La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 10 dicembre 2016

Sinistra, Costituzione, comune: ricominciamo dal NO(i)

di Giorgio Airaudo, Fabio Alberti, Maria Luisa Boccia, Adriano Labbucci, Stefano Fassina, Giulio Marcon e Sandro Medici
È un sollievo sentirsi ancora felicemente protetti e difesi dalla Costituzione. Con la soddisfazione dei giusti, ci sentiamo protagonisti della vittoria referendaria di domenica scorsa e guardiamo con maggiore fiducia al nostro futuro. Ci siamo schierati per il No non solo per salvaguardare la Costituzione, ma soprattutto per valorizzare la sua preziosa cultura giuridica, riproporre la sua sensibilità sociale, impegnarci ad attuarla compiutamente. Non un riflesso di retroguardia, dunque, ma uno slancio, una tensione che siamo sicuri aiuteranno il paese a diventare migliore.

Dobbiamo puntare sul proporzionale

di Alfonso Gianni
Leggo che Libertà e Giustizia propone che il prossimo parlamento blindi la Costituzione con la modifica dell'articolo 138 secondo una proposta avanzata e sostenuta nel 1995 da Franco Bassanini, Leopoldo Elia, Giorgio Napolitano, Sergio Mattarella, Sandra Bonsanti, e molti altri che elevava a 2/3 dei componenti la maggioranza necessaria per l'approvazione di modifiche costituzionali. Se l'intento appare positivo, la messa in sicurezza della Costituzione, solleva anche diversi dubbi.

Macché populismo, macché comunità: nelle città oggi si muove tutta un’altra lotta di classe

di Giso Amendola
1. Nella politica moderna, almeno nel suo filone maggioritario, quello nato attorno all’esperienza dello stato sovrano, rappresentanza, sovranità e popolo stanno insieme e muoiono insieme. Le regole del gioco le detta Thomas Hobbes in modo estremamente cogente e preciso: il popolo è costituito come unità politica solo attraverso la sovranità. Ricordare questo nodo indissolubile che stringe, nella modernità, popolo, sovranità e rappresentanza, può aiutare a districarci in qualche apparente paradosso che abita la nozione di populismo.

Mps nazionalizzata. La crisi del liberismo a un punto di svolta

di Giorgio Cremaschi
Il fatto che, senza alcuno scandalo dei benpensanti dell'economia e della politica, sia considerata ed accettata come quasi inevitabile la nazionalizzazione di MPS, la dice lunga sulla crisi delle politiche liberiste dopo dieci anni di crisi generale. Solo fino a poco tempo fa la parola stessa nazionalizzazione era tabù, guai a pronunciarla. Si era tacciati di nostalgia del comunismo o della democrazia cristiana, di apologia della corruzione. Il pubblico era il male, il privato era il bene ci spiegavano tutti i commentatori di palazzo, così vuole l'Europa aggiungevano. Oggi è proprio la Banca Centrale Europea a dire, nei fatti, al governo italiano: basta inseguire il mercato, nazionalizzate la banca.

Ciclo neoliberale ed emersione dei populismi

di Mattia Gambilonghi
La vittoria di Donald Trump negli USA rappresenta l’ennesima puntata del processo di uscita a destra dalla crisi avviatasi nel 2008. Diventa sempre più chiaro che, in assenza di un accumulo di forze progressiste e di sinistra sufficientemente forte e consistente da permettere di invertire il senso di marcia e di agire sulla logica che presiede ai processi decisionali e ai meccanismi di distribuzione del reddito e della ricchezza prodotta, il malessere sociale sia inevitabilmente destinato ad incanalarsi a destra e nella direzione di risposte improntate ad un comunitarismo regressivo.

Alla ricerca del NOI

di Piero Maestri
La sinistra – che si voglia o autorappresenti come radicale o meno – ha un riflesso pavloviano che la contraddistingue. Ogni volta che si presenta un fatto importante sul piano sociale, prima ancora che politico, in esso trova la dimostrazione delle sue tesi (precedenti) e la “necessità di ripartire” dal soggetto che identifica come protagonista di quell'evento. La vittoria del NO nel referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre non sfugge a questa parabola. E così sono già cominciate (in realtà erano già annunciate in precedenza...) le varie e differenti manovre di “ricomposizione” della sinistra per rispondere al soggetto che avrebbe rappresentato il NO di sinistra in quel referendum.

Dopo il referendum: fare spazio al comune

di DINAMOpress
Il 4 dicembre è avvenuto un fatto straordinario. A quasi dieci anni dalle insorgenze studentesche e in difesa dei beni comuni, l’insopportabile retorica del neoliberismo italico è andata nuovamente in pezzi; assieme alla presunta invincibilità di Matteo Renzi. D'altronde, quando ti siedi al tavolo da gioco, cominci a puntare e vincere, rischi sempre di fare la fine di Aleksej Ivànovic. Come il protagonista del Giocatore di Dostojevskij, Matteo Renzi aveva incassato alcune – poi non così tante – vittorie, prima fra tutte l’affermazione di uno stile, di un discorso arrogante, tra programmazione neuro-linguistica e sfottò. Il nuovo contro il vecchio, il «rottamatore», pur se dalla parte delle imprese e del mercato.

La "Grande coalizione” distrugge l'Europa. Intervista a Eleonora Forenza

Intervista a Eleonora Forenza di Argiris Panagopoulos 
Abbiamo vinto il referendum e abbiamo come obiettivo di rovesciare l'austerità e il neoliberismo con una grande forza popolare, insieme con il gruppo GUE / NGL e gli altri partiti della Sinistra Europea, ha detto ad "Avgi" Eleonora Forenza, la eurodeputata de “L'altra Europa con Tsipras”, dirigente di Rifondazione Comunista e ricercatrice.  La "femminista, comunista e Sud-europea", come si auto-definisce Forenza, con una decisione unanime del gruppo parlamentare GUE / NGL, è la candidata della Sinistra per la presidenza del Parlamento europeo.

La sberla «normalizzante» del No

di Marco Bertorello 
I rischi paventati per la vittoria del No al referendum non si sono concretizzati. Il primo impatto della sberla ricevuta dal governo italiano appare per certi versi normalizzante: spread in contrazione, Borsa in ripresa, titoli bancari in recupero. Insomma, non solo non sono arrivate le cavallette, ma i primi dati che provengono dai mercati finanziari sono tranquillizzanti e rendono sempre meno credibili le campagne intimidatorie delle élite durante le votazioni. Ora occorre però non commettere l’errore opposto e sottovalutare i problemi.

Lo spettro del populismo

di Paolo Gerbaudo
Uno spettro agita l’establishment neoliberista e la sinistra post-moderna, unite in questa congiuntura dalla medesima paura: il populismo. Dopo la vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali statunitensi, l’ultima manifestazione di una “ondata populista” che si riaffaccia ad ogni appuntamento elettorale, dalla Brexit del giugno scorso fino al successo del No nel referendum costituzionale del 4 dicembre in Italia, la questione del populismo disturba i sonni dei broker dell’alta finanza come quelli di alcuni teorici della sinistra radicale.

Tutto cambia, perfino la sinistra

di Bia Sarasini
È proprio ristretta, la scena mediatica. Poco più del cono di luce di un faro su un palcoscenico. Per il resto tutto è in ombra. Dunque poco importa che abbia vinto il no, il 4 dicembre. Al centro della scena c'è sempre Matteo Renzi, il perdente, eppure ancora l'eroe di un copione che interpreta alla perfezione, compresi drammi, sbandamenti e coup de theatre. Del resto la trama è attraente. Come si perde il potere? Chi se lo prende? E, se ci si riesce, come lo si conserva?

Adesso diciamo Sì all’attuazione della Costituzione

di Felice Besostri
La stampa e i media generalisti, partecipi del disegno di deforma costituzionale, non sono pentiti e sono in campo per attribuire la vittoria alla Lega Nord e Fratelli d’Italia e, in subordine al M5S e tanto per semplificare a Salvini, Meloni e Grillo. Del Pd e di Renzi si ammette la sconfitta, ma si li si racconta come detentori dell’unico pacchetto di voti politicamente omogeneo, un consistente 40%. La questione della costituzionalità della legge elettorale è ora la questione centrale e prioritaria. Proprio l’esperienza del Porcellum insegna che l’incostituzionalità va dichiarata prima che la legge elettorale sia applicata.

Crisi di governo, e se la sinistra si saldasse con il Movimento 5 Stelle?

di Francescomaria Tedesco 
Beati i ricostruttori di partiti, perché di essi è il regno della carta stampata. Pullulano infatti in questi giorni, sui grandi giornali dell’industria e delle classi dirigenti italiane, candidature o auto-candidature per “ricostruire” questo e quello, ma soprattutto il Pd, travolto dall’esito referendario del 4 dicembre scorso. Come se fosse patrimonio Unesco dell’umanità, il partito colonizzato da Matteo Renzi viene definito ancora come l’unica ancora di salvezza per il centrosinistra, extra Ecclesiam nulla salus.

Ma gli operai votano?

di Roberto Salerno 
La vittoria del “NO” al referendum ha avuto una lettura prevalente: è il successo di Grillo e Salvini e segna il definitivo trionfo del populismo in Italia. Così come in Gran Bretagna il Leave e negli USA Trump hanno certificato un immaginario trionfo del populismo, agevolato dal voto operaio, in Italia una maggioranza, identificata qui come il “ceto medio impoverito” di concerto con una classe operaia incanaglita e incapace di comprendere lo spirito, precario, del tempo, avrebbe trascinato il Paese in una spirale che avrà come sbocco un governo Grillo (magari con Salvini, anche se non si capisce come).

Chi ha perso la guerra dei dati sul Jobs Act


di Roberto Ciccarelli
Hanno perso precari, disoccupati, lavoratori poveri. Nulla è stato fatto per cambiare la loro vita. Renzi si è giocato la carriera sui dati del Jobs Act. Ha cercato di manipolarli, ma nessuno gli ha creduto al referendum del 4 dicembre. Gli sopravvive l’idea che si possa lucrare politicamente sull’occupazione considerata sinonimo della mobilità tra un contratto e l’altro. Oggi non conta avere un «lavoro», ma risultare «occupabile» all’occhio governamentale delle statistiche. Questo è il racconto di due anni di info-guerriglia sul Jobs Act.

I tentativi grotteschi per uscire dalla crisi

di Alessandro Gilioli
Non so se sono l'unico a trovare un po' grottesche le più gettonate possibilità di uscita dalla crisi, quelle che circolano in questi giorni. Tipo un governo Padoan, Gentiloni, Franceschini, Calenda etc. Grottesche perché basse e dannose, con tutto il rispetto per i signori di cui sopra. Basse: si tratta di ministri uscenti, perfettamente coerenti con il governo Renzi, semplicemente di seconda fila rispetto al premier uscente; e allora non si capisce bene che cosa potrebbero dare in più e di diverso, sarebbero solo gestione degli affari correnti, cioè quella cosa che la Costituzione affida già al presidente del consiglio dimissionario.

Un “no” contro la post-democrazia

di Giacomo Bracci
In questi giorni è abbastanza comune sentire che la vittoria del “no” al referendum costituzionale sia stata il frutto di una resistenza tutta italiana a qualsiasi tipo di cambiamento. Si tratta di una lettura ingenua dell’esito del voto, che lo relega ad una dimensione nazionale e contingente, mentre a mio avviso è stato l’ennesima manifestazione di una fase storica che dura da qualche decennio. Tutto ha inizio con l’avvento di quella che Robert Dahl ha definito la “crisi della democrazia rappresentativa”, e che potremmo sintetizzare in questo modo.

In risposta a Michele Serra: ecco perché sbaglia nel biasimare la sinistra del no

di Loris Campetti
Caro Michele Serra, ho letto con attenzione e interesse – come sono abituato a fare con i tuoi scritti – l’articolo pubblicato come editoriale sulla prima di Repubblica di venerdì titolato “Quella sinistra del no, no, no” che mi ha rimandato a una vecchia e anche un po’ scema canzone che impazzava quando eravamo piccoli: “È una bambolina / che fa no, no, no, no, no”. Nell’ultima strofa del testo quella bambolina cantata da Michel Polnareff finiva, neanche a dirlo, per dire Sì. Purtroppo, dopo aver letto il tuo editoriale non sono arrivato alla stessa conclusione della bambolina.

Un democristiano per tutte le stagioni

di Aldo Garzia 
Paolo Gentiloni Silveri, 62 anni, romano, laureato in Scienze politiche, sposato con Emanuela Mauro, ascendenze in una nobile famiglia delle Marche che ha al suo attivo il famoso «Patto Gentiloni» del 1913 (l’accordo voluto da Giovanni Giolitti tra cattolici e liberali), ministro degli Esteri, deve aver apprezzato l’appello a favore del Sì nel referendum costituzionale firmato da un gruppo di ex militanti del ’68. Molti di coloro che lo hanno promosso facevano parte del Movimento lavoratori per il socialismo (Mls, ex Movimento studentesco) guidato da Mario Capanna, Salvatore Toscano e Luca Cafiero che aveva a Milano il proprio punto di forza.

Fiom, cresce il dissenso al contratto voluto da Landini

di Giulio AF Buratti
Erano tanti anni che non si teneva una assemblea che coinvolgeva i delegati e le delegate dell’opposizione in questa categoria della CGIL. Erano presenti almeno settanta lavoratrici e lavoratori di RSU di fabbriche importanti, dove i settori critici e di opposizione in FIOM hanno sempre avuto ampio consenso e radicamento, Gkn, Same, Piaggio, Fincantieri, Motovario, Marcegaglia, Continental, Thyssenkrupp, Perini. Presenze da Trieste, Parma e Pisa. Hanno partecipato e portato il loro contributo anche delegati del settore pubblico e della sanità, oltre che i Clash City Workers. Si riparte dal contratto nazionale (leggi qui perché non piace quell’accordo) e dall’impegno condiviso di portare avanti la campagna per il NO nella consultazione del 19.20.21 dicembre come base per una prospettiva più lunga.

Banche, la via obbligata dell’intervento pubblico

di Vincenzo Comito
È di ieri la notizia che le autorità di Francoforte hanno respinto la richiesta di una proroga nei tempi di scadenza, concordati per la fine di dicembre, per la messa in sicurezza del Monte dei Paschi di Siena, i cui ultimi dati economici e finanziari appaiono in questi mesi in rilevante peggioramento. Il caso della banca toscana è per molti versi, dall’inizio alla fine, uno specchio fedele di alcuni dei mali del nostro paese.

Legge d’emergenza economica e sociale in Argentina. Intervista a Neka Jara

Intervista a Neka Jara di Susana, dell'Ass. Ya Basta! Marche
In Argentina, dopo la vittoria di Mauricio Macrì alle presidenziali del dicembre 2015, c’è stata un’importante ripresa della conflittualità sociale. I primi mesi della “svolta liberista”, promessa ed attuata dall’ex Presidente del Boca Juniors, si sono rivelati un disastro dal punto di vista economico e sociale: disoccupazione in forte crescita, aumento del 6% del numero dei “poveri”, tagli al Welfare e prezzi di luce, acqua, gas e trasporti pubblici alle stelle.

L’irruzione del ‘femminile’

di Lea Melandri
Il pericolo che molti vedono incombere sulla democrazia nel nostro Paese raramente viene associato alla crisi, più generale e più datata della politica: la modificazione lenta ma inarrestabile dei confini che per secoli hanno circoscritto e confuso lo spazio pubblico con il suo governo, le sue istituzioni, le sue leggi, i suoi linguaggi, e, prima ancora, con il dominio di un sesso solo. 

La strage e l’uomo che sapeva troppo

di Saverio Ferrari 
Con la vicenda della morte di Armando Calzolari si apriva, 46 anni fa, il libro «La strage di Stato», la controinchiesta sulla bomba di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e la «strategia della tensione». Non molta attenzione ebbero i successivi sviluppi giudiziari, che pur attestarono come Calzolari fosse stato assassinato per ragioni che rimandavano alla strage.

A pensionati e accoglienza i regali di Natale di Tsipras

di Teodoro Andreadis Synghellakis e Fabio Veronica Forcella
Alexis Tsipras ha deciso di rafforzare la politica sociale del governo. Il leader di Syriza ha annunciato, infatti, che 617 milioni di euro verranno redistribuiti a 1 milione e 600 mila pensionati che ricevono meno di 800 euro al mese. Si tratta di un sostegno che in realtà gli permetterà di avere nuovamente la tredicesima, tagliata per volere della Trojka. Una misura resa possibile grazie al buon andamento dell’avanzo primario: era stato fissato a 0,5% del Pil, mentre si attesterà all’1,09% a fine anno. Risorse che saranno distribuite in modo equo: più il reddito dei pensionati è basso, maggiore sarà l’aumento di cui avranno diritto.

Draghi: una stretta monetaria per soffocare il populismo

di Raro
Il significato profondamente politico dell’ultima riunione del Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea può essere compreso appieno solo se si inquadra questo evento, apparentemente tecnico, nel più ampio affresco della crisi europea. Draghi ha annunciato che l’autorità monetaria proseguirà il programma gli acquisto di titoli pubblici, come tutti si aspettavano, oltre la scadenza inizialmente prevista per il marzo prossimo, ma ha aggiunto un elemento di novità in cui pochi credevano: il flusso di liquidità con cui la banca centrale sta tenendo a bada gli spread inizierà a ridimensionarsi, già a partire da aprile.

Legge elettorale, basta con i déjà vu

di Gianfranco Pasquino 
Una buona legge elettorale deve soddisfare due requisiti essenziali: dare potere agli elettori, dare rappresentanza ai cittadini. L’Italicum che, con le candidature multiple, i capilista bloccati, l’eccessivo premio di maggioranza, il divieto di coalizioni pre-elettorali e di apparentamenti per il ballottaggio, è un Porcellinum, ovvero un Porcellum al ribasso, non soddisfa né l’uno né l’altro dei due requisiti. Non so che cosa deciderà la Corte Costituzionale, ma spero vivamente che i due Professori Giudici, Giuliano Amato e Augusto Barbera, che mi affidarono il capitolo sui “Sistemi elettorali” per il loro long e bestseller Manuale di Diritto Pubblico, gli diano un’utile occhiatina.

Beni comuni e usi civici: un rapporto da consolidare

di Fabio Parascandolo
In quanto commons, i beni comuni naturali costituiscono la ricchezza ecologica su cui le popolazioni rurali, specialmente nel Sud del mondo, sanno – o meglio sperano – di poter contare per la soddisfazione dei loro bisogni di baseii. Ma in quanto entità relazionali, i beni comuni possono essere anche definiti come reti civiche, e come «un repertorio di pratiche di cittadinanza attiva» (Cacciari, Carestiato, Passeri 2012: 10). Si può dire quindi che «i beni comuni, prima di essere cose e servizi, sono ciò che una comunità, un gruppo sociale, una popolazione, indica come essenziale, indispensabile e insostituibile per la dignità del proprio vivere» (ibidem).

La crisi degli scambi globali

di I Diavoli
Pochi dubitano che la reazione contro la globalizzazione sia entrata nella sua fase più acuta, manifestandosi direttamente nelle urne, dove ormai si confrontano due diverse visioni del mondo. Ai nuovi nazionalisti, che abitano nelle zone laterali della società, si oppongono i teorici della cosiddetta globalizzazione 2.0, ossia di una globalizzazione riveduta e corretta al meglio, che abitano negli organismi internazionali e in un certo ceto intellettuale che vive al centro della società.

Serve una mobilitazione generale contro l'austerità. Intervista a Gustavo Piga

Intervista a Gustavo Piga di Fabrizio Patti
Mobilitazione generale. Pacifica, senza violenze, ma compatta e continuata, per tutto il 2017: è l’unico modo per evitare che alla fine dell’anno che verrà il fiscal compact rientri nei trattati europei, finendo di essere un accordo intergovernativo revocabile. È quello che immagina Gustavo Piga, professore ordinario di Economia politica presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, da anni impegnato in una battaglia contro l’austerità. Nel 2014 fu tra gli organizzatori di una raccolta di firme per un referendum che abrogasse l’adozione del fiscal compact.

La commedia del Pd

di Luigi Pizzolo
“Chi spout ‘n cil, ‘mbaccj l’ov”. Chi sputa in cielo, se la ritrova in faccia (la saliva). E’ un vecchio e saggio modo di dire che qui dalle mie parti – Cerignola, Puglia, Italia – ripetiamo per ammonire che è sciocco, oltre che poco igienico, sfidare le più elementari regole della fisica e del buon senso. Si rischia di pagarne le conseguenze. Anche in politica esistono alcune regole elementari che bisognerebbe tenere a mente. Una di queste insegna che dopo una estenuante battaglia che ha diviso pesantemente il più grande (pare) partito d’Italia, saggezza consiglierebbe di deporre un attimo le armi e valutare con la massima serenità possibile quali scenari immaginare per il futuro e, se possibile, condividerli.

Abbiamo fatto risorgere la democrazia

di Domenico Gallo 
Il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segna una svolta nella storia del nostro Paese. Dopo trent’anni di attacco alle regole della democrazia costituzionale da parte dei vertici del ceto politico, a cominciare dal famigerato messaggio che Cossiga inviò alle Camere il 26 giugno del 1991, dopo innumerevoli riforme che hanno sfigurato il modello di democrazia prefigurato dai Costituenti, dopo l’avvento di leggi elettorali che hanno allontanato sempre di più i cittadini dal Palazzo, dopo il fallimento nel 2006 del tentativo del governo Berlusconi di cambiare la forma di Governo e la forma di Stato, dopo una martellante campagna mediatica sviluppata senza risparmio di mezzi, il responso del popolo italiano è stato netto e definitivo: la Costituzione non si tocca.

E a primavera ci riprenderemo i diritti. Intervista a Maurizio Landini

Intervista a Maurizio Landini di Vindice Levis
"Diciamolo con chiarezza: la valanga di No è stata un voto per difendere la Costituzione unitamente a una critica esplicita alle politiche sociali messe in atto dal governo in questi anni”. Maurizio Landini è il popolare segretario generale della Fiom, i metalmeccanici della Cgil, uomo di punta del sindacato nelle battaglie sociali e di questa, ultima, referendaria. Ora gira le fabbriche spiegando ai lavoratori il nuovo contratto delle tute blu, il primo unitario dopo anni. 

Lettera a un Pd mai nato

di Andrea Scanzi
Caro Pd, forse non te ne sei accorto, ma ci sono milioni di italiani che, pur essendo di sinistra o centrosinistra, non ti voterebbero neanche sotto tortura. Con Renzi questa tendenza, già in atto con Veltroni, è definitivamente deflagrata. Hai perso roccaforti storiche, inanellato sconfitte su sconfittee ormai, a parte un Benigni e un Baricco, neanche il variegato “mondo della cultura” ti appoggia più. Il mito del Renzi “vincitore” andrebbe sfatato una volta per tutte: ha stravinto nel 2014 le elezioni che da sempre agli italiani interessano di meno, ovvero le Europee. Da allora ha vinto dove non poteva non vincere, spesso affidandosi ai De Luca per farlo (alla faccia della rottamazione).

Quella di Trump sta diventando una “giunta militare”

di Alessandro Avvisato
Che gli Stati Uniti abbiano un gradimento particolare per le giunte militari, i paesi dell’America Latina lo hanno imparato sulla propria pelle. E ad essere sinceri anche l’Iran, l’Indonesia o la Grecia furono vittime di colpi di stato militari sostenuti dagli Usa. Ma che questo criterio arrivasse fino all’amministrazione presidenziale degli Stati Uniti sta diventando una novità decisamente inquietante. Nella nuova amministrazione di Trump sono stati nominati in posti chiave tre generali in pensione: il segretario alla Difesa (James Mattis), il segretario alla Sicurezza interna (John Kelly) e il consigliere per la sicurezza nazionale (Michael Flynn).

Contro le donne: violenza e pregiudizio

di Giancarlo Galeazzi
Vocazione e responsabilità della filosofia
Nella Giornata Mondiale della Filosofia indetta dall’UNESCO – che a Falconara Marittima si celebra da cinque anni, tenendo anche presente la Giornata internazionale indetta dall’ONU per la eliminazione della violenza sulle donne – torna utile riflettere non solo sulla “vocazione” ma anche sulla “responsabilità” della filosofia, perché, mentre il primo tema (la vocazione) è tra quelli più frequentati, il secondo (la responsabilità) appare piuttosto trascurato, eppure costituisce il banco di prova della stessa vocazione.

Ora tocca alla società. Intervista a Giuseppe Civati

Intervista a Giuseppe Civati di Ilaria Giupponi 
Giuseppe Civati, è leader di Possibile. Ma soprattutto, il parlamentare, fa parte di quella sinistra critica uscita dal Partito democratico proprio a causa dei metodi renziani. Un modo personalistico di gestire politica, partito e Paese che al referendum, non ha pagato. Oggi, era il turno di Possibile nelle consultazioni al Colle.
Civati, cosa vi siete detti con il presidente della Repubblica?
"Ride. Ovviamente non ti posso dire niente. In sintesi, il tema, mi sembra continuità e discontinuità col governo precedente. Mi aspetto che sia un confronto istituzionale, non un congresso tra correnti del Pd.

27 marzo 2014 - 4 dicembre 2016

di Sandra Bonsanti
Fu il titolo ad attirarci i commenti più feroci e gli insulti più cretini e offensivi. L’avevo fatto di corsa, come sempre, ma rispecchiava alla lettera il senso dell’appello: “Verso la svolta autoritaria”. Solo Il Fatto lo pubblicò tutto intero, altri lo citarono soprattutto per irridere. Eravamo diventati tutti professoroni o gufi e poi anche altro. Si distingueva in questa furia l’Unità…Ma intanto arrivava il consenso di molti che chiedevano di sottoscrivere, e ben oltre il gruppo della presidenza di Libertà e Giustizia che lo aveva pensato e scritto con l’aiuto di Nadia Urbinati e Gustavo Zagrebelsky. Alessandro Pace ci chiese di aggiungere una riga sul “Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte Costituzionale n.1 del 2014”.

I dannati dei 55 ghetti pugliesi: la nuda vita al lavoro nei campi

di Roberto Ciccarelli 
Il «ghetto» nelle campagne pugliesi è un sistema concentrazionario di nuovo tipo dove una moltitudine di braccianti di ogni nazionalità arrivano e ripartono in ogni stagione della raccolta dei prodotti della terra. È un dispositivo di governo della forza lavoro gestita, in maniera opaca, ma sotto gli occhi di tutti, dal sistema produttivo e da quello criminale. Si specula sulla quota di affitto per un posto letto, sul trasporto per condurre i braccianti nelle campagne.

Basta governi di Palazzo: dobbiamo tornare al voto

di Tommaso Cerno
Aristotele chi? Al contrario della logica classica, nell’Italia dei contrappesi e dei controsensi, abbiamo dimostrato che una proposizione può essere vera e al stesso tempo falsa. Il popolo ha scelto, con ampi numeri, che la Costituzione resti immutata. E la spinta democratica è stata così forte da costringere il premier Matteo Renzi a dimettersi. Giusto. Quindi, per la gente normale, vuol dire votare. Perché il senso politico, profondo di quel responso, di quell’urlo al governo è: vogliamo decidere noi.

Caro Serra, il nostro ‘no no no’ è costruttivo, il tuo ‘sì sì sì’ è una resa alla destra

di Alessandro Robecchi
Caro Michele, ho letto con attenzione il tuo aperto – direi conquistato, posso? – sostegno alla “proposta Pisapia” (oggi su Repubblica, lo trovate qui) con conseguente pippone (mi consenta) sulla sinistra che dice sempre no, no, no. Non un argomento nuovo, diciamo, visto che ci viene ripetuto da tre anni almeno: vuoi mangiare la merda? No. Uff, dici sempre no. Ma prima due premesse. Giuliano Pisapia è stato il mio sindaco, uno dei migliori degli ultimi decenni (oddio, dopo Albertini e Moratti…), credo anche di essere stato tra i primi a firmare un appello per la sua candidatura a sindaco di Milano, altri tempi.

Telemaco non deve morire

di Sarantis Thanopulos
Alla fine Matteo Renzi ha perso la sua scommessa. È andato dalla buona alla cattiva sorte: non era privo di qualità, si è perso a causa della sua autoreferenzialità e degli errori ad essa conseguenti. La sua caduta non lascia un’eredità significativa. Mancandogli l’intima convinzione, è restato incompiuto. Il suo sentirsi portavoce della «generazione Telemaco» – un’idea stravagante che ha portato fin dentro l’aula del parlamento europeo- è stato un segno inequivocabile della sua condizione di orfano di un’identificazione convinta e solida con la funzione genitoriale.

San Basilio, la borgata eterna

di Davide Angelilli
Nei giorni scorsi è tornato alla ribalta mediatica il quartiere San Basilio, borgata della periferia est di Roma. Infatti il caso della famiglia marocchina, a cui è stato impedito di prendere possesso di una casa popolare regolarmente assegnata dal Comune, ha attirato le attenzioni di televisioni e giornali sulla complessa e difficile realtà di questo territorio. Parafrasando i titoli di giornali e trasmissioni televisive, la fotografia scattata dai media mainstream è quella di una rivolta razzista degli abitanti, perché contrari all’ «arrivo di negri» nelle case popolari.

Il pasticcio sulla legge elettorale e le prospettive per l’immediato futuro

di Andrea Pertici
Il Governo andandosene lascia nei guai i cittadini, avendo reso il loro voto molto più difficile. Infatti, con la sentenza n. 1 del 2014, la Corte costituzionale aveva dichiarato incostituzionale il Porcellum, la legge concepita dal ministro Calderoli, con cui si sono svolte le elezioni del 2006, del 2008 e del 2013. Quella legge era incostituzionale perché, oltre ad avere lunghe liste bloccate (che impedivano all’elettore di scegliere gli eletti), prevedeva un premio di maggioranza attribuito alla lista o coalizione più votata, a prescindere dal proprio risultato: anche se questo fosse stato del 20% o magari del 29%, come è accaduto davvero nel 2013, i seggi sarebbero stati il 54%.

Patto per la fabbrica o una nuova stagione di gabbie salariali?

di Federico Giusti
Un “patto per la fabbrica” , per la crescita del paese, è quanto annunciato da Cgil Cisl Uil e da Confindustria per "rimettere al centro dell’attenzione la questione industriale". Il patto nasce da una proposta di Cgil Cisl Uil a Capri, al convegno dei Giovani industriali organizzato nell'Ottobre scorso, si parla di innovazione, formazione, conoscenza, giovani e Mezzogiorno. Attendiamo di conoscere i contenuti reali di questo patto ma già abbiamo alcuni elementi di riflessione. Nei giorni scorsi è stato sottoscritto il contratto nazionale metalmeccanici quasi a costo zero con un forte incremento della previdenza e sanità integrativa.

Il Pd verso il Big Bang

di Daniela Preziosi
La crisi di governo incanalata verso la soluzione potrà forse presto tamponare le fibrillazioni degli organismi europei sul governo italiano. Ma difficilmente potrà fermare la slavina che si è messa in moto nel Pd dal momento della sconfitta al referendum e ancora di più dal momento delle dimissioni di Renzi da Palazzo Chigi. «Non si può rimettere il dentifricio nel tubetto», direbbe Bersani. Anche se i protagonisti negano le manovre di sganciamento dal leader, dal momento dell’incarico del nuovo governo niente più sarà come prima. Gli appelli all’unità cadono nel vuoto. Ieri il governatore pugliese Michele Emiliano ha chiesto le dimissioni di Renzi da segretario: «Se ha voglia di guidare la transizione fino al prossimo segretario lo fa, se si vuole dimettere prima ci sono i suoi vice.

Quale sinistra dopo il trionfo del NO?

di Guglielmo Migliori 
Il responso delle urne è stato chiaro. Travolto da 19 milioni di NO, il Governo Renzi è stato costretto alle dimissioni. L’analisi del voto, terreno nel quale ricercare le direttrici politiche di questo “NO sociale”, ha dimostrato come l’elettorato antagonista si concentri prevalentemente nelle fasce statistiche che includono giovani, disoccupati e precari. La chiara configurazione del voto referendario quale voto di classe offre dunque una prospettiva interessante per la sinistra politica: ripartire dalla vittoria elettorale per costruire un’opposizione duratura e alternativa alle destre populiste.

Grecia, il governo Tsipras stanzia 620 milioni per le pensioni minime

di Adriano Manna
Oltre 620 milioni di euro destinati a 1,6 milioni di pensionati che percepiscono meno di 850 euro al mese. È questo il tesoretto che il governo greco a guida Syriza destinerà alle pensioni minime per le tredicesime di Natale, a cui si aggiungono lo stop dell’aumento dell’Iva per le isole dell’Egeo e l’assunzione di 5mila medici per il martoriato sistema sanitario pubblico ellenico (la Sanità ha subito tagli pari al 35% del budget totale dal 2009 a oggi). Le iniziative, mirate ad interrompere il circolo vizioso dell’austerity, si sono rese possibili grazie all’avanzo primario, doppio rispetto alle previsioni, con cui si è chiuso il bilancio dello Stato per il 2016.

Montepaschi appesa alla Bce: giorni contati per il salvataggio

di Riccardo Chiari 
Tutti i nodi erano arrivati al pettine in un colpo solo: da Mps alla riforma delle banche popolari in spa, semibloccata dal Consiglio di Stato; dalle due banche venete controllate per cause di forza maggiore dal fondo Atlante, ai vantaggi fiscali chiesti dagli istituti (Unicredit, Intesa, Ubi) che hanno finanziato (1,6 miliardi) il Fondo di risoluzione per coprire le perdite di Etruria &c., e permettere così la cessione delle quattro new bank – con la stessa Ubi alla finestra – entro la fine dell’anno.

Biscotto Gentiloni

di Andrea Colombo
A metà pomeriggio Paolo Gentiloni è già con un piede a palazzo Chigi. Poi spunta un ostacolo. Il Colle insiste perché il successore di Renzi sia il ministro dell’Economia Padoan. Le considerazioni che motivano il capo dello Stato sono chiare: si tratta dello stesso vento europeo che ha caratterizzato tutta la giornata di ieri e impresso una brusca accelerazione alla risoluzione della crisi, cioè la minaccia che grava sull’intero sistema bancario, tanto più impellente dopo che la Bce ha rifiutato il rinvio della ricapitalizzazione Mps.