La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 25 marzo 2017

Non per questa Unione

di Nicola Fratoianni 
Siamo stati in piazza per tutte le donne e tutti gli uomini che vivono in Europa, e per tutte quelle e tutti quelli che, fuori dai suoi confini, continuano a vederla come una speranza dove approdare. Siamo stati in piazza a Roma per rivendicare quella cittadinanza negata che ha trasformato il sogno europeo in una tecnocrazia senza anima. Non per celebrare i 60 anni della firma dei Trattati, ma per chiedere con forza la riscrittura di tutti i trattati che hanno sottratto sovranità ai cittadini, consegnato le istituzioni europee ai mercati finanziari e impoverito le nostre società. Istituzioni centrali sottratte al controllo democratico si sono infatti rivelate più permeabili al condizionamento dei poteri economici, negando di fatto il principio di uguaglianza sociale, in nome di un'economia di mercato senza regole.

Il Superstato neoliberista di polizia economica compie sessant’anni: facciamogli la festa

di Alessandro Somma
Ancora scioccati per l’esito del referendum sulla Brexit, lo scorso settembre i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea si sono riuniti a Bratislava per discutere di come recuperare la fiducia dei cittadini scossi da “paure riguardo a migrazione, terrorismo e insicurezza economica e sociale”[1]. Le paure del primo tipo hanno ricevuto un’attenzione particolare, sfociata nell’impegno solenne a evitare “i flussi incontrollati dello scorso anno” e a “ridurre ulteriormente il numero dei migranti irregolari”. Si è subito istituita una guardia costiera europea per contrastare con la forza l’arrivo dei migranti, e deciso di collaborare con i governi più o meno autoritari dei Paesi di provenienza o di transito per impedire le partenze. Il tutto ripreso in occasione di altri vertici, convocati per rafforzare la volontà di rispettare gli accordi con il despota di Ankara e di intensificare i rapporti con Al-Sarraj, Presidente del traballante governo libico di unità nazionale[2].

L'Unione deve essere politica, democratica e federale. Ma resta un'utopia

di Nadia Urbinati
Il processo di unificazione Europea, di cui celebriamo il sessantesimo compleanno, ha aperto la strada a una nuova cittadinanza. Studiosi della politica e giuristi hanno abbondantemente illustrato il paradigma post-nazionale e sovranazionale della libertà politica che dissocia la cittadinanza dalla nazionalità. Si tratta di una rivoluzione non meno epocale di quella del 1789 che, per ripetere le parole di Hannah Arendt, inaugurò la "conquista dello stato da parte della nazione" e in questo modo l'inizio della democratizzazione. La storia dell'Europa moderna conferma che mentre la formazione dello stato territoriale ha unificato il corpo dei sudditi della legge è stata la sovranità nazionale a rendere gli stati democratici. Il diritto che ha segnato questo mutamento epocale è quello di e/immigrazione, ovvero la libertà di movimento, delle persone e dei beni.

L’Europa neoliberista fa male anche alla scuola

di Marina Boscaino
La strategia di Lisbona è un programma di riforme economiche approvato dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nel 2000, il cui obiettivo dichiarato era quello di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010. Si può certamente sostenere che molti – da allora – si sono illusi, e per lungo tempo, che l’enfasi fosse sul termine conoscenza. In realtà, come ha dimostrato il percorso normativo del nostro, come della maggior parte dei sistemi di istruzione europei, la centralità è stata solo ed esclusivamente dell’economia. E dell’economia di mercato e di dominio della finanza, per giunta. Tutto ciò non stupisce, a distanza di 17 anni e con l’esperienza del tempo trascorso, se soprattutto si leggono in chiave critica i due aggettivi: competitiva e dinamica. Connotazioni che hanno uniformemente e strategicamente accompagnato il pensiero main stream.

Ritrovare la democrazia

di Luciana Castellina 
Al momento delle sue ultime elezioni l’Olanda è stata irrisa da tutti perché si è saputo che concorrevano ben 28 partiti. In realtà non c’era niente da ridere: grazie al privilegio di una legge rigorosamente proporzionalista, senza trucchi maggioritari, gli olandesi, con quei loro 28 partiti, hanno potuto rendere esplicita la crisi di rappresentanza che ormai percorre l’Europa, sconvolgendo antiche e storiche costellazioni politiche, producendo una varietà di fenomeni sbrigativamente catalogati col termine di populismo. La crisi del sistema democratico appare ormai in tutta la sua evidenza. Di questo sarebbe bene che i rappresentanti dei 28 stati europei riflettessero oggi a Roma. Perché larga parte delle responsabilità di questa ormai profonda crisi di fiducia stanno proprio nel modo come è stata gestita l’Unione in questi sessant’anni che oggi invece si festeggiano.

Una sinistra europea e anti-populista. Intervista a Gregor Gisy

Intervista a Gregor Gisy di Angelo Mastrandrea 
«L’Europa si trova in un momento molto difficile, non è mai stata in pericolo come in questo momento. Non c’è solidarietà, non è sociale, non è democratica e non è ecosostenibile. Non è trasparente, è troppo burocratica e vuole anche militarizzarsi. È una triste situazione. Ma noi abbiamo il dovere di salvarla e di darle un nuovo corso». Gregor Gisy può essere considerato come il Gorbaciov della Germania est: fu lui, figlio di un ex ministro della Cultura della Ddr e avvocato di dissidenti, a traghettare dopo il crollo del Muro di Berlino il partito comunista, la Sed, verso la trasformazione in Partito del socialismo democratico (Pds) prima e poi nell’attuale Die Linke (La Sinistra, in tedesco).

Il nostro terzo spazio è disobbediente e costruttivo. Intervista a Yanis Varoufakis

Intervista a Yanis Varoufakis di Roberto Ciccarelli 
Diem 25 (Democracy in Europe Movement), il movimento paneuropeo fondato dall’ex ministro greco dell’economia Yanis Varoufakis un anno fa a Berlino, oggi torna a Roma per presentare il suo programma economico. È il primo passo per approntare un’agenda «progressista» nella prospettiva delle elezioni europee del 2019. Entro il 2025, Diem intende «democratizzare l’Unione Europea», sempre che ne esisterà una tra otto anni. Nel frattempo propone un «dialogo» con le forze politiche esistenti per individuare una forma politica capace di dare vita a un «terzo spazio» oltre i liberismi, i sovranismi e i populismi «che vogliono recuperare un passato che non è mai esistito e vivono del rigetto dell’establishment» sostiene il co-fondatore italiano Lorenzo Marsili. Sul piatto Diem mette 60 mila iscritti in Europa, 8 mila in Italia. Oggi Varoufakis sarà alla manifestazione «La nostra Europa» che parte alle 11 da piazza Vittorio.

Globalizzazione neoliberista? È colonialismo finanziario. Intervista a John Smith

Intervista a John Smith di Mark Karlin
Quali sembianze assumono, oggi, l’imperialismo ed il colonialismo? In Imperialism in the Twenty-First Century, John Smith afferma che le nazioni capitaliste del centro non si affidano più alla forza militare ed al controllo politico diretto degli altri paesi. Invece, esse mantengono una morsa finanziaria sull’emisfero sud, sfruttando il lavoro di tali paesi al fine di incrementare i propri profitti. Le nazioni “abbienti” aumentano i profitti delle proprie aziende a spese di lavoratori pesantemente sottopagati dei paesi in via di sviluppo. Le prime definiscono tale stato di cose col termine globalizzazione; è quanto sostiene John Smith, nel suo libro Imperialism in the Twenty-First Century: Globalization, Super-Exploitation, and Capitalism’s Final Crisis. Nell’intervista che segue, rilasciata a Truthout, Smith discute la sua tesi per cui la globalizzazione non sarebbe altro che neocolonialismo sotto un altro nome.

L’importanza dell'iniziativa referendaria sul lavoro

di Guglielmo Forges Davanzati
Il prossimo 28 maggio, se non ci saranno interventi legislativi che li rendano superflui, saremo chiamati a votare per i c.d. Referendum popolari per il lavoro, che riguardano la disciplina dei voucher e nuove regole sugli appalti. Si tratta, nel primo caso, di abolire quella che viene considerata una forma estrema di precarizzazione del lavoro, ovvero il pagamento attraverso buoni lavoro, in assenza di un regolare contratto, originariamente pensati per lavori saltuari e occasionali e ormai estesi in pressoché tutti i settori dell’economia italiana. Nel secondo caso, il quesito referendario incide sulla responsabilità di committenti, appaltatori e sub-appaltatori nei confronti dei lavoratori impiegati negli appalti.

Europa, l’inganno delle celebrazioni

di Barbara Spinelli 
L’Unione europea si appresta a celebrare il 60esimo anniversario dei Trattati di Roma manifestandosi sotto forma di un immenso accumulo di spettacoli. Come nelle analisi di Guy Debord, tutto ciò che è direttamente vissuto dai cittadini èallontanato in una rappresentazione. Le celebrazioni sono il luogo dell’inganno visivo e della falsa coscienza. Non mancheranno gli accenni ai padri fondatori, e perfino ai tempi duri che videro nascere l’idea di un’unità europea da opporre alle disuguaglianze sociali, ai nazionalismi, alle guerre che avevano distrutto il continente. Anche questi accenni sono inganni visivi. Lo spettacolo delle glorie passate si sostituisce al deserto del reale per dire: “Ciò che appare è buono, e ciò che è buono appare”.

Il Jobs Act alla resa dei conti

di Valeria Cirillo
Gli ultimi dati forniti dalla Rilevazione sulle Forze di Lavoro dell’ISTAT e dall’Osservatorio sul precariato dell’INPS sottolineano alcuni dei caratteri peculiari della “nuova occupazione” degli ultimi due anni. Due anni intensi nel corso dei quali il mercato del lavoro ha conosciuto un’importante riforma ad opera dell’ultimo governo di centro-sinistra a guida di Matteo Renzi. La riforma del mercato del lavoro, nota a tutti come Jobs Act, ha previsto – fra le altre – l’introduzione di un nuovo contratto di lavoro che modifica l’assetto giuridico del rapporto di lavoro dipendente e ne accresce il livello di flessibilità. Tale contratto porta il nome di “contratto a tutele crescenti” e, a differenza del precedente a tempo indeterminato non prevede il diritto di reintegro del lavoratore nel caso di licenziamento senza giusta causa, tranne che quest’ultimo abbia carattere discriminatorio o sia comunicato verbalmente.

L'Europa va rifondata. Sociale. Intervista a Saskia Sassen

Intervista a Saskia Sassen di Francesca De Benedetti
"Conosco l'Europa delle generazioni perdute, della disoccupazione giovanile; ho visto il continente delle classi medie impoverite, dei migranti respinti e dei diritti negati. Ma alla vigilia del 25 marzo dico che non sarà la disintegrazione dell'Unione, né la nostalgia delle nazioni, a salvarci dalle ombre della globalizzazione. Io scommetto sull'Unione: un'Europa come fortezza democratica è la mia speranza". Saskia Sassen, docente alla Columbia, è sociologa di fama: tra i suoi saggi più noti Le città nell'economia globale e il recente Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale (il Mulino).

La catastrofe del lavoro non è colpa dei robot ma della flex-insecurity

di Mario Sai
L’abolizione dei voucher è una buona notizia per i due milioni di uomini e donne che in questi anni sono stati obbligati a lavorare subendo la totale discrezionalità dei datori di lavoro, dovendo dare in cambio una totale disponibilità di tempo. E’ una vittoria della Cgil, ma non è che l’inizio. Non si tratta di regolare meglio il mercato del lavoro, ma di indicare una alternativa ad una potente onda ideologica che da quarant’anni, mettendo insieme il «fare più con meno» (meno magazzino, meno tempo, soprattutto meno occupati stabili) del toyotismo e il «farsi imprenditori di se stessi» dei nuovi lavoratori interconnessi nella Rete, ha teso a destrutturare le regole e i diritti conquistati con un lungo ciclo di lotte nei sessant’anni del fordismo e che avevano nel contratto la loro garanzia.

Automazione e riduzione dell’orario di lavoro

di Simone Fana
La cronaca degli ultimi mesi ha riportato al centro del dibattito pubblico il nesso che lega i processi di innovazione tecnologica e le dinamiche del mercato del lavoro, attualizzando tendenze che stanno modificando alla radice gli assetti produttivi e i modi di produzione capitalistici. Elementi comuni collegano le vertenze dei lavoratori di Almaviva, in seguito al piano di ristrutturazione produttiva e agli esuberi del personale addetto ai call center, le proteste dei tassisti contro il colosso della sharing economy Uber e le rivendicazioni dei lavoratori impiegati nella Grande Distribuzione. Un elemento che svolge un ruolo centrale nel ricollocare le specificità settoriali in un terreno unitario è legato alla rapida ascesa dei colossi dell’economia digitale e al ruolo di avanguardia del processo produttivo esercitato dagli oligopoli privati.

Cominciamo in settantadue

di Raniero La Valle
Cinque morti e quaranta feriti a Londra per fare uno sberleffo al Parlamento inglese che, con l’Europa o senza Europa, ha violentato e oppresso per secoli musulmani e popoli di ogni colore, sono troppi. Trecentomila morti (fonte Osservatorio siriano per i diritti umani) e quattro milioni di profughi dalla Siria (fonte ONU UNHCR) per liquidare senza riuscirci Assad facendo finta di combattere contro lo Stato islamico, sono troppi. Seicentocinquantacinquemila morti in Iraq (fonte Iraq Body Count) per arrivare a deporre e uccidere Saddam Hussein, sono troppi. Settantadue vittime civili nella guerra della NATO (fonte Human Rights Watch), 1.108 uccisi e 4.500 feriti tra i civili (fonte Ministero della Salute libico al 13 luglio 2011) per deporre e uccidere Gheddafi, sono troppi.

Appalti e voucher, la marcia indietro del governo

di Natalia Paci
Erano stati appena pubblicati (il 15 marzo) sulla Gazzetta Ufficiale i due quesiti (il terzo, in materia di licenziamenti illegittimi, è stato dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale) del referendum popolare proposto dalla CGIL per l’abolizione dei c.d. voucher e delle limitazioni alla solidarietà negli appalti, che il Governo ha approvato (il 17 marzo) un decreto legge (n. 25/2017) volto ad annullare l’appuntamento referendario del 28 maggio. In merito ai voucher, il decreto, accogliendo in toto l’obiettivo referendario, abroga il lavoro accessorio introdotto dalla c.d. Riforma Biagi ed ampiamente esteso nelle riforme successive fino al recente Jobs Act.

Le repliche grottesche della storia

di Piero Bevilacqua 
Più si osserva in prospettiva l’esperienza politica di Matteo Renzi, la vicenda del suo governo e l’evoluzione del Partito Democratico in questi ultimi tre anni, più diventa forte l’impressione di assistere ad un hegeliano ripetersi della storia in forma di farsa. Una vicenda che ritorna con caratteri grotteschi, ma che non costituisce il calco caricaturale di una esperienza recente, quanto la replica deformata di vicende anche ottocentesche della politica italiana. Era giusto infatti, ma solo alla lontana, qualche anno fa, parlare di trasformismo o di costume trasformistico nel quasi ventennio dei governi di Berlusconi, quando non pochi parlamentari attraversavano disinvoltamente i diversi schieramenti e si posizionavano a seconda della convenienza del momento.

Le ultime macerie europee di un modello distruttivo

di Tommaso Di Francesco 
Ha ragione Andrea Bajani con il suo bell’intervento che pubblichiamo oggi. È giusto, è doveroso riannodare le fila della ferocia di «armi economiche» che «annientano» intere popolazioni, verso la quale spesso gli scrittori europei hanno taciuto, a partire dalla sensazione delle rovine subite, quelle della Seconda guerra mondiale nel cuore d’Europa. Ma resta sorprendente che l’esercizio del silenzio sul flagello bellico si sia riproposto anche nella storia in corso. Perché, dirla contemporanea sembra già passata. Nei venti anni che ci stanno alle spalle infatti a partire dal campo della inclusione ed esclusione economica, l’Europa in via di definizione sovranazionale – da Maastricht in poi – ha generato nuovi conflitti armati. E una violenza inaudita contro gli ultimi, i disperati in fuga sui barconi che approdano, navigano e muoiono dentro un Mediterraneo irriconoscibile e verso co0nfini che abbiamo riempito di nuovi muri di Stato.

Intorno alle costituzioni, all’economia ed altre questioni collegate

di Giuseppe Ugo Rescigno
Ho partecipato intensamente alla campagna per il no nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Ho cercato di dare il meglio nei numerosissimi incontri convegni e dibattiti ai quali ho partecipato. Però l’ho fatto di malavoglia, scontento, certo che anche in caso di vittoria dei no grande sarebbe rimasta la confusione e nessuno dei temi e dei problemi che mi stanno a cuore sarebbe stato ripreso in modo significativo e operativo. Perché allora l’ho fatto?

La speranza ostinata di Max Mannheimer

di Carlo Scognamiglio 
Non era destinata alla pubblicazione, la testimonianza che Max Mannheimer – cittadino cecoslovacco di origini ebraiche, deportato dai nazisti nel 1943 – scrisse quasi frettolosamente nel 1964. Un puro caso, ma assai significativo, favorì comunque la precipitazione di quelle memorie sulla pagina scritta. Sopravvissuto alla persecuzione e ai campi di concentramento, Mannheimer tacque per molto tempo, troppo profonde e al tempo stesso vive rimanevano le ferite nei venti anni che seguirono alla sua liberazione. Ma nel 1964, per un errore di comunicazione con il personale ospedaliero, egli ritenne di essere stato sorpreso da un tumore, e di avere poco tempo ancora da vivere. Decise allora di lasciare a sua figlia un racconto del proprio vissuto concentrazionario.

Sharing economy, Uber alles

di Lelio Demichelis
La vecchia economia contro la nuova? I taxisti come i vecchi luddisti che volevano fermare il progresso, ieri rappresentato dai telai meccanici e oggi da Uber e dalla sharing economy? Domande di queste settimane. Ma procediamo con ordine, ricordando subito che la realtà del lavoro è oggi fatta da due mondi apparentemente contrapposti, ma invece coerenti e congrui tra loro: la precarizzazione incessante da un lato (Uber, Foodora, voucher, contratti atipici vecchi e nuovi, JobsAct), dall’altro un’impresa che vuole farsi comunità di lavoro, che inventa gli smart-jobs e persino il manager della felicità per rendere felici i lavoratori. In mezzo: la quarta rivoluzione industriale, i robot e, forse, una nuova disoccupazione tecnologica.

Il fascino perverso del filo spinato

di Claudio Vercelli
L’idea di recinzione si incontra con quella di confine che, a sua volta, rimanda a quella di contenimento. In un moderno Stato nazionale contenere implica il selezionare: qualcosa ma, anche e soprattutto, chi possa essere parte della comunità (di popolo, di stirpe, di razza, di «destino»), idea competitiva, nella moderna esperienza della politica, a quella di cittadinanza. Allora, il primo punto da cui partire è la ristampa, arricchita di nuovi suggerimenti di lettura, di un volume di Olivier Razac, Storia politica del filo spinato. Genealogia di un dispositivo di potere (ombre corte, pp. 158, euro 14). L’autore, maître de conférences in filosofia presso l’Università di Grenoble, ricostruisce letteralmente il reticolo storico del reticolato. Il filo spinato, infatti, non è solo uno strumento materiale per spezzare, dividere, infine separare per sempre i corpi ma anche un dispositivo simbolico che ha un fortissimo impatto sulle coscienze dei contemporanei.

Né establishment né populisti. Ecco perché serve una nuova forza politica europea

di Yanis Varoufakis 
Nel momento in cui il primo ministro britannico Theresa May ha fatto scattare l’articolo 50 del trattato di Lisbona per rendere inevitabile la Brexit, l’Europa si è trovata stretta tra due paradossi che rappresentano minacce immediate per l’Unione. David Cameron, il predecessore della premier conservatrice, ha tutte le ragioni per essere interdetto dagli esiti della sua sconfitta. La Gran Bretagna sta lasciando l’Europa dopo che la sua richiesta originaria di “geometrie variabili” che avrebbero consentito a Londra di chiamarsi fuori dai principi base dell’Unione europea venne respinta con forza da Berlino e, in forme meno severe, da Parigi. Eppure, proprio a causa della Brexit, Berlino e Parigi hanno finito con il prendere in considerazione l’idea di geometrie variabili come strada praticabile.

La star Sanders e l’astro nascente Cenk Kadir Uygur

di Guido Moltedo
Sanders, martedì scorso, era tra gli attivisti del Fair Immigration Reform Movement che manifestavano di fronte agli uffici centrali della dogana, a Washington. Una delle numerose iniziative che di questi tempi s’organizzano nelle città americane contro la politica fortemente repressiva e discriminatoria della nuova amministrazione nei confronti degli immigrati e a favore di una riforma che agevoli il percorso verso il loro regolare e rapido inserimento nella società americana. Il senatore del Vermont è salito su un palchetto improvvisato e ha tuonato contro Trump: il tycoon-presidente fa vigliaccamente il duro con gli immigrati che sudano di fatica per neppure dieci dollari all’ora e sbatte fuori del paese madri e padri di famiglia. «Ma se sei un duro perché allora non dai addosso alle imprese sanitarie e alle compagnie assicuratrici di Wall Street?».

Lo sguardo di Selma James. Intervista alla storica femminista, coordinatrice dello Sciopero Globale delle Donne

Intervista a Selma James di Geraldina Colotti 
Selma James è la coordinatrice internazionale del Global Women’s Strike (Sciopero Globale delle Donne), la cui strategia per il cambiamento è «investire nella cura della vita, non nella morte». È co-autrice di Potere Femminile e Sovversione Sociale. Il suo libro più recente è Sex, Race and Class, (Pm Press, Usa e The Merlin Press nel Regno Unito). L’attività di Selma ha per base il Crossroads Women’s Centre a Londra.

Gig economy, London calling

di Arianna Tassinari e Vincenzo Maccarrone
L’estate del 2016 ha portato per la prima volta alla ribalta mediatica il tema della gig economy, “l’economia a cottimo”. Gli scioperi a Londra dei fattorini di Deliveroo e UberEats, cui si sono aggiunti nell’autunno dello stesso anno quelli dei lavoratori di Foodora a Torino, hanno evidenziato lo scontento di un numero crescente di lavoratori verso condizioni di lavoro di estrema precarietà, seppur mascherate da una patina smart. Al centro della tempesta stanno le piattaforme che offrono i propri servizi tramite un’app: si va dalla consegna cibo (un settore in espansione economica che in Italia è stato valutato 400 milioni di euro) offerta da Foodora e Deliveroo al servizio taxi di Uber, di recente tornato agli onori della cronaca anche in Italia.

Via Rasella. Intervista a Rosario Bentivegna

Intervista a Rosario Bentivegna di Enzo Cicchino
D.: Mi fa una cronaca dettagliata del preambolo dell'azione di Via Rasella?
R.: Beh, Via Rasella fu organizzata dal Comando Centrale dei G.A.P., che dipendevano direttamente da Giorgio Amendola, il quale partecipò all'elaborazione del piano insieme a Carlo Salinari e a Calamandrei, Franco Calamandrei, Manrio Fiorentini ed io. Avevamo studiato le cose in modo che l'attacco si potesse portare da due punti. Uno doveva essere il famoso carrettino che avrei dovuto gestire io e che avrebbe provocato la prima esplosione, il primo impatto con il reparto tedesco che avevamo deciso di attaccare, e l'altro doveva essere portato a termine da parte di un gruppo di quattro compagni che erano Silvio Serra, Raul Falcioni, mi pare che ci fosse anche Francesco... insomma, erano quattro compagni adesso non ricordo esattamente i nomi.

Giudici e politica, il potere rimpiange il passato

di Livio Pepino
Periodicamente, soprattutto in concomitanza con decisioni giudiziarie sgradite a questo o a quel centro di potere, si riapre il tormentone dei «magistrati in politica». Oggi lo spunto è duplice: da un lato, la corsa di Emiliano (magistrato in aspettativa dalle esternazioni spesso sopra le righe) alla segreteria del Pd; dall’altro, il voto del senato sulla incandidabilità sopravvenuta di Minzolini a seguito di una condanna confermata dalla Cassazione ma pronunciata in appello da un collegio di cui faceva parte il giudice Sinisi (sottosegretario nei governi Prodi e D’Alema). Qualunque sia l’occasione, il pensiero unico non ha dubbi: tra le cause principali della caduta di credibilità della giustizia c’è l’impropria «politicizzazione» di giudici e pm.

Il futuro dell’Europa, una questione politica

di Riccardo Sanna
Essere o non essere. Il dilemma shakespeariano viene gridato sempre più forte dagli attori della scena politica europea. Dopo la vicenda greca (mai risolta) e la Brexit, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel qualche settimana fa ha alluso a un’eurozona a due velocità (anche se il primo tedesco a rompere il tabù fu il ministro delle Finanze Schauble già nel 2015 in occasione della crisi ellenica). E, in effetti, proprio a 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, tutta la discussione sembra aver preso la piega di un’Europa a più velocità, pur di scongiurarne la frattura.

Il silenzio degli scrittori sulla guerra

di Andrea Bajani
Nel 1997 W.G. Sebald tenne a Zurigo alcune memorabili conferenze sul tema “Guerra aerea e letteratura”. Si trattava di lezioni di poetica, essenzialmente, e di riflessione sulla condizione della letteratura tedesca nel secondo dopoguerra. I testi delle conferenze, successivamente rielaborati, vennero pubblicati in un volume – Storia naturale della distruzione (Adelphi) – che resta a tutt’oggi tra le vette delle produzione di Sebald e tra i tentativi più sbalorditivi di creare un nesso tra gli spropositi novecenteschi e le opere prodotte dagli scrittori. Il secolo breve, come lo chiamò Hobsbawn, aveva spalancato domande abissali, e gli artisti avevano a loro volta articolato domande ulteriori, ciascuno a modo proprio.

Sull'Internazionale femminista

di Infosex – Esc Atelier
L’8 marzo centinaia di migliaia di donne in 59 paesi del pianeta hanno incrociato le braccia. Hanno bloccato l'attività produttiva e riproduttiva, formale e informale, salariata, sottopagata o non pagata per nulla. Sono scese in strada e hanno occupato le piazze delle proprie città: è stata di nuovo marea, eterogenea nelle sue molteplici articolazioni, radicale, determinata più che mai. La potenza e la novità di questo “atteso imprevisto” si sono espresse dunque tramite la riappropriazione dello sciopero come strumento eminente di lotta: da troppo tempo assegnato a una storia neutra e de-femminilizzata del movimento operaio; “privatizzato” e reso sterile dai sindacati attraverso un suo uso parco, tattico, corporativo e volto alla sola negoziazione (a ribasso); svuotato del suo potere conflittuale per mezzo della deregolamentazione e precarizzazione del lavoro.

Frammenti di Resistenza

di Alessandro Santagata 
La strage delle Fosse Ardeatine ha segnato indelebilmente la storia d’Italia. Negli anni la memoria si è consolidata grazie al prezioso contributo del cinema, del teatro e della storiografia.
Recentemente, Sandro Portelli, che è stato il principale interprete dell’eccidio e del suo racconto, ha proposto insieme a un nutrito gruppo di intellettuali un «calendario civile», parallelo a quello religioso, in cui la data del 24 marzo non poteva certo mancare. A quest’ultimo contributo nel volume di Donzelli (si veda Piero Bevilacqua, il manifesto, 28/02) vale la pena affiancare la lettura di Massimo Sestili, I ragazzi di via Buonarroti. Una storia di Resistenza (Marlin).

Tutti sul carro Cinque Stelle: ma possiamo fidarci dei grillini?

di Vindice Lecis
Non parliamo qui di gombloddi, di scie kimike o di microchip sottocutanei. Odio il sarcasmo demolitorio (e subalterno) perché da vecchio togliattiano, cerco di capire la realtà per quella che è. I fatti testardi mi sbattono tutti i giorni sul muso il Movimento 5 stelle che gli ultimi sondaggi (Corsera del 21 marzo) accreditano addirittura al 32,3%. Per questo si parla di loro. I grillini devono abituarsi, anche se a molti di loro dà fastidio, ad essere analizzati, sminuzzati, contestati. Lo dice uno che considera grottesca e ben architettata la macchina del fango che si è mossa contro il sindaco di Roma, Virginia Raggi (che sta dando, comunque, pessima prova di governo al pari di molti sindaci a 5 stelle).

Dove nasce il terrore. La crisi siriana tra fascismi e combattenti per la libertà

di Riccardo Bottazzo
Perché? La domanda che pesava nel cuore di tutti noi, accomodati in platea, viene fuori solo alla fine dell’incontro. Marco Sandi, prima di porla sente il bisogno di scusarsi, quasi a vincere un naturale pudore nel cercare di entrare nell’intimo di una persona che ha dato tanto ad un ideale di giustizia e libertà. Tanto da mettere a repentaglio anima e vita. Perché lo hai fatto? Cosa spinge un giovane ad arruolarsi nelle Ypg per combattere, armi in pugno, i fascisti dell’Isis? Davide Grasso scuote la testa e risponde che queste sono domande senza risposta. Forse è nato tutto da una lettura giovanile di un libro sulla vita di Che Guevara, racconta. Forse su quelle pagine ha imparato che in tante parti del mondo, sorelle e fratelli, compagne e compagni, combattono per la libertà e per la giustizia. E le compagne e i compagni che lottano non vanno mai abbandonati.

Platform capitalism e confini del lavoro negli spazi digitali

di Emiliana Armano, Annalisa Murgia e Maurizio Teli
Nell’intento di continuare ad approfondire le modalità di accumulazione del capitalismo di piattaforma e soprattutto le nuove configurazioni del lavoro sottese a tale contesto, proponiamo la lettura dell’ottima introduzione di Emiliana Armano, Annalisa Murgia, Maurizio Teli al libro da loro curato: Platform capitalism e confini del lavoro negli spazi digitali, appena uscito per Mimesis/Eterotopie. “Un libro collettaneo che offre uno sguardo critico sui processi di produzione del valore mediati dalla digitalizzazione e come i suoi confini sono socialmente costruiti”. “Si può parlare infatti di walled garden, giardini recintati in cui l’accesso e circolazione di contenuti non sono affatto liberi, ma soggetti a molteplici e cangianti forme di controllo”.

Iperspecializzazione e deresponsabilizzazione: le sfide della complessità

di Elena Giorza 
In un mondo in cui la realtà, in tutte le sue dimensioni, assume sempre più un carattere globale e multidimensionale, sembra necessario chiedersi fino a che punto l’iperspecializzazione, imperante in ogni ambito della contemporaneità, possa fornire risposte adeguate alla “sfida della complessità”. Sembra, infatti, che la compartimentazione di singoli aspetti del reale e la conseguente tendenza a una rigida e sistematica educazione alla superspecializzazione – sia a livello gnoseologico che professionale – lungi dal fornire mezzi adeguati per vivere e affrontare la complessità, finisca per deresponsabilizzare l’individuo in quanto cittadino. 

Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie per ridare all’Europa un’anima sociale e solidale

In occasione del Vertice di Roma, occasione in cui i Leader dei Paesi UE si apprestano a celebrare il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma e discutere del futuro dell’UE, oltre 7.000 organizzazioni della società civile hanno inviato una lettera congiunta ai leader dei 10 Paesi Membri impegnati da tre anni nel negoziato per l’introduzione di una Tassa europea sulle Transazioni Finanziarie (TTF). Il futuro dell’UE passa anche dall’adozione di misure come questa che rappresentano una risposta concreta alle istanze dei cittadini sempre più schiacciati da politiche che privilegiano il potere di pochi a discapito del benessere di tutti.

Andrà l’Italia a New York?

di Giorgio Nebbia
Dopo la commedia di un voto prima favorevole, poi smentito dal governo, sulla risoluzione A/RES/71/258 che, all’assemblea generale delle Nazioni Unite chiedeva l’avvio di trattative per il divieto delle armi nucleari e la loro eliminazione, non si capisce se il nostro governo parteciperà ai lavori per tali trattative che cominceranno fra qualche giorno, lunedì 27 marzo, presso le Nazioni Unite a New York. Sarebbe un grave errore non partecipare per la sola illusione che la presenza di bombe nucleari, quindicimila, nei nove paesi che le possiedono ha la funzione di evitare il loro uso; la teoria della deterrenza, secondo cui nessun paese le userebbe per primo per paura che il “nemico” si vendicasse con effetti ancora più devastanti, è sconsiderata e non evita il pericolo di una catastrofe planetaria.

Flat tax, chi la vuole? Storia di un dibattito

di Jan Mazza
Per flat tax, letteralmente “tassa piatta”, si intende una tassa con aliquota costante – proporzionale, quindi, e non progressiva (con aliquote crescenti rispetto al reddito/patrimonio) né, al contrario, regressiva. Il termine in realtà ha assunto un uso più esteso, il quale però non copre l’ultima esca preparata dal governo italiano per attrarre la residenza fiscale di stranieri facoltosi: un contributo annuale di 100.000 euro (più venticinque mila per ogni familiare interessato), disponibile solo per persone fisiche che abbiano trascorso nove degli ultimi dieci anni fuori dall’Italia (allo scopo di evitare il “rientro” di italiani con residenze fittizie), e dalla durata massima di quindici anni. Un’imposta in questo caso regressiva (detta anche imposta capitaria), in quanto insensibile alla reale capacità contributiva del tax-payer, da applicare esclusivamente sui redditi prodotti all’estero.

Il verbo e la carne della sociologia. Pierre Bourdieu e la miseria del mondo

di Antonello Petrillo
No, non è l’Italia. L’oggetto del racconto sociologico di questo libro è la Francia; per di più, una Francia di molti anni fa: venti e passa. Tanto per dare un’idea, all’Eliseo imperversava ancora l’imponente figura di François Mitterand (al secondo mandato), con tutto l’ingombro del suo peso riconosciuto e spesso contraddittorio nella storia del dopoguerra e della via “eurosocialista” alla modernizzazione e allo sviluppo. La “grande crisi”, destinata a trasformare profondamente, a partire dal 2008, il paesaggio finanziario e sociale del mondo globalizzato era ancora lontanissima; tecnicamente impensabile, forse. Società diverse, tempi differenti, e la sociologia non è scavo archeologico: è scienza del presente, del qui e dell’ora; dell’utile, anche, e – al limite – del necessario.

Terrorismo e globalizzazione

di Aldo Masullo
Ogni fenomeno sociale, per quanto semplice, è il «campo di un gioco di forze umane, personali e impersonali, materiali e immateriali». Le forze vi s’incontrano e vi si scontrano, vi si raggruppano e vi si dividono, via via alcune diventando egemoniche e altre riducendosi a subalterne, tutte più o meno rapidamente cambiando ruolo e peso, e poi deperendo fino a sparire, mentre altre nascono e fresche entrano in campo. Non è il campo a rendere possibile il gioco, ma il gioco determina il campo. A loro volta le forze e il campo si determinano reciprocamente. Il pacifico mercato e la guerra sono due «campi di gioco di forze», l’uno e l’altro tendenzialmente globalizzati nel nostro tempo ipertecnologico e sovrapopolato. Da ciò consegue che ogni variazione nei rapporti tra le forze in uno scacchiere particolare tende a ripercuotersi in tutti gli altri, quasi per l’irresistibile propagazione di giganteschi tsunami.

Un 24 Marzo, diciotto anni fa

di Gianmarco Pisa
Ebbero inizio proprio il 24 Marzo, nel 1999, diciotto anni fa, i bombardamenti su Belgrado e sulla Jugoslavia dell’epoca, da parte degli Stati Uniti e della Alleanza Atlantica, la NATO. Fu il primo di 78 giorni di guerra, una guerra che ha rappresentato un vero e proprio “paradigma”, o, per dirla in altri termini, quella guerra senza la quale non si capirebbe il senso dell’espressione “guerra etno-politica”, che ci ha familiarizzato con quella mistificazione che è la “guerra umanitaria”, e che ha aperto le porte ad un “nuovo ordine mondiale” nel quale siamo, inaugurando una modalità di azione nuova, la stessa nella quale siamo ancora immersi, sebbene diversa dalla fine degli anni Novanta, e uno scenario inedito specie per chi, ancora negli anni Novanta, si illudeva di «dividendi della pace».

Geopolitica ed energia dal sole e dal vento

di Giuseppe Palazzo 
Un mio recente articolo sull’energia spiega come il nostro modo di organizzarci come società e sistema economico sia influenzato dalle fonti fossili e tratta le possibili implicazioni politiche e sociali della transizione alle rinnovabili. Anche questo articolo si pone in un futuro in cui queste fonti sono affermate e utilizzabili su vasta scala. Un futuro, come dicono alcuni dati [1], non considerato così lontano. Queste righe si concentrano sulla geopolitica, su quanto sia influenzata dal bisogno di accedere alle fonti fossili e su come può cambiare con la transizione. La situazione attuale è influenzata dai seguenti elementi. Le fonti fossili sono esauribili e questo, per quanto vi siano nuove scoperte, è un dato di fatto. Intanto secondo la IEA la domanda di energia sarà il 36% in più nel 2035 rispetto al 2008. Ciò aumenta la dipendenza dai Paesi produttori di gas e petrolio, concentrati in Medio Oriente, Russia e bacino del Caspio.

Breve nota critica su Max Weber ed il capitalismo

In Max Weber, l'attività viene definita come capitalista quando si tratta di un'attività «che si aspetta un profitto dall'utilizzo di tutte le circostanze favorevoli ad uno scambio, vale a dire che si basa su delle occasioni di profitto (formalmente) pacifiche» [*1]. Quel che Weber non vede, è che l'analisi dello scambio così come esso avviene nella società capitalista, «non riguarda un prodotto cui capita di essere scambiato, senza tener conto della società in cui ciò avviene; non riguarda la merce separata dal suo contesto sociale nel modo in cui può avvenire in maniera contingente in molte società» [*2].

Rinnovabili: l’Italia è ferma da tre anni

di Gianluca Ruggieri
Al di là della vuota retorica delle promesse e dei viaggi di formazione nella Silicon Valley, a un certo punto arrivano i numeri, che possono essere spietati. E i numeri, pubblicati a inizio settimana nel Rapporto Attività 2016 del Gestore dei Servizi Energetici, descrivono la realtà di un Paese che nel campo delle rinnovabili è fermo ormai da tre anni. Certo, i numeri si possono leggere in maniera diversa. Ed è per questo che in molti hanno esultato quando la scorsa settimana Eurostat ha pubblicato i dati di produzione di energia da fonti rinnovabili nei 28 Paesi membri dell’Unione europea. Perché da quei dati emergeva come l’Italia avesse raggiunto i propri obiettivi con cinque anni d’anticipo rispetto alla scadenza del 2020 (definita dalla Direttiva 28 del 2009). Ma questa semplicemente non era una notizia, perché questo obiettivo era stato raggiunto già nel 2014.

venerdì 24 marzo 2017

Disoccupati e giovani: ribellatevi! Intervista a Domenico De Masi

Intervista a Domenico De Masi di Antonio Sciotto
La nuova classe rivoluzionaria? Sono i disoccupati, ma ancora non lo sanno. Un esercito che in Italia conta 3,1 milioni di persone e che secondo il professor Domenico De Masi, sociologo del lavoro e dell’organizzazione, ha delle potenzialità enormi. Lo studioso lo spiega nel suo ultimo libro, Lavorare gratis, lavorare tutti (Rizzoli), che – ci spiega lui stesso – «vuole essere un testo militante, che punta a rompere il mercato del lavoro». La teoria del professore è in effetti dirompente: i disoccupati dovrebbero offrire il proprio lavoro in modo del tutto gratuito attraverso una app – «semplice semplice, come Uber» – e questo costringerebbe i lavoratori strutturati, i dipendenti e i professionisti, a cedere loro alcune ore del proprio impiego, pur di mettere fine a una concorrenza decisamente sleale.

Salveremo l’Europa commerciando?

di Monica Di Sisto
La deriva dell’Europa verso la moltiplicazione dei trattati bilaterali di liberalizzazione commerciale è davvero senza uscita? E’ recente l’ennesimo bollettino positivo per le esportazioni italiane extra UE in cui l’Istat segnala che negli ultimi tre mesi la dinamica congiunturale dell’export si conferma ampiamente positiva (+5,9%) e coinvolge tutti i raggruppamenti principali di industrie, a eccezione dei beni di consumo durevoli (-0,3%). Anche dal lato dell’import si rileva una sostenuta espansione (+8,2%) particolarmente ampia per l’energia (+26,9%). Su base annua, a gennaio 2017 le esportazioni sono in forte crescita rispetto all’anno scorso (+19,7%). Certo, ricorda l’Istat che il coefficiente è condizionato da un livello di vendite particolarmente contenuto a gennaio 2016, nonché dalla presenza a gennaio 2017 di alcune transazioni straordinarie (commesse speciali e vendite di mezzi di navigazione marittima).

L’ultima Europa. L’insubordinazione dei movimenti e le istituzioni

di Connessioni Precarie
Alla vigilia del 60° anniversario dei Trattati di Roma, e pochi giorni dopo il secondo anniversario dell’inaugurazione della nuova Banca Centrale a Francoforte, che coincide con il primo anniversario dell’entrata in vigore dell’accordo tra UE e Turchia su migranti e profughi, vale la pena ripensare l’Europa come spazio centrale per l’iniziativa politica attuale. Una prima serie di domande riguarda l’occasione: può una scadenza istituzionale essere ancora il momento di contestazione dell’ordine neoliberale europeo? Può esserlo se pensata al di fuori del movimento dello sciopero che sta travolgendo il globo, scatenando reazioni di insubordinazione e processi di organizzazione in ogni punto da esso toccato? Possiamo tornare alla politics as usual, quella del controvertice dal basso che ha caratterizzato per anni i forum sociali?

Il terrore e la rimozione della guerra

di Tommaso Di Francesco
«Siria, 500 marine e milizie curde schierate verso Raqqa, raid aereo Usa fa strage di sfollati». Ecco il punto. Se si rimuove e cancella la guerra in corso, gli strumenti di analisi per comprendere gli attentati jihadisti come quello sanguinoso di Londra, è un grave danno non solo alla verità ma anche all’intelligenza. La scia di sangue, che è tornata fin nella recinzione del parlamento britannico e a un anno esatto dagli attacchi a Bruxelles, dura infatti da troppo tempo. È una seminagione che parte dall’11 settembre 2001 a New York, arriva in Europa, prima in Spagna, poi a Londra e di seguito a Parigi, prima Charlie Hebdo poi, con una vera azione di guerra imparagonabile al ponte di Westminster, al Bataclan.

Contro questa Unione Europea. Intervista a Eleonora Forenza

Intervista a Eleonora Forenza di Radio Città Aperta 
Abbiamo in collegamento Eleonora Forenza, europarlamantare per Rifondazione Comunista. Ciao Eleonora, buongiorno prima di tutto. Buongiorno a tutte e tutti. Per parlare della giornata di sabato… E’ una giornata importante, perché mentre si celebrano i 60 anni dei trattati di Roma che hanno dato il là alla nascita dell’Unione europea, c’è fuori tutta la voce invece di chi a questa Unione europea vuole dire di No. Eleonora, tu mi sembra che puoi appartenere a questo gruppo. Giusto?