La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 1 ottobre 2016

L’offensiva di Renzi contro i lavoratori e contro la Costituzione, due facce della stessa medaglia

di Gianni Rinaldini
Assistiamo all’ennesima replica annuale della discussione politica sulla legge di stabilità 2017 con il governo, che chiede alla commissione europea maggiori margini di flessibilità sui vincoli monetari concordati per potere completare le riforme strutturali. Le riforme strutturali sono sempre le stesse, quelle dettate, nel 2011 dalla BCE (Banca Centrale Europea). Dopo la cancellazione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, la generalizzazione della precarietà come condizione di lavoro e di vita, la distruzione del sistema previdenziale, bisogna procedere con la riduzione del cuneo fiscale e la cancellazione e o l’irrilevanza del ruolo del CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro).

La disuguaglianza minaccia la democrazia. Pepe Mujica suona la sveglia alla sinistra

di Tiziana Barillà 
«La disuaglianza è la caratteristica principale dei popoli latinoamericani ed è la “maggiore minaccia” per la democrazia nel mondo». Pepe Mujica non si stanca mai di ripeterlo. E, nell’epoca del cinismo e della complessità, la semplicità pura delle sue parole suona più che mai necessaria. Questa volta, l’occasione è il terzo Incontro latinoamericano progressista (Elap). E da Quito, in Ecuador, l’ex presidente dell’Uruguay pone la questione della «gigantesca paralisi delle risorse, che non si possono usare per la vita umana e per le questioni sociali».

Renzi prepara una finanziaria recessiva. Intervista a Marta Fana

Intervista a Marta Fana di Giampaolo Martinotti
Dopo l’accordo tra governo e sindacati sulle pensioni, che l’opposizione in Cgil ha definito “un accordo dalla parte delle banche”, si scoprono le carte sulla prossima manovra finanziaria. Tra il “Patto della lavagna” e l’inadeguatezza degli interventi elaborati dall’esecutivo a sostegno della produttività e degli investimenti, un Renzi già bocciato ha in serbo l’ennesimo inganno ai danni dei lavoratori, dei pensionati e delle fasce più deboli. La nuova legge di Stabilità 2017 dimentica l’Irpef e il cuneo fiscale ma racchiude in sé una miriade di piccoli bonus. Come giudichi la prossima finanziaria del governo Renzi?

Socialismo: non dovete più sussurrarlo

di Rosa Fioravante
La rielezione di Jeremy Corbyn a leader del Labour Party è probabilmente l’unica buona notizia che arriva oggi dal campo dei socialisti europei. Non è solo una buona notizia per tutti coloro che rimangono socialisti nei valori ma che non votano più i partiti della famiglia del PSE, ma è una buona notizia anche per coloro che di quella famiglia fanno parte e che osteggiavano la sua candidatura.Jeremy Corbyn questo lo sa bene e non perde occasione di dirlo nel suo discorso di chiusura dell’appuntamento congressuale. Si sofferma a lungo a metà del suo intervento sul fatto che il Labour è riuscito a ritrovare le proprie radici: la lotta per ciò che, concludendo, JC rievoca come “fairer Britain in a peaceful world” (una Gran Bretagna più giusta in un mondo pacifico).

Aleppo è stata lasciata sola

di Communia Network 
Aleppo non è certamente la sola città o territorio che soffra pesantemente una guerra contro le/i sue/oi cittadine/i.  Nel Darfur si muore per bombardamenti chimici; in Somalia gli Usa hanno erroneamente ucciso soldati somali volendo colpire gruppi terroristi; a Kabul si continua a morire per attentati terroristi e per bombardamenti “antiterroristi”; in Iraq non è mai finita la guerra infinita del presidente George W. Bush; in Ucraina continua la guerra degli opposti nazionalismi e dei loro rispettivi padrini... e così via. Ma Aleppo è decisamente sola.

Rottamare il verbo euro liberista

di Carlo Formenti
Agli osservatori più attenti non dev’essere sfuggito che l’inopinata conversione del Presidente del consiglio Renzi al partito dei critici dell’Europa contiene una buona dose di messa in scena (attaccare l’austerità, se nel contempo si ribadisce l’impegno a rispettare i vincoli Ue in materia, suona poco credibile). Pur subodorando la teatralizzazione – che mira a captare il consenso di un elettorato irritato con le oligarchie europee – i media, i quali non cessano di diffondere il verbo euro liberista, si sono premurati di invitare alla prudenza, celebrando le virtù del modello tedesco e invitando a non mollare la presa sulla barra del timone, onde non perdere la scia della nave ammiraglia pilotata da Frau Merkel.

Legge di Bilancio 2017, dove trovare i 25 miliardi di euro? Grazie alle tasse ambientali

di Luca Aterini
Come ogni anno, all’aggiornamento del Def segue malinconico il dibattito sulla prossima legge di Bilancio. Il che da molto tempo si traduce ormai in modo pressoché esclusivo con la parola “tasse”, da aggiungere o togliere ai conti nazionali a seconda del caso. L’attuale esecutivo si vanta – con dubbie ragioni – di aver realizzato «la più grande riduzione delle tasse nella storia italiana», ed è determinato a continuare sul medesimo indirizzo.

La curiosa “battaglia” di Renzi sull’austerity: ancora meno deficit e più tagli

di Thomas Fazi 
Il governo ha svelato le cifre della nuova manovra finanziaria (la nota di aggiornamentoal documento economico e finanziario (DEF) 2016): nel 2017 il deficit scenderà al 2% (dal 2,6% di oggi), ma con una possibile estensione di un ulteriore 0,4% (nel qual caso scenderebbe al 2,4%). A qualcuno sarà forse capitato di leggere sui giornali l’esatto contrario, ossia che il deficit l’anno prossimo “salirà”. Come è possibile: sale o scende ‘sto deficit? La riposta è semplice: nei fatti il deficit scende, ma “sale” rispetto alla previsione (del tutto irrealistica) contenuta nel DEF dell’anno scorso: 1,8%.

La sanità subordinata al Pil

di Ivan Cavicchi
Il governo ha approvato la nota di aggiornamento del Def. Ma che cos’è? E un documento che a partire dal re di tutti gli indicatori, il Pil aggiusta le previsioni sull’andamento dell’economia per ridefinire le politiche di spesa ridefinendo prima di tutto il tetto del debito pubblico entro il quale spendere i soldi. Insomma è il trionfo di quello che si definisce “primato dell’economia”: da una parte il Pil, dall’altra il disavanzo e a seguire tutto il resto. Sanità compresa. Per cui si ha un bel parlare di diritti (etica) che in teoria dovrebbero venire prima dell’economia. La nota di aggiornamento di due giorni fa dà ragione a Marx: la struttura economica determina la sovrastruttura sociale non il contrario.

Federalismo europeo e Europa reale. Intervista a Gianfranco Pasquino

Intervista a Gianfranco Pasquino di Lorenzo Mesini e di Andrea Pareschi
Che cos’era e che cosa ha rappresentato il federalismo europeo nei decenni del processo di integrazione?
"All’inizio il federalismo europeo era esattamente una dottrina relativa alle modalità con cui bisognerebbe costruire uno stato federale. Un certo numero di stati, nello specifico sei, si misero d’accordo per cedere parte della loro sovranità su alcune risorse molto importanti (carbone, acciaio e soprattutto energia nucleare) a un’autorità sovranazionale. Incominciò tutto dal 1949 fino al 1957, quando si firmò il Trattato di Roma, che fu un trattato sovranazionale che diede slancio a un processo veramente federale."

In nome di Piero Calamandrei, diciamo No

di Marcello Rossi
Che noi de «Il Ponte» siamo legati a doppio filo alla Costituzione del ’48 è cosa nota. A tutta la Costituzione, anche all’art. 138 che concerne le leggi di revisione. Se però la “revisione” impegna ben 47 articoli della Parte II («Ordinamento della Repubblica») – cioè il 55% di questa Parte – allora è lecito pensare che l’originaria Parte II sarà letteralmente stravolta. È possibile che uno stravolgimento di tal fatta non si ripercuota anche sulla Parte I («Diritti e doveri dei cittadini»)? E se sì, come io ritengo con certezza, non sarebbe stato più corretto, a ragion di logica, proporre una costituente?

Il gioco dei decimali e lo scontro sul referendum

di Alfonso Gianni
Malgrado la sua mole, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) licenziato dal governo martedì notte, non riesce a nascondere le fragilità e le aporie della Renzinomics. Non scalda i cuori né a Bruxelles né a Roma. Negli ambienti Ue si pensa di rimandare il giudizio definitivo al prossimo maggio in modo da non intralciare il cammino del governo verso il Referendum, fissato a dicembre anche per la legge di stabilità.

Il lato più oscuro dell’eredità di Shimon Peres

di Haggai Matar
La morte di Shimon Peres, alla veneranda età di 93 anni, è avvenuta nel mezzo di traboccanti ed elaborate memorie funebri ed elegie in tutto mondo, mentre i mezzi di informazione hanno notato che la sua vita politica ha attraversato l’intera storia dello stato di Israele, fin dalla sua fondazione nel 1948. Peres era, infatti, l’ultimo membro della generazione dei fondatori, gli uomini e le donne che si sono insediati per ragioni ideologiche nel Palestina del Mandato Britannico, e che hanno dedicato le loro vite alla costruzione dello stato di Israele.

La nostra infrastruttura logistica. Spazi metropolitani e processi transnazionali

di Connessioni Precarie
Sul fronte orientale non c’è niente di nuovo. L’opposizione dei paesi dell’est al migration compact mostra che il tentativo di risolvere la crisi centralizzando la decisione politica all’interno dell’Unione è fallito prima ancora di nascere. Anche a ovest d’altra parte l’austerità continua a essere affermata come la pietra angolare del governo dell’Unione, sebbene i singoli Stati stiano progressivamente forzandone i confini. Anche qui niente di nuovo, si potrebbe dire: a est come a ovest i confini dell’Unione sono continuamente violati.

La libertà di dire NO! I 5 licenziati FIAT e la loro vittoria

di Clash City Workers 
Questa è la storia di cinque operai della FIAT di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. La “fabbrica”, dopo che a Bagnoli si spense tutto. Mimmo Mignano, Marco Cusano, Roberto Fabbricatore, Massimo Napolitano, Antonio Montella. Nel giugno 2014, dopo l’ennesimo suicidio di un’operaia FIAT, inscenano il finto suicidio dell’amministratore delegato dell’azienda, Sergio Marchionne. Un’iniziativa satirica, che risponde con amaro sarcasmo al dramma dei troppi lavoratori FIAT che hanno deciso di farla finita perché non sopportano più le condizioni di lavoro (o “non lavoro”, come era il caso dei lavoratori trasferiti nel reparto logistico di Nola, da più parti considerato un vero e proprio reparto confino) cui sono sottoposti.

Se la politica perde se stessa

di Christian Salmon 
Jorge Luis Borges evoca, in uno dei suoi testi più famosi e divertenti, una certa enciclopedia cinese secondo cui gli animali si dividono in: «a) appartenenti all’Imperatore, b) imbalsamati, c) addomesticati, d) maialini da latte, e) sirene, f) favolosi, g) cani randagi, h) inclusi nella presente classificazione, i) che s’agitano come pazzi, j) innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, l) eccetera, m) che fanno l’amore, n) che da lontano sembrano mosche»… Ho ripensato a questo testo del grande scrittore argentino osservando il moltiplicarsi dei candidati alle primarie che designeranno i rappresentanti dei partiti per le presidenziali del 2017. Ma siamo onesti, non è una specialità francese.

Pensioni: l'autolesionismo di un Paese

di Felice Roberto Pizzuti
Si sta parlando molto del «verbale d’intesa» in materia previdenziale firmato dal governo e i sindacati, ma il suo rilievo effettivo non è tanto nei suoi contenuti – conosciuti da tempo e ancora molto incerti sulle modalità applicative – quanto nell’obiettivo politico del governo di condividere con i sindacati, in prossimità del referendum, una decisione di spesa i cui effetti, però, sono avulsi dai nostri problemi strutturali economici e previdenziali.

Populismo di governo

di Giuseppe Civati 
A parte che da ieri – tra mucche in corridoio e elefanti astensionistici – dall'Anpi la polemica sembra essersi spostata sull'Enpa, vorrei segnalare un interessante manifesto che campeggia, insieme a molti altri, per la campagna del Sì. Prima questione: se basta un sì, come dice una campagna molto americana (ricorda un famoso e per altri versi inquietante Just say no), perché spendere tutti questi soldi? A una riforma autoevidente come la presentano non dovrebbero servire.Basta un sì con un po' di milioni di euro. Tutto legittimo, s'intende.

La faticosa approvazione del Def 2016

di Francesco Silvi
Il consiglio dei ministri ha approvato nella notte del 27 settembre la Nota di aggiornamento al Def 2016, cioè il Documento di economia e finanza. O almeno così si leggeva nel comunicato stampa diffuso dal Governo. In realtà il documento finale da consultare è stato reso disponibile solo dalla notte successiva, il 28 settembre, come da cattiva prassi di questo governo, spesso in ritardo nelle scadenze istituzionali. Documento fondamentale nel ciclo del bilancio dello stato, il Def e la sua Nota di aggiornamento hanno la funzione di programmare e fissare il quadro macroeconomico e la strategia economica del governo entro cui verrà discussa e approvata la legge di bilancio nei prossimi mesi. 

Salvatore Settis, archeologo, già direttore della Normale di Pisa: perché voto No

di Salvatore Settis
Ritengo necessario pronunciare un energico no alla riforma costituzionale Renzi-Boschi, per considerazioni specifiche che ho meglio articolato nel mio recente libro Einaudi Costituzione! Perché attuarla è meglio che cambiarlaSecondo Piero Calamandrei, «quando il Parlamento discuterà pubblicamente la Costituzione, i banchi del governo dovranno esser vuoti; estraneo del pari deve rimanere il governo alla formulazione del progetto, se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell’assemblea sovrana». Questo galateo istituzionale è stato violato brutalmente dal governo Renzi.

Ferdinando Imposimato, magisrato: perché voto No

di Ferdinando Imposimato 
Sono nettamente contrario alla riforma, che è una minaccia grave alla nostra debole democrazia in quanto attribuisce enormi poteri al premier. Aristotele diceva: «mai dare troppi poteri a chi governa. È portato ad abusarne». Cosa che è già accaduta, pur con i poteri limitati concessi dalla Costituzione. Il governo nega questa svolta e sostiene che la riforma giova anzitutto al risparmio che, con il taglio dei senatori, sarà di 500 milioni. Falso: aumentano i privilegi economici dei burocrati di Camera e Senato.

Tomaso Montanari, docente e storico dell'arte: perché voto No

di Tomaso Montanari 
Gli italiani sono chiamati a votare su una riforma costituzionale approvata a colpi di maggioranza politica, sotto l’abusiva pressione dell’Esecutivo, in un Parlamento rimasto in carica solo per il principio di continuità dello Stato dopo che una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato «rotto» il rapporto che lega il corpo elettorale e i suoi rappresentanti. Il potere che ha disposto e ottenuto tutto questo non va cercato nella esangue politica italiana, nello sfilacciato partito di maggioranza, nelle incresciose figure dei presidenti della Repubblica che a tutto ciò si sono prestati. No: il mandante è il mercato finanziario globale.

Mario Pezzella, storico, docente e critico cinematografico: perché voto No

di Mario Pezzella 
Spero che decidano per il no al referendum anche coloro che di solito non votano: o perché considerano truccato il gioco delle istituzioni o perché ritengono la politica un puro spettacolo irrilevante o perché temono di trovarsi in cattiva compagnia. Condivido in buona parte la loro diffidenza: tuttavia penso che stavolta si debba votare, sia pure con motivazioni diverse da chi intende puramente e semplicemente difendere la Costituzione vigente.

Lanfranco Binni, intellettuale e scrittore: perché voto No

di Lanfranco Binni
Maledetto referendum: «Forse c’è anche da riflettere se fu giusto prevedere nell’apposita mozione parlamentare, con l’accordo del governo Letta/Quagliariello, la facoltà di sottoporre comunque a referendum il testo di riforma che fosse stato approvato» (G. Napolitano, intervista a «la Repubblica», 10.09.2016). Ma certo, non bastava il voto di fiducia con cui la maggioranza di governo aveva «portato a casa» la madre di tutte le riforme? E poi, lo stesso istituto del referendum, così obsoleto e improprio quando sono in gioco decisioni importanti per le sorti della Nazione, che i comuni cittadini non possono capire, non è forse da riformare, limitandone il ricorso, come opportunamente prevede la «riforma» costituzionale?

Gian Paolo Calchi Novati, storico: perché voto No

di Gian Paolo Calchi Novati
Piuttosto che esaltare la “bellezza” della Costituzione italiana del 1948 sarebbe ed è più pertinente – soprattutto se si argomenta sulle sue modifiche – mettere in evidenza la sua coerenza. Anche la consueta distinzione fra prima e seconda parte, dicendo o sottintendendo, non si sa con quali certezze e con quanta proprietà, che i principi fondamentali e i diritti e doveri dei cittadini compresi nella prima parte sono comunque intoccabili, non rende giustizia a un testo in cui i singoli passaggi sono intrinsecamente ed estesamente collegati fra di loro fino a formare un corpus organico e omogeneo.

Luca Baiada, magistrato: perché voto No

di Luca Baiada 
Il sì ce lo chiede l’Europa? Forse, ma certo l’America. L’ambasciatore Usa a Roma prevede riduzioni degli investimenti, se non passa la riforma costituzionale, come alle elezioni del 1948 bisognava votare Dc altrimenti non arrivavano i dollari. Subito dopo l’ambasciatore, la cancelliera tedesca dichiara il suo appoggio al governo di Roma. Ma di votare no, l’avevo deciso prima, e non per le promesse da toccasana della propaganda, e neppure per i toni da cinegiornale d’epoca con cui si nasconde la crisi economica.

Francesco Biagi, docente universitario e scrittore: perché voto No

di Francesco Biagi 
Il susseguirsi delle vicende politiche italiane perpetua la realizzazione di un ciclo sempre uguale, dove alla “tragedia” segue la “farsa”. L’orizzonte politico descritto nel Gattopardo da Giuseppe Tomasi di Lampedusa pare non essere molto mutato, in Italia infatti i cambiamenti, le rivoluzioni, rimangono quasi sempre delle «rivoluzioni-restaurazioni» o «rivoluzioni passive» direbbe Gramsci riprendendo Vincenzo Cuoco. Brandelli di sapere critico e insorgente vengono compresi fra le tecnologie di dominio, dopo aver subìto una distorsione del loro significato originario, per venire ripartiti nella legittimazione di altri contesti opposti.

Rino Genovese, giornalista: perché voto No

di Rino Genovese
Senza dubbio il nodo del referendum costituzionale è aggrovigliato. Ciò tuttavia non significa che la posta in gioco non sia chiara. Si tratta, per dirla semplicemente, di consentire o no la trasformazione della nostra repubblica parlamentare in qualcosa di diverso: in una specie di repubblica indirettamente presidenziale, con un premierato forte anziché con un capo dello Stato eletto per via diretta.

Mario Monforte, intellettuale: perché voto No

di Mario Monforte 
Andando al referendum sulla modifica renziana della Costituzione, per ben comprenderlo è utile ricordare, in questo “paese di smemorandia”, che non ne è questa la prima modifica formale (mettendo da parte quelle attuate in pratica). La prima fu quella del Titolo V, con risicati voti parlamentari del centrosinistra, fatta passare nel referendum del 7 ottobre 2001 come «autonomie delle Regioni» – fu presto chiaro che erano carrozzoni mangia-fondi e piazza-politici: una “deforma” da riformare, il che resta tuttora in sospeso (le effettive autonomie sono “problematiche” per il potere statuale centrale).

Angelo Tonellato, scrittore: perché voto No

di Angelo Tonellato
Al referendum sulla riforma costituzionale voterò no. Voterò no innanzitutto per una pregiudiziale etico-politica. Il parlamento in carica è stato a suo tempo eletto con una normativa colpita in punti nevralgici da una declaratoria di illegittimità pronunciata dalla Corte costituzionale. Esso non aveva e non ha, e mai potrà avere finché rimarrà attivo, titolo politico per poter decentemente mettere mano a una revisione della Carta.

Valeria Turra, docente e scrittrice: perché voto No

di Valeria Turra 
Voterò no al referendum costituzionale perché ritengo che la riforma comprima gravemente la rappresentanza dei cittadini. La mia convinzione nasce dal confronto fra il testo della Costituzione vigente e quello della riforma, come vorrei qui brevemente dimostrare. L’art. 67 recita nel testo vigente: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»; nel testo modificato: «I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato»; nella modifica viene cioè a cadere quale sia il soggetto rappresentato dal Parlamento, cioè la Nazione.

Pier Paolo Poggio, storico e scrittore: perché voto No

di Pier Paolo Poggio
Non so se andrò a votare al referendum costituzionale, se lo farò voterò no, per alcuni motivi anche estranei ai contenuti sottoposti al vaglio dei cittadini elettori. Il primo motivo è di natura estetica, ma non per questo futile: trovo intollerabile che si ammassino in un referendum onnicompresivo elementi eterogenei, secondo lo stile invalso nelle cosiddette leggi di stabilità, in cui si può trovare di tutto e il suo contrario.

Massimo Jasonni, avvocato e docente universitario: perché voto No

di Massimo Jasonni 
La nostra Costituzione repubblicana non è né “da amare”, né da cestinare, o “rottamare”, come qua e là si pretende sull’onda lunga dell’enfasi mediatica, ma rappresenta più semplicemente una normativa da comprendere nella sua essenza e da analizzare alla luce del retroscena etico-politico che la sorresse. Resta aperto, come sempre al cospetto di un testo di legge, tanto più se con settant’anni di vita sulle spalle, ogni possibile rilievo critico e ogni possibile progetto di riforma.

Paolo Bagnoli, docente e storico: perché voto No

di Paolo Bagnoli
Il referendum sulla riforma della Costituzione segna il punto di arrivo della lunga, tormentata, irrisolta lunga crisi che travaglia il paese dall’inizio degli anni novanta. Il renzismo – un fenomeno politico di cui dobbiamo ringraziare il Partito democratico –, al di là dei proclami, è l’epifenomeno della crisi della democrazia italiana e non la sua possibile soluzione, visto anche che è geneticamente impossibilitato a essere un soggetto politico compiuto.

Giancarlo Scarpari, scrittore: perché voto No

di Giancarlo Scarpari
Quando Berlusconi scese in campo nel ’94, costruì in due mesi un partito e sbaragliò gli avversari alle elezioni, un vento nuovo investì, inquietante, anche l’assetto istituzionale del paese; e l’ideologo della Lega Nord, Gianfranco Miglio, lo tradusse in linguaggio comprensibile a tutti: «è sbagliato dire che una costituzione deve essere voluta da tutto il popolo; una costituzione è un patto che i vincitori impongono ai vinti. […] Basta la metà più uno dei voti del Parlamento; poi si tratta di mantenere l’ordine nelle piazze». L’intervista fece scalpore per la brutalità dei toni usati, ma pochi avvertirono che quelle parole innanzitutto sconfessavano i principi del moderno costituzionalismo, su cui era stata costruita la nuova Carta repubblicana.

Sette motivi (più uno) per cui siamo tutti Abd Elsalam

di Clash City Workers 
Il 15 settembre, durante una manifestazione al magazzino della GLS di Piacenza, è morto Abd Elsalam, lavoratore della logistica. Lottava perché l’azienda mantenesse le promesse, lottava per la stabilizzazione dei suoi colleghi precari, lui lavoratore egiziano a tempo indeterminato. Ha resistito, ha voluto bloccare un camion che invece – istigato dal caporale di turno – non si è fermato, travolgendolo. Un eroe? Forse sì; ma noi crediamo che quasi tutti siamo Abd Elsalam, anche tu.

L'inganno del Def: cambiano i numeri, restano le poltiche, si aggiungono tagli

di Roberto Romano 
Il Governo Renzi assomiglia molto all’ubriaco che cerca le chiavi sotto la luce del lampione. Con il gioco delle tre carte riesce a spacciare il DEF aggiornato come espansivo, con il suo corollario di richiesta al Parlamento di una maggiore flessibilità del deficit (0,4% punti di PIL). L’informazione fa miracoli, ma è appena il caso di sottolineare che il deficit continua a diminuire, così come l’avanzo primario a crescere. Più precisamente il governo riduce la spesa pubblica e quindi la domanda aggregata nella misura in cui spende di meno di quanto incassa. 

Dal tramonto all’alba

di Sergio Cararo
“Siamo sull’orlo di un evento che segnerebbe la fine dell’Occidente (sotto la guida americana)”. Ad affermarlo non è un militante antimperialista né un protocampista. E’ Martin Wolf, uno dei maggiori editorialisti del Financial Times in un articolo uscito mercoledi. Wolf accredita lo status di evento scatenante alla possibile vittoria di Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi. “L’imprevedibilità è il marchio di fabbrica di Trump e del suo approccio transnazionale… sarebbe un cambiamento di regime per il mondo intero… la sua presidenza non renderebbe grande l’America, al contrario, potrebbe mandare in pezzi il pianeta”, scrive Wolf.

Scippo al Passante

di Anna Lombroso 
Quasi 40 milioni a chilometro è costato il Passante di Mestre, Grande Opera necessaria, si disse, per alleggerire il traffico sull’autostrada A4, quella che collega Torino a Trieste. Talmente necessaria che malgrado i costi iniziali di costruzione siano lievitati di più del 60%, malgrado sia fortemente passiva – i pedaggi, anche a fronte dei provvidenziali rincari imposti dalla Cav, Concessioni Autostradali Venete, l’azienda di gestione al 100 per cento pubblica, che non bastano a ripagare l’unica socia, insieme alla Regione Veneto della Cav, l’Anas, delle spese di realizzazione, malgrado le società costruttrici siano coinvolte nel “Mafia Serenissima”.

Clima: che aspetta l’Italia a ratificare l’Accordo di Parigi?

di Luca Martinelli

È “doveroso che l’Italia si affretti a ratificare l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico”. L’appello al governo è della Coalizione clima, che preme affinché entro dieci giorni anche il nostro Paese aggiunga il proprio nome alla lista di quelli europei che hanno fatto proprio l’impegno assunto nel dicembre scorso nel corso della COP21, che impegna i membri delle Nazioni Unite a ridurre le emissioni per mantenere entro un grado e mezzo l’aumento medio delle temperature mondiali.

Oltre Monsanto. Lo scenario è da incubo

di Silvia Ribeiro
Anche se la notizia circolava dallo scorso anno, la conferma del 14 settembre sul fatto che Monsanto accettava infine di essere acquisita dalla Bayer ha provocato allarme. Sono due delle più antiche aziende che producono veleno, con una lunga storia di crimini contro la salute, l’ambiente, i diritti umani. Questo il profilo delle imprese, ma il retroscena è più complesso. Monsanto è probabilmente la transnazionale con più denunce a livello planetario.

Deutsche Bank, un’autobomba nel cuore dell’Unione Europea

di Claudio Conti 
Il cielo è nero sopra Berlino. Abituati a dare lezioni a tutti in materia di finanza e debito, l'establishment tedesco si trova ora in una posizione molto scabrosa. La banca principale della Germania – non a caso chiamata Deutsche Bank (DB) – sta crollando in borsa per la terza volta in pochi mesi. Drammatica, ieri sera, la scivolata sulla piazza di Wall Street, dove ha lasciato il 6,7% in poche ore. La causa occasionale di questo tracollo, che anche oggi sta trascinando al ribasso tutte le borse mondiali, è stata fornita dalla notizia – diiffusa da Bloomberg, agenzia molto attendibile – che una decina di hedge fund hanno deciso di abbandonare la “posizioni” su Deutsche e investire altrove.

«Secondo welfare», i rischi della contrattazione

di Alberto Mattei
Premi di risultato, da contrattare a livello decentrato; welfare aziendale, da negoziare anch’esso a livello aziendale o territoriale; coinvolgimento dei lavoratori, da svolgersi in maniera paritetica e riguardante l’organizzazione del lavoro. Il tutto condito da misure fiscali di sostegno stabilite per legge. Sono questi i tre assi su cui ruotano le misure fiscali di favore per aziende e lavoratori disciplinate all’interno dell’ultima Legge di stabilità, approvata a fine dicembre 2015, e valide per il 2016.

Offrire solidarietà per un’umanità senza confini

di Adam Parsons
In seguito al primissimo Summit dell’ONU per i rifugiati e gli immigrati, della settimana scorsa, molte organizzazioni della società civile e cittadini preoccupati, stanno facendo il bilancio delle risposta collettiva del nostro governo a questa crisi globale senza precedenti. Ci sono voluti due anni per preparare il Summit che ha dato una rara opportunità ai leader mondiali di incrementare il loro impegno in aiuto dei rifugiati e anche di mettere a punto un progetto per un piano di azione internazionale più efficace.

La “giornata particolare” del Renzculpop

di Il Simplicissimus
Hitler è venuto a Roma. Anzi no, ma l’atmosfera dell’indimenticabile film di Scola c’era tutta: la tracotanza cialtrona del fascismo, il giubilo fasullo dei media unificati e controllati dal Minculpop, i gagliardetti al vento, l’aria smargiassa e i drammi silenziosi di tutti. No, Hitler non è venuto a Roma, ma i sindacati hanno firmato – a scatola chiusa perché molti punti sono lasciati a un’ipotetica clemenza del governo – l’ennesima rapina a mano armata sulle pensioni, si sono arresi alla truffa dell’anticipo pensionistico, il cosiddetto Ape.

50 anni di Pink Floyd, è tempo di celebrazioni

di Michele Monina
Se ne parla da almeno tre anni. E finalmente sta per arrivare. C’è una data, e visto che abbiamo a che fare con gli inglesi, possiamo star certi che a data seguirà in effetti evento. Ma non bastasse la data, ci sono tutte una serie di operazioni di corollario, per cui i residui dubbi possono serenamente dirsi fugati. Stiamo parlando della tanto attesa, e più volte ventilata, The Pink Floyd Exhibition, che prenderà il via il 13 maggio del 2017nella capitale inglese, e stiamo parlando delle celebrazioni di quella che viene considerata, a ragione, una delle più importanti rock band di sempre del mondo.

Le pecorelle smarrite della sinistra italiana e l'ovile liberista

di Francesco Erspamer 
Non ho mai votato M5S ma lo farò: è un minimo atto di riparazione per aver contribuito involontariamente all’affermazione del regime renziano votando in passato per il Pd. Altri preferiscono far finta di opporsi al renzismo limitandosi a criticarlo e criticando al tempo stesso (e quasi sempre con maggior passione) i grillini e qualsiasi opposizione. E bevendosi con entusiasmo le menzogne della Repubblica: che ieri ha falsamente annunciato le dimissioni del ragioniere generale del Comune di Roma.

La Brexit delle banche inglesi è iniziata nel 2012

di Maurizio Sgroi 
Quel che bisognerebbe osservare, nel futuro dei negoziati che opporranno l’Ue alla UK per decidere il futuro della Brexit, è la fisionomia che andrà ad assumere la regolamentazione delle banche britanniche. Queste ultime, come ricorda la Bis nel suo ultimo quaterly review, sono “un centro nevralgico dell’attività bancaria internazionale”. E non tanto (o non solo) per la quantità di risorse che passano dal Londra, ma perché “Il Regno Unito svolge un ruolo particolarmente importante come centro di redistribuzione dei capitali denominati in euro”.

L’agonia di Aleppo e la risposta militare delle super potenze

di Chiara Cruciati 
Un terremoto: così i residenti di Aleppo descrivono l’agonia della città, bombe e missili scuotono letteralmente la terra sotto i piedi. Ora si combatte in città vecchia, simbolo di bellezza e abbondanza evaporate nei fumi della guerra civile: ad Aleppo non si trova più neppure il pane. Non si trovano acqua, medici e medicine, i gesti della vita quotidiana. I bambini conoscono solo la lotta giornaliera per la sopravvivenza. Con la fastosità di Aleppo è evaporata anche l’infanzia. Rami Adham prova da qualche anno a metterci una pezza: siriano finlandese, è noto come il «contrabbandiere di giocattoli»: palloni da calcio, barbie, peluche, 70 kg di giochi alla volta che nelle sue 28 visite in Siria ha portato con sé.

Russia: dai “democratici” degli anni ’90 ai liberali

di Fabrizio Poggi 
Sono passati più di dieci giorni dalle elezioni per la Duma, che hanno visto il partito presidenziale “Russia Unita” assicurarsi 343 deputati su 450 e, nei dibattiti televisivi serali, mentre gli esponenti dei partiti sconfitti accusano i rappresentanti di quello vincitore, di condurre una politica governativa filooccidentale, i secondi, senza sentirsi minimamente offesi, sottilizzano trattarsi invece di una politica liberale. Gli unici a sentirsi lesi sono i liberali dichiarati, che non hanno raccolto nemmeno il minimo di voti per mandare un rappresentante alla Duma.