La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 24 marzo 2017

Domenica prossima con Lenín. A Quito

di Claudio Madricardo
Ce la farà Lenín domenica 2 aprile a espugnare il Palacio Carondelet, sede della presidenza della repubblica dell’Ecuador? Il dubbio trova una sua qualche legittimità nella campagna per la “secunda vuelta” che oppone Lenín Moreno, erede di Rafael Correa, al rappresentante della destra neoliberale capeggiata dall’ex banchiere Guillermo Lasso. Se la contesa elettorale per il ballottaggio tra i due contendenti cesserà la settimana prossima, i sondaggi dei due istituti di ricerca ecuadoriani Cedatos e Market hanno nel recente passato disegnato un panorama non sempre rassicurante per Moreno, dato per un momento e recentemente addirittura in svantaggio.
A ciò si aggiungono ombre sulla correttezza delle rilevazioni, denunciate addirittura dalla vice presidente dell’Assemblea nazionale Rosana Alvarado che ha presentato mercoledì scorso una denuncia contro Cedatos per manipolazione dei risultati con l’intento di favorire Guillermo Lasso.
Secondo quanto sostenuto da Alvarado nella conferenza stampa in cui annunciava la volontà di ricorrere all’autorità giudiziaria, Cedatos risulta essere il principale cliente dell’impresa pubblicitaria Libercostas S.A. , la stessa che fornisce servizi al banco de Guayaquil a al candidato Lasso. E per provare la veridicità di quanto asserito, ha promesso che presenterà le informazioni desunte da scambi di posta elettronica e le copie di assegni pagati da Libercostas a Cedatos attraverso la banca di cui Guillermo Lasso era fino a poco tempo fa presidente.
Sembrerebbe di essere in presenza di tutti gli ingredienti dell’ennesima puntata di una campagna elettorale fatta di accuse reciproche e di denunce. Alla quale, a onor del vero, il candidato della sinistra Moreno ha evitato di partecipare lasciando il ruolo di attacco agli interventi dell’ex presidente Correa, dato comunque in partenza per un periodo sabbatico in Belgio, paese di origine della consorte.
Anche nell’ultimo incontro con la stampa straniera presente a Quito avvenuto due giorni fa, Moreno ha accuratamente evitato di attaccare direttamente l’avversario Lasso, mantenendo la sua critica all’interno dei binari del politically correct, limitandosi ad accusarlo di voler privatizzare la sanità e l’educazione. E vantando, per converso, il programma con il quale vuole governare il paese per i prossimi anni che si basa sul rovesciamento simmetrico delle ricette neoliberiste con cui la destra aspira alla presidenza.
Così, dopo la stagione della crescita infrastrutturale che ha caratterizzato l’epoca di Correa grazie ai proventi delle materie prime di cui l’Ecuador è uno degli esportatori, che si è necessariamente chiusa con la caduta dei prezzi delle materie prime generando la fase economica negativa di cui oggi il paese soffre, ora sembra essere la volta di Moreno, che si propone di sterzare un po’ la rotta cercando di dare una risposta a problemi sociali impellenti.
In primo luogo col programma “La casa para todos”, che prevede di consegnare 325mila appartamenti a termine del suo mandato, dato che il quaranta per cento degli ecuadoriani non possiede una casa, e in considerazione anche dei benefici che tale progetto porterebbe al mercato del lavoro del paese, il quale soffre di disoccupazione e sottoimpiego. Che in tal modo si vedrebbe arricchito da ben 136mila nuovi impieghi.
Poi con il programma “Toda una vida”, grazie al quale Moreno vorrebbe estendere la copertura sanitaria a tutti i suoi concittadini dalla culla alla bara. Quanto alle risorse, la strada pare obbligata e recentemente ribadita la volontà di continuare con la politica estrattiva perseguita dal suo predecessore.
Ciò detto, risulta chiaro l’orizzonte in cui l’erede del correaismo intende muoversi nell’ipotesi che esca vincitore dalle urne. E su questo c’erano pochi dubbi, anche se nelle scorse settimane Moreno ha dato mostra di volersi distanziare dall’ingombrante Correa, i cui toni barricadieri contrastano con il correaismo dal “volto umano”, del sorriso e della mano tesa di cui Moreno sembra essere il portatore.
Il problema semmai è un altro, ovvero come potrà mantenere le sue promesse elettorali Moreno in un quadro internazionale in cui il prezzo del petrolio è ben lontano dalla soglia agognata dei 122 dollari a barile, senza disastrare ancor più il debito pubblico del paese già messo a dura prova dagli ultimi anni di Rafael Correa? Un problema che, mal comune mezzo gaudio, condivide comunque con tutta la leadership progressista latinoamericana.
E che rischia di rompere le uova nel paniere dei sogni dei vari leader del socialismo sudamericano. Se si aggiunge la previsione economica fatta dal Banco Central de Ecuador che per il prossimo futuro lascia poche speranze, il quadro è completo. Dal che risulta chiara l’importanza del test elettorale del piccolo Ecuador per i paesi progressisti dell’area, dopo l’arrivo sulla scena dei vari Macri, Temer e Kuczynski, e della possibile vittoria a novembre di Piñera in Cile, quali avvisaglie di una fase “termidoriana” che potrebbe investire tutto il continente dopo decenni di progressismo.
Quanto alla competizione per il ballottaggio, salvo errori o bruschi cambiamenti dell’ultima ora, pare assodato che Moreno avrà la meglio sul suo avversario Lasso. Gli ultimi sondaggi di entrambi gli istituti Cedatos e Market lo danno, con poche differenze, vincitore col 52,1 per cento mentre Lasso rimarrebbe al 47,9. Alcuni dati meritano comunque di essere citati. Il primo riguarda la percentuale di voti bianchi o nulli che sommati ammontano al 6,1 per cento, essendo l’astensionismo in Ecuador proibito dalla legge.
L’altro dato riguarda invece le posizioni che entrambi i candidati hanno guadagnato dal primo turno del 19 febbraio ad oggi. Dove Lasso cresce di venti punti e Moreno solo di tredici. Alla luce di ciò, una partita che potrebbe quindi essere ancora aperta, e il cui esito non è così scontato. Su cui potrebbe anche pesare qualche nuova rivelazione legata al caso Odebrecht, la costruttora brasiliana che ha foraggiato buona parte della classe politica latinoamericana.
Voci al riguardo ne sono girate parecchie nei mesi scorsi nel paese, gettando fango, a torto o a ragione, sulla classe dirigente portata al governo da Correa. Lo stesso Moreno ha dichiarato di voler chiedere ai brasiliani che sia consegnata l’intera lista di chi ha beneficiato, e non solo nell’ultimo decennio che si chiude, in cui ha governato Rafael Correa.
Ma negli ultimi trent’anni. E non sembra nemmeno un caso quest’uscita nella strategia del colloquiante Moreno. Visto che lo stesso Lasso ha avuto modo di fare il suo come super ministro dell’economia ai tempi del presidente Jamil Mahuad nel ’99. Ai tempi della crisi finanziaria che ha dollarificato il paese. Una moneta con cui, eccettuato il recalcitrante Correa, a destra come a sinistra pare si conviva senza tanti problemi.

Fonte: ytali.com 

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