La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 marzo 2016

Diritti ed autogoverno, la lezione di Ada Colau

di Giacomo Russo Spena e Steven Forti 
Al primissimo incontro erano pochi, seduti in circolo con le sedie. Eppure andavano ripetendo: “Dobbiamo vincere le elezioni”. L’ambizione, la vocazione maggioritaria, l’idea di raggiungere il governo. Tre pilastri fondamentali, dalla genesi di Barcelona en Comù, la lista che ha vinto le elezioni comunali a Barcellona nel maggio del 2015. Un progetto nato con un altro nome, Guanyem Barcelona – che significa “vinciamo, conquistiamo Barcellona” – e che è stato voluto fortemente da Ada Colau. La pasionaria degli Indignados. 
L’ex occupante di case, 42 anni, sposata con l’economista Adrià Alemany e madre di un figlio di 5 anni, si è formata da noi: una breve parentesi Erasmus a Milano. Con il movimento No Global ha iniziato la sua militanza a tempo pieno e, dopo il G8 di Genova 2001, si è fatta promotrice a Barcellona dei primi cortei pacifisti contro le guerre preventive di Bush. Quel popolo arcobaleno che il New York Times etichettò nel 2003 come la seconda superpotenza al mondo, dopo gli Usa. È fronteggiando il dramma abitativo e, nel 2009, con la nascita della Plataforma de Afectados por la Hipoteca (PAH, Piattaforma delle vittime dei mutui) che diventa una leader di movimento conosciuta tanto da essere considerata dalle istituzioni “un soggetto pericoloso”. 

Il neoliberalismo e la sinistra. Intervista a Giuseppe Vacca

Intervista a Giuseppe Vacca di Matteo Giordano e Tommaso Sasso
Giuseppe Vacca è il presidente della Fondazione Istituto Gramsci. Autorevole studioso del pensiero di Gramsci e della storia del comunismo italiano, Vacca è stato docente universitario e ha ricoperto numerosi incarichi in ambito culturale e politico. Tra gli scritti recenti di Vacca possiamo citare Vita e pensieri di Antonio Gramsci. 1926-1937 (Einaudi 2012), Togliatti e Gramsci. Raffronti (Edizioni della Normale 2014) e Moriremo democristiani? La questione cattolica nella ricostruzione della Repubblica (Salerno Editore 2013). Abbiamo deciso di intervistarlo nel solco di un lavoro di approfondimento sulle radici di alcuni problemi del presente, interrogandolo in particolare sulla fase neoliberista, sulle origini delle difficoltà delle culture politiche della sinistra, sulla fortuna e sull’importanza delle figure di Gramsci e Togliatti e su alcuni caratteri della fase attuale. Questa intervista è a cura di Matteo Giordano e Tommaso Sasso, con la collaborazione di Giacomo Bottos e Lorenzo Mesini.

Fare politica (a sinistra) in tempi difficili

di Marco Revelli 
Negli ultimi mesi abbiamo sperimentato che cosa vuol dire fare politica in tempi difficili. 
E temo - sono un gufo, si sa - che a fare politica in tempi difficili dovremo abituarci. 
Quando dico “tempi difficili” non intendo solo quando l’avversario contro cui lottiamo è infinitamente più forte di noi. A questo, in fondo, eravamo abituati: è almeno un quarto di secolo che il rapporto di forze è tremendamente squilibrato. Intendo, piuttosto, quando il quadro politico e sociale – persino culturale, e potremmo dire “antropologico” - in cui ci muoviamo si decompone e si sfarina. Quando il campo in cui si svolge la lotta, e i fronti lungo i quali ci si schiera e si definiscono gli amici e i nemici mutano rapidamente, si spezzano e ricompongono. Quando la nostra stessa comunità rischia di decomporsi e sfarinarsi, i rapporti di fiducia rischiano di logorarsi e spezzarsi, e si stenta a riconoscere gli alleati e i compagni di strada. E si finisce per non riconoscersi più… l’un l’altro!

Banche salvate, risparmiatori azzerati. Intervista alle vittime

Intervista a Luca, Antonella, Daniela e Claudio - Vittime del salva-banche di Commonware 
Luca: Io ero un attivista del Movimento 5 stelle già prima, poi mi sono trovato terremotato in questa vicenda e mi sono preoccupato di fare una causa personale con un avvocato, e al contempo sto insieme agli altri. Ora è tutto fermo, il 18 aprile ci sarà la decisione del Tar del Lazio, sta rimandando perché il governo gli sta chiedendo tempo, sperando che la Boschi riesca a bocciare tutto prima. Ma prima di entrare nel merito della mia storia, teniamo presente qualche dato. In Europa, da fine 2013 e inizio 2014, va in votazione il nuovo provvedimento del bail-in. Dietro al fascino della parola inglese, si nasconde la fregatura. Tutti i nostri parlamentari votano, a eccezione dei 5 stelle che urlano subito allo scandalo, la Lega esce ma non si oppone. Quindi passa questa normativa, per cui le banche in difficoltà devono far fronte ai loro problemi e le loro sofferenze. Questa nuova regola parte dal fatto che non si può usare denaro pubblico per il vantaggio di qualcuno, il che in linea di principio non è sbagliato; però prevedrebbe un momento da cui si inizia, per cui uno è informato.

Il regalo di Draghi alle multinazionali

di Thomas Fazi 
La vera novità del “super-QE” annunciato da Draghi il 10 marzo scorso – che poi di “super” ha ben poco –, oltre all’incremento degli acquisti mensili di titoli di Stato da 60 a 80 miliardi e al varo di nuove TLTRO (Target Long Term Refinancing Operations), in cui le banche potranno prendere a prestito dalla banca centrale anche a tassi negativi (in sostanza guadagnandoci), consiste senz’altro nella decisione di includere nel quantitative easing, oltre ai titoli di Stato, anche le obbligazioni societarie (i cosiddetti corporate bond) delle grandi aziende industriali, un mercato da circa 900 miliardi. Una vera manna per le grandi imprese del continente – e non solo? –, che potranno emettere nuovi titoli e venderli direttamente alla BCE (di fatto ottenendo un credito direttamente dalla banca centrale) e/o riacquistare i propri bond al tasso di rendimento attuale (in quella che si chiama operazione di buyback) e piazzarne sul mercato di nuovi ad un tasso di interesse molto più basso (e dunque ad un prezzo più alto, giacché il prezzo dei titoli è inversamente proporzionale rendimento).

L’Italia non può svendere l’acqua ai privati. Intervista a Marco Bersani

Intervista a Marco Bersani di Rinnovabili.it
Non permetteremo a Renzi e Madia di realizzare la privatizzazione dell’acqua voluta da Berlusconi e Ronchi. Con questa convinzione, la società civile affila le sue armi comunicative, nella difficile impresa di dover respingere una seconda volta il tentativo di mettere sul mercato la risorsa primaria per il nostro sostentamento. Una risorsa la cui gestione pubblica era stata richiesta da 27 milioni di italiani con il referendum del 2011. A quasi cinque anni da quel giorno, il governo ha ripreso in mano il dossier, ma le prospettive sono nefaste. Ne abbiamo parlato con Marco Bersani, portavoce del Forum italiano dei movimenti per l’Acqua, proprio in occasione della Giornata Mondiale indetta dalle Nazioni Unite.
In questi giorni si è tornato a parlare di acqua nel nostro Paese, ma non per il World Water Day. Che cosa è successo? 

Il bisogno di un esame di coscienza

di Francesco Gesualdi
Non sono passati neanche sei mesi dagli attentati di Parigi, che un nuovo atto dinamitardo ha colpito al cuore l’Europa. Una nuova ondata di dolore e paura che non pochi sciacalli politici cercano di sfruttare a proprio vantaggio fomentando l’odio razziale, l’avversità religiosa, l’ostilità verso gli immigrati. Cattivi consiglieri che se dovessero affermarsi condannerebbero l’Europa a un futuro di violenza e terrore.
L’Europa deve reagire, ma non di pancia o di muscoli, bensì di testa e di cuore, perché razionalità e morale sociale sono le uniche strade che possono tirarci fuori dalla spirale di violenza. Il primo elemento che emerge da una lettura razionale della situazione è che i kamikaze non provengono dall’Iraq, dalla Siria, o dall’Afghanistan. Non sono stranieri, ma persone con passaporto europeo, che pur portando nome e cognomi arabi sono nati e cresciuti in Europa. Ma la domanda è: come sono cresciuti? Ossia con quale stato d’animo sono passati dalla fanciullezza all’età adulta? Su quali sentimenti si è strutturata la loro personalità?

Trivelle, trattati e TTIP: la parola ai cittadini

di Matteo Bortolon
Il 17 aprile 2016 si vota. Tutta la cittadinanza sarà chiamata alle urne per esprimersi sul quesito referendario contro una modifica del Codice dell'Ambiente che favorisce le trivelle. Cioè le attività di estrazione petrolifera al largo delle coste, che secondo una modifica dell'ultima legge di Stabilitàpossono prolungare la loro concessione all'infinito, anziché avere una durata "solo" di trent'anni. La questione va inquadrata in un contesto più vasto. Le attività di estrazione di materie prime (miniere, petrolio, e simili) sono fra quelle più remunerative nel panorama attuale: la rivista statunitense Fortune collocava il settore al vertice, superato solo da servizi legali e altri servizi per il mondo del business.
Al tempo stesso si tratta di alcune delle pratiche più inquinanti che esistano, che generalmente causano forte attrito con le popolazioni e autorità locali. Queste se cedono, tendono a “vendere cara la pelle” con sostanziosa riscossione di compensi e con un certo grado di garanzie sulla vigilanza e tutela dei danni alla salute umana e agli ecosistemi. Fra tali esigenze e le aspettative di profitto si tende a creare una dialettica politica.

Parliamo di beni comuni

di Francesco Denozza
Il tema dei beni comuni, propriamente inteso, dovrebbe evocare in prima battuta un problema di rapporti tra uomini, e non un problema di rapporti tra cose (classificate in base a loro proprietà fisiche: la possibilità di essere recintate a costi ragionevoli, la possibilità di essere godute da più persone, ecc.; un ottimo, sintetico riepilogo di queste classificazioni e delle loro implicazioni in [Ottone - Sacconi 2015]). Per questo il polemico invito (dite una volta per tutte chiaramente quali sono i beni comuni!) che tutti gli avversari indirizzano ai sostenitori del pensiero dei "beni comuni" (o del "benicomunismo", come è stato più di recente chiamato [Mattei 2015]) è in realtà malissimamente indirizzato. Non si tratta infatti di definire cose, ma, come già detto, di organizzare rapporti tra uomini.
Certo, qualcuno dirà, il riferimento alle cose è solo un punto di partenza, tutti sappiamo che alla fine si tratta di una scelta tra differenti assetti istituzionali. Bene, se è così, se quello delle cose è solo un punto di partenza, diciamo allora che è il punto di partenza sbagliato.

Nuove possibili trivelle entro le 12 miglia se fallisce il referendum

di Enzo Di Salvatore
Il prossimo 17 aprile i cittadini italiani si recheranno alle urne per decidere se cancellare la norma che attualmente consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. Lo stato dell’arte è il seguente:
– ad oggi nessuna società può chiedere nuovi permessi e nuove concessioni;
– i procedimenti amministrativi che erano in corso al momento dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2016, finalizzati al rilascio di nuovi permessi e di nuove concessioni, sono stati chiusi;
– le attività di ricerca e di estrazione di gas e petrolio attualmente in essere sono state tuttavia procrastinate dalla legge di stabilità 2016 senza limiti di tempo, ossia per tutta la “durata di vita utile del giacimento”.
Ciò significa che quelle attività cesseranno solo in due casi: qualora le società petrolifere concluderanno che sia ormai antieconomico estrarre oppure qualora il giacimento sarà esaurito.

Ora un Qe per il popolo

di Marco Bertorello
Da sinistra ogni tanto ancora emerge il retropensiero sulla crisi come una sorta di espediente delle classi dirigenti per approfondire le proprie politiche economiche, un pretesto per approfondire le diseguaglianze e le logiche di dominio.
Per carità c’è anche questo, ma non vedere che la crisi oltre che avvantaggiare i principali soggetti dell’economia di mercato fa sprofondare tutti, non consente di focalizzare il contesto dato. La crisi c’è eccome, non è risolta e, soprattutto, nessuno intravede delle soluzioni credibili e durature. Il dibattito europeo sul Quantitative easing risulta piuttosto significativo a tal proposito. La Bce, come le altre banche centrali, in questi anni ha assunto un ruolo guida, seppur del tutto parziale, per provare a costruire delle soluzioni. I risultati degli allentamenti quantitativi realizzatisi sono stati piuttosto magri se paragonati a quelli preventivati.

La Sinistra non interessa più. Il suo declino non fa notizia

di Nadia Urbinati
La Sinistra sembra non interessare più. Non fa notizia il suo declino. Fanno notizia solo le liti tra coloro che ad essa si appellano, per rappresentarne la memoria più che per cercare di attuare politiche coerenti ai suoi ideali. Nella democrazia del mercato i voti contano come i denari – bisogna averne tanti per contare e quindi conta vincere le elezioni. E poiché la Sinistra non porta voti non fa vincere, viene messa in soffitta, un luogo dove si va per aprire scatole impolverate e pieni di ricordi. Ma perché la Sinistra è in sofferenza e il suo destino non interessa più?
Potremmo dire, cercando di rispondere a questa difficile domanda, che la sofferenza della sinistra democratica segnala la difficoltà di trovare un punto di riferimento solido che stia oltre le figure politiche individuali, oltre i leader rappresentativi, e invece nei processi sociali e nelle costruzioni ideali che tengono insieme forme collettive. è nel partito che le trasformazioni e le ricerche possono e devono trovare radicamento, in un movimento collettivo. Ma oggi mentre ci sono molti “eghi” di sinistra manca una leadership collettiva di sinistra. La leadership in solitudine non basta e in alcuni casi può essere ostruttiva del processo di trasformazione.

Su un piatto d’argento

di Tommaso Di Francesco 
«Avrete la verità», proclamava Al Sisi, il generale golpista presidente dell’Egitto nella pronta, imbarazzante, intervista concessa al direttore de la Repubblica. Perché quello che nessuno voleva, né la famiglia naturalmente ma, a parole, neanche il governo italiano, era una verità di comodo.
Eccola la verità, dopo quell’intervista senza domande sulla natura del lavoro di ricerca di Regeni e senza alcun riferimento al clima di repressione sistematica del regime militare egiziano. Nella notte di ieri, il ministero degli interni, guidato dal duro Nadi Abdel Ghaffar, l’eminenza grigia depositario di tanti segreti, rimasto in carica dopo il recente rimpasto di governo, ha confermato tutte le voci smentite della giornata di giovedì.

Esplodono bombe. L’Europa alla prova del contemporaneo

di Nicola Capone
C’è da scommettere che la risposta agli attentati di Bruxelles dello scorso 22 marzo sarà un’ulteriore stretta securitaria in tutti paesi dell’Unione europea e un’intensificazione della guerra nei territori in cui presumibilmente sono attivi i militanti del cosiddetto Stato islamico, con la conseguente chiusura delle frontiere per evitare l’invasione di nuovi pericolosi clandestini. Esattamente come è prevedibile che alla crisi finanziaria seguiranno, come accade ormai da circa dieci anni a questa parte, provvedimenti improntati all’austerità. Riforme delle Costituzioni con accentramento dei poteri nell’esecutivo, tagli alla spesa pubblica per rispettare il patto di stabilità, riforme del mercato del lavoro per liberare la produzione dai vincoli di una legislazione avvertita come un freno per la crescita, trattati per rendere più fluido il movimento delle merci, riscrittura dei trattati limitanti la circolazione all’interno dell’Unione.

Attenzione: il Ttip nuoce alla salute

di Pietro Greco
Un primo effetto potrebbe esserci già stato: quando la Scozia ha cercato di introdurre per legge un prezzo minimo per le bevande alcoliche (0,63 euro per unità di alcol) in modo da scoraggiarne l’abuso ed evitare danni alla salute di migliaia di persone, sono insorte, come un sol uomo, non solo le industrie, ma anche la Commissione di Bruxelles e i governi di molti singoli Paesi dell’Unione che, ricorda un recente report della London school of economics, hanno trascinato in tribunale il governo di Edimburgo sostenendo che la norma ostacola il libero scambio in Europa. La causa è ancora in corso presso la Corte di Giustizia di Strasburgo.
Ma che questo e altri casi analoghi vi siano o meno legati, una cosa è certa: il Transatlantic trade and investment partnership (Ttip), il trattato in corso di negoziazione dal 2103 per integrare i mercati di Stati Uniti e Unione europea, abbattendo i dazi doganali e le barriere non tariffarie, avrà conseguenze non desiderabili sulla salute pubblica.

L'europeismo delle élites, il più pericoloso dei nazionalismi

di Giorgio Cremaschi 
Samuel Johnson alla fine del 1700 affermò: Il patriottismo è l’ultimo rifugio dei mascalzoni. Oggi penso che il peggiore e più pericoloso dei nazionalismi sia il patriottismo europeista. Ne stanno spargendo a piene mani tutti i governi e le élites del potere europeo dopo la strage di Bruxelles. Dopo anni nei quali l’Europa era apparsa solo come il vincolo feroce che faceva sprofondare nella fame la Grecia, dopo le miserie e le infamie sui migranti, dopo i colpi a tutti i diritti sociali e alle costituzioni democratiche sferrati nel nome dell’Euro, quasi non pare vero che si possa di nuovo proclamare la santità dell’Europa.
Le stragi terroriste sono contro l’Unione Europea, proclamano i governanti. La nostra civiltà è minacciata aggiungono tutti i componenti del coro. Guai a votare contro l’Europa minaccia un ministro britannico.

Città e urbanistica: un grande fallimento italiano

di Graziella Tonon
Una spaventosa devastazione ha investito il paesaggio italiano - scrive Paolo Berdini nel suo documentatissimo pamphlet di denuncia dei guasti urbanistici italiani, non a caso intitolato Le città fallite - proprio negli anni in cui si afferma il pensiero liberista e si diffonde l'urbanistica contrattata. Emblematico del disastro è la colata di cemento - "la più grande espansione edilizia dal periodo dell'immediato dopoguerra"(1)- che in quegli anni ha ingoiato gran parte dei territori extraurbani, un tempo agricoli.
La distruzione della campagna a cui si è accompagnato un processo accelerato di degrado delle città, è la dimostrazione che senza leggi, vincoli e regole che lo costringano a comportarsi diversamente, il capitalismo finanziario-immobiliare, con i comuni resi di fatto complici dalla legge Bassanini, non è in grado di produrre civiltà. Ha invece prodotto e continua a produrre inciviltà metropolitana.

Ripensare l'economia: se la crisi finanziaria diventa crisi d'identità

di Alberto Battaglia 
A distanza di anni dalla peggiore crisi dal 1929 non è ancora chiaro se le massicce contromisure messe in atto per risollevare l'economia globale abbiano centrato l'obiettivo o siano solo servite a prendere tempo. “La politica monetaria da sola non riesce a promuovere una crescita bilanciata”, si legge nella dichiarazione finale del G20 di Shanghai, teatro nel quale lo scorso febbraio le grandi potenze si sono riunite per coordinare le proprie mosse di politica economica a fronte del rallentamento dell'economia. Lo sforzo collettivo dovrebbe promuovere “l’uso flessibile della politica fiscale per rafforzare la crescita, l’occupazione e la fiducia”. A prima vista sembrano le consuete dichiarazioni d'intenti, ma le tonalità, rispetto al passato, stanno cambiando in modo sostanziale. 
Lo sviluppo degli ultimi anni, infatti, è stato segnato da una serie ritornelli che non sono mai usciti dall'attualità del dibattito pubblico: quantitative easing, riforme, austerità.

Jacobin, la rivista (di sinistra) che seduce l'America

di Marco Dotti
“In economia ci sono due soluzioni. O sei leninista. O non vuoi cambiare niente". Parole di un insospettabile, François Mitterand. Parole con cui si apre l'ultimo numero di una rivista che si sta affermando tra le voci più interessanti del panorama intellettuale americano. Parliamo diJacobin, trimestrale di sinistra, con più di 15mila abbonati e un pubblico sul web di oltre 700mila visitatori affezionati.
Nata come rivista online nel 2010, dopo i primi passi nella rete Jacobin ha scelto di puntare anche sulla carta. L'alchimia è apparsa subito vincente: cultura, politica, economia trattate con stile e rigore, un punto di vista esplicitato ed esplicito e una grafica increbile. Jacobin prende nome dalla straordinaria epopea della rivoluzione di Haiti descritta nel 1938 da Cyril Lionel Robert James: The Black Jacobins. Il logo della rivista riproduce l'eroe di quella rivoluzione, l'haitiano Toussaint Louverture, il giacobino nero.

L'Europa dei muri contro l'Europa dei popoli

di Roberto Mancini
L’Europa dei muri. È quella che si manifesta sempre di più, per ironia della sorte, nell’anno della misericordia. Ed è la stessa che, in funzione anti-islamica, torna sfrontatamente a dirsi “cristiana”. Ovunque si rialzano muri e barriere; governi neofascisti o di destra moderata o di centro-sinistra sono accomunati da questo tipo di reazione. Papa Francesco, nel discorso al corpo diplomatico, ha detto: “l’Europa non vacilli e accolga i migranti”; la risposta è stata quella della sordità e, in Italia, del ritorno delle voci -comprese quelle di molti politici “cattolici”- che esigono il mantenimento del reato di clandestinità. Così a essere misconosciuti ed espulsi non sono solo i migranti. Di fatto questa Unione Europea del mercato, della burocrazia e dei respingimenti ha espulso anche l’Europa dei popoli. 
Se la coscienza europea fosse vigile, comprenderebbe che respingendo gli altri che sono nel bisogno, nel pericolo e nella disperazione si distrugge la parte migliore di se stessi e della propria democrazia perché ci si consegna a una spirale di egoismo, irresponsabilità e violenza. Solo un forte risveglio etico può consentire di vedere le due contraddizioni di fondo di questa situazione.

Un dossier sugli attacchi del Governo Renzi all'energia pulita

di Qualenergia
"Il 2015 è stato un anno record a livello globale per gli investimenti in energie rinnovabili, con addirittura metà della nuova potenza elettrica installata proveniente da fotovoltaico ed eolico. In Italia però la situazione è ben diversa. I recordche si registrano sulle rinnovabili nel nostro Paese sono tutti negativi, frutto di precise politiche, comuni a tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, che hanno consapevolmente affossato il settore delle energie rinnovabili. E a dare il colpo di grazia alle energie pulite è stato il governo Renzi, che ha deciso di puntare tutto sulle trivellazioni a terra e a mare in cerca di petrolio e gas."
Così Greenpeace Italia introduce il nuovo rapporto “Rinnovabili nel mirino” appena pubblicato, dedicato ai provvedimenti attuati dal governo Renzi “a sfavore” del fotovoltaico e dell’eolico, “che hanno già portato a una fuga di investimenti, alla perdita di migliaia di posti di lavoro e a nessun beneficio sulle bollette degli italiani”. Questo, denuncia l'associazione è “un governo ostile alle fonti rinnovabili.”

La grande bugia sulla guerra in Libia

di Micah Zenko
Nella settimana del quinto anniversario dall’inizio dell’intervento guidato dagli USA in Libia, è utile rivedere la descrizione, curiosamente sintetica, che Hillary Clinton fece di questa guerra nelle sue memorie scritte nel 2014, intitolate “Hard Choices” [“scelte difficili”]. La Clinton guida il lettore dall’iniziale giro di vite, da parte del regime di Muammar Gheddafi, contro la nascente rivolta a Bengasi e a Misurata, al suo incontro — accompagnata dall’intellettuale “pop” Bernard-Henri Lévy — con Mahmoud Jibril, il leader in esilio del Consiglio Nazionale di Transizione, fino al suo ruolo nella gestione di una risposta militare internazionale. Alla fine del marzo 2011 la Clinton riporta di aver detto ai paesi membri della NATO: “È fondamentale che siamo tutti concordi nel prendere questa responsabilità, come NATO, di imporre una zona di non-volo e di proteggere i civili in Libia“.
Due paragrafi dopo — alla quindicesima pagina della sezione sulla Libia — la Clinton scrive: “Entro la fine dell’estate 2011 i ribelli avevano respinto le forze del regime. Avevano conquistato Tripoli verso la fine di agosto, e Gheddafi e la sua famiglia erano fuggiti nel deserto“.

Il Brasile ha perso la sinistra e la rotta

di Raúl Zibechi
Tra le principali caratteristiche del caos sistemico ci sono l’opacità e l’imprevidibilità degli scenari geopolitici e politici, globali e locali, frutto in gran misura delle transizioni in corso e della sovrapposizione di diversi attori che influenzano/deviano il corso degli eventi. In sintesi, una realtà ipercomplessa nella quale è possibile visualizzare le grandi tendenze non è così semplice da comprendere per la congiuntura. In ogni caso, è una realtà che resiste alle semplificazioni.
I recenti avvenimenti occorsi in Brasile, la detenzione di Lula e la successiva nomina alla guida del consiglio dei ministri (poi congelata dai magistrati, perché sospetta di essere stata fatta per ostacolare il corso della giustizia, ndt) e le manifestazioni della scorsa domenica [13 marzo] sembrano far precipitare gli eventi. Tuttavia, la destituzione della presidenta Dilma Rousseff per porre fine al governo del Partito dei Lavoratori (PT) non sarà una cosa semplice, perché anche l’opposizione è colpita da mancanza di credibilità. Quello che è finito in Brasile, è un periodo più o meno prolungato di stabilità politica ed economica perché non c’è una coalizione capace di dare stabilità al paese.

Antonio Fazio: "Aveva ragione Varoufakis"

di Carlo Clericetti
La conclusione del mandato di Antonio Fazio come governatore della Banca d'Italia non fu certo trionfale. Fu forse la troppa fiducia in se stesso a spingerlo a cercare di plasmare il sistema bancario italiano secondo un suo personale disegno, anche ricorrendo a metodi poco ortodossi. Pur avendo criticato fra i primi questo modo di agire, sono sempre stato convinto che lo guidasse la convinzione di fare il meglio possibile per il paese. Nonostante quella infelice uscita di scena, comunque, nessuno ha mai messo in dubbio la sua caratura di economista e un livello di competenze con non molti paragoni in campo finanziario.
Fazio ha affidato all'Avvenire sia una testimonianza sul periodo dell'ingresso dell'Italia nell'euro, rivelando alcuni retroscena finora sconosciuti, sia le sue riflessioni sull'attuale situazione europea. Il quotidiano ha pubblicato questo materiale in due lunghi articoli di cui è caldamente consigliata la lettura (qui il primo e qui il secondo).

A Cuba comincia un’altra storia

di Aldo Garzia 
È iniziata un’altra storia nelle relazioni tra Stati Uniti e Cuba. Con il viaggio di Barack Obama a L’Avana si è chiusa la lunga fase dello scontro frontale iniziata quasi subito dopo la rivoluzione del 1959 e durata fino a un anno fa, quando il dialogo tra le due sponde della Florida prese il sopravvento in modo insperato complice la mediazione di papa Francesco. Della visita di Obama – grazie ai siti internet cubani e statunitensi, alle tv – abbiamo potuto seguire in diretta ogni dettaglio pubblico: dalla cena dell’inquilino della Casa Bianca e della sua famiglia in un paladar alla conferenza stampa con Raúl Castro, fino al discorso tenuto presso il Gran Teatro che è servito a spiegare perché è cambiata la politica a stelle e strisce nei confronti dell’Isola.
Tra le tante immagini, rimarranno indelebili quelle di Obama e della sua delegazione in Piazza della Rivoluzione sullo sfondo dell’effigie di Ernesto Che Guevara e quelle delle bandiere di Cuba e Stati Uniti una accanto all’altra mentre risuonano le note dei due inni nazionali.

Nel nulla

di Alessandro Gilioli 
Nel 1973 Richard Nixon, già in mezzo al casino del Watergate, ebbe la pessima notizia che il suo vice Spiro Agnew era stato beccato per aver evaso le tasse. Due scandali erano troppi da reggere, così Nixon sacrificò Agnew e chiamò al suo posto un deputato di terza fila ma di riconosciuta rettitudine, Gerald Ford. L'onesto Ford, che serviva per cercare di migliorare l'appannatissima immagine della Casa Bianca. Mi è tornata in mente questa vicenda di tanti anni fa leggendo della tribolata campagna di Roberto Giachetti, a Roma.
Un uomo perbene che si aggira per la capitale cercando di far dimenticare tutto quello che ha fatto per anni il Pd in città: le correnti, le clientele, gli impresentabili, i baci in bocca ai peggiori potentati economici, passando per mafia capitale e per il golpetto notarile con cui ha divorato il suo stesso sindaco, fino alle primarie flop del 6 marzo scorso, con tanto di schede bianche gonfiate per farle sembrare meno flop.

La giustizia sommaria del regime al-Sisi

di Mauro Saccol
A due mesi dalla scomparsa di Giulio Regeni, il Ministero dell’Interno egiziano ha emanato un comunicato in cui si afferma che le forze di sicurezza avrebbero trovato e ucciso i suoi sequestratori e aguzzini. Nell’appartamento della sorella di uno dei componenti della presunta “gang” di rapitori, inoltre, sarebbero stati rinvenuti i documenti di Giulio (passaporto e tesserino universitario) e altri oggetti a lui appartenuti.
Tuttavia, tale versione non può certamente mettere una pietra sopra su quanto accaduto, poiché presenta troppe falle per risultare credibile. Innanzitutto, seppur il Ministero abbia affermato come la banda fosse specializzata in furti e sequestri di turisti e stranieri, negli ultimi mesi in Egitto nessuna ambasciata o consolato straniero ha riportato eventi di questo tipo. Inoltre, i membri della suddetta banda sono tutti morti, pertanto non potranno difendersi in un eventuale processo che li veda imputati per la morte del ricercatore italiano. A conferma della fragilità della versione è arrivato un comunicato della Procura del Cairo che ha smentito qualsiasi relazione tra le persone uccise e la morte del nostro connazionale.

Per Romero il più grande peccato della società era l'ingiustizia sociale

Intervista a Geraldina Colotti di Alessandro Bianchi e Fabrizio Verde
Geraldina Colotti è una giornalista de 'Il Manifesto' e 'Le Monde Diplomatique', autrice del libro Oscar Arnulfo Romero. Beato fra i poveri. A tal proposito, abbiamo fatto una chiacchierata con lei che ci ha descritto il pensiero e l'azione di monsignor Romero in un America Latina dove imperversano dittature militari e squadroni della morte.
Chi era Oscar Arnulfo Romero e perché la sua figura è importante?
"Devo premettere che, come spiego nel libro, il mio non è uno sguardo interno alla chiesa. La collana Sorbonne chiede ad autori diversi di offrire una loro chiave di lettura su un determinato personaggio. A me, a una brigatista che non ha rinnegato il suo passato e che lavora come giornalista nella sua seconda vita, è stato chiesto di scrivere su monsignor Romero, come altre volte ho fatto per “il manifesto”. Romero è stato, fino a un certo punto della sua vita, un vescovo schierato a difesa dei potenti, attento ai poveri e ai contadini purché accettassero la propria condizione e ringraziassero sia per le briciole che per le frustate. Una figura classica dell'istituzione religiosa, che serve a mantenere inalterati i rapporti fra le classi. Un uomo delle gerarchie che ha avversato la teologia della liberazione, decisa invece a camminare a fianco degli oppressi e a dialogare con il marxismo.

Rinnovabili nel mirino: l’attacco del Governo Renzi all’energia pulita

Nel 2015 gli investimenti mondiali nelle energie rinnovabili hanno segnato un nuovo record:328.9 miliardi di dollari, pari a una crescita su base annuale del 30%. Un anno d’oro ma non per tutti. Mentre i nuovi giganti delle green energy esultavano e i grandi della terra si accordavano alla COP di Parigi per intensificare la lotta alle emissioni, l’Italia contava le proprie ferite. I vari provvedimenti anti-rinnovabili emanati dal Governo Renzi sono riusciti in pochissimo tempo ad affossare il settore produttivo verde, mandando in fumo investimenti, tagliando posti di lavoro e soprattutto senza garantire nessuno di quei benefici promessi sulla riduzione del caro-bolletta.
A raccontarci nel dettaglio quanto l’Italia abbia perso in questi anni è il nuovo rapporto appena pubblicato da Greenpeace, Rinnovabili nel Mirino.

Intellettuali e «terra madre»

di Luciana Castellina
Quando uscì la prima edizione di questo libro di Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto, ne scrissi subito su queste pagine perché – sebbene il messaggio del suo autore fosse ben conosciuto dai lettori de il manifesto per essere egli stato uno dei fondatori del nostro movimento e anzi votatissimo consigliere comunale del PdUP di Bra (ora persino autore della prefazione per le edizioni San Paolo all’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco) – il volume chiariva bene qualcosa che forse non era stato ancora bene afferrato da tutti: che «Slow Food», nata dall’ARCI-Gola, e ormai diventata una grande organizzazione internazionale, non aveva come interlocutori le privilegiate élites dei buongustai, bensì i contadini. Adesso che, a dieci anni di distanza, il libro viene ripubblicato (edizioni Slow Food- Giunti, pp. 352, euro 14.50) ho voluto riparlarne, non solo perché nel frattempo sono cresciute un altro paio di generazioni che vanno invogliate a leggerlo, ma perché anche Slow Food è cresciuta e per molti versi cambiata, diventando oggi un punto di riferimento politico essenziale per chi è consapevole che occorre – e molto in fretta – cambiare il nostro modo di vivere, produrre, consumare, rapportarsi alla natura.

Buona scuola? Così l'alternanza aula-lavoro è diventata un incubo per gli studenti

di Michele Sasso
È uno dei pezzi forti della Buona scuola per portare la cultura d’impresa dentro gli istituti. Si chiama Alternanza scuola lavoro ed è il primo “punto alla lavagna” del video diffuso dal governo con voce narrante il premier Matteo Renzi che spiega la rivoluzione copernicana tra i banchi italiani.
L’idea è quella di trasformare le superiori non in soli pensatoi, ma in trampolini verso una professione, con la speranza che gli stage (gratuiti e obbligatori) possano permettere di abbassare quel 46 per cento di disoccupazione giovanile che attanaglia il sistema Paese, aiutando gli adolescenti ad avvicinarsi il prima possibile alla concretezza di un mestiere. Da quest’anno ogni studente di un Itis dovrà fare 400 ore di stage, e ogni liceale dovrà applicarsi in 200 ore di impieghi fuori dalle mura scolastiche nell’arco del triennio (dal terzo al quinto anno quindi).

Dopo le stragi di Bruxelles, 7 idee per fare pace in tempo di guerra

di Flavio Lotti
La morte non ci deve mai trovare indifferenti.Non importa chi sia la vittima, la sua nazionalità, la sua religione, il colore della sua pelle, il luogo dell’accadimento. Non possiamo piangere solamente le “nostre” vittime. Ogni vittima è un nostro fratello o una nostra sorella. Non abituiamoci mai all’orrore. L’abitudine nasconde la rassegnazione. L’abitudine e la rassegnazione alle stragi, alle uccisioni, alla morte, alla violenza ci tolgono la dignità e uccidono la nostra umanità.
Il problema che dobbiamo affrontare è complesso.Il che non significa che sia irrisolvibile. Ma (di fronte ad ogni problema complesso) dobbiamo rifiutare le semplificazioni. Le cose da fare per vincere il terrorismo sono molte e ci coinvolgono tutti, collettivamente e individualmente. Richiedono tempo, pazienza, conoscenza, determinazione, costanza. Serve un’accelerazione in tanti campi ma fuggiamo dallo slogan facile e da tutti quelli che puntano il dito e innalzano muri contro gli altri, l’Islam, gli islamici, i migranti, le donne e gli uomini in fuga dalla guerra e dal terrore…

Le armi spuntate della politica monetaria e l’urgenza degli investimenti pubblici

di Carlo Milani
Al fine di contrastare il perdurante problema del basso livello dei prezzi nell’Area euro la BCE ha messo sul tappeto, durante l’ultima riunione del 10 marzo, un nuovo arsenale di misure.
I tassi negativi
Un primo pacchetto di interventi ha riguardato il tradizuionale strumento dei tassi d’interesse. Il tasso sulle somme depositate presso la BCE dalle istituzioni finanziarie e monetarie è passato dal -0,30 al -0,40%. La BCE ha quindi ulteriormente aumentato la penale che le banche sono tenute a pagare nel caso in cui dispongano di liquidità in eccesso, non curandosi pertanto dei molti dubbi sollevati sull’efficacia di questa misura. Le banche dell’eurozona, infatti, continuano a detenere un ingente quantitativo di depositi presso la BCE (circa 250 miliardi di euro a febbraio 2016).

AlmaViva: il crack della generazione call-center

di Andrea Incorvaia
Monta ormai da qualche giorno la protesta dei lavoratori del colosso dei call-center Almaviva. La pioggia incessante infatti non ha fermato le proteste di chi, avendo perso il lavoro prova ad urlare la propria voce di dissenso, rispetto a scelte e politiche scellerate di aziende meramente interessate al profitto esclusivo, in barba a qualsivoglia tutela del diritto del lavoro.
Il cuore della protesta è Palermo, la città maggiormente “colpita” da questa ondata di neo licenziamenti. I numeri del resto parlano chiaro: le procedure di mobilità decise riguarderebbero tre sede infatti; Palermo (dove la scelta ricadrebbe su 1670 lavoratori), Napoli ( 920) e Roma (420). La Sicilia è la fetta più corposa, tant’è vero che ospita 7 mila lavoratori, di cui 5 mila solo nel capoluogo. Del resto le politiche di delocalizzazione, rinforzate dalla “nuova” riforma del lavoro, favoriscono certamente questo tipo di operazioni, legittimando scelte (eufemisticamente) discutibili. Da giorni centinaia di lavoratori e lavoratrici di Almaviva si sono riversati per le vie di Palermo al grido #SiamotuttiAlmaviva. 

Post-democrazia e post-politica in Europa

di Paolo Roberto Graziano
Nel corso degli ultimi decenni i rapporti tra centro e periferia all’interno degli stati membri dell’Unione Europea sono stati influenzati in modo significativo dall’europeizzazione, cioè dal processo di costruzione e diffusione di istituzioni e politiche pubbliche a livello Ue. Secondo vari studi empirici, a partire dagli anni Novanta, in diversi casi l’integrazione europea ha ampliato i poteri delle regioni e, nel complesso, ha prodotto effetti diversificati. In paesi a forte vocazione centralista, come la Francia e Regno Unito (e, sebbene in modo più limitato, in paesi quasi-federali come l’Italia), la diffusione delle politiche comunitarie ha comportato un rafforzamento dell’autonomia degli esecutivi subnazionali nei confronti dei governi nazionali. Il meccanismo è semplice: le politiche e le istituzioni comunitarie, attraverso l’introduzione di nuove pressioni o opportunità sovranazionali, hanno consentito agli attori subnazionali di sviluppare nuove forme di alleanze, che in più occasioni hanno fornito loro l’opportunità di scavalcare i governi nazionali, massimizzando i propri interessi politici ed economici e conseguendo specifici obiettivi mai raggiunti prima a causa delle resistenze poste al livello centrale.

Roma può salvarsi! Riflessioni su una manifestazione riuscita

di Clash City Workers
A Roma ci sono due anni di buoni motivi per scendere in piazza e pretendere democrazia: è dal 2014, all'epoca del cosiddetto Salva-Roma, che regna un commissariamento di fatto. Da qualche mese è poi seguito un commissariamento di diritto, con l'insediamento del super-prefetto Tronca che riunisce in sé il potere del Sindaco, della Giunta e dell’Assemblea Capitolina.
Ma le buone e sacrosante ragioni spesso non bastano, soprattutto in una fase di tale scoraggiamento e disaffezione verso la politica da parte delle maggior parte dei cittadini. Aver quindi saputo portare 15.000 persone in piazza è un dato tutt'altro che scontato, ed è merito dei movimenti romani aver risposto alle minacce di sgombero che incombono sui loro spazi provando ad allargare il fronte dell'opposizione sociale, piuttosto che arroccandosi a difesa della propria situazione particolare. La svendita del patrimonio pubblico, che mette in discussioni esperienze decennali di occupazioni che hanno spesso trasformato edifici abbandonati in luoghi di socialità e cultura, è infatti solo la scintilla di una rabbia che doveva (deve) prima o poi esplodere e prendere voce.

Cosa succede in Brasile?

di Antonio Marconi
Un paio di settimane fa le immagini del prelevamento forzato dell'ex presidente Lula Da Silva hanno fatto il giro del mondo, decretando, qua in Europa, un alternarsi di sfiducia verso il governo brasiliano, e di prese di posizione in sua difesa, contro il «complotto» neo-liberale, o la minaccia di un colpo di stato.
L'inchiesta, che vede a questo punto coinvolto lo stesso Lula, riguarda un flusso di tangenti legate alla Petrobras, l'azienda nazionale del petrolio in Brasile, prima azienda del paese, oggi praticamente fallita. Sul banco degli imputati troviamo un numero enorme di politici e dirigenti delle imprese pubbliche, soprattutto legati ai due principali partiti della maggioranza, PT e PMDB, ma anche politici di primo piano dell'opposizione. L'inchiesta è condotta da Sergio Moro, un giovane giudice che si presenta come indipendente dal sistema dei partiti, e che sta cercando di gestirla in termini spettacolari, mediatici, all'americana, rivendicando tra i suoi riferimenti anche l'inchiesta di Mani pulite. A partire dalla scandalo Petrobras, lo scorso anno, si è costituito un movimento di piazza contro il governo, ma più in generale contro la «casta» al potere, quindi contro tutti i partiti.

Terrorismo e controllo sociale: abbiamo prodotto il nostro nemico?

di Nicola Cucchi
Dopo gli attentati a Bruxelles, seguiti a pochi mesi di distanza da quelli di Parigi, l’Europa si sente direttamente minacciata dal fondamentalismo islamico.Sappiamo bene come la costruzione dell’immaginario collettivo e dello spazio politico avvenga attraverso il controllo del linguaggio da parte dei media.
Le definizioni dei fenomeni non sono mai casuali, portano con loro un giudizio implicito, quindi non è un caso si parli di fondamentalismo solo in riferimento all’islam, mentre è in realtà un carattere essenziale di qualsiasi religione. Il discorso massmediatico, controllando il lessico, impone le parole d’ordine e orienta il pensiero pubblico verso una determinata immagine di islam, naturalmente aggressivo e violento.

Francia: proteste contro la ‘loi travail’. La polizia picchia i ragazzini

di Marco Santopadre
Di nuovo, per la terza volta consecutiva in poche settimane, ieri decine di migliaia di studenti e lavoratori di diversi settori sono scesi in piazza per protestare contro la legge di “riforma” del lavoro proposta dal governo francese. Ovunque le manifestazioni hanno chiesto il ritiro della cosiddetta ‘loi travail’ che reca la firma della giovane ministra del Lavoro Myriam El Khomri. Secondo le forze dell’ordine in piazza sarebbero scese in tutto 43 mila persone contro le 69 mila del 17 marzo scorso, un conteggio che provenendo dalle forze di sicurezza di un governo fortemente criticato da studenti e sindacati non può che essere ‘interessato’.
Tra le parti più contestate del provvedimento – che richiama in molti suoi capitoli il Jobs Act di Matteo Renzi e l’accordo di governo siglato alcune settimane fa in Spagna tra socialisti e Ciudadanos – la maggiore facilità concessa alle aziende per licenziare i dipendenti e l’aumento della durata legale della settimana lavorativa che resterebbe formalmente di 35 ore ma modulabili, con la possibilità di distribuirle nel corso di più settimane portandolo a una media di 37 e mezza.

Se i voucher entrano anche in Comune

di Fabrizio Ricci
“È indetta una selezione pubblica per la ricerca di personale disponibile a svolgere prestazioni di lavoro di natura occasionale di tipo accessorio, retribuite mediante buoni lavoro (voucher)”. Fin qui, si potrebbe dire, nulla di nuovo. I voucher sono ormai uno strumento diffusissimo e in continua ascesa (1,4 milioni di persone pagate con i buoni nel 2015). Il fatto è che questo annuncio non è stato pubblicato da un’azienda qualsiasi, magari un po’ spregiudicata, che cerca lavoratori a basso costo, ma da un’amministrazione pubblica e più precisamente il Comune di Assisi, con un avviso pubblicato (anche sul portale www.comuneassisi.gov.it) lo scorso 26 febbraio e rimasto aperto fino al 21 marzo.

Regeni, sessanta giorni di balle

di Enrico Campofreda
Stavolta le prove ci sono. Nelle fandonie che ricostruiscono l’omicidio Regeni l’Intelligence egiziana – che due mesi fa ha prelevato, trattenuto, torturato, interrogato, assassinato il giovane studioso ed è in possesso dei suoi documenti – le infila in una sacca (rossa) che viene ritrovata in un appartamento. Poi mitraglia un’auto ‘sospetta’ su cui viaggiavano micro criminali locali, gente del Delta del Nilo (Sharqiyya) che indica come i killer del giovane studioso. Li uccide, così da non avere testimonianze scomode. Poi gira la notizia alla testata filogovernativa El Watan, che prima la conferma quindi la smentisce.
Fra le informazioni, quelle legate alle prove: uno degli uccisi viveva nell’appartamento dov’è stata ritrovata la sacca coi documenti. E’ la trama con cui il regime rilancia la teoria del rapimento attuato da criminali comuni, terminato con un omicidio. Nel via vai dell’informazione disinformante Al-Ahram (anch’esso irregimentato dalla linea Sisi) insinua qualche dubbio sulla pista criminale. Così nel gioco dell’oca delle bugie di Stato, assistiamo al ritorno su una delle caselle che inizialmente aprì il ventaglio delle ipotesi sul delitto. Ipotesi che si rifà strada e contemporaneamente traballa.

Creatività, invenzione e pensiero critico: educare alla cittadinanza

di Carmen Leccardi
Nell'epoca dell'imperialismo consumista e del privatismo, dell'invasione del linguaggio manageriale in tutte le sfere della vita sociale e del brevetermismo la possibilità di dare spazio al pensiero critico appare per più di un verso impresa ardua. Non di meno, una parte consistente del mondo educativo è quotidianamente impegnata non solo nel mettere a punto e fornire "prodotti educativi", ma anche nel costruire le condizioni affinché questa possibilità resti vitale. Se il pensiero critico si affievolisce, infatti, anche l'abilità di immaginare l'inedito, il non-ancora-considerato, anche le capacità creative e di innovazione culturale - pensare il mondo fuori dal senso comune - inevitabilmente scemano. I grandi temi planetari, è ben noto, sono la palestra d'elezione al cui interno questa forma di pensiero si esercita: la giustizia sociale; le crescenti diseguaglianze; la pace e le sue condizioni oggi; l'importanza di preservare l'ecosistema insieme alla difesa del legame sociale dentro le differenze tra culture.

TTIP e TPP, le armi segrete dei grandi inquinatori

Si chiamano TTIP e TPP. Due sigle che indicano altrettanti accordi internazionali sul commercio e gli investimenti estremamente pericolosi per l’ambiente e il clima. Lo afferma un nuovo rapporto dell’ONG Sierra Club che sostiene quanto segue: se approvati dal Congresso statunitense, questi trattati potrebbero fornire ai 50 più grandi inquinatori del mondo gli strumenti per denunciare i governi presso tribunali privati, qualora decidessero di adottare leggi o regolamenti che scoraggiano i combustibili fossili.
Con il TTIP e il TPP, tutti i divieti recentemente introdotti dal governo per quanto riguarda il fracking sui terreni pubblici o l’estrazione di petrolio offshore potrebbero essere ritirati. Un tema che non riguarda soltanto gli Stati Uniti, ma anche l’Europa e l’Italia, che il 17 aprile si reca alle urne per il referendum sulle trivelle in mare. Gli eventuali esiti positivi per la consultazione potrebbero essere polverizzati dal TTIP, l’accordo di libero scambio USA-Ue, che Bruxelles e Washington vogliono chiudere entro l’estate. Allo stesso modo, il recente divieto di perforare al largo della costa atlantica degli Stati Uniti varato da Obama, potrebbe saltare a causa del TPP, l’accordo tra USA e 11 Paesi del Pacifico.

Un’altra idea di città


di Ilaria Agostini 
L’urbanistica neoliberista provoca resistenza popolare. Alla rappresentazione ufficiale delle politiche urbane si contrappone, in queste pagine, il racconto corale e antagonista di cittadine e cittadini, comitati ed esperti critici, uniti a Firenze nel “Gruppo Urbanistica” che ha fornito il sostegno tecnico alla lista di cittadinanza “perUnaltracittà”[1], per due legislature all’opposizione in Consiglio comunale.
Due legislature, dal 2004 al 2014: anni in cui, a livello planetario, si accresce per poi deflagrare, la “bolla” edilizia. Favorita, in Italia, dalla diminuzione dei trasferimenti statali ai comuni e dall’opera demolitoria di Franco Bassanini che, a cavallo del millennio, da una parte incrementava a dismisura il potere nelle mani dei sindaci, mentre dall’altra rendeva possibile riversare gli oneri di fabbricazione nella spesa ordinaria dei comuni. Lo scivolamento progressivo dal welfare state al real estate si traduce in una nuova fase di cementificazione, interpretata a livello nazionale come unica risposta alla penuria di cassa dai comuni sempre più poveri. In epoca di dismissione industriale conclamata, l’economia peninsulare si orienta francamente sul mattone. La città diventa un grosso affare economico, i valori immobiliari aumentano e sulla loro crescita si fonda il consenso politico. 

Utilità di Chomsky ai tempi dell'informazione matrix

di Il Simplicissimus
Sta per uscire negli Stati Uniti un libro di Noam Chomsky che raccoglie mille articoli del grande intellettuale e grande critico del potere americano, una panoramica di nequizie che parte dall’ 11 settembre per snodarsi fino ad oggi fra creazioni di terrorismo, sabotaggi del Mercorsur in America Latina, sostegno a regimi criminali ,operato del Fondo monetario internazionale. Si intitolerà “Interventi” e verrà pubblicato da una piccola casa editrice, City Lights Books, che si occupa principalmente di dare spazio alle voci emarginate del dibattito politico e culturale in Usa, quelle che vengono costantemente censurate. Chomsky in prefazione spiega che tutto il dibattito negli States si svolge alla luce“di un presupposto così stravagante che se fosse adottato da un altro Paese moriremmo dal ridere, ossia che il mondo ci appartiene. E’ difficile trovare un commento o una discussione che non parta dalla tacita accettazione di questo”. E dunque anche se non ci si trova di fronte a una sorta di media monolitici e di sistema totalitario, il potere di orientamento è tale da imporre questo presupposto “non solo all’informazione, alle riviste specializzate, ma anche ai sondaggi e alla ricerca universitaria”.