Intervista a Emanuele Macaluso di Alessandra Longo
"Non le nascondo che quando l'ho saputo ho pianto. La morte di Alfredo mi provoca un grande dolore. L'ho sempre considerato un fratello. Avevamo spesso posizioni politiche diverse ma, al fondo, c'era questo senso profondo dell'appartenenza a una comunità. La margherita ha perso un altro petalo. Siamo rimasti in pochi di quella generazione, io, Giorgio Napolitano e Aldo Tortorella". Emanuele Macaluso, 93 anni, parla al telefono con voce stanca.
"L'ho subito segnalato a Giorgio Napolitano: "Leggilo, è il suo testamento politico". C'era molta amarezza, molta preoccupazione per l'Italia. E io condivido in pieno. Non ci sono più partiti, o una destra democratica, o forze consistenti a sinistra".
Ne discutevate insieme?
"Avevamo anche convinzioni diverse. Io non ho aderito al Pd, Alfredo sì. Io ero convinto che l'ibrido, cui è stata data vita, non avrebbe portato rinnovamento. Vede, io, Alfredo, Amendola, Ingrao, abbiamo vissuto in un partito che aveva un asse politico-culturale comune. Se non diventa comunità, rimane un aggregato politico-elettorale".
Reichlin vedeva la fragilità di questo Paese e ha insistito molto affinché il Pd si assumesse la responsabilità di diventare "partito per la nazione".
"Parlava di "partito per la nazione" non di "partito della nazione," che è un'altra cosa, che mette tutti assieme, che è il partito pigliatutto. Alfredo ricordava sempre la lezione che ci diede Togliatti: l'interesse di classe deve essere sempre compatibile con l'interesse della Nazione".
Fonte: La Repubblica
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