande, che hanno finito per legittimare Le Pen. In Spagna Podemos ha interpretato un movimento reale, quello degli Indignados, e ha predisposto uno strumento di tipo partitico per raccogliere il fenomeno. Il risultato pare essere un’uscita in avanti dal bipolarismo».

Perché è utile una Commissione di inchiesta parlamentare sulle banche

di Alfonso Gianni 
Contrariamente all'opinione espressa da Fabrizio Cicchitto e da Pierferdinando Casini non vedo obiezioni sufficienti per respingere l'ipotesi della istituzione di una commissione di inchiesta sulla vicenda delle banche salvate dal provvedimento governativo e sulla truffa subita dai sottoscrittori dei bond. D'altro canto la conclusione del dibattito sulla mozione di sfiducia intentata nei confronti della ministra Boschi non avrebbe potuto avere altro esito data la forza dei numeri.
Tanto più che Forza Italia si è sfilata dal voto. Resta però da chiedersi se era il caso di esporre l'opposizione a una sconfitta annunciata. La mozione di sfiducia individuale è uno strumento da maneggiare con molta cura. Richiede la capacità di argomentare le accuse in modo talmente efficace e circostanziato da potere fare breccia nello schieramento avversario. E, onestamente, non è ciò che è andato in scena a Montecitorio.

Tsipras: «Vi spiego cos’è oggi una sinistra europea»

di Teodoro Andreadis Synghellakis 
«Politica di sinistra vuol dire lottare per proteggere le pensioni, per la difesa dei più deboli, per il diritto al lavoro, per ristabilire la giustizia e la democrazia». È con questa frase che Alexis Tsipras ha aperto un suo recente articolo sul quotidiano di Atene Efimerìda ton Syndaktòn. In questa sua riflessione, nell’ultimo mese di un anno denso di eventi e spesso difficile, il premier greco ripropone con chiarezza il suo pensiero: la sinistra deve saper affrontare sfide complesse, costruire soluzioni alternative, giorno per giorno, passo dopo passo, cercando alleanze politiche e sociali. Senza farsi tentare dal comodo e facile richiamo del ritorno o dell’eterna permanenza all’opposizione. Ed è per questo che abbiamo deciso di riproporre ai lettori del manifesto questa riflessione a tutto campo del leader di Syriza.

Il nuovo e il possibile

di Stefano Bartezzaghi
Nello scorso novembre il ministro Giuliano Poletti ha affermato, con le libertà sintattiche concesse dal discorso orale: «Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come unico riferimento il rapporto ora/lavoro, ma misurare l'apporto dell'opera: la misurazione ora/lavoro è un attrezzo vecchio che frena rispetto a elementi di innovazione». Ricorderete tutti le obiezioni suscitate da queste parole, nel merito. Da un certo punto di vista è anche interessante notare come l’evocazione di un fatto incontestabile (il cambiamento strutturale dei tempi di lavoro e più in generale del tempo sociale) in politica prenda subito un valore diverso. È lo stesso meccanismo per cui la formula della «giustizia giusta», incontestabile come tutte le tautologie, stava per una campagna molto forte e del tutto contestabile. Quando qualcuno evoca un fatto ovvio in un contesto politico la domanda è: dove vuole arrivare? Non è dietrologia, è il contrario: vedere verso quale obiettivo futuro sta mirando.

Ci riprenderemo i diritti del lavoro ferito

Intervista a Susanna Camusso di Antonio Sciotto
Segretaria Camusso, il bilancio 2015 secondo la Cgil è positivo o negativo?
"Se consideriamo che ci sono alcuni milioni di lavoratori senza contratto e che, come milioni di pensionati e altre famiglie, non partecipano della cosiddetta “ripresa”, se guardiamo i dati della disoccupazione in particolare di quella giovanile, il bilancio non può essere positivo. Ma è anche vero che ci sono buone premesse per il 2016: nonostante i tentativi di blocco abbiamo rinnovato alcuni contratti e con Cisl e Uil abbiamo aperto una vertenza sulle pensioni."
Sperate in qualche risposta dal governo?
"Credo che al presidente del consiglio non basterà celebrarsi sulla sua e-news per aver tolto l’articolo 18. Sulle pensioni abbiamo aperto una vertenza e cercheremo in tutti i modi di ottenere dei risultati."

A proposito dell'Italikum

di Felice Besostri
L’articolo di Panebianco (Corriere della Sera, 28.12. 2015) mi ha interessato in sommo grado in quanto sono un cittadino italiano e il coordinatore dei ricorsi presentati in 18 tribunali italiani per far accertare il diritto di votare secondo Costituzione: diritto, secondo i ricorrenti, minacciato dalla legge n.52/2015, come lo era dalla legge n. 270/2005( porcellum ). Quest’ultima legge è stata annullata su ricorso dell’avv. Aldo Bozzi, con la storica sentenza la n.1/2014 della Corte Costituzionale.
Proprio la circostanza di aver discusso davanti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Cassazione in quella vicenda mi ha motivato a riproporre le stesse doglianze nei confronti dell’Italikum. Se la mutata composizione della Consulta non dovesse riservare sorprese, dei 3 ultimi giudici solo il prof. Barbera si è espresso a favore della nuova legge, resta il motivo principale di incostituzionalità denunciato dalla Corte Costituzionale, cioè che se il legislatore, che è libero di scegliere, adotta un sistema proporzionale, anche in parte, crea l’aspettativa negli elettori che vi sia un corrispondenza tra i voti in entrata e i seggi in uscita.

In gioco non è la Terra, ma la razza umana

di Carlo Petrini
Qual è lo stato di salute del pianeta? Questa domanda non è certo di facile risposta, soprattutto perché riguarda una molteplicità di aspetti e di fattori che non è semplice riuscire a considerare in uno stesso colpo d’occhio. Interrogarsi su quale sia la qualità della nostra casa comune, tuttavia, non è solo un dovere che ci tocca come abitanti, ma una necessità sempre più pressante dato che, evidentemente, dallo stato del nostro pianeta dipendono tutte le nostre possibilità di sopravvivenza come specie umana. Forse già qui sta il primo punto di riflessione: a essere a rischio, con i cambiamenti climatici, la distruzione delle risorse naturali, l’ipersfruttamento dell’ambiente a scopo produttivo e l’erosione di habitat fragili a causa della pressione demografica, non è il pianeta ma semmai il futuro della specie umana.

Owen Jones: cosa ho imparato da Podemos

di Owen Jones
Ho trascorso circa una settimana viaggiando in Spagna, e nelle nazioni che la compongono come Catalogna e Galizia, con Podemos, un partito che si batte contro l’austerità e che, fondato solo due anni fa, ha conosciuto una crescita esplosiva. Il progetto di Podemos e le sue strategie non possono essere semplicemente importati in altri Paesi. La nascita di nuovi movimenti e partiti di sinistra e il modo in cui essi si sviluppano sono legati alle specificità della storia, della cultura e del contesto politico di ciascun Paese. Ma sarebbe assurdo non imparare da un partito che ha raggiunto un sorprendente livello di popolarità in così poco tempo. Quindi, vi racconto ciò che ho imparato.

Due contro uno: la nuova pratica elettorale europea

di Tonino D’Orazio
In Europa vi sono due gruppi politici preminenti, i Popolari (insieme a varie destre, chiamate pudicamente conservatori) e i Socialisti (anche loro insieme a varie destre democratiche), un tempo un po’ alternativi, ma dall’inizio dell’euro, sono diventati programmaticamente uguali (eccetto per chi vuol vedere qualche sfumatura per rincuorarsi) e ormai disperatamente solidali.
Perdono consensi di milioni di voti, in ogni paese da una elezione all’altra, ma in due sono ancora forti contro tutti e continuano imperterriti la distruzione dell’Europa sociale e la sua credibilità pur di consegnarla definitivamente all’ideologia capitalistica statunitense. Quando perdono si stupiscono e sono ancora convinti di essere gli unici a poter governare, democraticamente o meno. Gli altri hanno sempre torto nel voler cambiare i loro disgustosi, nefandi e nefasti programmi, ormai più che evidenti e provati.

Sepulveda: in America latina, le sinistre al bivio

Intervista a Luis Sepulveda di Geraldina Colotti 
Nato 66 anni fa in Cile e naturalizzato francese, Luis Sepulveda non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, giornalista, sceneggiatore, regista, ha al suo attivo una vasta produzione letteraria che riflette la lunga stagione d’impegno e d’avventura. Nipote di un anarchico andaluso fuggito in Sudamerica per evitare la pena capitale, ha fatto parte del Gap, la guardia personale del presidente cileno Salvador Allende.
Durante il golpe dell’11 settembre ’73 si trovava nel palazzo della Moneda, dove Allende scelse di morire. Venne arrestato e torturato. Liberato per l’intervento di Amnesty international, finì nuovamente in carcere e, dopo una condanna all’ergastolo, fu costretto all’esilio. Nel ’79 partecipò alle Brigate internazionali Simon Bolivar, in Nicaragua. Dopo la vittoria della rivoluzione sandinista, si trasferì in Europa per continuare l’attività di giornalista. Nell’82 partecipò all’attività ecologista di Greenpeace.

Francia, il vicolo cieco dei diritti

di Alain Gresh
C’era un campo nel quale François Hollande e la sinistra di governo in Francia non avevano ancora abdicato: quello delle libertà, dei principi. Anche se questi ultimi, pur continuamente ribaditi, entravano spesso in contraddizione con le pratiche dello Stato e delle forze di polizia.
La sinistra si richiamava alle libertà, ai diritti umani, all’eredità del 1789. E proclamava con forza, in quest’ambito, la sua opposizione non solo all’estrema destra e al Front national, ma anche alla destra pronta a chiedere sempre più sicurezza in nome della lotta contro la delinquenza o contro il terrorismo.

L’Esodo biblico è il dolore dei migranti

di Moni Ovadia
Lo spostamento in massa di decine di migliaia, di centinaia di migliaia, di milioni di esseri umani grandi e piccoli, giovani e vecchi, donne e uomini, riceve comunemente su tutti i media la definizione di «esodo biblico». Ma l’Esodo è anche e soprattutto un preciso evento accaduto, o per meglio dire, raccontato nel libro più famoso della storia dell’umanità: la Bibbia.
Quale relazione esiste fra gli eventi che oggi definiamo come esodo e quel celebre Esodo? Un tratto comune è quello quantitativo di uno spostamento di massa, un altro tratto che li accomuna è il trattarsi di una massa composita che trascende l’età o il sesso, ma la caratteristica più significativa che accomuna l’esodo biblico di allora con gli esodi biblici di oggi, non viene sottolineato dalla mainstream del pensiero omologato e ridondante del nostro tempo, ovvero il fatto che anche allora, riferisce il biblista, il popolo ebraico scelse la via dell’esodo per sottrarsi a condizioni di oppressione: la schiavitù e la persecuzione attraverso l’ordine dato alle levatrici egizie di sopprimere i maschi ebrei dopo averli portati alla luce e di lasciare in vita solo le femmine.

Kyoto club: «Le misure del governo italiano? Coreografiche»

Intervista a Gianni Silvestrini di Eleonora Martini 
«Interventi quasi coreografici». Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto club e QualEnergia, definisce così le misure anti-smog governative, non solo quelle annunciate ieri dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ma anche quelle previste nella legge di stabilità e nel collegato ambientale.
Sembra che Regioni, comuni e governo abbiano finalmente siglato una strategia nazionale contro l’inquinamento. Il suo giudizio?
"Da settimane era evidente che la situazione è grave e preoccupante, il vertice andava fatto due settimane fa. Il governo italiano ha mostrato di nuovo scarsa prontezza davanti a un problema che ha visto invece reagire immediatamente gli altri paesi europei e non solo. Inoltre si tratta di misure meno che tampone.

Meritocrazia: storia di una distopia divenuta utopia

di John Doe
“Ci sarà in una delle prossime generazioni […] una sorta di campo di concentramento indolore in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici”. Aldous Leonard Huxley
Uno spettro si aggira nelle aule degli atenei, nei corridoi delle scuole, per le strade: è lo spettro della meritocrazia.
È difficile ormai trovare un ambito della vita che non sia intriso della retorica del merito, del “doverselo guadagnare”. Perché, si sa, non ce n’è per tutti. E se lo vuoi te lo devi meritare. Non solo: se sei bravo, te lo meriti pure più degli altri. Applausi.
Il termine “meritocrazia” comparve per la prima volta nel romanzo di genere fantastico Rise of the Meritocracy, scritto nel 1958 dal sociologo britannico Michael Young, che aveva ideato il termine per utilizzarlo, nel suo intento, in senso dispregiativo.

L'Iraq, l'Italia e la guerra sbagliata

di Francesco Martone 
L'eco mediatica, condita con un pizzico di propaganda, della recente offensiva delle forze regolari irachene contro Daesh (Stato Islamico) a Ramadi, culminatacon la conquista dell'importante roccaforte irachena del Califfato, ha fatto cadere nel dimenticatoio, almeno per ora, l'ennesima boutade del governo Renzi riguardo quel tormentato paese. Indubbiamente la conquista di Ramadi potrebbe segnare un cambio di passo nella strategia della comunità internazionale contro Daesh, ma da qua a conclamarne l'imminente sconfitta militare ce ne passa eccome.
Semmai il rischio è quello di rialimentare le passioni di coloro che vorrebbero più "scarponi sul terreno", come si sono affrettate a rilanciare varie testate giornalistiche nostrane, spesso intrise di interventismo bellicista.

La sfida del cibo contro le ossessioni

di Benedetta Diamanti
Se la fine di ogni anno è sempre tempo di bilanci e buoni propositi, per il 2015 anche il sistema del cibo ne merita uno. Il cibo sembra infatti generare un’ossessione diffusa, è esibito, diventa spettacolo, gli chef sono le nuove star. Si cerca un’esperienza unica e autentica, se di autenticità in fatto di cibo sia mai possibile parlare. Ci si sofferma sugli aspetti nutrizionali, si erigono altari ai «super food» e si creano nuovi nemici da mettere al rogo secondo l’Oms. Mentre surrogati e sostituti, dalla dubbia provenienza e lavorazione, invadono gli scaffali dei supermercati sull’onda della vena salutista, a sorprendere sono solo gli insetti che sembrano però più che altro un divertissement se vogliamo veramente nutrire il pianeta. Crediamo che l’unica soluzione sia aumentare del doppio la produzione di cibo se vogliamo dar da mangiare a otto miliardi di persone. Il cibo è diventato quello che non sarebbe mai dovuto essere: un’industria, una merce.

Italia, Germania: lo spread demografico-migratorio a 60 anni dagli accordi del 1955

di Rodolfo Ricci
Nell’ambito della discussione sulla crisi europea (e mondiale), la questione delle migrazioni viene tenuta abilmente ai margini dell’analisi e dell’approfondimento, pur avendo uno spazio consistente nella narrazione mediatica, ma si tratta di uno spazio dislocato sul crinale dei diritti umani, che in quanto diritti universali, non hanno, apparentemente, nulla a che fare con le fatidiche evoluzioni della crisi.
Invece le dinamiche migratorie costituiscono, insieme alle crisi climatiche, la più significativa conferma empirica che le crepe del modello di sviluppo e della sua cornice istituzionale sono ormai così larghe che le tante pezze messe a rattoppo e ad argine dello sgretolamento, non fanno altro che approfondirne le linee di frattura e gli squilibri.

Mitologie dei nativi digitali

di Giorgio Mascitelli
Su un giornale distribuito gratis in metropolitana, leggevo un articolo sulle giovani generazioni, i cosiddetti nativi digitali. Che a quanto pare non conoscono così bene l’uso del computer quanto si crede, sicché dovrebbe essere la scuola a insegnarglielo. Sono rimasto affascinato da come l’autrice finisse con l’implicitamente demistificare uno dei capisaldi ideologici del discorso dominante sulla scuola. Com’è noto, infatti, molti dei più recenti provvedimenti di riforma sarebbero stati presi, a detta dei loro sostenitori, sotto la necessità urgente di far fronte a un’ondata di studenti nativi digitali non più in grado di sopportare l’insegnamento tradizionale. Il che imporrebbe un radicale cambio dell’impostazione dello studio, un taglio netto dei vecchi contenuti (particolarmente quelli per tradizione considerati utili a sviluppare una visione critica delle cose) e una sostanziale eliminazione del ruolo dell’insegnante nella trasmissione di contenuti che dovrebbero essere prodotti autonomamente tramite la rete.

Nulla sarà come prima in America Latina

di Raúl Zibechi
Quello che finisce è stato l’anno peggiore per il progressismo latino-americano, al punto tale che i governi che ci saranno nel 2016 non assomiglieranno a quelli che c’erano nel 2014. Tuttavia, paradossi della vita, l’anno che termina è un momento chiave nella ricomposizione dei movimenti antisistemici della regione.
La caduta dei governi progressisti è un evento lungamente annunciato. La campana ha suonato due anni fa, emettendo due suoni ben distinti. La brusca caduta dei prezzi delle commodities è stata interpretata come un fenomeno passeggero, ma con il tempo ha stravolto bilanci che erano stati elaborati con il petrolio a più di cento dollari al barile.

Una riforma costituzionale piduista

di Dante Barontini 
I discorsi di fine anno contano poco, in genere. Si fanno perché sono obbligatori, sono vaghi quanto basta perché vengano dimenticati presto, non incidono né sui sondaggi né sull'umore dei futuri elettori.
L'unica eccezione del soliloquio renziano di ieri riguarda la data e il tema “spartiacque” della sua avventura politica. Che non sono ovviamente le amministrative di primavera, ma il referendum confermativo sulla oscena “riforma costituzionale” che sostanzialmente abolisce la Costituzione “nata dalla Resistenza” (tra virgolette non perché non sia stato vero, ma perché troppe volte questa formula ha fatto velo a pratiche di segno opposto, concertativo, antipopolare).

Nel risiko mediorientale tutti contro tutti

di Chiara Cruciati
Se il 2016 dovrebbe aprirsi con l’ampio tavolo del negoziato siriano, il 2015 si chiude con un tutti contro tutti: non c’è potenza internazionale o regionale che in queste settimane non abbia arduamente lavorato per guadagnare qualche punto in più di influenza diplomatica e militare.
Sul campo di battaglia ci sono tutti: russi, statunitensi, turchi, sauditi, iraniani. Ognuno lancia il suo guanto di sfida, non mere scaramucce ma azioni che mandano chiari messaggi ai nemici-amici. Ogni capitale fa a gara a ripetere che l’avversario comune è lo Stato Islamico, ma è palese che in ballo c’è molto di più della dichiarata lotta al terrorismo di matrice islamista: c’è il futuro dell’equilibrio di poteri in Medio Oriente, una regione che uscirà ridisegnata nei confini e nelle sfere di influenza.

La Svizzera pronta alla rivoluzione che potrebbe segnare per sempre il suo destino

di Sam Gerrans
Quando l’Islanda ha incarcerato i suoi banchieri qualcosa è cambiato. L’impensabile era accaduto: i veri criminali erano stati portati in giudizio. Ora anche la Svizzera minaccia di licenziare la riserva di valuta legale dei bankster. Ma accadrà?
Josiah Stamp ha detto una volta: “Se si vuole continuare ad essere schiavi delle banche e pagare il costo della propria schiavitù, allora lasciate che i banchieri continuino a creare denaro e controllare il credito.”
Stamp sapeva di cosa parlava. Tra i suoi successi, egli fu nominato direttore della Banca d’Inghilterra nel 1928.

I "valori" di Matteo Renzi

di Sandra Bonsanti
Va bene così: se è il governo che stravolge la Costituzione è giusto che sia il presidente del Consiglio a fare la campagna per il referendum e a dichiarare la fine di una delle due Camere, perché gli italiani vogliono un’Italia “più semplice”.
Ed è anche giusto che se dovesse fallire in questa sua storica impresa (nel senso che mai nessuno prima di lui aveva osato tanto) tolga il disturbo e vada ad insegnare in qualche università dal momento che dice di sentirsi portato per l’insegnamento.
La conferenza stampa di fine anno di Matteo Renzi è servita soprattutto a lui per rivendicare meriti, obiettivi raggiunti, un paese di bengodi. E per annunciare anche che il 2016 sarà l’anno dei valori.

Sanità, le morti ‘misteriose’ che parlano al nostro futuro

di Vittorio Agnoletto 
La notizia è una di quelle che non può scivolare via in silenzio: secondo l’Istat nei primi otto mesi del 2015 in Italia vi sono stati 45.000 decessi in più di quelli verificatisi durante lo stesso periodo nel 2014; se questo trend continuerà il 2015 si concluderà con ben 67.000 morti in più dello scorso anno. Gli esperti di statistica sostengono che un aumento comparabile si era verificato, fino ad ora, solo nel 1943 in pieno periodo bellico.
I dati forniti dall’Istat risulterebbero, ad una prima osservazione, del tutto incomprensibili anche perché nei due anni precedenti, tra il 2012 e il 2014 il numero dei decessi/anno era diminuito: meno 4.000 tra il 2014 e il 2013.

Il pianeta può essere salvato?

Esperti di ecologia, salvaguardia dell’ambiente e cambiamento climatico offrono i loro motivi di ottimismo e di angoscia entrando nel 2016.
I due termini “clima” e “cambiamento” sono così regolarmente uniti che semplicemente pronunciarli in coppia – “cambiamento del clima” – sembra in qualche modo oscurare il vero peso del fenomeno che descrivono, per non parlare delle sue conseguenze. Ma nei momenti in cui ci si ferma a considerare le ramificazioni dell’attività umana sul pianeta in molte generazioni a venire, le cose possono presentarsi più che cupe. E tuttavia: nell’anno che termina abbiamo visto le nazioni del mondo raggiungere il loro primo accordo su un piano ambizioso per frenare le emissioni, forse il progresso più significativo sinora compiuto riguardo a questo problema.

Ma chi è Jeremy Bernard Corbyn?

di Donatella Coccoli
Vestito con una semplice giacca a vento, serio e preoccupato, si ferma a parlare con una signora che ha avuto l’appartamento allagato. Insieme con i vigili del fuoco, cammina tra i divani e i mobili spostati sulla strada ad asciugare. E promette: «Il partito laburista farà di tutto per garantire che la Gran Bretagna rispetti ed applichi l’accordo sul clima siglato a Parigi». Jeremy Corbyn non si smentisce e l’immagine che ha dato dopo l’alluvione di Cockermouth e Carlisle in Cumbria qualche settimana fa ben rappresenta il personaggio. Perché il leader laburista che si definisce socialista ama stare in mezzo alla gente.
Ma chi è Jeremy Bernard Corbyn? Ciclista convinto, pacifista, vegetariano da quasi cinquant’anni, tre mogli e tre figli, il 66enne nato a Chippenham è la vera sorpresa della politica britannica del 2015.

Tra Stati uniti e Cuba è svolta ad ostacoli

Intervista a Esteban Morales Dominguez di Enrique López Oliva
Quali sono le conseguenze della fine della più che cinquantennale guerra fredda tra Washington e l’Avana e della distensione iniziata un anno fa? Quali sono le prospettive e quali gli ostacoli? Quale il ruolo dei cubano-americani e della Chiesa cattolica? Su questi temi Enrique López Oliva, professore di storia delle religioni, indipendente di formazione cristiana e collaboratore del «manifesto» si confronta con questa intervista col professore di economia di origine afro-cubana, esperto di politica statunitense (sull’argomento ha scritto cinque libri) e membro del Partito comunista di Cuba, Esteban Morales Dominguez.
È passato un anno dalla storica dichiarazione dei due presidenti, Barak Obama e Raúl Castro, sulla decisione di iniziare un processo di distensione e dialogo politico. Come valuti i risultati fino a qui ottenuti?

L’Italicum resta così. «Sulla Corte li abbiamo fregati»


di Andrea Colombo 
L’Italicum non si tocca: questo ha detto forte e chiaro Matteo Renzi nella conferenza stampa di fine anno, annunciando così di aver risolto un dubbio che lo animava da mesi, con una scelta già quasi definitiva dopo le elezioni spagnole. Sarà una pietanza amara nel cenone di moltissimi politici, non solo di opposizione ma anche nella minoranza del Pd. In una revisione della legge elettorale ci avevano sperato in molti. È probabile che nonostante le parole di Renzi ci sperino ancora, ormai però contro ogni evidenza. Nel momento stesso in cui ha ricordato a Berlusconi di essere rimasto paralizzato per vent’anni nonostante fosse il dominus della politica italiana proprio perché impastoiato dalle coalizioni, Renzi ha mosso un passo che non prevede retromarcia.

L’inatteso morso fiscale sulla mela di Apple

di Benedetto Vecchi 
Alla fine, l’Agenzia delle entrate italiana ha raggiunto il suo obiettivo: costringere una grande multinazionale come la Apple a riconoscere che ha eluso il fisco per anni, imponendo un accordo transattivo che porterà nelle casse dell’erario 318 milioni di euro, meno della metà (880 milioni) dell’ires elusa dal 2007 secondo gli ispettori del fisco. Al di là dell’accordo, che può essere considerato insoddisfacente dal punto di vista economico per l’erario made in Italy, il dato rilevante è che il braccio di ferro tra l’agenzia delle entrate e le multinazionali vede vincente il fisco. È la prima volta, infatti, che l’elusione fiscale sistematicamente organizzate da molte imprese viene sanzionata. A dare notizia dell’accordo è stato il quotidiano «La Repubblica», che nell’edizione di ieri ha annunciato la firma dell’accordo, senza che la notizia sia stata smentita.

Le vite dei palestinesi sono importanti

di Vijay Prashad
Il 17 dicembre, Naseer stava andando in macchina da Nablus a Ramallah. Una pioggia leggera cadeva mentre si avvicinava al posto di controllo militare israeliano a Huwwara. Davanti a lui c’era un’altra macchina che avanzava cautamente. A circa 50 metri prima di quella macchina c’era un veicolo militare israeliano. La prudenza è all’ordine del giorno in prossimità dei militari israeliani. Non c’era alcun senso nel provocare la loro collera. Naseer mantenne una certa distanza tra le macchine che si muovevano lentamente.
Di fianco alla strada, sull’erba fuori del marciapiede, un ragazzo camminava nelle stessa direzione delle macchine. Naseer osservò che il ragazzo sembrava stesse sull’erba per evitare le pozzanghere sul marciapiede.

Smog, la farsa di Governo, Comuni e Regioni sulla pelle dei cittadini

di Fabrizio Salvatori
Il vertice contro lo smog promosso da Governo e Anci ha partorito le solite norme-spot e del tutto inefficaci per combattere realmente l'avvelenamento delle città: riscaldamento abbassato di due gradi. limiti di velocità ridotti di 20 km orari nelle città, "da 50 a 30, da 90 a 70 e cosi via", e sconti sugli autobus. Norme, si badi bene, da applicare nel caso in cui i valori sforino per sette giorni i valori limite. Insomma, una farsa. 
Alcune associazioni dei consumatori parlano addirittura di “misure deludenti”. Il Codacons è "pronto a denunciare i sindaci delle citta' per omicidio colposo plurimo nel caso in cui proseguira' il superamento dei valori limite d'inquinamento".

Mattarella, sulla Rai batta un colpo

Giuristi, associazioni, singole personalità scrivono al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella perché solleciti a un’ulteriore riflessione sulla riforma della Rai approvata nei giorni scorsi. L’appello è stato consegnato ieri al Quirinale.
Al Presidente della Repubblica, che nel 1990 si dimise da ministro in dissenso con la legge Mammì sull’emittenza radiotelevisiva, si rivolgono i firmatari affinché, nella sua qualità di garante della Costituzione, solleciti un’ulteriore riflessione sulla riforma della Rai, ribadendone la valenza di grande questione democratica e culturale che riguarda tutti i cittadini, non solo gli operatori dell’informazione.

Perché su Matteo Renzi gli intellettuali italiani stanno zitti?

di Marco Damilano
Parlo all’Italia riformista. Perché stiamo perdonando a Matteo Renzi quello che non perdonavamo a Silvio Berlusconi? Che cosa ci sta portando a fermarci?». La voce di Roberto Saviano su repubblica.it risuonava su smartphone e tablet nel pomeriggio di venerdì 11 dicembre a Firenze nella grande ex stazione Leopolda che si preparava ad accogliere il popolo renziano per il raduno annuale.
Lo scrittore attaccava «una struttura politica che ha compiuto l’ennesimo atto autoritario», il «conflitto di interessi» del ministro Maria Elena Boschi, figlia dell’ex vice-presidente della Banca Etruria oggetto di un decreto del governo.

Come il capitalismo americano è stato costruito sulla schiavitù

di Garikai Chengu
Lo scorso 18 dicembre era l’anniversario dei 150 anni di abolizione della schiavitù in America e, contrariamente alla credenza popolare, la schiavitù non è un prodotto del capitalismo occidentale. È il capitalismo occidentale ad essere un prodotto della schiavitù.
L’espansione della schiavitù nei primi otto decenni dopo l’Indipendenza Americana ha guidato l’evoluzione e la modernizzazione degli Stati Uniti.
Lo storico Edward Baptist illustra come, nell’arco di tempo di una vita umana, il Sud crebbe da una stretta fascia costiera di piccole piantagioni di tabacco ad un impero continentale del cotone, e gli Stati Uniti divennero un’economia moderna, industriale e capitalista.

mercoledì 30 dicembre 2015

I numeri non sono un’opinione

di Alfonso Gianni 
Com’era prevedibile Matteo Renzi si è affidato alla guerra dei decimali per cercare di dimostrare che in Italia spira aria di ripresa. Ma si tratta di uno striminzito 0,8% in più, persino meno di quanto era nelle previsioni del ministro dell’Economia.
D’altro canto l’Istat aveva già segnalato ai primi di dicembre che la tendenza è quella al rallentamento dell’economia italiana. Quindi c’è da dubitare sul raggiungimento degli obiettivi già modesti di fine 2016. Sarà per recuperare credibilità dopo gli scandali bancari tuttora in pieno svolgimento, sarà perché ormai è evidente anche ai ciechi, nella conferenza stampa di fine anno il Presidente del Consiglio ha mostrato una certa aggressività verbale verso le politiche europee.
«Di sola austerità il Continente muore» ha affermato, mentre l’Italia avrebbe puntato più sullo sviluppo, solo che le autorità europee non vogliono riconoscerle la flessibilità desiderata sui conti.

Non si costruisce il futuro cancellando le identità

di Eleonora Forenza
Sarebbe bastata una rimozione meno eclatante di qualche decennio di pensiero femminista sulla necessità di svelare le mistificazioni del neutro, di nominare le differenze, di mettere al centro i corpi sessuati e parlare a partire da sé e dalla propria parzialità, per sconsigliare «ai ragazzi» di autoproclamare un appello non firmato come una «proposta credibile» per «la sinistra di tutti». Un testo «non proprietario» il cui lancio pubblicitario è avvenuto però alla stessa ora, con messaggi sponsorizzati (non aprirò questioni di stile: sono old-fashioned), sulle pagine Facebook di autorevoli (e meno autorevoli) dirigenti di Act e Sinistra Italiana.
Per la verità, sarebbe bastata anche un vaga reminiscenza delle pagine del barbuto di Treviri sulla falsa neutralità del citoyen (quella vecchia storia della società divisa in classi) per evitare quel «di tutti», che suona, nel suo furore interclassista, così subalterno al cittadinismo grillino, all’ «uno vale uno», ll’incontriamoci e decidiamo in rete che prospettiva abbiamo sull’Europa, se poi andiamo coi Verdi o con Farage.

Il Referendum plebiscito

di Massimo Villone 
Se Renzi facesse di mestiere il bancario, venderebbe ai risparmiatori ignari i titoli spazzatura che hanno affondato quattro banche, note — grazie a papà Boschi — a tutti gli italiani. Nessuno meglio di lui porge argomenti privi di pregio, mentre tace o occulta censure e rischi. Così è stato per le riforme nel discorso di fine anno. Toni trionfalistici, in specie per l’Italicum, vero «capolavoro parlamentare».
E certo di capolavoro si tratta, se tale è il bavaglio alle opposizioni, l’uso spregiudicato in chiave di dittatura di maggioranza di norme e regolamenti, le ripetute minacce di “tutti a casa” nell’ipotesi di un fallimento, e persino qualche schiaffo alle presidenze delle assemblee, ancorché timide e prone ai voleri governativi.

Pensioni e welfare. È guerra contro le donne

di Gianluca Graciolini
La notizia di ieri non sono le fregnacce di Renzi, ma lo scatto del gradino pensionistico per le donne. Un'infamia: per andare in pensione dovranno lavorare fino a 22 mesi in più. Se vorranno andarci prima dell’età di vecchiaia potranno farlo solo in presenza di 41 anni e 10 mesi di contributi: doppia infamia. 
Tutto ciò è l'effetto "automatico" delle previsioni della riforma Fornero/Monti su cui il governo Renzi avrebbe dovuto intervenire nella Legge di stabilità con un provvedimento di correzione, che prevedesse una maggiore flessibilità di uscita.
Non l'ha fatto deliberatamente, ha preferito elargire mance elettorali qui e là ai più ricchi, in particolare, e questo è il risultato: un vero e proprio programma dovete morire.

La voce dei giovani

Intervista a Elisa Lello di Pietro Raitano
“L’Italia non è un paese per giovani perché i giovani soffrono uno svantaggio rispetto alle generazioni precedenti. Sul mercato del lavoro, innanzitutto”. Elisa Lello insegna Sociologia politica all’Università di Urbino “Carlo Bo”, dove collabora alle attività di ricerca promosse da LaPolis, il Laboratorio di studi politici e sociali diretto da Ilvo Diamanti. Si occupa di mutamento generazionale, partiti e movimenti sociali, forme emergenti di partecipazione politica. Ha appena pubblicato il libro “La triste gioventù: ritratto politico di una generazione”. 
“Non solo precarietà: anche quando lavorano hanno salari inferiori rispetto ai più anziani, e il gap è andato crescendo nel corso degli ultimi decenni. Mentre il sistema di welfare non riesce e rispondere alle esigenze di lavoratori con contratti ‘atipici’ come spesso sono quelli dei giovani. Da qui si giunge ad un paradosso: non è un Paese per giovani, ma al tempo stesso l’Italia è un Paese di giovani per sempre. Da una parte, gli adulti esibiscono una gioventù perenne; mentre chi è giovane davvero fa fatica a oltrepassare quelle soglie che definiscono la crescita. Non riescono ad andare a vivere da soli, fanno fatica a costruirsi una famiglia.

Jobs Act, per l’inconscio renziano i veri gufi sono i numeri

di Roberto Ciccarelli 
Nell’ornitologia politica di Renzi i gufi sono il lato menagramo della vita. La “vecchia” sinistra e i “nuovi” populismi che non credono ai suoi sogni sono i portasfiga in un paese affamato di ripresa. Le slide proiettate ieri durante la conferenza stampa di fine anno nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera sono la rappresentazione dell’inconscio renziano. Nella parte superiore di ogni immagine c’è il disegno di un gufo, il dover essere, sotto i numeri delle “riforme” approvate: il desiderio.
Bolla Jobs Act
Prendiamo la slide sull’occupazione. Il tema è scottante: in campo c’è il Jobs Act e i suoi incentivi-regali alle imprese per aumentare la bolla occupazionale. Sopra c’è scritto: “Il Jobs Act non sarà mai approvato”; sotto ci sono gli ultimi dati dell’Istat: “Tasso di disoccupazione: 11,5%”, “+300 mila posti di lavoro”, “+97% di mutui”. In realtà nessuno ha mai sostenuto che il Jobs Act non sarebbe stato approvato, ma che gli incentivi alle imprese non avrebbero prodotto nuova occupazione. L’unico a non averlo capito è il governo che continua una cavalcata solitaria nel mondo dell’approssimazione.

Creare beni comuni

di George Caffentzis e Silvia Federici
I “beni comuni” stanno diventando una presenza costante nel linguaggio politico, economico e persino in campo edilizio, dei nostri tempi. Sinistra e destra, neoliberisti e neokeynesiani, conservatori e anarchici utilizzano il concetto nella loro propria accezione politica. La Banca mondiale li ha adottati chiedendo, nell’aprile 2012, che tutte le ricerche interne o supportate da fondi della banca stessa fossero “open access e sotto licenza Creative Commons – un’organizzazione non-profit le cui licenze di copyright sono progettate in modo da consentire un pieno accesso alle informazioni offerte da internet” (Banca mondiale, 2012). Persino l’Economist, giornale campione di neoliberismo, si è mostrato favorevole elogiando Elinor Ostrom – esperta di studi sui beni comuni – nel suo necrologio: “Per Elinor Ostrom il mondo conteneva un grande nucleo di buon senso. Le persone, se lasciate a se stesse, si sarebbero organizzate in modo razionale per sopravvivere e andare d’accordo. Sebbene nel mondo terre coltivabili, foreste, acqua potabile e pescato siano limitati, è possibile condividerli senza depredarli e averne cura senza entrare in conflitto.

L’Italia fermata dallo smog

di Paolo Berdini
Il mese di dicembre era servito a Matteo Renzi per rincorrere ogni inaugurazione. E ogni volta, dalla variante autostradale appenninica ai restauri di Pompei, il messaggio era sempre lo stesso: l’Italia è ripartita e corriamo più degli altri paesi europei. Non ha finito di pronunciare quelle frasi che – caso esemplare di autogufaggio — le città italiane si sono fermate. A causa dell’aria avvelenata il traffico automobilistico privato è bloccato da Milano a Napoli e molte importanti città della pianura padana fermano il loro cuore produttivo.
Insomma, nel momento del massimo sforzo, il castello di carte retorico è crollato sotto il peso della realtà vera: il paese è fermo perché il governo non ha una politica lungimirante per il sistema urbano.

Il Front National è un puro prodotto della Quinta Repubblica

di Alessandro Simoncini
In questa breve intervista, Jacques Rancière analizza il successo elettorale riportato dal Front National al primo turno delle recenti elezioni amministrative francesi. Ritorna così, attualizzandoli, su temi già affrontati nei suoi testi filosofico-politici più importanti (come La Mésentente, Galilée, 1995; trad. it. Il disaccordo, Meltemi 2007; La Haine de la démocratie, La Fabrique, 2005; trad. it. L’odio per la democrazia, Cronopio, 2007): la crisi della democrazia, la critica della professionalizzazione della politica e la ricerca di nuove regole della rappresentanza, come il limite di mandato per le cariche di governo e il sorteggio quale strumento per deciderle in comune. Lo sfondo delle sue parole resta la celebre distinzione tra “polizia” (police) e “politica” (politique) tracciata nelle pagine de Il disaccordo, dove i sistemi politici attuali vengono intesi come regimi tecnocratici ed oligarchici che mantengono l’esigenza di una giustificazione egualitaria.

L’acqua pubblica non piace al Pd

di Riccardo Petrella e Carla Ruffini
Neppure l’ultima partecipata consultazione popolare promossa dal Comitato Acqua Bene Comune di Reggio Emilia, nella forma di mozione per chiedere l’autentica ripubblicizzazione del servizio idrico integrato (che ha raccolto nel giro di qualche settimana poco meno di 4.000 firme), è valsa a modificare la decisione di andare verso una privatizzazione del servizio idrico sotto mentite spoglie.
Il consiglio comunale di Reggio Emilia, governato a larga maggioranza dal Pd, ha votato, il 14 dicembre, per l’affidamento della gestione del Servizio idrico integrato (Sii) ad una società mista di cui il socio privato di minoranza (che avrà con ogni probabilità il 49% del capitale) sarà Iren, attuale gestore del servizio.
Dopo i risultati dei due referendum sull’acqua del giugno 2011 (più di 250.000 reggiani avevano votato contro l’inclusione del profitto nella tariffa dell’acqua e contro l’unicità dell’affidamento del servizio idrico ad imprese private), i dem locali si erano chiaramente impegnati in favore della ripubblicizzazione della gestione dell’acqua.

In pensione ancora più tardi, anche se crollano le "aspettative di vita"

di Claudio Conti
Tra gli auguri di buon anno, non poteva mancare l'arrivo di un altro “scalino” pensionistico.
Noi vorremmo indirizzare l'attenzione sulla contraddizione che comincia a diventare palese tra le ragioni addotte per “riformare le pensioni” dai vari governi criminali degli ultimi decenni e la dinamica reale degli andamenti demografici.
Come abbiamo sentito dire per anni, le “riforme” pensionistiche erano scelte obbligate per “adeguare l'età pensionabile alle aspettative di vita”. Formula infame, certamente, ma dall'apparenza innocente. Che c'è di male, in astratto (ma solo in astratto), a far lavorare qualche anno di più una popolazione che vede continuamente allungarsi nel tempo il momento del trapasso?

2016. Immigrazione e agire politico a sinistra

di Stefano Galieni
Nell’anno che si apre, fra le tante questioni che si impongono, a livello nazionale, europeo e globale, sarà necessario sviluppare una serie di riflessioni comuni in materia di immigrazione che dovranno tradursi in pratiche concrete e attuate nei territori. Avremo certo bisogno e troveremo l’occasione di un incontro per mettere insieme riflessioni, proposte e spunti, ma è intanto opportuno provare a dare alcune indicazioni di carattere generale su cui sollecitare un dibattito.
Nell’anno che si è chiuso si è parlato, nel circuito mediatico come non mai di immigrazione. I servizi televisivi sono aumentati, rispetto all’anno precedente del 250% e nei primi 10 mesi, prendendo le principali testate giornalistiche, solo in 39 giorni non è comparso un articolo inerente a tale tema. Titoli e articoli spesso di carattere allarmistico, raramente in grado di raccontare la complessità degli eventi e le loro interconnessioni (migrazioni vs guerre, vs crisi economiche e ambientali, vs neocolonialismo ecc), ma ad effetto, tese a creare a volte pietà altre paura e ostilità.

Cronaca di fine anno

di Vincenzo Vita
Nella conferenza stampa di fine d’anno il premier non ha approfondito i temi della comunicazione, se non di rincalzo alle amare considerazioni del presidente dell’Ordine dei giornalisti Iacopino: sul precariato e lo sfruttamento intellettuale diffusa, sulla disapplicazione della legge sull’equo compenso, sui danni della vecchia norma sulla diffamazione. Sulla Rai. Ma generico e fuggevole proprio sui drammi del lavoro nell’informazione. Il resto zero. Come se proprio il cuore della velocità innovativa – fiore all’occhiello di Renzi — poco avesse a che fare con i luoghi reali in cui il futuro è adesso. Non domani. E il silenzio in tal caso non è per niente d’oro.
L’Italia rimane al penultimo posto in Europa sulla banda larga (e ultralarga) e sulla governance della Rai – ora sotto l’egida del potere esecutivo — è persino al di fuori delle culture del servizio pubblico del Trattato di Amsterdam. Non solo.

Il Psoe rompe con Podemos

di Marina Turi e Massimo Serafini
Lunedì si è riunito il comitato federale del Psoe, il gruppo dirigente allargato dei socialisti spagnoli, per deliberare sulla strategia post-elettorale del partito.
Al termine della riunione è stata approvata una risoluzione che, pur ribadendo la indisponibilità dei socialisti a larghe intese auspicate dalle destre spagnole e indicate dalla Merkel e dai liberisti europei, ha però contemporaneamente riempito di ostacoli, quasi insormontabili, la possibile alternativa basata su un’alleanza tra Psoe, Podemos e Unidad Popular-Iu, possibilmente votata anche dalle coalizioni elettorali indipendentiste.
Proprio ciò che i socialisti avevano chiesto a Podemos, di non porre pregiudiziali al dialogo fra i due partiti, è invece il risultato di ciò che il comitato federale socialista ha deciso e approvato. La pregiudiziale ad un qualsiasi dialogo fra Psoe e Podemos è la rinuncia esplicita da parte del partito di Pablo Iglesias al referendum sulla Catalunya.

Renzi – Populisti, quattro a zero?

di Pierfranco Pellizzetti
Con la cultura da figurine Panini che si ritrova, il nostro premier lascia intendere che l’anno giunto al termine non sarebbe stato altro che la partita del cuore tra gli angelicati ministeriali della squadra del fare e i biechi populisti del gufare e sfasciare. Poi comunica il risultato conclusivo dell’epico confronto, naturalmente risoltosi a suo vantaggio:quattro a zero!
A prescindere che i gol dichiarati sono soltanto effetti d’annuncio, magari punteggi virtuali da videogioco, sicché l’inversione della congiuntura economica in assenza di interventi strutturali è soltanto l’effetto del crollo del prezzo petrolifero e delle iniezioni valutarie di Bce, la riduzione del numero dei disoccupati dipende da un evidente dopaggio del mercato del lavoro e il timido rialzo dei consumi l’effetto di elargizioni clientelari; tutto ciò a prescindere, la conferenza stampa di fine anno ha consacrato la definitiva entrata del termine “populismo” nella neolingua del regno del falso post-berlusconiano.

Apologia del capitalismo e distruzione sistematica del pianeta

di Rob Urie
In concomitanza con gli incontri regolari tra i rappresentanti delle multinazionali per lo sfruttamento dei combustibili fossili e del settore finanziario, che fingono di affrontare il cambiamento climatico, e qualche gruppo delle loro vittime, attualmente COP21, Oxfam ha pubblicato un’analisi che sostiene che “la disuguaglianza” è una causa centrale della crisi climatica.
Di fronte al valore in senso ampio di quest’affermazione, la replica tecnocratica occidentale è che se emettono tutti circa la stessa quantità di anidride carbonica, a risolvere la questione sarà un “democratico” suicidio di massa. Il contingente “sviluppato” in COP21 fa di questa formulazione il principio motivante: diffondere il consumismo occidentale nel mondo vista l’impossibilità di un consumo “pulito”.