La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 3 dicembre 2016

Ricominciamo dal No(i)

Il voto del referendum costituzionale del 4 dicembre inciderà nel futuro del nostro paese. Noi abbiamo scelto, convintamente, il No per contrastare lo snaturamento dei fondamenti della democrazia: nei suoi assetti istituzionali, come nei suoi principi ideali. E’ un No per la Costituzione, volto non a una difesa statica, ma a valorizzare la sua cultura giuridica e la sua visione della convivenza sociale; ed impegnarci ad attuarla compiutamente. Non un riflesso di retroguardia, dunque, ma uno slancio, una tensione che si propongano di aiutare il paese a diventare più e non meno democratico, più giusto e non così diseguale, più generoso e accogliente e non angusto ed egoista, più rispettoso delle differenze e delle autonomie e non autocratico e prepotente.

Votiamo No e guardiamo al dopo. Intervista a Paolo Ferrero

Intervista a Paolo Ferrero
A margine del referendum di domenica lei ha sostenuto che «una volta si usavano le bombe, ora si usa lo spread, ma il fine perseguito è lo stesso. Creare paura nelle persone per accentrare il potere e rende­re il governo impermeabile alle istanze so­ciali…». E’ davvero co­sì dirimente il voto che ci attende?
«Il voto è dirimente perché decide se la Costituzione rimane democratica o se si sposta il potere nelle mani del governo. Una scelta di grande importanza. Tutti i potentati che sono interessati a svuotare di potere le istanze democratiche stanno giocando le loro carte: la principale è la paura. Confindustria dice che le imprese ridurranno gli investimenti e gli speculatori iniziano a lucrare sui titoli di stato. Il giorno dopo il referendum finirà la strategia della tensione».

Il Sì è alla disuguaglianza, al neoliberismo e alla post-democrazia

di Carlo Clericetti
Dice: bisogna giudicare la riforma nel merito, non si deve dare un voto politico. Ma perché, la riforma è politicamente neutrale? E non avrà conseguenze politiche? Le tecnicalità della riforma e i suoi significati politici, sia dal punto di vista del cambiamento della Costituzione che da quello degli effetti che avrà sui rapporti tra i protagonisti della politica, sono inscindibilmente legati, il risultato del voto incide su entrambe le cose. E allora, dato per discusso l'aspetto tecnico, giudicato pessimo persino da chi dichiara che voterà a favore, come Romano Prodi ("E' una schifezza"), bisogna parlare anche dell'altra faccia del problema, e decidere anche in base a quello.

La responsabilità di fermare un azzardo

di Massimo Villone
In chiusura di campagna referendaria, Renzi certifica che la sua arma segreta è il voto degli italiani all’estero. Dovrebbe invece sperare che il voto dei cittadini residenti in Italia non sia capovolto da quello dei non residenti. Il motivo è sostanziale prima che formale. Non solo quel voto è stato male sollecitato dal governo, con giri pre-elettorali illecitamente sostenuti dalle ambasciate e dai consolati. E con impropri invii di lettere in un modo o nell’altro a spese del contribuente italiano (quello residente in Italia, che paga le tasse), in un contesto noto – e non da ora – per le insufficienti garanzie di legalità.

Il diciassette che viene

di Franco Berardi Bifo
Il crollo interminabile
Molti segnali di aggravamento della crisi sociale e di stagnazione irreversibile dell’economia sembrano annunciarlo: il diciassette che viene coinciderà probabilmente con una precipitazione globale. Il ceto finanzista globale ha reagito ai segnali rincarando la dose: l’aggressione golpista contro i governi latino-americani colpevoli di aver resistito al diktat finanziario, l’imposizione violenta del Jobs-act in Francia, la ferrea applicazione del Fiscal compact che ha già strangolato la società greca e sta finendo di strangolare l’Italia, la Spagna e la Francia. Ma il cavallo non beve, la ripresa cento volte annunciata non viene, e un’ondata anti-globalista, anti-europea, implicitamente quando non esplicitamente razzista, è ormai maggioritaria nel mondo bianco: America Europa e Russia unite nella guerra.

Qualcuno era comunista sulla Carta

di Michele Prospero
Perché gran parte del ceto politico e intellettuale di provenienza comunista è schierata con il Sì? Cedimenti, calcoli, opportunismi ci sono anche stavolta. Ma, a riverire il capo di turno con giravolte sensazionali, spingono anche ragioni di cultura politica. A franare, in appoggio alla manipolazione governativa della costituzione, è soprattutto quello che, con un qualche schematismo, si può definire il centro destra del vecchio Pci. La componente di centro sinistra, ad esclusione di Bassolino e Turco, è invece mobilitata attivamente per il no: da D’Alema a Bersani e Folena, da Tortorella a Reichlin e Salvi.

Il 4 dicembre, una nuova Liberazione. Intervista a Giovanni Russo Spena

Intervista a Giovanni Russo Spena di Alba Vastano
Ci siamo. A brevissimo il “verdetto” sulla sentenza più attesa dall’Italia dal referendum del ’46... Entriamo subito nel cuore di un evento epocale, con Giovanni Russo Spena, ex parlamentare, responsabile dipartimento giustizia direzione nazionale Prc. Russo Spena, rispetto a democrazia e diritti cosa cambierà da lunedì nel Palazzo e di conseguenza nel Paese se vincesse il No? E se avesse la meglio il Sì?
"Questo referendum ha una rilevanza storica. Non è affatto indifferente se vince il "Si" o il "No". Per motivi fondativi che parlano della nostra democrazia. Innanzitutto la controriforma Renzi / Boschi/ Verdini non è una "revisione", ma un'altra Costituzione rispetto a quella costruita dai Partigiani nella Resistenza e scritta dalle madri e dai padri costituenti.

Post-neoliberismo e la politica della sovranità

di Paolo Gerbaudo 
La crisi della globalizzazione neoliberista che si sta manifestando a diverse latitudini, e che è stata dimostrata in maniera eclatante dalla vittoria della campagna per la Brexit nel Regno Unito e dal successo di Donald Trump nelle presidenziali americane, ha risuscitato una delle più antiche e polverose tra tutte le nozioni politiche: l’idea di sovranità.nDi solito intesa come l’autorità dello Stato di governare sul suo territorio, la sovranità è stata a lungo considerata un residuo del passato in un mondo sempre più globale e interconnesso. Ma oggi questo principio viene invocato in maniera quasi ossessiva dall’insieme di nuove formazioni populiste e dai nuovi leader che sono emersi a sinistra e a destra dell’orizzonte politico a seguito della crisi finanziaria del 2008.

La Costituzione non si straccia a uno spirare del vento

di Duccio Facchini
“Ricordati che le costituzioni non si stracciano ad uno spirare del vento”, si era premurato di suggerire Pietro Ingrao all’elettore chiamato alle urne dell’ultimo referendum costituzionale, il 25 e 26 giugno di dieci anni fa. Erano i tempi della “riforma Berlusconi-Bossi”, respinta dalla maggioranza dei votanti. Nel 2016, come un incubo ricorrente, riemerge il desiderio “particolare” di piegare la Costituzione a propria immagine e somiglianza. Anche nei toni (“Se vince il No, governi instabili”).

No per ridare voce agli italiani

di Lucia Annunziata 
Nel novembre 2011, in nome della stabilità del paese, viene buttato alle ortiche Silvio Berlusconi, a favore di Mario Monti, senza elezioni. Nell'aprile 2013 si va alle elezioni e Mario Monti non supera l'esame elettorale, senza che però l'incarico di premier vada a nessuno dei due quasi vincitori, né a Bersani né a Grillo. Entra invece Enrico Letta, che non è il campione uscito dalle urne, ma appare più adatto degli altri due ad assicurare la stabilità. La stabilità però è una Musa Inquieta e nel febbraio 2014 butta alle ortiche anche Letta. Entra Matteo Renzi, un politico che al voto parlamentare nazionale non si è mai sottoposto, che passa direttamente da sindaco di Firenze a presidente del Consiglio. In 5 anni 4 premier, di cui 3 mai votati. Cifra da Prima Repubblica.

Il voto dall’estero puzza di imbroglio. Intervista a Giorgio Cremaschi

Intervista a Giorgio Cremaschi di Radio Città Aperta
Il tema è il voto degli italiani all'estero. Una partecipazione che si aggira intorno al 40 %, molto alta rispetto ai precedenti. Non è un dato un po' strano questo?
"Certo. Ma d’altra parte una legge-truffa si può affermare solo con imbrogli. Tutto questo referendum è segnato da una campagna fatta di imbrogli, a cominciare dalla scheda elettorale – che è un imbroglio – per giungere allo stradominio di Renzi e dei suoi sulle televisioni; passando per tutti i condizionamenti possibili, i trucchi e adesso questo che mi pare un altro ma colossale imbroglio, è inutile girarci intorno. Il voto degli italiani all’estero non ha nessun controllo. L’unico che ha fatto campagna all’estero è stato Renzi. Non si sa da dove vengano queste schede, come sono state distribuite…

Il referendum spiegato ai tedeschi

di Marco d’Eramo
In Italia due giovani su cinque sono disoccupati; il Prodotto interno lordo (Pil) sta a mala pena recuperando il livello di 15 anni fa (a prezzi costanti); i nuovi iscritti all’università sono diminuiti del 20% dal 2004 al 2015 (da 335 a 270.000 immatricolazioni); rispetto al Pil i fondi per la ricerca e l’innovazione sono meno della metà di quelli tedeschi e austriaci e quasi un terzo di quelli svedesi e finlandesi; l’analfabetismo di ritorno cresce; il paese si deindustrializza; la produttività per lavoratore diminuisce; la corruzione si mangia 60 miliardi di euro l’anno secondo le stime più prudenti, mentre l’evasione fiscale ne fa sparire 90 miliardi; per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale la speranza di vita degli italiani non si allunga ma si accorcia.

Il millennial è finito al tappeto

di Roberto Ciccarelli 
L’economia dei «lavoretti» è il presente. Giovani, e meno giovani, non lavorano tutti attraverso le piattaforme digitali o pedalando come i ciclo-fattorini di Foodora, ma sono in molti (1 milione e 380 mila persone) a essere stati pagati almeno una volta con un voucher, ad avere guadagnato uno scampolo di reddito da quella che il 50esimo rapporto del Censis – presentato ieri a Roma al Cnel – definisce il «sommerso post-terziario».

Referendum e il facile gioco tra massimalismo e riformismo

di Paolo Favilli
«Distorsioni cognitive», così Michele Prospero (il manifesto, 24 novembre) ha chiamato gli effetti dell’ «impressionante» schieramento mediatico messo in campo, in particolare nel settore televisivo, per orientare verso il si l’esito del referendum. Non esiste, però, ambito sottratto alla tentazione delle «distorsioni cognitive» quando si ritiene tale risultato necessario alla conservazione di un assetto politico essenziale allo «stato di cose presente». Così anche settori appartenenti alla «scienza come professione», come la storiografia, si prestano a svolgimenti in termini di narrazione «volgare».

Il desiderio di servitù volontaria

di Gianfranco Sanguinetti
La storia insegna che non sono mai i despoti a fare gli schiavi, ma gli schiavi a fare i despoti.  Quando una votazione è imposta da un governo non eletto e approvata da un Parlamento illegittimo, con un quesito referendario in cui si rimescola un mazzo di carte false; quando tutti i poteri forti, finanziari, politici e istituzionali internazionali si buttano unanimemente nella mischia per orientare univocamente un risultato del​ voto italiano​ - prospettan​do​ apertamente ricattatorie conseguenze del voto contrario; quando perfino il capo di un governo sine titulo entra in lizza con​ mezzi di corruzione di massa sottratti allo Stato​; quando tutto questo succede senza vergogna e senza rivolta​ davanti ai nostri occhi, allora si è costretti a concludere che questa chiamata alle urne ha in realtà lo scopo principale di contare gli schiavi.

La migliore Costituzione e il governo dei peggiori. Intervista a Tommaso Fattori

Intervista a Tommaso Fattori di Desideria Gandolfi
È necessario cambiare la Costituzione per cambiare l'Italia?
"Bisognerebbe applicare la Costituzione per cambiare davvero l'Italia. Il "populismo di governo" è riuscito a convincere una buona parte degli italiani che i nostri problemi deriverebbero dal bicameralismo perfetto e da questioni di ingegneria istituzionale. Solo i politici del nostro paese sono ossessionati dai cambiamenti costituzionali, per nascondere le proprie incapacità. Lo disse già Norberto Bobbio, il ceto politico si trastulla con le riforme istituzionali per eludere i veri problemi. Siamo nel mezzo ad una crisi economica interminabile, incapaci di progettare un modello economico nuovo, di operare una conversione ecologica della produzione, ma la politica si concentra su questioni del tutto marginali di tecnica parlamentare rendendole agli occhi dell'opinione pubblica il presunto macigno sulla via di un futuro altrimenti radioso."

Lo spirito della Costituzione dimenticata

di Sarantis Thanopulos
Come il suo stesso nome dice, la «Costituzione» non stabilisce le regole del vivere comune: costituisce il loro senso e la loro possibilità. Nel fare questo crea uno «spirito» per il sentire, pensare e agire dei cittadini in cui confluiscono le passioni e gli ideali che stanno alla base della sua origine. Lo «spirito» creato dalla Costituzione, un intendersi oltre la cultura comune del vivere e la comunicazione attraverso linguaggi condivisi, ha due fonti. La prima è la materia di cui essa è fatta: la stessa del senso di corresponsabilità dei cittadini che è espressione di sensibilità e di cura reciproca – oltre che nei confronti dei loro valori e beni comuni.

È ora di punire gli errori del premier

di Riccardo Barenghi
Il No ha un valore doppio. Chi vota contro la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi lo fa per due ragioni. La prima è perché non ne condivide il merito. La seconda è strettamente politica, ossia perché non ama (politicamente) Renzi e non approva il suo modo di governare e di comportarsi. A sinistra come a destra. Che la riforma sia pasticciata è ormai cosa nota, lo hanno spiegato decine di importanti costituzionalisti e lo hanno anche ammesso diverse volte gli stessi fautori del Sì: «Si poteva fare meglio...». E non si tratta solo di pasticci, che prima o poi (più poi che prima) potrebbero essere corretti, a cominciare dal nuovo Senato che non si capisce ancora come verrà nominato (o eletto?).

Il CCNL dei metalmeccanici. Né il pane né le rose!

di Eliana Como
“Il pane e le rose” è lo slogan che meglio sintetizza l'idea di una società in cui si è realizzati e liberi. Una società in cui oltre al necessario si può aspirare anche al resto. Trasferito su un contratto sindacale, potrebbe essere un accordo che concede soldi e al tempo stesso diritti. Nell'ipotesi d'accordo firmata il 26 novembre da FIM, FIOM e UILM non c'è né l'uno né l'altro. Non ci sono i soldi e non ci sono i diritti. Né il pane né le rose. Dopo due contratti separati, nel 2009 e nel 2012, il gruppo dirigente della FIOM considera questa una vittoria. La parola ora passa ai lavoratori e alle lavoratrici, perché l'ipotesi di accordo sarà valida soltanto se sarà approvata nella consultazione del 19-20-21 dicembre.

La sanità di Renzi: sempre più cara e 11 milioni rinunciano alle cure

di Roberto Ciccarelli 
Gli effetti regressivi delle manovre di contenimento, e di taglio alla spesa sociale, hanno indotto 11 milioni di italiani a rinunciare, o rinviare, nel 2016 alcune prestazioni sanitarie, specialmente odontoiatriche, specialistiche e diagnostiche. Il dato, impressionante, viene riportato anche nel cinquantesimo rapporto Censis. Gli effetti dell’austerità si riflettono anche nelle infrastrutture ospedaliere la cui offerta si riduce da anni, a cominciare dai posti letto (3,3 per 1.000 abitanti in Italia nel 2013 secondo i dati Eurostat, contro i 5,2 in media dei 28 Paesi Ue, gli 8,2 della Germania e i 6,3 della Francia).

Indecisi sulla riforma? #bastaleggerla

di Elly Schein 
Il dibattito sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi è stato molto povero, tutto spostato dai contenuti reali della riforma, politicizzato, infarcito di slogan e bugie. La prima cosa che va chiarita è che il cambiamento non è un valore di per sé, come sembra sostenere il Governo: il cambiamento può essere in meglio o in peggio. E questa riforma è un chiaro cambiamento in peggio. E’ già del tutto improprio che il Governo si faccia promotore di una revisione costituzionale. La Carta fu approvata con 453 voti a favore e 62 contrari, a riprova che contenendo le regole fondamentali dell’ordinamento democratico, in essa tutti devono potersi riconoscere.

Attenti alle truffe di Renzi. Tutte e tutti a votare No

di Giorgio Cremaschi 
1.600.000 votanti dall'estero! titola esaltata La Repubblica. Oramai non si vergognano più di niente e usano tutto, proprio tutto, pur di vincere. Sanno che in un confronto regolare perderebbero, per questo dall'inizio i mascalzoni del SI hanno truccato la campagna referendaria. D'altra parte devono far passare una legge truffa, votata da un parlamento illegittimo, passata grazie al mercato dei senatori e agli inciuci. Mica sono scemi, sanno che in un gioco onesto perdono. E quindi han cominciato falsando la scheda elettorale, poi hanno speso una valanga di soldi, anche pubblici per fare campagna. Poi hanno usato h24 le televisioni a reti unificate.

Contro il rottamatore della Costituzione

di Michele Martelli 
Democrazia o autocrazia? Ossia, chi ha il potere sovrano: il popolo, i cittadini, gli elettori, o le oligarchie, i capipartito, i banchieri, le multinazionali? Per capire la riforma Renzi, bisogna chiedersi a quale di questi due modelli di governo e di Stato (teorizzati da Hans Kelsen) essa si ispira. Basta un minimo di intuito per indovinarlo.  Si può riformare la Costituzione cambiando 47 articoli su 139, cioè quasi un terzo, senza stravolgerla? NO. E si capisce facilmente il perché. Se io modifico un terzo dei miei connotati (mi accorcio o allungo il naso, le orecchie, i muscoli facciali ecc.), magari sottoponendomi ad accurati interventi di chirurgia estetica, è chiaro che divento irriconoscibile: sarò un altro, non più io; dovrò cambiare carta d’identità.

Davide contro Golia: impegniamoci per il NO fino all’ultimo istante

di Paolo Flores d’Arcais
I sondaggi “clandestini”, non a caso travestiti da corse dei cavalli, dicono che vincerà il Sì, benché di un soffio. Grazie al diluvio di milioni rovesciato in questi ultimi giorni su tutti i social network e su tutte le applicazioni per smartphone e tablet, e grazia al voto all’estero, ovviamente, per le ragioni ben note. La sproporzione di risorse in una competizione politica in Italia non è mai stata così ciclopica, così indecente. Non solo tutti i settori di establishment (stra-maggioritari) ormai con Renzi, ma anche quelli legati al vecchio regime di Berlusconi. Il quale, non a caso, sussurra di votare No, mentre le sue televisioni rovesciano tutta la loro potenza di fuoco manipolatorio per il Sì.

Movimenti per l'acqua: le ragioni del nostro NO alla riforma costituzionale

di Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
In due anni dal suo insediamento il Governo Renzi ha prodotto una serie di “riforme” che investono diversi ambiti della società e della vita delle persone, ispirate da una logica neoliberista, regressiva e autoritaria per cui sono stati attaccati e compressi diritti fondamentali dei cittadini. La riforma della Costituzione e il combinato disposto con la legge elettorale rappresentano il tassello mancante rispetto a tale disegno. Appare, infatti, sempre più evidente come l'obiettivo reale sia ridurre i bisogni sociali che giungono a livello istituzionale, in quanto troppo numerosi e ai quali non s'intende sacrificare gli interessi già protetti dei mercati e delle lobbies.

Senato: i nominati subito, la legge poi

di Gaetano Azzariti
Ci si accapiglia sulla futura legge elettorale per il senato, ma non si ricorda che essa c’è già e che entrerà in vigore assieme alla riforma costituzionale. In una disposizione transitoria (articolo 39, primo comma), infatti, il testo stabilisce quali devono essere le regole per l’elezione dei futuri senatori in sede di prima applicazione e sino alla data di entrata in vigore di una successiva legge bicamerale. Dunque, fin tanto che non verrà approvata una normativa ad hoc, il nuovo senato sarà formato in base a quanto stabilito da tale disposizione. Questa non prevede alcun intervento del corpo elettorale, il quale non potrà influenzare per nulla le decisioni del tutto autonome dei consigli regionali.

Appunti contro la modifica costituzionale di Renzi

di Paolo Solimeno
La modifica costituzionale proposta ha radicali difetti di legittimità e coerenza, propone un modello di democrazia lontano da quello prefigurato dal costituzionalismo democratico in cui sono iscritte le migliori democrazie occidentali, nate o perfezionatesi nel secondo dopoguerra. Insieme alla legge elettorale n. 52 del 2015, l’Italicum, trasformerebbe il sistema italiano in un premierato forte, senza garanzie, con una Camera succube del capo dell’esecutivo.

Come i media hanno snobbato Bernie Sanders e aiutato Donald Trump a vincere

di Amy Goodman e Denis Moynihan
Non vedevamo Bernie Sanders a Filadelfia dal luglio scorso, quando la sua avversaria alle primarie Hillary Clinton ha vinto la nomination a candidata presidenziale democratica. Questa settimana Sanders ci ha raggiunti nella storica Philadelphia Free Library per un’ampia discussione. “Sono molto preoccupato per il futuro della democrazia in America,” ha detto Sanders a un pubblico entusiasta e numeroso. Milioni di americani hanno votato per lui alle primarie. Sanders ha trasformato la campagna elettorale del 2016, ispirando e coinvolgendo la gente in una visione progressista del futuro, con ben poco aiuto da parte dei media.

Ricapitolando: perché No!

di Aldo Giannuli 
1. perché le regole si scrivono insieme, le “costituzioni di partito” sono proprie dei regimi totalitari e noi vogliamo una Costituzione repubblicana nello spirito e nella lettera
2. perché questa “riforma” è stata fatta da un Parlamento politicamente illegittimo, in quanto eletto con una legge dichiarata incostituzionale e indegno, con un numero senza precedente di inquisiti
3. perché questa riforma è stata fatta da un Parlamento in cui un terzo dei componenti ha cambiato partito (senza avere il pudore di dimettersi) e, dunque, non è più rappresentativo di niente

Chi è l’assassino che da anni cerca di uccidere la Costituzione

di Critica Liberale 
Sull’ultimo numero del nostro quindicinale abbiano voluto dirvi, a urne ancora neppure aperte, i risultati del referendum costituzionale, indicandovi già vinti e vincitori. Questa volta, rovinandovi ogni sorpresa, siamo in grado di anticipare il nome del cosiddetto “assassino”. Non dell’esecutore materiale, che conta poco o nulla ed è noto a tutti, ma di chi da anni manovra per indebolire o frantumare la legalità democratica del nostro come di altri paesi. Basta: per sapere tutto, leggetevi l’articolo scritto da Enzo Palumbo, presente su questo ‘dossier speciale Referendum’, che abbiamo voluto pubblicare come ultimo sforzo a favore del No.

Il vero cambiamento che vogliamo

di Giuseppe Civati 
Vogliamo cittadini, non clienti. Vogliamo sovrani, non fritture. Vogliamo eletti, non nominati. Vogliamo una Costituzione che unisce, non una ‘riforma’ che divide. Vogliamo comunità, non territori a cui imporre decisioni prese altrove. Vogliamo condivisione, non arroganza. Vogliamo serietà, non strizzatine d’occhio. Vogliamo il bene o il meglio, perché il “non mi piace ma la voto”, il meno peggio, apre sempre la strada al peggio. Vogliamo istituzioni piene di sole, non riforme boschive, piene di ombre e di rinvii.

La posta in gioco

di Rino Genovese
Quelli che non votano, ignavi più che astensionisti, amici e compagni che domenica non si recheranno al seggio per deporre nell’urna il loro no, devono sapere qual è la posta in gioco di questa difficile partita. Niente di più e niente di meno che la sopravvivenza della repubblica parlamentare. È vero (come bene illustrato da Adalgiso Amendola nel suo libretto edito da Manifestolibri con il titolo Costituzioni precarie) che la costituzione “materiale” del nostro paese è già cambiata nel corso degli scorsi decenni; è vero che nella Carta sono state inserite delle norme, come quella riguardo al pareggio di bilancio, che l’hanno già travisata; ed è altresì vero che perfino il nostro Lelio Basso, uno dei padri costituenti, sosteneva che una costituzione la si cambia quando non corrisponde più al compromesso che è stato depositato lì dentro; ma è altrettanto vero che tenere in piedi l’impianto “formale” di una costituzione, sia pure datata, non è affatto superfluo.

La riforma costituzionale di (Du)Cetto La Qualunque

di Fabio Scacciavillani
Cavour, Giolitti e Mussolini governarono sostanzialmente con lo stesso sistema costituzionale, ma con leggi elettorali diverse. Fu l’introduzione del suffragio universale (in un paese ad alto tasso di analfabetismo), e il Patto Gentiloni che ne derivò, a cambiare gli assetti politici reali. In poco tempo l’Italia fu spinta verso la Prima Guerra Mondiale, sull’onda delle pressioni violente esercitate dalla teppa interventista di destra e di sinistra. Finita la guerra più inutile della Storia, il sistema elettorale generò il caos da cui originò il fascismo. E infine fu la legge Acerbo (voluta da Mussolini e che determinò l’aggregazione del Listone) a trasformare un sistema più o meno rappresentativo in una dittatura. E’ questo il quadro storico da non dimenticare il 4 dicembre.

Hasta siempre, Comandante. I popoli della Patria Grande rendono omaggio a Fidel Castro

di Claudia Fanti 
Non è solo Cuba a piangere la scomparsa per la morte di Fidel Castro, l'uomo che ha cambiato per sempre la storia dell'isola caraibica: sono tutti i figli e le figlie della Patria Grande, quell'America Latina intesa come continente spirituale più ancora che come realtà geografica, a rendere omaggio a colui che, pur tra inevitabili contraddizioni, ha fatto di una semi-colonia degli Stati Uniti non solo una fonte di ispirazione per i rivoluzionari e le rivoluzionarie del mondo intero – «Si dice Cuba come si dice dignità», affermava nel 2003 il Subcomandante Marcos –, ma anche un modello di solidarietà internazionale.

Dopo il voto uniremo la sinistra del No

Intervista a Nicola Fratoianni di Daniela Preziosi
«Questa campagna è stata due cose insieme. È stata brutta perché il governo ha utilizzato la Costituzione per dividere del paese. E invece dovrebbe essere il massimo strumento di inclusione. Una scelta consapevole di cui dovrebbe vergognarsi. Ma è il segno di questo governo: l’idea della politica come un ring in cui l’odore del sangue è il metro del successo». È duro il giudizio di Nicola Fratoianni, deputato di Sinistra italiana, su Renzi. Eppure la campagna referendaria che ieri si è chiusa – lui ovviamente è schieratissimo per il No – «è stata anche un’occasione di revitalizzazione della sinistra e del popolo democratico che della Costituzione ha fatto lo strumento di riappropriazione della propria dignità. E della partecipazione».

NO al 18 brumaio di Matteo Renzi

Quando un contaballe annusa il rischio di essere definitivamente scoperto, ha due strade di fronte a sé: o si defila quatto quatto, oppure si gioca il tutto per tutto e le spara ancora più grossa. Ecco lo stato dell’arte del governo del buffone di Rignano a pochi giorni dal 4 dicembre, sulla via intrapresa non ci sono dubbi. Dal ponte sullo stretto ai quattrini promessi a destra e a sinistra in finanziaria, dalla riduzione dei costi della politica alla ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto, dall’aumento dei soldi nella tasca delle partite Iva (gli stessi che vengono sfilati dall’altra tasca) alla defiscalizzazione del lavoro al Sud, la lunga marcia renziana verso il referendum è stata un progressivo crescendo di menzogne, direttamente proporzionali alla paura di perdere la poltrona tanto faticosamente conquistata.

La città è proprietà privata

di Emanuele Piccardo
Le recenti polemiche sulla conferenza che Patrik Schumacher, nuovo responsabile di Zaha Hadid Architects dopo la scomparsa della fondatrice anglo-irachena, ha tenuto al World Architecture Festival di Berlino meritano un approfondimento sul rapporto tra media e architettura. Nella conferenza Schumacher usa toni aspri nei confronti delle regole urbanistiche imposte dal governo britannico, nella speranza che le nostre città siano sempre più libertarie e prive di regole, in modo da consentire agli immobiliaristi il totale governo del territorio.

Voto No: questione morale (e pure psichiatrica). Intervista a Sveva Casati Modignani

Intervista a Sveva Casati Modignani di Antonello Caporale
Chi potrebbe avventurarsi a dire che “Matteo Renzi ha un grande problema di ordine psichiatrico. La lotta perenne tra lui e il suo ego credo trovi causa nelle umili origini familiari in quel di Rignano”? E dove trovate l’ardimentoso che affermi: “Virginia Raggi è una cretina. Intelletto ignoto, figura pubblica immobile, vuota, astratta”? E, ancora, chi di voi farebbe una pila di fuoco dentro cui accatastare le effigie dei sindaci milanesi che si sono succeduti “da Formentini, a quest’ultimo genio che abbiamo e prende il nome di Beppe Sala”?

Il malgoverno dell'Università

di Gianfranco Viesti
E’ opinione diffusa, e condivisibile, che le misure adottate dal governo Berlusconi nel 2009-10 -dai tagli al fondo di finanziamento ordinario (FFO)alla legge Gelmini – abbiano provocato profonde conseguenze negative nel sistema universitario italiano. Tuttavia, le misure che il governo Renzi ha adottato e sta adottando rischiano di avere conseguenze più profonde, e forse ancor più negative Il riferimento è da ultimo alle “cattedre Natta” e ai cosiddetti “ludi dipartimentali” previsti dalla legge di bilancio per il 2017; ma non solo: per comprenderne la ratio essi vanno collocati nel più generale contesto ideologico e legislativo degli ultimi anni.

Francia: comunisti e sinistra uniti verso le presidenziali

di Guido Capizzi 
Nel 2017 i francesi saranno chiamati alle votazioni per eleggere il Presidente della Repubblica: finisce l’era Hollande e l’incertezza si respira in tutto il Paese. La presenza tra i candidati di Marine Le Pen crea forti imbarazzi sia a destra sia a sinistra. E’ uscito il nome di Jean Luc Mèlenchon, nato a Tangeri nel 1951, che nel 2008 fondò il Partito di Sinistra. Mèlenchon ha fatto parte della corrente Nuovo Mondo del Partito Socialista, senatore dal 1986 è stato ministro dal 2000 al 2002. Noto per le continue divergenze da Ségolène Royal nel 2008 ha fondato il Partito della Sinistra, di orientamento neo-giacobino ed ecologista.

Il Ddl Madia è stato ritirato, ma la battaglia continua

di Super User
Il Governo Renzi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha smontato la riforma Madia, ha ritirato ufficialmente il DDL su servizi pubblici e riforma della PA. La Consulta ha dichiarato infatti l'incostituzionalità di diversi articoli della legge delega tra cui quelli relativi a dirigenza, società partecipate, servizi pubblici locali e pubblico impiego. In un primo momento l’esecutivo sembrava volesse utilizzare questa battuta d’arresto per cancellare anche l’ipotesi di rinnovo contrattuale dei dipendenti statali dopo 7 anni di blocco. Tuttavia il governo si è poi precipitato a trovare un accordo coi sindacati per il rinnovo, un po’ per recuperare parte della propria immagine in vista del voto referendario del 4 dicembre, un po’ perché il blocco stesso dei contratti era già stato dichiarato incostituzionale ad aprile del 2015 dalla Consulta.

Ricordiamoci di guardarci dentro

di Andrea Pertici 
Per sostenere una riforma costituzionale (per di più di un terzo della Costituzione) bisognerebbe – crediamo – almeno conoscerla. Nei numerosi dibattiti e incontri di questi lunghi mesi di campagna referendaria abbiamo, invece, constatato il contrario. In particolare, in un confronto, un sostenitore del “Sì”, a lungo parlamentare e ex segretario di partito, ha sostenuto che il Governo avrebbe ricevuto dalle Camere – con una mozione – l’incarico di farsi promotore di una riforma costituzionale. In realtà, le mozioni del 29 maggio 2013 approvate dalla Camera e dal Senato impegnavano il Governo (all’epoca Letta) soltanto a presentare un disegno di legge costituzionale che prevedesse un percorso particolare e facilitato (magari non del tutto condivisibile ma ordinato) sulle riforme. E, infatti, a fronte della smentita, non ha ripreso la questione.

Referendum: il lavoro e le balle a effetto quantistico

di Il Simplicissimus
Le statistiche del lavoro, così come sono imposte dai padroni del vapore che dettano legge anche nel campo dei numeri, sono come il gatto di Schrödinger che è contemporaneamente morto e vivo: infatti l’occupazione e la disoccupazione possono crescere o diminuire nello stesso tempo costituendo un paradosso logico che tuttavia può essere scelto “a la carte” e giocato a seconda delle necessità. In questa lunga vigilia referendaria un governo vacuo e fallimentare tenta di raccogliere voti a suo favore facendo strombazzare in tv e sulla stampa una diminuzione della disoccupazione, sia pure così lieve da poter essere messa nella lunga lista dei “numerini” miserabili ai quali governi altrettanto miserabili cercano di tranquillizzare e simulare un possibile ritorno alla situazione precrisi impossibile nel contesto fattuale e ideologico contemporaneo.

Siete sicuri di poter insegnare la democrazia ai cubani?

di Carmine Tomeo
I commenti sulla morte di Fidel Castro portano a ragionare su come il concetto di dittatura possa essere interpretato nel senso comune. Le considerazioni che da sempre si fanno sul governo rivoluzionario cubano, che immediatamente dopo la morte di Castro si sono moltiplicate, mostrano palesemente come il concetto di dittatura possa essere frainteso nel senso comune, anche a sinistra quando questa è permeata dall'ideologia dominante. È facile, infatti, in questo caso, vedere in Cuba una dittatura e nelle cosiddette democrazie occidentali i luoghi dove si affermano democrazia e libertà.

Il dopo-Hollande è già cominciato

di Anna Maria Merlo
E adesso? Il grande gesto di François Hollande di rinunciare alle presidenziali, senza passare per le primarie del Ps che sarebbero state una sicura umiliazione, non ha risolto i grossi problemi dell’area di sinistra. Per il mondo politico francese nel suo insieme, una pagina è girata: Nicolas Sarkozy e Alain Juppé eliminati a destra con i due turni delle primarie, poi Hollande che si ritira, aprono sulla carta la strada a una nuova generazione. Ma la destra si è già ripiegata sulla vecchia generazione, con la scelta di François Fillon, in politica dall’inizio degli anni ’80.

Se vince il Sì, un grande rinvio

di Andrea Fabozzi
Mettiamo – anche per scaramanzia – che vinca il Sì, quanto tempo ci vorrà per «uscire dalla palude», «entrare nel futuro», «cambiare davvero» come da quotidiana promessa renziana? Tanto tempo, e soprattutto tante leggi. La riforma costituzionale è anche un po’ una vasta delega che i cittadini danno al governo e al parlamento (ultimamente i ruoli tendono a confondersi, con la nuova Costituzione sarà anche peggio), come ha notato Susanna Camusso. La segretaria della Cgil ha fatto l’esperienza del Jobs act e sa come vanno a finire queste deleghe con Renzi.

Cittadini o prostituti?

di Ferruccio Sansa 
Domani si vota per il referendum. Su una cosa forse saremo tutti d’accordo: non si vota per il destino di Renzi o Grillo, ma per la Costituzione che è molto di più, perché rappresenta il destino di tutti noi. Ragioniamo quindi nel merito, sull’oggetto della riforma, senza parlare di schieramenti, senza ripetere slogan. Ognuno di voi che leggete ormai avrà le proprie convinzioni. Chi scrive, ammesso che possa interessare, ha provato a mettere in fila le ragioni del proprio voto.

La Rivoluzione inglese e la transizione dal feudalesimo al capitalismo

di Brian Manning
Il primo grande dibattito sulla transizione dal feudalesimo al capitalismo ha avuto inizio con la pubblicazione, nel 1946, di Studies in the Development of Capitalism di Maurice Dobb [1], mentre il secondo è stato innescato dall’articolo di Robert Brenner, Agrarian Class Structure and Economic Development in Pre-Industrial Europe, pubblicato su Past And Present (1976) [2]. Dibattiti che forniscono ai marxisti un quadro all’interno del quale interpretare il periodo della Rivoluzione inglese, dal 1640 al 1660. In questo senso, il nuovo importante libro di Robert Brenner costituisce un contributo prezioso. Esso si occupa del ruolo svolto dai mercanti londinesi nella rivoluzione, tuttavia, una postfazione di 78 pagine inquadra il soggetto del volume nel contesto di un’interpretazione più generale della rivoluzione.

Spartaco, il riscatto

di Giuseppe Vecchi 
Non mi pento di nulla. Non lo feci quando ero in croce e vedevo inchiodare i miei compagni, avendo ancora negli occhi le immagini dei bambini e delle donne trucidate tra i prati. Perché dovrei farlo ora, se vedo che non furono invano la nostra morte e la nostra rivolta. La vita non è vivere, ma cercare Giustizia, morire, anche, per la Giustizia. Senza Giustizia tutto è preferibile, anche la morte. Sì, capisco…tutti quegli innocenti trucidati, la cui unica colpa fu quella di avermi seguito, di avere sognato con me la stessa libertà, di avere condiviso la stessa ansia di riscatto, preferendo un giorno da uomini liberi anziché una vita da schiavi.

Dizionario referendario di fine campagna: da Anpi a Zedda passando per Boschi e voltagabbana

di Vindice Lecis
Anpi. In questa battaglia ha rilanciato rinnovandolo lo spirito della Resistenza con al centro la difesa della Carta costituzionale. E al Pd non è andata proprio giù. Il vento fischia ancora. Boschi. Madrina di tutte le battaglie, protettrice delle banche (specie l’Etruria), collezionista di provocazioni: dai “veri partigiani” a “purtroppo le tasse dobbiamo pagarle” da bar sport fino al mitico “chi vota no vota come Casa Pound”. Tra Amintore Fanfani e Enrico Berlinguer ha scelto il primo.