La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 17 dicembre 2016

L’etica perduta della politica

di Stefano Rodotà 
Tra una politica che fatica a presentarsi in forme accettabili dai cittadini e un populismo che di essa vuole liberarsi, bisogna riaffermare una “moralità” delle regole attinta a quella cultura costituzionale diffusa la cui emersione costituisce una rilevantissima novità. Mai nella storia della Repubblica vi era stata pari attenzione dei cittadini per la Costituzione, per la sua funzione, per il modo in cui incide sul confronto politico e le dinamiche sociali. I cittadini ne erano stati lontani, non l’avevano sentita come cosa propria. Nell’ultimo periodo, invece, si sono moltiplicate le occasioni in cui proprio il riferimento forte alla Costituzione è stato utilizzato per determinare la prevalenza tra gli interessi in conflitto.

Jobs Act e Loi Travail: la trappola della precarietà. Intervista a Andrea Fumagalli

Intervista a Andrea Fumagalli di Roberto Ciccarelli 
Jobs Act e Loi Travail hanno almeno un punto in comune: l’istituzionalizzazione della condizione della precarietà in Paesi, come l’Italia e la Francia, che hanno tradizioni giuslavoristiche e mercati del lavoro diversi. L’Italia, poi, è in una posizione ancora più avanzata, dal punto di vista della deregolamentazione e dell’attacco ai diritti dei lavoratori e svolge una funzione di “apripista” in Europa. All’economista Andrea Fumagalli, docente all’Università di Pavia, chiediamo un bilancio politico, oltre che economico, di un’agenda applicata in tutta Europa. «L’alternativa consiste nell’investire in forme alternative di produzione in grado di favorire forme di remunerazione del lavoro vivo e della cooperazione sociale e provvedere a servizi di welfare dal basso».

Il dominio liberista, i dominati e la resistenza necessaria. Intervista a Salvatore Palidda

Intervista a Salvatore Palidda di Orsola Casagrande
In un mondo sempre più vittima di una “distrazione di massa”, che occulta insicurezze ignorate, Salvatore Palidda, docente di sociologia, argomenta che forse l’unica possibilità risiede nella paziente e continua ricerca di costruzione ex-novo di momenti e luoghi di azione collettiva, praticando innanzitutto la decostruzione rigorosa dei discorsi dei dominanti e delle loro traduzioni pratiche. Se prima “the enemy within” era la classe operaia o una parte di essa, pensiamo ai minatori in Inghilterra ma anche ai metalmeccanici in Italia, oggi sono gli immigrati. Come si è arrivati a questa ridefinizione del nuovo “nemico”?

Cari 5 Stelle, con la Raggi ora ci vuole coraggio

di Tomaso Montanari 
Esattamente sei mesi fa, il 14 giugno scorso, ho spiegato su questo blog perché non potevo accettare la proposta di entrare nella giunta di Virginia Raggi come assessore alla Cultura, e perché l’avrei votata al ballottaggio se fossi stato un cittadino romano. Allora, tra l’altro, scrivevo: «Se la sinistra radicale non riesce, con ogni evidenza, a rispondere a tutto questo, è impossibile non riconoscere che i Cinque Stelle (occupando di fatto lo spazio che in Spagna è stato conquistato da Podemos) stanno invece aprendo nuovi spazi di cittadinanza: suscitando partecipazione almeno quanto questo Pd sembra invece puntare, irresponsabilmente, sull’astensione.

Diritti sociali e del lavoro per una nuova Europa. Intervista a Fausto Durante

Intervista a Fausto Durante di Monica di Sisto e Alberto Zoratti
Per Fausto Durante, responsabile nazionale della CGIL per le politiche europee e internazionali e membro del Comitato esecutivo della Confederazione Europea dei Sindacati, aprire maggiormente i mercati, di quanto già non siano, deve significare dare nuove opportunità di sviluppo e di progresso, in un quadro di sostenibilità ambientale, ecologica e sociale, ai popoli che in questi anni hanno prevalentemente subito gli effetti della globalizzazione senza regole dell’economia e di un modello di sviluppo non più sostenibile. I Trattati TTIP e CETA, invece, vogliono ulteriormente stabilire la supremazia degli interessi delle multinazionali rispetto a quelli degli Stati e dei cittadini.

Sindacato e movimenti nella crisi globale. Intervista a Leopoldo Tartaglia

Intervista a Leopoldo Tartaglia di Sergio Segio
Alla vigilia della crisi globale, nel 2006, era arrivato finalmente in porto il processo di fondazione della Confederazione Internazionale dei Sindacati. Un percorso lento e lungo, di importanza strategica fondamentale per rafforzare a livello mondiale il peso e i diritti dei lavoratori, nei Paesi industrializzati così come nelle aree geografiche in via di sviluppo, dove spesso sono vulnerati non solo i diritti economici, ma la libertà stessa di fare sindacato, di organizzarsi e contrattare. La crisi perdurante ha comportato notevoli passi indietro rispetto al ciclo di conquiste precedenti, sul lavoro, nei sistemi di welfare, nella società in generale.

I partiti della Costituzione e i populismi

di Nadia Urbinati e Andrea Pertici
Il risultato del referendum del 4 dicembre ci restituisce una Costituzione forte. Forte sin dalla nascita perché frutto di un lavoro comune dei partiti rappresentati alla Costituente, che la elaborarono insieme nella Commissione dei Settantacinque e l’approvarono a larghissima maggioranza in Assemblea, con l’88% dei voti favorevoli. Tutti, al di là delle posizioni politiche, spesso molto distanti, si riconobbero sempre in quel testo. Dal referendum del 4 dicembre la Costituzione esce addirittura rafforzata, perché gli italiani hanno chiaramente detto (con 19.420.730 di “No”), di non volere “riforme grandi” che modifichino radicalmente gli equilibri tra i poteri e, implicitamente, le stesse forme di attuazione e tutela dei principi fondamentali e dei diritti inviolabili.

Populismo, nazionalismo, nichilismo: gravi malattie dell’Europa. Intervista ad Ágnes Heller

Intervista ad Ágnes Heller di Massimo Congiu 
È da tempo che l’edificio europeo è sottoposto a scosse provenienti da diverse parti dell’Unione Europea e che sta mostrando una certa fragilità. Diversi sono i temi di discussione sul futuro dell’Europa ed è centrale il contraddittorio tra i sostenitori di una linea sociale e quelli che invece credono in un’Unione basata sostanzialmente sulla prevalenza delle logiche di mercato e sulla flessibilità del lavoro. È chiaro da tempo che l’esistenza dell’UE si basa su un’unità monetaria e non su aspetti identitari che possano fare da collante tra i Paesi membri e contribuire in modo determinante alla solidità della costruzione europea, ed è altrettanto chiaro che l’UE non è in grado a tutt’oggi di esprimere un indirizzo comune in termini di politica estera.

C’è un futuro per il welfare europeo?

di Lorenzo Cattani 
Negli ultimi anni il Welfare State è stato oggetto di molte critiche e riforme restrittive. In quello che sembra essere diventato il paradigma dominante, globalizzazione ed efficienza economica sono diventati i pilastri dell’attacco al Welfare State, considerato ormai un costo che appesantisce l’economia. I tagli al welfare sono visti come necessari per stimolare la crescita economica e raggiungere la piena occupazione. Inoltre il mondo sempre più globalizzato e senza confini in cui viviamo ha fatto si che il Welfare State, insieme alla social-democrazia, debba essere sacrificato per via di una mobilità dei capitali che mette seriamente in crisi le capacità fiscali dello stato nazione.

Una Cassa per privatizzare. Intervista a Marco Bersani

Intervista a Marco Bersani di Roberto Ciccarelli 
Fino alla sua trasformazione nel 2003 in SpA, con l’ingresso nel capitale sociale delle Fondazioni bancarie, la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) aveva un unico compito: sostenere, basando le proprie risorse sul risparmio postale, gli investimenti degli enti locali con finanziamenti a tasso agevolato. Oggi, CDP – sempre utilizzando il risparmio postale dei cittadini – si offre agli enti locali come partner per favorire l’alienazione del patrimonio pubblico e la privatizzazione dei servizi pubblici locali. È diventato un attore economico che interviene su tutte le scelte economiche e finanziarie del Paese senza alcun indirizzo da parte del Parlamento, e su sollecitazione diretta del governo.

Se Raggi cade dalle nuvole

di Norma Rangeri 
La giunta Raggi sembra preda di un istinto suicida. Che cosa abbia spinto la sindaca di Roma a difendere un dirigente comunale descritto come una figura del sottobosco capitolino assai poco raccomandabile, non lo ha spiegato, anche se era l’unica cosa da chiarire. Invece, nella conferenza stampa convocata ieri mattina, Raggi è scivolata in un imbarazzante «apprendo con sorpresa», ha infilato frasi di circostanza («piena fiducia nella magistratura»), fino a una serie di «mi dispiace» che ha rivolto, nell’ordine, ai romani, al M5S e a Grillo (per aver disubbidito?).

Uccidere i greci con delicatezza?

di Francesco Saraceno
C'è una grande confusione sotto il cielo, e mi sembra che i creditori si muovano in ordine sparso. È successo qualcosa di particolarmente sconvolgente, quando l'Eurogruppo ha sospeso i pagamenti per il salvataggio della Grecia dato che essa si è impegnata ad aumentare qualche spesa. Si tratta di spese destinate ai pensionati e alle isole greche che affrontano i costi legati alla crisi dei rifugiati. Inaspettatamente, la Commissione è dalla parte della Grecia, con Pierre Moscovici a dire che il paese è sotto controllo e che finora ha compiuto un notevole sforzo. Infatti, la Grecia si sta comportando così bene da aver superato l'obiettivo del surplus strutturale per il 2016 e sta impegnando queste extra-risorse per allentare l'impatto dell'austerità.

Economia malata, teoria convalescente. Intervista a Giorgio Gattei

Intervista a Giorgio Gattei di Marco Palazzotto
Abbiamo assistito al fallimento del movimento per Tsipras in Europa e il governo greco oggi non fa che perpetrare una politica di austerità in continuità con i precedenti governi (in teoria) più a destra. Podemos sembra non riuscire a superare l’impronta populista dell’anti-casta in salsa grillina. Idem in Italia in cui il M5S si accinge, probabilmente, ad accrescere il proprio potere, soprattutto se il governo Renzi non riuscirà a superare il voto referendario. Alcuni segnali positivi arrivano dall’Inghilterra, che almeno vede ricompattare una sinistra attorno a Corbyn.

Il movimento pacifista e la resistenza nei tempi oscuri

di Joseph Gerson
Ci siamo svegliati di fronte a un paese diverso, il 9 novembre 2016, che dovrà essere governato da un’amministrazione razzista, disonesta, autocratica, militarista, plutocratica e neo-fascista. La nostra responsabilità ora è di difendere i nostri diritti, le vite umane qui e all’estero, la nostra Costituzione e la repubblica democratica. Nulla di meno. Lasciate che cominci onorando le persone di tutto il paese che non si sono sdraiate fingendo di essere morte quando Donald Trump ha detto che voleva espellere 3 milioni di “immigrati criminali” privi di documenti, che immagina siano tra di noi. Non siamo stati in silenzio quando il suo consigliere ha esortato a creare un registro di Musulmani, o davanti alla retorica sconsiderata sul fatto di strappare l’accordo nucleare con l’Iran.

Lo spettro del Jobs Act e la sinistra

di Alessandro Gilioli
Uno spettro si aggira per la politica italiana: è quello del Jobs Act. È un bene, anzi è benissimo che - in questo momento di giochetti di potere, caccia alle poltrone, tattiche di corrente etc - irrompa una questione profondamente politica, nel senso più vero di questa parola. Cioè una legge che ha impattato sulla vita di milioni di persone, non solo per gli effetti diretti (licenziabilità, demansionamento, telecontrollo, voucher etc) ma anche per quelli indiretti, cioè per il mutamento di rapporti di forza e di clima ovunque, dal manifatturiero al terziario, dalla logistica al digitale.

Le insidiose strategie delle multinazionali sulla salute. Intervista a Rosa Pavanelli

Intervista a Rosa Pavanelli di Susanna Ronconi
Il processo di privatizzazione e commercializzazione incalza, ma non si tratta di soli TIIP o TISA, trattati internazionali ancora in fase di negoziazione: le strategie delle grandi multinazionali nell’ambito della salute sono molto più sfaccettate e articolate, fino ad arrivare a quel Global Compact – sistema che preme sugli Obiettivi per lo sviluppo Sostenibile che ci accompagnerà fino al 2030 – che fa entrare le multinazionali a pieno titolo nei processi politici e decisionali. Governance e governance ombra si saldano. Eppure le evidenze che “pubblico è meglio” non mancano: sotto il profilo dell’equità, della copertura delle cure e anche sotto quello della sostenibilità finanziaria.

Da sfruttati a produttori: sindacato e politica in Bruno Trentin

di Simone Fana
Insieme a Giuseppe Di Vittorio e Vittorio Foa, Bruno Trentin rappresenta certamente il leader sindacale più amato nella storia del movimento operaio italiano. La sua intensa attività intellettuale e la sua lunga militanza nella CGIL e nel PCI hanno esercitato un’influenza profonda nella cultura della sinistra sindacale e politica, che si è estesa ad intere generazioni. Questa attitudine ad interrogare mondi e generazioni estranee al sindacalismo di classe sarà uno dei tratti del pensiero di Trentin che lo renderanno punto di riferimento per un variegato mondo di realtà sindacali e di movimento.

L’incostituzionalità conclamata dell’Italicum

di Enzo Paolini
Pur volendo assecondare la vulgata della «governabilità» (che non è data dai numeri, ma dalla capacità di mediazione politica) va detto, senza equivoci, che la legge cosiddetta Italicum è scritta con inchiostro incostituzionale uscito dalla penna di chi non ha neanche letto la sentenza n. 1/2014 della Consulta (quella per intenderci che ha abrogato il Porcellum) o se l’ha letta non l’ha capita. Il che è peggio data la chiarezza con cui è scritta. Per prima cosa la Corte Costituzionale dice che «il meccanismo premiale è foriero di una eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi».

Jobs Act, i miti della «post-verità» di Renzi svelati in quattro mosse

di Roberto Ciccarelli 
Il Jobs Act è l’ultima trincea del renzismo senza Renzi. L’ha ribadito ieri il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni («non ho nessunissima intenzione di cambiare linea sull’articolo 18») e il ministro dell’Economia Padoan («Il mercato del lavoro migliora grazie al Jobs Act»). Siamo ancora nell’epoca della «post-verità» che tante illusioni ha prodotto nel fronte governativo prima del referendum del 4 dicembre. Questa strategia delL’autosuggestione si regge su almeno quattro miti. Vediamoli.

Dalle urne alla piazza! Per non deludere il grande No sociale

di Renato Caputo e Pasquale Vecchiarelli
L’esplosiva “crisi di autorità”, che si è aperta attraverso la deflagrante esplosione della rabbia popolare con il No alle politiche neoliberiste, deve trovare necessariamente uno sbocco a Sinistra. Se non si porta a casa un risultato concreto, l’eliminazione quanto meno di Jobs act e buona scuola, il rischio è che si aprano degli scenari davvero inquietanti. Considerata la vergognosa gestione del voto degli italiani all’estero, la modalità in cui è stato posto il quesito referendario, il controllo quasi totalitario dei mezzi di comunicazione, i costanti interventi a “gamba tesa” dei poteri forti a livello internazionale, il fantasma del governo tecnico, dello spread e del crollo delle borse, considerato l’incredibile assist dei sindacati che, a pochissimi giorni dal voto, hanno firmato dei contratti da troppo tempo attesi – per altro assolutamente inaccettabili non solo nel metodo, ma anche nel merito – il 60% di No ha dello straordinario.

Il modello «americano del business»

di Marco Bertorello 
Questa settimana la Federal Reserve statunitense ha aumentato i tassi d’interesse di un quarto di punto, arrivando a 0,50-0,75%. Non accadeva esattamente da un anno. Dopo quel primo aumento, anch’esso di un quarto di punto, ne ha annunciati ben 4 nel corso del 2016. Durante l’anno, però, si è intravisto il perdurare di debolezze nell’economia degli Usa che, combinate con altre incertezze sul piano internazionale, hanno spinto il Fomc (l’organo di direzione e controllo della Fed) a rinviare le decisioni.

Con Renzi non si può andare. Il nostro faro è il no al Jobs act. Intervista a Giuseppe Civati

Intervista a Giuseppe Civati di Rachele Gonnelli 
Aspetta che la «nebbia in valpadana» si diradi e intanto, da buon lombardo. sa che si deve andare avanti piano usando i fari adatti: per lui nell’attuale nebbiosità politica a sinistra il faro da seguire è il Sì al referendum sul Jobs act, ovvero ai tre quesiti che attendono il verdetto di ammissibilità della Corte costituzionale il prossimo 11 gennaio, proposti dalla Cgil e sottoscritti da 3 milioni di elettori. Pippo Civati, dopo aver partecipato con la sua associazione Possibile a favore del No al referendum costituzionale, adesso, insieme ad altri tre deputati fuoriusciti con lui dal Pd nel 2015 e altri transfughi dal Movimento Cinque Stelle fa parte del raggruppamento «Alternativa libera» nel gruppo misto della Camera e si occupa a tempo pieno delle tematiche del lavoro.

Enrico Berlinguer, Nino Manca e i “moti del pane” del 1944 a Sassari fuori dal mito

di Vindice Levis 
In un’intervista alla Nuova Sardegna del 15 gennaio 1984, rilasciata al direttore Alberto Statera mentre in aereo si recava in Sardegna per il suo ultimo massacrante tour politico, Enrico Berlinguer a proposito dei moti del pane affermava che: “fu una forte e tumultuosa protesta della parte più povera della città, provocata soprattutto dalla penuria dei generi alimentari di prima necessità ma anche dalla permanenza in molti posti di comando di gerarchi fascisti, nonostante da mesi fosse caduto il regime e la Sardegna fosse stata liberata”. Aggiungeva Berlinguer che “la massa principale era di donne e giovani dei quartieri popolari, che allora erano il centro di Sassari”.

Žižek e il ritorno del materialismo dialettico

di Massimiliano Guareschi 
In fondo, la ricetta si è rivelata geniale. Slavoj Žižek deve il proprio successo alla riproposizione di qualcosa che potrebbe apparire inesorabilmente datato e demodé, ossia il marxismo, nella sua declinazione leninista. Il pericolo poteva essere quello di essere scambiato per un adepto di Lotta comunista o di qualche gruppuscolo residuale. E allora perché non impacchettare il tutto in una cornice lacaniana, con tanto di reiterati riferimenti al Reale, all’Osceno, alla Forclusione o all’Altro (rigorosamente con la maiuscola) e spingere sull’acceleratore della contaminazione con la cultura pop?

Alexis Tsipras alla Merkel: «Ferma i falchi»

di Teodoro A. Synghellakis e Fabio Veronica Forcella
È di nuovo braccio di ferro tra Alexis Tsipras e Angela Merkel, che cerca, comunque, di non prendere assolutamente nessun impegno nella direzione di un vero alleggerimento dell’austerità. È questo, in estrema sintesi, il risultato dell’incontro di ieri, a Berlino, tra il leader della sinistra greca e la cancelliera tedesca. Come sottolineano molti osservatori, da una parte la Merkel ha soppesato ogni singola parola, attenta a non infastidire nessuno sul fronte interno, in vista della campagna elettorale”.

Che cosa resta dei diritti umani?

di Sandro Moiso
Poco dopo che nel 2012 Barack Obama aveva pubblicamente dichiarato di essere intenzionato a richiamare tutte le truppe americane di stanza in Afghanistan entro il 2014, alle fermate degli autobus del centro di Chicago (città dove nel mese di maggio dello stesso anno si sarebbe tenuto un summit della NATO per mettere a punto i dettagli della exit strategy) erano comparsi manifesti che esortavano la NATO a non ritirare le proprie truppe dal tormentato paese centro-asiatico. Su quei poster era scritto:”NATO, Keep the progress going!” (NATO, occorre portare avanti il progresso), stabilendo così un chiaro collegamento tra l’occupazione militare e il progresso.

Il voto dei lavoratori americani tra leggende, realtà e prospettive

di Zosimo
Gli elettori appartenenti alla classe operaia bianca e residenti negli Stati della ”fascia della ruggine” sono stati quasi unanimemente indicati come i principali responsabili dell’elezione di Donald Trump. Quanto è corretta questa assunzione e quanto contribuisce ad un’analisi realmente marxiana del voto presidenziale negli USA e del futuro politico del paese culla dell’imperialismo? La classe operaia americana, in particolare quella che vive negli Stati della cosiddetta Rust Belt (letteralmente “fascia della ruggine”), tradizionale bacino industriale situato tra il Nord-est e i Grandi Laghi, è stata generalmente additata dalla gran parte dei media mainstream, nazionali e internazionali, come responsabile della vittoria di Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali USA.

Debito pubblico. Il segno distintivo del dominio

di Sergio Cimino
Secondo il dato aggiornato in tempo reale riportato nel “The global debt clock” presente sul sito dell’Economist [1], nel momento in cui viene scritto questo articolo, il debito pubblico mondiale ammonta a 60.295 miliardi di dollari americani, all’incirca 56.000 miliardi di euro. L’aumento costante del contatore riesce meglio di qualsiasi parola o confronto numerico, a rendere le dimensioni del fenomeno e la percezione della sua incontrollabilità. Quasi un’entità sovrumana, una divinità non soggetta alle condizioni che regolano l’esistenza di noi mortali. Tic, tac, tic, tac…e nel frattempo questo Molok ha ingrandito il suo corpo di altri 5 milioni di dollari.

Guerre per il petrolio e petrolio per le guerre

di Riccardo Bottazzo 
I cambiamenti climatici generano guerre. E le guerre generano i cambiamenti climatici. Facciamo le guerre per i combustibili fossili e consumiamo combustibili fossili per fare le guerre. Ci siamo mai chiesti quanto costa un carro armato in termini di emissioni di Co2? Quante emissioni serra porta con sé un bombardamento? D’accordo, di fronte a tragedie come quella di Aleppo, tentare di valutare la questione in termini di riscaldamento globale, sembra una bestemmia. Ma non dimentichiamoci che la guerra in Siria è stata causata anche dai cambiamenti climatici. 

A proposito della ministra Valeria Fedeli

di Luciana Castellina 
Io non so come siano andate le cose per quanto riguarda i titoli di studio di Valeria Fedeli. Penso si sia probabilmente trattato di definizioni imprecise che spesso vengono date ai diplomi da scuole o corsi anomali come quello che Valeria ha frequentato a suo tempo a Milano. E che dunque non ci sia stato, da parte sua, alcun dolo nel recepire quel documento. Sono però scandalizzata per il dibattito che ne è seguito, segno – questo sì davvero – del regresso civile e politico del nostro paese, purtroppo anche di qualche pezzo della sua sinistra. Ma come sarebbe: parlamentari e ministri devono essere tutti laureati?

Né col PD né col M5S: non accontentarsi andrà di moda

di Franz Foti
Mai come in giornate come quella di oggi, o in serate come quella di ieri, sarebbe più giusto dire, appare evidente che la richiesta di cambiamento che tutti sembrano avvertire è destinata a non essere soddisfatta da nessuno dei principali attori politici in campo. Alzino la mano quanti, anche tra coloro i quali hanno visto nel “modello Milano” versione Beppe Sala una possibile prosecuzione del centrosinistra arancione seppure in salsa renziana, o tra quelli che hanno riposto le speranze di riscatto della Capitale nella ventata di novità promessa dalla vittoria di Virginia Raggi, possono dire di sentirsi rappresentati, di riconoscersi nel PD o nel M5S?

Pino Sacchi, il leader “nascosto” dello Statuto dei Lavoratori

di Ivan Brentari e Marcello Scipioni
Il compagno Giuseppe Sacchi – operaio, comandante partigiano, storico segretario della Fiom di Milano dal 1958 al 1964, e tra i padri dello Statuto dei lavoratori – se n’è andato martedì 13 dicembre, all’età di 99 anni. È stato uno dei sindacalisti più influenti della storia dell’Italia repubblicana. Anche uno dei meno conosciuti, però, per una tendenza personale a considerarsi uno strumento del movimento operaio, scomparendo come individualità. L’importanza del suo ruolo deriva innanzitutto dalla Federazione metallurgica milanese che diresse e dal periodo in cui ne fu a capo.

Una scuola in affanno

di Stefano Cecconi
L’ultimo numero di Rivista delle politiche sociali dedica la sezione monografica,curata da Ugo Ascoli e Emmanuele Pavolini, alle politiche educative in Italia. Quello che emerge è “una scuola in affanno”, che fatica a fronteggiare le sfide di questi tempi, mentre appaiono evidenti tutti i limiti della Politica nel definire indirizzi e orientamenti per il rilancio della scuola pubblica e del diritto all’istruzione. Ancor più preoccupate è la debolezza della più recente normativa sulla "Buona scuola". Una pseudo riforma, come viene efficacemente descritta in particolare negli interventi di Gianna Fracassi e di Andrea Ciarini e Orazio Giancola.

Perché il M5S si vuole suicidare a Roma tramite fascio-partitocrazia?

di Paolo Flores d'Arcais 
Il 5 agosto (sono passati ormai quattro mesi e 11 giorni) ho messo in rete un tweet che diceva: «Se il #sindaco #Virginia #Raggi continua a servirsi anche di una sola persona del giro #Alemanno tradisce coloro che l'hanno votata». Dieci giorni dopo, il 15 agosto (quattro mesi e un giorno fa), rincaravo e precisavo: «Se il sindaco #Virginia #Raggi continua con il 'raggialemanno magico' (#Marra #Romeo #Viggiano ...) porta la #giunta e il M5S al disastro». Nel M5S nessuno ha fatto una piega (eppure seguono tutti con attenzione frenetica i “social”). 

Da militare ad antimilitarista

di Howard Zinn
Da bambino leggevo libri d'avventura sulla prima guerra mondiale, storie di eroismo e cameratismo che presentavano una guerra pulita e gloriosa, senza morte e sofferenze. Quella nozione romantica fu sradicata a diciott'anni dalla lettura di Johnny Got His Gun, il romanzo forse più sconvolgente che sia mai stato scritto contro la guerra. Eppure, a vent'anni, all'inizio del 1943, mi arruolai volontario nell'aviazione: volevo dare il mio contributo alla sconfitta del fascismo. Avevo imparato a odiare la guerra ma ritenevo che quella non fosse un guerra per il profitto o per l'impero ma una guerra del popolo contro la brutalità fascista.

Se i popoli salvano le banche

di Raffaele Lungarella e Francesco Vella
Nella soluzione delle crisi bancarie ha assunto un ruolo determinante l’intervento dello stato, l’unico in grado di garantire una rapida soluzione dalle situazioni di dissesto, trasmettendo quei segnali di garanzia, solidità, chiarezza e trasparenza necessari per ripristinare un clima di fiducia e stabilità. Segnali tanto più importanti se si pensa che le risorse pubbliche stanziate nei vari paesi europei prima della approvazione della direttiva sul bail-in non sono sempre state a pieno utilizzate. A testimonianza di come sia proprio l’effetto annuncio e la sicurezza che comunque alla fine “il popolo” salverà le banche a garantire l’efficacia degli interventi, in un contesto non esposto alle incertezze e alla volatilità dei mercati.

Finanza, è l'era dell'incertezza

di Paola Pilati
Siamo nel pieno dell'era dell'incertezza. Il Global Economic Policy Uncertainty Index , che usa i dati di 17 paesi che insieme fanno i due terzi del Pil mondiale, in novembre ha toccato una vetta mai raggiunta negli ultimi vent'anni superando quota 275. Tanto per avere un termine di paragone, l'11 settembre quell'indice arrivò poco oltre quota 175, e altrettanto fece con la guerra del Golfo, e all'inizio della crisi finanziaria globale era intorno a quota 200. Ora, a farlo andare in orbita ci hanno pensato la Brexit, l'elezione di Trump, e il referendum italiano.

Come ignorare il No. E risorgere

di Luca Sappino
È utile fare un punto sulla nascita del governo Gentiloni – che è poi un governo Renzi senza Renzi e senza manco la vergogna, un «governo in continuità», come dice il nuovo presidente del Consiglio, «orgoglioso» di poter continuare «il lavoro di innovazione del precedente governo». È utile per capire cosa ha in mente Renzi e come evolverà la nuova sfida politica che si aprirà questa domenica, quando l’assemblea del Pd dovrebbe aprire ufficialmente, come chiesto da Renzi, il congresso, e comincerà la lunga campagna di Renzi per riconquistare lo smalto perduto (perché l’ha perduto, sì, anche se fa finta di nulla).

Dove va l’America di Trump?

di Pierluigi Fagan 
Il 9 novembre scorso, il giorno dopo le elezioni americane, mi son ritrovato a dover correggere le bozze del mio libro che stava per andare in stampa, un libro di geopolitica ma non solo. Trattandosi di geopolitica, era certo ben presente non solo una descrizione del ruolo e strategia degli Stati Uniti nell’ordine mondiale ma ovviamente anche una previsione sul comportamento futuro della potenza egemone. In accordo col sentimento generale, si dava per scontato che questo comportamento futuro avrebbe sviluppato le logiche già ben note ed assai prevedibili della nuova presidente Hillary Clinton.

Alzando gli occhi sul campo: una analisi di fase. Un ’93 al quadrato?

di Aldo Giannuli
1) La lezione non è stata capita. A distanza di una settimana dal voto referendario, credo sia il caso di distogliere l’attenzione dalle cronache della crisi, per fare una valutazione più ampia e di lungo periodo. Partecipando a diversi dibattiti televisivi, mi sono spesso trovato di fronte a interlocutori che ipotizzavano, chi augurandoselo chi per scongiurarlo, un governo Pd-Forza Italia come esito fatale della vittoria del No, unito alla conformazione tripolare del sistema ed all’indisponibilità del M5s ad alleanze.

I 140 anni del Corriere. La guerra come identità della borghesia italiana

di Franco Astengo 
“Il Romanzo dell’Italia” è il titolo del volume che il Corriere della Sera ha dedicato a se stesso per celebrare 140 anni di storia, nel corso dei quali il quotidiano della borghesia è stato sicuramente protagonista non solo al riguardo dell’informazione ma anche dell’orientamento di ampi settori dell’opinione pubblica influenzando lo stesso sviluppo culturale del Paese. E’ il caso, allora, di entrare nel merito di alcune pagine che si trovano nel volume da intendersi come passaggi assolutamente significativi nella storia dell’Italia: alcuni temi si evidenziano come ricorrenti, questioni mai risolte nella complessità delle vicende politiche e sociali durante un secolo e mezzo. 

Dopo il No al referendum

di Eliana Como
Il 4 dicembre il NO ha vinto, con una affermazione netta e con il sostegno di una partecipazione al voto che non lascia dubbi. L'esito del referendum ha bocciato una brutta riforma della Costituzione, impedendo una pericolosa deriva del nostro assetto istituzionale, con l'accentramento dei poteri che da essa sarebbe derivato. La forte affermazione del NO ha però consegnato al Paese anche l'insoddisfazione diffusa che questo Governo con arroganza ha creato. Renzi ha entusiasmato banche e padroni, ma finito l'effetto degli 80 euro, non ha incantato i settori sociali che dalle sue riforme sono stati più colpiti.

Alleanza con le cose

di Giuseppe Civati 
Ci vogliamo alleare con tutti coloro che vogliono cambiare completamente l’impostazione del Jobs Act, della Buona Scuola, dello Sblocca Italia. Quindi, non con chi li ha votati. Semplice. Non è questione di sigle, ma di sostanza. Di scelte, non di posizionamenti. Di sincerità, non di tattica. Ci vogliamo alleare con le persone che hanno un’idea meno pervasiva del potere, all’insegna di una politica che non si risolve in esso, che è cultura e partecipazione. E trasparenza. Ci vogliamo alleare con chi vuole applicare la Costituzione e la legge (già in vigore) sulla vendita di armi ai paesi in guerra.

Capitani Co(Raggi)osi

di Rossella Marchini e Antonello Sotgia
Sergio Scarpellini di case ne ha costruite tantissime. La sua è stata (e continua ad essere) una vita passata sempre tra i mattoni. Raffaele Marra, invece, le case le ha viste sotto forma di elenchi e di contratti. Direttore del Patrimonio e dell’Ufficio Casa del Comune è stato, a lungo, il custode di quelle comunali. Riportate sui pezzi di carta costituiscono il patrimonio immobiliare pubblico della città fatto di 42.485 unità. Anche la sua vita dunque, è passata (e continua a passare) sempre sguazzando nel medesimo elemento: le carte dove, secondo la sindaca Raggi, si muove con grande professionalità.

Dei due pesi e due misure

di Fabio Alberti
Mentre le immagini della tragedia della popolazione di Aleppo, massacrata tra il fuoco jiadista e sirorusso, campeggiano da giorni sulle pagine di tutti i giornali e il Consiglio di Sicurezza viene convocato, in una guerra dimenticata, in un dimenticato paese, la popolazione civile, le scuole, gli ospedali, i mercati vengono quotidianamente bombardati dall’esercito di un paese a guida fondamentalista, con l’appoggio dell’intelligence statunitense e ordigni made in Italy. Senza che nessuno se ne curi.

Scuole da orbi

di Anna Lombroso
Botte a scuola: un docente di un liceo scientifico di Matera, nel corso di un colloquio scuola-famiglia, è stato picchiato da un genitore, convocato per parlare dello scarso rendimento della figlia. Il professore, subito dopo l’aggressione, è finito al pronto soccorso e i medici gli hanno diagnostico una spalla lussata con una prognosi di trenta giorni. “In 25 anni di carriera non mi era mai successo niente di simile” è stato il commento del docente. Ha rincarato il preside dell’istituto: “In 40 anni non avevo mai visto qualcosa del genere”.

Friedman nuovo ambasciatore Usa, coloni e destra israeliana in festa

di Michele Giorgio 
I coloni e la destra israeliana al governo, per ragioni di opportunità, ieri parlavano di «una buona notizia». A stento però riuscivano contenere la gioia per la nomina annunciata da Donald Trump del suo consigliere e amico della destra israeliana più radicale David Friedman a nuovo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele. Da quando Trump ha vinto le presidenziali Usa non passa giorno senza una buona notizia per il governo Netanyahu e gli ultrazionazionalisti religiosi che dominano la scena politica israeliana. Non che la candidata democratica Hillary Clinton non desse sufficienti garanzie di alleanza, anzi.

Mibact: cosa c’è dietro al vuoto normativo. A rischio l’intero “pacchetto cultura”

di Andrea Incorvaia 
Pochi giorni orsono, in piena trance da campagna referendaria l’ormai ex Ministro Boschi, all’interno di un dibattito televisivo con Matteo Salvini, inseguendo il leader leghista sulla famosa e annosa vicenda della spending review, citava il tanto conclamato “taglio” delle Soprintendenze, opera portata a termine dal DM 44 23/01/2016, noto semplicemente come riforma Franceschini. 

Dichiarazione degli ATTAC europei sul CETA

Il trattato di libero scambio fra l’Unione Europea e il Canada, CETA, riveste una grande importanza per il futuro delle nostre società poiché, se fosse ratificato:
- accentuerebbe lo strapotere dell’agrobusiness sulla produzione agricola, privilegiando le produzioni di « bassa qualità » e ostacolando l’agricoltura contadina di qualità;
- porterebbe a un degrado delle norme alimentari, sanitarie e fito-sanitarie così come delle norme sociali e ambientali (attraverso il dumping sociale e ambientale);
- metterebbe in pericolo i servizi pubblici e le politiche pubbliche, comprese quelle delle collettività territoriali;

venerdì 16 dicembre 2016

Perché si può votare sia per le politiche che al referendum

di Alfonso Gianni 
Nessun rispetto per la democrazia diretta che ispira il nuovo – si fa per dire – governo. Dopo la sberla degli oltre 19 milioni di No il governo tenta la difficile strada della restaurazione. Solo che la storia si ripete in farsa. Il governo fotocopia ne è la più evidente dimostrazione. Ma non va sottovalutato, come tutti i colpi di coda. La partita ora si gioca sulla natura della legge elettorale, che deve essere di tipo proporzionale se si vuole tenere conto della volontà dei cittadini e dei rilievi della Consulta sul tema della rappresentanza (sentenza 1/2014). E contemporaneamente sulla possibilità di esprimersi nei referendum sul lavoro.