La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 maggio 2016

Cosa ti è successo Europa?

di Jorge Mario Bergoglio
Illustri Ospiti, vi porgo il mio cordiale benvenuto e vi ringrazio per la vostra presenza. Sono grato in particolare ai Signori Marcel Philipp, Jürgen Linden, Martin Schulz, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk per le loro cortesi parole. Desidero ribadire la mia intenzione di offrire il prestigioso Premio, di cui vengo onorato, per l’Europa: non compiamo infatti un gesto celebrativo; cogliamo piuttosto l’occasione per auspicare insieme uno slancio nuovo e coraggioso per questo amato Continente. La creatività, l’ingegno, la capacità di rialzarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa. Nel secolo scorso, essa ha testimoniato all’umanità che un nuovo inizio era possibile: dopo anni di tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi, è sorta, con la grazia di Dio, una novità senza precedenti nella storia.

Le conseguenze del Ttip e i nuovi movimenti europei. Intervista a Susan George

Intervista a Susan George di Raquel Paricio e Esther Vazquez
Durante la sua visita a Barcellona per partecipare al 4° Seminario de Convivencia Planetaria, Construimos Biocivilización, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Susan George. In questa breve intervista ci ha parlato del TTIP e delle sue possibili conseguenze se questo venisse firmato, come pure del suo punto di vista sui nuovi partiti politici e sui movimenti sorti in Europa, nonchè dell’importanza della partecipazione cittadina.
Conseguenze dirette della firma del TTIP (Trattato Transatlantico del Commercio e degli Investimenti)
"La conseguenza diretta per le persone è che molto probabilmente il cibo che importiamo sarebbe trattato chimicamente, sarebbe geneticamente modificato e non sarebbe etichettato. Non sapresti veramente cosa c’è nel tuo cibo.

Renzi e la deriva plebiscitaria del referendum costituzionale

di Michele Prospero
Cosa ha mai detto di così sconveniente la toga (rossa, naturalmente) Morosini da meritarsi le attenzioni molto ravvicinate della solerte macchina della propaganda governativa? Presidenti emeriti che gridano alla “rovinosa paralisi” in caso di affermazione del “no” vengono celebrati come maestri della corretta argomentazione. 
Costituzionalisti o magistrati che osano dubitare sulle implicazioni poco virtuose dell’accoppiata magica di Italicum e senato dei dopolavoristi diventano subito degli irresponsabili o degli ottuagenari inattendibili. Ci manca solo un bel servizio sui colori dei calzini indossati da Morosini.
Che idea ha Renzi della democrazia?

L’importanza della politica fiscale

di Francesco Saraceno 
I dati della settimana scorsa sull’andamento dell’economia dell’eurozona hanno fatto molto discutere. Mi ha colpito in particolare un articolo di Paul Krugman in cui l’economista statunitense scrive che (a) in termine pro capite l’economia dell’area euro non è messa così male (lui si basa sulla popolazione in età lavorativa, mentre io mi baso la popolazione totale); (b) che l’eurozona ha seguito una traiettoria simile a quella degli Stati Uniti nella prima fase della crisi; e (c) che la divergenza tra le due economie è iniziata solo nel 2011, a causa delle diverse politiche monetarie adottate dalla BCE e dalla Fed (disastrose da noi, molte più reattive negli USA). Per quanto riguarda la politica fiscale, Krugman sostiene che è stata ugualmente restrittiva su entrambe le sponde dell’oceano.

Oggi in piazza contro il Ttip. Buona lotta!

di Rosa Rinaldi 
Quando, qualche mese fa, in una riunione della Campagna italiana Stop TTIP, discutemmo sulla necessità di fare un salto di qualità e di organizzare una manifestazione nazionale contro il TTIP, ci apparve come un azzardo, insomma un passo più lungo della gamba.
Tuttavia avevamo piena consapevolezza che il lavoro di “semina” che ci ha portato in giro per l’Italia in grandi e piccoli centri a fare incontri e assemblee, ad organizzare comitati territoriali NO TTIP e a costruire una vera e propria rete tra i comitati e la campagna non fosse più sufficiente ed era maturato il tempo di manifestarci e di portare in piazza tutte le ragioni del NO al TTIP.

Il banco vince sempre

di Thomas Fazi 
Da marzo 2015 ad oggi la BCE, con il suo programma di quantitative easing (QE), ha immesso nell’economia più di 700 miliardi di euro (al ritmo di 60 miliardi al mese, esteso a 80 miliardi il mese scorso). Eppure, nonostante questo “stimolo monetario” senza precedenti – ufficialmente finalizzato a riportare l’inflazione in prossimità del target del 2 per cento, e più in generale a far ripartire l’economia europea – è di qualche settimane fa la notizia secondo cui l’eurozona, ad un anno esatto dal varo del programma di quantitative easing della BCE, è addirittura tornata in deflazione. O meglio – visto il tasso di crescita praticamente inesistente per l’eurozona nel complesso – in stag-deflazione, ossia in una situazione in cui in cui la recessione/stagnazione economica si accompagna al progressivo calo dei prezzi, alimentandosi vicendevolmente. Con le drammatiche ricadute in termini sociali e occupazionali che questo comporta.

L’Europa (e il mondo) che non vogliamo

di Fausto Durante 
Da alcuni anni, da quando è iniziato il negoziato tra Ue e Usa sul Ttip, ovvero il progetto del grande accordo sul commercio internazionale tra le due sponde dell'Atlantico, la Cgil e l'insieme del movimento sindacale – in Europa, negli Stati Uniti, nelle strutture internazionali – manifestano la propria contrarietà sui contenuti e sul metodo di realizzazione dell'accordo stesso, chiedono di fermare le trattative e riavviarle su basi condivise e favorevoli al mondo del lavoro, partecipano alle iniziative e alle campagne contro il Ttip e gli analoghi accordi di libero scambio (il Ceta tra Ue e Canada, il Tpp tra gli Usa e l'area del Pacifico, il Tisa sui servizi pubblici) che si sono ben presto avviate in tutto il mondo.

Il No è scelta politica, non è tecnica giuridica

di Leonardo Paggi
La battaglia referendaria ripropone con forza il grande tema del rapporto tra diritto e politica, che peraltro emerge da ogni poro della crisi italiana. Sulla edizione fiorentina del Corriere della sera del 1 maggio (ma sullo stesso tema poi anche in edizione nazionale del 4 maggio) Ugo de Siervo, presidente emerito della Consulta, dopo essersi proclamato “renziano”, e tuttavia avere espresso il suo no al Ddl Boschi, così continua: «Qui stiamo discutendo della nostra Costituzione. E se questa riforma la migliora o la peggiora. La mia presa di posizione non è originata da motivi politici. In questi ambiti si giudica con una valutazione tecnica e rigorosa». L’affermazione sconcerta: cosa c’è di più politico che il cambiamento di 41 articoli della Carta che definisce la forma della Stato, ossia le regole che stabiliscono la convivenza ( la “casa comune”) tra le diverse forze sociali e politiche e persino religiose che compongono la comunità nazionale?

I profughi e la vergogna che non è una novità

di Noam Chomsky
In alcune nazioni l’emergenza profughi è reale. È il caso del Libano, la cui popolazione è costituita quasi per un quarto di rifugiati provenienti dalla Siria, che si aggiungono all’ondata di palestinesi e iracheni. In quest’area, altri paesi poveri e flagellati da conflitti come la Giordania e la Siria, prima che diventasse teatro di un suicidio di massa, hanno accolto un gran numero di profughi. Non sono le nazioni che stanno affrontando questa emergenza a essere responsabili della situazione. L’emergenza profughi è principalmente responsabilità dei ricchi e dei potenti, che ora si sentono schiacciati dal peso della processione di povere vittime che potrebbero essere facilmente accolte.

10 Ragioni per chi vuole riforme ragionate e non plebiscitate

di Gianfranco Pasquino 
“Noi crediamo profondamente in una democrazia così intesa, e noi ci batteremo per questa democrazia. Ma se altri gruppi avvalendosi, come dicevo in principio, di esigue ed effimere maggioranze, volessero far trionfare dei princìpi di parte, volessero darci una Costituzione che non rispecchiasse quella che è la profonda aspirazione della grande maggioranza degli italiani, che amano come noi la libertà e come noi amano la giustizia sociale, se volessero fare una Costituzione che fosse in un certo qual modo una Costituzione di parte, allora avrete scritto sulla sabbia la vostra Costituzione ed il vento disperderà la vostra inutile fatica” (Lelio Basso, 6 marzo 1947, in Assemblea Costituente). 

Agnes Heller: il conflitto tra nazionalismo e diritti

di Agnes Heller
Gli Stati-nazione e la loro ideologia di governo, il nazionalismo, compaiono grosso modo contemporaneamente al credo del valore universale dell’Umanità. Si potrebbe dire che se c’è una prova dell’essenza ipocrita dell’universalismo, questa è la prova perfetta. Probabilmente nel corso della storia non ci sono mai state così tante persone assassinate dal nazionalismo, dal razzismo e dalle altre ideologie come nel XX secolo sotto il sole universale dell’Umanesimo. Si potrebbe replicare che se il genocidio è diventato per noi il male assoluto è proprio grazie alla validità dei valori universali. Dopo tutto la letteratura inizia con il genocidio. Troia fu distrutta, tutti gli uomini vennero uccisi e le donne prese come schiave, ma per molte generazioni questa è stata solo una bella storia da leggere. Cartagine fu arata e cosparsa di sale; vero o meno che fosse, sta di fatto che i Romani se ne vantavano.

Le ragioni sociali degli scandali

di Tommaso Nencioni
Non passa ormai giorno senza che l’intreccio perverso tra affarismo e partiti (a prescindere dai suoi connotati delittuosi o meno) invada le cronache politiche, facendo riemergere in continuazione i termini della questione morale. E gettando una maschera sinistra sul preteso “rinnovamento” con il quale il nuovo corso renziano avrebbe travolto un sistema palustre e anchilosato. Se attraverso gli scandali è possibile leggere in filigrana la “ragione sociale” delle nostre classi dirigenti, bisognerà spiegare cosa ci sia di veramente nuovo in questa selva di corruttela popolata da porporati, alti burocrati e capitalisti di periferia sempre liberisti a parole, ma all’atto pratico dediti a prosperare spolpando lo Stato delle sue risorse e ricambiando i favori con il ricorso massiccio e sistematico all’evasione fiscale.

Dalle lotte il Piano B degli oppressi

di Franco Turigliatto
Domenica 8 maggio a Roma in un’assemblea partecipata e plurale si incontrano molteplici forze sociali, politiche, sindacali per riannodare il filo di una riflessione sulla costruzione in Europa e in Italia di una alternativa alla controrivoluzione liberista delle classi dominanti, alle politiche dell’austerità, alla guerra, alla costruzione dei muri e alla folle corsa ai profitti foriera di una drammatica catastrofe ambientale. E saranno a Roma già oggi per partecipare alla manifestazione nazionale contro il TTIP.
Si incontrano le forze che vogliono costruire il cosiddetto piano B, cioè un progetto di giustizia sociale, di difesa e sviluppo della partecipazione democratica e della attivazione di tutti i soggetti sociali colpiti dalle politiche della borghesia, un progetto di autoorganizzazione delle classi subalterne per costruire una rapporto di forza materiale e politico volto a ribaltare gli assetti di potere della classe borghese. Per noi questa significa una strategia e una lotta anticapitalista per aprire una fase di transizione al socialismo.

Le farneticanti, ma non troppo, dichiarazioni di Strache

di Alfonso Gianni
In una recente intervista a la Repubblica, Heinz-Christian Strache, l’uomo forte e potente della destra austriaca, erede di Joerg Haider, che a capo della FPO tira la volata a Norbert Hofer tra non molti giorni in ballottaggio per la presidenza della repubblica, ha addirittura definito la Merkel e Renzi “scafisti di stato”, perché colpevoli, secondo lui, di una politica di accoglienza degli immigrati. Cosa abbiano fatto la cancelliera tedesca e il nostrano presidente del consiglio per meritarsi un’accusa così pesante non ci risulta chiaro. Soprattutto non si è vista tutta questa benevolenza da parte del governo tedesco e neppure di quello italiano. Ma proprio la sproporzione tra fatti, comportamenti e giudizi rileva ancora una volta come la questione dei migranti sia il punto focale della politica europea.

Montanari: innovazione è anche applicare la Costituzione

Intervista a Tomaso Montanari Anna Lucia Cagnazzi
Qual è la via di rinascita e riappropriazione del patrimonio culturale? Una potrebbe essere tornare a parlarne seguendone la forma visiva, monumentale e percependone il senso mentale (di dibattito), formativo (di memoria ed elaborazione) e professionale (di lavoro).
Lo si potrebbe fare anche con un linguaggio, forse démodé, per taluni arcaico, ma assolutamente sano, per tornare ad essere contemporanei. La vera innovazione sarebbe allora liberarsi da vizi e circuiti arcaici e conservatori (questi sì), e andare avanti, con la consapevolezza di farlo nell’unico modo in cui andrebbe fatto, ovvero, prima di tutto, tornando a formare un popolo, tornando a fornirgli gli strumenti della conoscenza.

Due continenti, una stessa lotta

di Raúl Zibechi
La scorsa estate e durante l’autunno ho potuto conoscere diversi processi di lotta in Italia, nei Paesi Baschi e in altre parti dello Stato spagnolo, chedimostrano sintonia con i processi di resistenza in molti luoghi dell’America Latina. La crisi europea degli ultimi anni ha portato una parte della popolazione (disoccupata, precaria e povera) a considerare progetti di vita diversi mentre continua a resistere al neoliberalismo. Non è che i movimenti europei seguano le orme di quelli dell’America Latina: sarebbe come pensare che il nostro continente gioca un ruolo centrale o di “guida” nelle lotte sociali. La cosa nuova è che iniziano a percorrere strade comuni, per lo meno sotto tre aspetti: la territorializzazione delle resistenze, la formazione dei loro partecipanti e la creazione di mondi altri negli spazi riconquistati.

L’estetica del buon precario

di Benedetto Vecchi 
La semplicità difficile a farsi. A usare questa espressione è stato Bertolt Brecht. Il drammaturgo e poeta tedesco aveva in testa niente poco di meno il percorso che doveva portare alla società dei liberi e degli eguali. Ma andrebbe ricordata per segnalare la difficoltà nel tradurre politicamente la «scoperta» della precarietà come modalità dominante nelle relazioni di lavoro e della diffidenza, ostilità dei precari, uomini e donne, a organizzarsi per contrastare la loro condizione lavorativa e esistenziale. In altri termini, più prosaici e mondani, i precari non sempre vogliono rappresentarsi come classe sociale. D’altronde chi propone questo cortocircuito privilegia, spesso, una lettura generazionale – precari sono i giovani, mentre garantiti sono i vecchi -, oppure indugia in una lettura di settore, assegnando, di volta in volta, ai lavoratori della conoscenza, al cosiddetto lavoro cognitivo o ai freelance la palmarès della condizione precaria. Rimuovendo così il fatto che ormai «siamo tutti precari».

Breve manuale di confronto in democrazia

di Alessandro Gilioli
1. Le critiche al governo, chiunque stia al governo, non sono "il sale" della democrazia: ne sono una delle colonne portanti. Come la rappresentatività, le consultazioni dirette, il bilanciamento e la separazione dei poteri, l'esistenza di forme associazionistiche che tutelano interessi e/o promuovono battaglie.
2. Le critiche al governo, chiunque sia al governo, in una democrazia sana meritano una risposta argomentata sui contenuti che esse propongono, non sulla persona che avanza queste critiche. Tanto più se queste risposte sulla persona sono liquidatorie e irridenti (es. "professoroni", "gufi", etc) o fanno riferimento a veri o presunti errori del passato di chi avanza le critiche (vedi "macchina del fango").

La liberalizzazione dei capitali procede sotto il mare

di Maurizio Sgroi 
Ripenso a un paper recente dell’FMI dove si indica l’effetto diretto della liberalizzazione dei capitali sull’aumento della disuguaglianza globale mentre ne leggo un altro, stavolta BCE dal titolo suggestivo: Cables, Sharks and Servers – Technology and the Geography of the Foreign Exchange Market. E improvvisamente capisco che le due cose sono intimamente collegate. La liberalizzazione dei conti capitali di molti paesi, che significa che i loro residenti possono far fluire dove vogliono i propri denari, sarebbe stata di sicuro meno dirompente, e la disuguaglianza altresì, se i paesi non avessero potuto godere di una storica rivoluzione tecnologica che però sarebbe stata inutile se non ci fosse stata un’infrastruttura capace di supportarla.

I rischi del Ttip? Semplice: la perdita del patrimonio agroalimentare italiano

di Marta Rizzo
Forse non è un caso che i movimenti contrari all'accordo commerciale Usa-Unione Europea (l'ormai celebre TTIP) scendano spesso in piazza con un enorme cavallo di Troia, che diventa la rappresentazione simbolica di tutti i rischi che quell'intesa contiene rispetto all’agricoltura europea. Insomma, alla domanda: il Ttip fa bene all’agricoltura italiana?: si risponde con i capitoli di due rapporti diffusi dalla Campagna Stop Ttip che, per inciso, per oggi ha indetto una manifestazione a Roma con un corteo da piazza della Repubblica a San Giovanni, dove già dalla mattina avrà luogo il "TTIP free Bio&Eco Market", lezioni in piazza e un concerto. I titoli dei due capitoli.

Verso un mondo di schiavi flessibili e senza legami familiari

di Dante Barontini 
Quando si parla di “riforme”, “cambiamento”, “sbloccare”, “rottamare” – ormai lo sappiamo – c’è un grande cetriolo che volteggia nel cielo. E’ certo che è destinato a noi, lavoratori dipendenti e pensionati, giovani studenti o precari o neet, ecc, ma non sappiamo spesso capirlo per tempo. Anche noi, troppo spesso, ci preoccupiamo di contestare le singole “riforme”, che sono evidentemente una fregatura per i diretti interessati, ma senza coglie appieno il nesso tra òe varie “riforme”. Insomma, il disegno rintracciabile se si uniscono i vari punti sulla carta, invece di fissare i singoli punti.
In questo modo il potere – governo, confindustria, banche, media mainstream – ci fa apparire “conservatori” perché, giustamente, difendiamo le conquiste che tanto sono costate a noi o ai nostri padri o nonni.

Le cervella fritte dell’Inps

di Il Simplicissimus 
Quando ho visto lo schermo della televisione riempirsi di cervella fritte mi è tornata in mente la settimana a Parigi trascorsa nel 1973 assieme ad un amic0 per vivere i luoghi topici di tanta letteratura talvolta mitica, troppo spesso semplicemente mitizzata. Fu allora che le cervella fritte ci ingolosirono e ci spinsero ogni sera per bistrot alla ricerca di questo assenzio da poveri golosi. Buone certo, ma abbastanza costose per due studenti. Oddio la residenza costava pochissimo visto che si trattava dei collegi universitari, degli stessi edifici in boulevard Jourdan che oggi formano il campus dell’Ecole superieure di studi sociali, antrolpologici e politici, ma la sera, dopo defatiganti passeggiate compresa quella al pont Mirabeau, quello sotto cui coule la Seine et nos amours faut-il qu’il m’en souvienne, non badavamo a spese, non cercavamo il locale a buon mercato.

Legge sul consumo di suolo, i princìpi che mancano

di Luca Martinelli 
Quando si legge che “in Italia (sarà) vietato costruire nuove case” (dal 2050, La Stampa, 4 maggio), e che la legge per contrastare il consumo di suolo -che la prossima settimana verrà approvata alla Camera- rappresenta un “colpo alla crescita”, che “corre dietro a statistiche allarmistiche per fare demagogia” e “continuare a far vincere la cultura dei veti” (Il Sole 24 Ore, 5 maggio), è bene provare a far chiarezza.
L’iter legislativo che ha portato in aula il provvedimento è iniziato nel febbraio del 2014, con un disegno di legge che recava -tra le altre- le firme di Massimo Bray, che era ministro dei Beni culturali; Andrea Orlando, allora ministro dell’Ambiente; Maurizio Lupi, in quel momento ministro delle Infrastrutture. 

Che Belpaese per i poteri forti

di Paolo Berdini 
Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, aveva più volte definito la legge obiettivo (Berlusconi-Tremonti, 2001) come «criminogena». Quella legge avrebbe dovuto consentire la realizzazione delle grandi opere strategiche ma è servita soltanto a togliere le tutele, i controlli e a cancellare l’azione delle soprintendenze di Stato che operano in armonia con i principi della Costituzione. Cantone portando in approvazione poche settimane fa il nuovo codice degli appalti (dlgs. 50/2016) ha di fatto azzerato i meccanismi corruttivi della legge obiettivo. Un grande risultato che va ascritto a suo merito. Peccato per lui e per l’intero paese che in altre stanze, il governo Renzi con l’aiuto del ministro Madia sta portando in approvazione i decreti attuativi della cosiddetta riforma della Pubblica amministrazione (legge 124/2015) che estende a tutte le Regioni e ai 7.999 comuni italiani le procedure «criminogene» della legge obiettivo appena rottamata.

Economia circolare in Italia: 541mila posti di lavoro in cerca di politica industriale

di Luca Aterini
La flebile ripresa economica che sperimenta oggi l’Italia si dimostra effimera ogni giorno di più, come conferma l’Istat nella sua ultima nota d’aggiornamentosull’andamento economico del Paese: «L’evoluzione del clima di fiducia rimane incerta – evidenzia l’Istituto nazionale di statistica – e l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana segnala rischi di un rallentamento dell’attività economica nel breve periodo». Nonostante l’ostinazione messa in campo negli ultimi 8 anni, appare evidente che non riusciremo ad uscire dalle secche della crisi perseguendo e precarizzando lo stesso modello economico che verso la crisi ci ha condotto: secondo le ultime stime, il Jobs act in tandem con gli incentivi alle assunzioni hanno prodotto in 1 anno appena 40mila posti di lavoro stabili, al costo di 6 miliardi di euro (150mila euro a occupato).

L’Italia che applaude il capo, l’altra che punta sul futuro

di Corradino Mineo 
Rien ne va plus! Si era appena ripreso dall’affare Guidi e gli è caduta in testa la tegola del presidente campano del Pd che telefonava ai Casalesi e li ringraziava per i voti. Aveva giusto risposto alla frase di Davigo, «i politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi», quando ecco che arrestano per turbativa d’asta il sindaco Pd di Lodi. La corruzione si banalizza e non conosci antidoti. Così fan tutte! Al grido che fu di Mozart, tanti, troppi amministratori al governo giustificano le loro infedeltà e corrono a baciare le pantofole dei comitati d’affari. Mattarella stigmatizza, i 5 stelle speculano, Renzi corre alla lapide di La Torre ma per dire “l’antimafia non divida unisca”, l’esatto contrario di quel che han fatto Chimici, Falcone e Borsellino, han diviso il grano dal loglio e per questo hanno pagato.

Pessima Unione europea, ma senza di lei c’è il vuoto

di Daniela Preziosi 
Un’istituzione «narrata con tale agiografica esaltazione da coprire con un velo pietoso la sua vera storia». Non solo nel passato, anche in un presente sconfortante. «La tumultuosa e tragica cronaca quotidiana è lì a dimostrarlo: un susseguirsi di decisioni unilaterali dei singoli stati membri che, in un sussulto sovranista, procedono ad elevare, allestiti dalle proprie forze militari, muri su confini che sembravano aver perduto significato. Misure cui Bruxelles tenta, invano, di porre riparo adottando decisioni non solo del tutto inadeguate a fronteggiare il fenomeno, ma a loro volta del tutto illegali, come gli hotspot». Il ragionamento è tratto dal Manuale antiretorico dell’Unione europea di Luciana Castellina appena uscito per manifestolibri (p.172, 18 euro), indispensabile vademecum per tutti quelli che parlano a vanvera delle virtù dell’europeismo, e per tenere a mente da dove viene (e capire dove va) l’istituzione meno popolare del continente, ogni giorno messa a rischio dalla sue decisioni e ancora di più dalle indecisioni.

Governo del fare e Partito dell'onestà

di Augusto Illuminati
Governo del fare. Fare che? Mica è lo stesso privatizzare o promuovere l’accesso ai beni comuni, abbassare i salari e le tutele dei salariati o accrescerli, incrementare la precarietà o introdurre un reddito di cittadinanza – eppure sempre di "fare" si tratta, come farsi una canna, fare opere di bene, fare schifo.
Onestà? Se sento vantare l'onestà del capitano – per parafrasare Brecht –, sospetto che gli strumenti della nave non stiano messi bene. L'onestà è una virtù privata con risvolti relazionali, ma si dice in molti modi: diversa l'affidabilità reciproca di partner amorosi, la fiducia in chi mi vende un'obbligazione, la credibilità di un eletto.
Come si vede, non sono cose incomunicabili, ma neanche coincidenti.

Jobs Act: sei miliardi di incentivi per un flop perfetto

di Antonio Sciotto
Che effetti hanno avuto il Jobs Act e gli incentivi del governo Renzi sull’occupazione? Ne hanno creata di nuova, aggiuntiva a quella più o meno precaria preesistente? Uno studio della Cgil basato sull’elaborazione di tre fonti ufficiali (dati Istat, Inps e ministero del Lavoro) registra un risultato molto modesto, soprattutto se si raffronta alla mole di miliardi investiti: i nuovi posti di lavoro creati nel 2015 (escluse quindi le trasformazioni) sono solo centomila (precisamente 100.707), di cui – attenzione – ben il 60% sono contratti a termine. Magro quindi il computo dei lavoratori stabili, quelli che – per capirci – potranno chiedere un mutuo o programmarsi un futuro un po’ più tranquillo (peraltro al netto del fatto che le incerte “tutele crescenti” hanno sostituito il ben più garantista articolo 18): solo 40 mila. Spesa complessiva per partorire questo “topolino”: una montagna di 6,1 miliardi di euro.

Il nostro impegno per il no alla riforma costituzionale, e non solo

di Giuseppe Civati 
Possibile si trasforma immediatamente in un comitato per il no alla riforma costituzionale. Un no che parli del “noi”: per dare più rappresentanza, una democrazia che funzioni meglio, per restituire una ‘misura’ al potere, per rafforzare gli strumenti di partecipazione, di garanzia e di controllo.Le prossime iniziative saranno tutte inserite nel contesto della campagna referendaria, all’insegna di una diversa cultura politica e istituzionale rispetto a quanto stiamo vedendo in questi mesi.
Per raccontare alle italiane e agli italiani che non si tratta di affermare soltanto una critica al modello che ci viene proposto, ma di proporre una nuova stagione politica, nelle scelte, nelle parole, nei modi (che anche quelli sono importanti).

Merci patron!: il film che ha acceso la miccia del movimento sociale in Francia

di Fred Cavermed
Fabbriche che chiudono, precarietà che avanza, lavoro stabile inesistente, giovani attempati senza lavoro, disoccupazione galoppante, povertà crescente. Che scenario orribile, che disastro, che angoscia! La realtà di questo inizio di Ventunesimo secolo, e soprattutto il racconto che se ne fa, è nera ed angosciante. È difficile, in questo contesto, non solo pensare a delle alternative positive, ma anche vedere e valorizzare quelle alternative che già esistono e che sono, a volte, molto più importanti di quanto non riusciamo ad ammettere. Insomma, non riusciamo a produrre un’altra narrazione del mondo attuale, a raccontarlo ribaltando davvero le griglie di lettura della realtà.

Se la legittima difesa diventa un’arma elettorale

di Raffaele Lupoli
Con le amministrative alle porte c’era da aspettarselo. Lo slogan “La difesa è sempre legittima” campeggia sui manifesti delle destre e il refrain delle camicie verdi “Padroni a casa nostra” assume in questa campagna elettorale un nuovo significato. «Se mi entra un ladro in casa e gli sparo se l’è andata a cercare» spiega Matteo Salvini a sostegno dell’ennesimo padrone di casa che ha premuto il grilletto, con il governatore e compagno di partito Roberto Maroni pronto ad accollare al Pirellone – soltanto però, si badi, a beneficio di chi risieda in Veneto da almeno 15 anni – «le spese di difesa del pensionato che, per legittima difesa, ha sparato al ladro romeno entrato in casa sua». Sulle loro posizioni, anche Fratelli d’Italia e gli altri pezzi della destra nostrana. Ma non solo.

TTIP, è necessario opporsi a un negoziato opaco e pieno di rischi

di Sergio Cofferati
Questa settimana è caratterizzata da una nuova e molto importante attenzione sul tema del TTIP, cioè sul partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti che Stati Uniti e Unione Europea stanno negoziando da più di tre anni. Tale accordo non riguarderebbe solo le misure di accesso al mercato, ma anche altri temi fondamentali tra cui la protezione degli investimenti, gli appalti pubblici e le barriere non tariffarie, inclusi i requisiti ambientali, sociali e di sicurezza di prodotti e servizi.Pochi giorni fa Greenpeace ha reso pubbliche 248 pagine di documentinegoziali riservati che consentono di avere una visione chiara delle differenze tra la posizione dell'Unione Europea e quella degli Stati Uniti e degli enormi rischi per i diritti delle persone, per la protezione dell'ambiente e della salute e per l'autonomia e l'efficacia delle nostre democrazie. 

Il nero profondo del carbone

di Luca Martinelli 
“Abbiamo chiesto di incontrare funzionari del ministero dell’Economia e di ENEL, ma non hanno avuto tempo per ascoltarci”. Rodrigo Rojas arriva dalla Colombia, dove coordina il lavoro della Ong olandese PAX. Nel luglio del 2014, dopo anni di ricerca, l’organizzazione ha pubblicato il rapporto“Il lato oscuro di carbone”, in cui gli autori e testimoni affermano che in Colombia le aziende di estrazione del carbone Drummond e Prodeco (una filiale della multinazionale Glencore) avrebbero collaborato con i paramilitari nella regione. Avrebbero fornito supporto finanziario e materiale e si sarebbero scambiati informazioni strategiche. Per il momento le società negano le accuse, che Rojas avrebbe voluto condividere anche con l’azienda italiana (e con il suo principale azionista, lo Stato), dato che il carbone estratto dalle due aziende arriva anche nel nostro Paese, dove tutt’oggi circa un quinto dell’energia elettrica viene prodotta da centrali termo-elettriche alimentate a carbone. 

I rischi di Trump, le insidie per Hillary

di Guido Moltedo
Mancano 185 giorni all’Election Day. Dopo le primarie nell’Indiana, martedì scorso, l’establishment e i media hanno già emesso il verdetto. Saranno Donald Trump e Hillary Clinton gli sfidanti. E sarà Hillary, secondo i sondaggi, a succedere a Barack Obama, diventando la prima Madam President della storia americana. Al tempo stesso, senza argomentare la previsione, in tanti sui media parlano di The Donald come fosse già seduto nello studio ovale sulla poltrona di Obama. Andrà davvero così? Probabile, ma solo perché, allo stato attuale, non si vede un altro scenario plausibile. Non si vota però domani, e sono davvero tanti i nodi da sciogliere, gli interrogativi ancora aperti, lungo il tragitto dei prossimi mesi, e sono tali che è azzardato saltare già oggi alle conclusioni.

La mia Europa

di Tonino D’Orazio
Questa Europa è un disastro totale. Politico, culturale e sociale. Ha perso qualsiasi idealità. La baracca, costruita sull’egoismo dell’euro si sta sfasciando, pezzo per pezzo. Ci sono paesi che vorrebbero scappare ma non possono, o comunque non possono essere quelli più asserviti a farlo. Altri lo stanno decidendo a pezzettini, tirando la corda delle regole un po’ di qua, un po’ di là. Non ubbidisce più nessuno alle regole, eccetto quelle pregnanti della Bce. L’immigrazione clandestina o meno ha finito per sgretolare il bunker neoliberista. Diceva qualcuno: l’Unione imploderà dall’interno, a causa delle sue contraddizioni. Barriere, i muri e i fili spinati. Analoghi al vituperato muro di Berlino o a quello attuale di Gerusalemme. Schieramento degli eserciti alle frontiere, gli uni contro gli altri. Offese reciproche tra i leader politici dei diversi paesi.

Il repertorio imperdonabile

di Claudio Vercelli
C’è un duplice rischio nel raccontare il Novecento prevalentemente come secolo barbaro. Da una parte si comprimono le tante dinamiche sociali, politiche e culturali che ha saputo esprimere all’interno di questo esclusivo paradigma, trascurando quindi gli innumerevoli aspetti di emancipazione che pure hanno invece accompagnato un’epoca di grandi trasformazioni. L’autonomia dei movimenti sociali, la loro vivacità scolora dentro un calderone dove l’unico tratto comune rimane l’indice della sopraffazione. Dall’altra, si finisce con il ricondurre tutto il male di questo mondo all’epoca a noi più prossima, comprimendolo dentro un arco di tempo ristretto e sottraendolo ad uno sforzo di necessaria storicizzazione, dove la comparazione con le brutalità che accompagnarono l’Ottocento coloniale è, invece, imprescindibile.

L'etica della ricerca e le nostre richieste. A che punto siamo

di Roberta De Monticelli 
Più di settantaduemila sono i firmatari dell’appello lanciato dal fisico Giorgio Parisi attraverso Change.Org, “Salviamo la ricerca italiana” (vedilo qui). Anche noi, nel nostro piccolo, di petizioni ne abbiamo lanciate due, entrambe corredate da una dozzina di primi firmatari che sono fra i migliori o più noti “umanisti” del nostro paese: la prima (vedila qui) a sostegno delle denunce di Elena Cattaneo e Giovanni Bignami relative al metodo seguito dal Governo per il megafinanziamento decretato a favore della ricerca biomedica e destinato a creare nell’area Post Expo un polo di ricerca biomedica, Human Tehnopole: un metodo di arbitraria erogazione di denaro pubblico a un ente chiamato a sostituirsi a una tanto desiderata e ancora inesistente Agenzia Generale della Ricerca – ma nel peggior modo possibile: assegnando denari e collaborazioni col metodo dei phone calls al posto dei public calls, nella più completa assenza di trasparenza, competizione e valutazione oggettiva dei meriti.

La scrittura come necessità. Le lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918

di Matteo Moca
Sono da poco passate le celebrazioni per il 25 aprile, l’anniversario della liberazione d’Italia e della Resistenza, e non pochi hanno risfogliato la fondamentale raccolta einaudiana curata da Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli che raccoglie le lettere dei condannati a morte della Resistenza. Un libro tanto importante quanto doloroso, in cui affiora la semplicità di uomini comuni che, al contrario di quelli di cui parla Browning nel suo famoso saggio, decisero di donare la propria vita per la libertà e, come riporta una di queste lettere, per «l’idea comune» (un bel libro sulla semplicità di questi uomini e sui motivi delle loro scelte è il recente Eravamo come voi. Storie di ragazzi che scelsero di resistere, edito da Laterza, dello storico Marco Rovelli).

Nell'Ungheria di Orban si processano anche gli invalidi per clandestinità

di Massimo Congiu
Un gruppo di migranti è accusato dalle autorità ungheresi di aver partecipato, nel mese di settembre, a una rivolta di massa avvenuta per cercare di attraversare il confine con la Serbia chiuso in precedenza. Alcuni agenti di polizia, parte di un corpo schierato a difesa del valico di frontiera, erano rimasti feriti nel lancio di pietre da parte dei migranti che cercavano di superare la frontiera. Contro questi ultimi, migranti e rifugiati, erano stati usati lacrimogeni e idranti.
In quel periodo l’Ungheria aveva approvato da poco una legge checonsidera di fatto un crimine il tentativo di violare il valico di confine protetto. Per gli accusati era quindi iniziato l’iter giudiziario che prevede tra l’altro sette mesi di detenzione.

Maternità surrogata? La legge di Antigone contro quella di Creonte

di Marisa Fiumano' 
Un elemento di continuità nella storia del femminismo è stato il rivendicare il diritto di decidere del proprio corpo. Anche la PMA (Procreazione medicalmente assistita) e le battaglie per la sua liberalizzazione hanno sempre avuto questo diritto sullo sfondo. La tecno-medicina, dal canto suo, ha permesso, per quanto poteva, di realizzarlo: dall'aborto al diritto al bambino in caso di sterilità. Sembrerebbe perciò che le donne e la tecno-medicina siano alleate.  La questione è complessa e piena di ambiguità. Qui mi limito ad esaminare il caso dell'utero in affitto ( o GPA, gestazione per altri), che non è però il più esemplare perché l'intervento medico è ridotto al minimo, l'inseminazione, ma che è stato reso attuale dal rimbalzo mediatico.

Trivelle, la genesi dell'emendamento che ha allungato la vita ai giacimenti

di Duccio Facchini
Un punto chiave del dibattito pubblico sul referendum del 17 aprile in merito alla durata delle trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa è rimasto ancora senza risposta. Si tratta cioè della “genesi”di quella “clausola di salvaguardia” ai “titoli abilitativi già rilasciati” -tradotto, alle piattaforme già in funzione- per tutta la “durata di vita utile del giacimento”, dovuta a una modifica della legge di Stabilità 2016 messa a punto dal Governo e proposta durante una lunga domenica di dicembre all’attenzione della commissione Bilancio della Camera dei deputati. Il concetto di “vita utile” venne bollato come un “autentico inganno” dal comitato No Triv, un falso accoglimento dello spirito referendario, tanto che sia la Cassazione sia la Corte Costituzionale confermarono la chiamata alle urne. 

Più bassa è l’inflazione, più alto sarà il debito

di Andrea Del Monaco
In conferenza stampa, la Cancelliera Merkel si è rivolta al Presidente Renzi con queste parole "apprezzo molto i provvedimenti che il premier ha realizzato e sta portando avanti. Sono un contributo all’Europa”. Ma quali sono i provvedimenti cui si riferisce la Merkel? Sostanzialmente due: il Jobs Act e il mantenimento della riforma delle pensioni dell’ex Ministro Fornero. Occorre ricordare una cosa fondamentale: l’Italia ha avviato riforme delle pensioni sempre quando Bruxelles ha chiesto di ridurre i costi del sistema pensionistico. Ac cadde con la riforma dell’allora presidente Dini nel 1995 per ché lo chiedeva il trattato di Maastricht sottoscritto nel 1992.

Scuola, formazione e ricerca: liberiamoli dal mercato

di Rete dei comunisti
I processi di costruzione dell’Unione Europea non sono esclusivamente istituzionali ed economici ma permeano le società dei diversi paesi modificando tutti gli aspetti della vita sociale, culturale, informativa ed ideologica. Quello che si vuole fare è costruire una egemonia della nuova borghesia continentale che accompagni e giustifichi i processi di costruzione autoritaria del nuovo soggetto statuale e dei suoi contenuti economici e finanziari che stanno mostrando il loro carattere antipopolare in modo esplicito. Tra questi strumenti “egemonici” in prima fila sta la riforma del sistema formativo a tutti i suoi livelli, da quello della scuola primaria a quella superiore fino a quella universitaria.

Musica e società oggi

di Marco Gatto
Sono trascorsi più di cinquant’anni dall’epoca in cui Adorno, il massimo filosofo della musica del secolo ormai passato, dichiarava guerra al sistema musicale di massa, denunciando l’incapacità degli individui di accedere a un ascolto consapevole della vecchia come della nuova musica. La tentazione di attualizzare in senso aggravante l’idea di un sostanziale imbarbarimento dell’ascolto e di un ormai totalizzato feticismo del mondo sonoro – termini utilizzati in quel libro straordinariamente radicale quanto preveggente che è Dissonanze1 – è forte. A essa dobbiamo resistere con lucidità e senso storico, perché i limiti delle argomentazioni di Adorno sono insiti nella situazione sociale da cui le sue teorie emergono: nella fattispecie, dal risentimento nei confronti di una cultura nascente, massificata e corruttrice, figlia del neocapitalismo, rea di aver soppresso, agli occhi dell’esponente della Scuola di Francoforte, la cultura alta dell’umanesimo occidentale e di averla sostituita con l’americanismo dell’industria culturale, caratterizzato non solo da bassezza e volgarità, ma da un vuoto culturale e semantico che, in modo del tutto pianificato, elide il legame tra arte e società.

Genealogia dell’accoglienza dei richiedenti asilo al tempo della crisi permanente

di Tommaso Sbriccoli 
Nel settembre del 2008, a seguito dell’«eccezionale afflusso di cittadini stranieri extracomunitari giunti irregolarmente in Italia», l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi firmò un’ordinanza (numero 220) che istituiva di fatto la possibilità di ospitare i richiedenti asilo in strutture private usualmente adibite ad altri utilizzi (ad esempio alberghi, cascine e campeggi). Il Governo poteva quindi, tramite le prefetture e scavalcando il sistema di gare pubbliche, selezionare direttamente soggetti terzi presenti sul territorio, spesso privi di ogni esperienza nel campo, per organizzare l’accoglienza di quegli stranieri che, arrivati in Italia dalla Libia, avessero deciso di richiedere la protezione internazionale.

Augias, i 30 di Internet e l’epoca della barbarie

di Paolo Ercolani 
Velocità, quantità, superficialità. Sono i tre mantra alla base del sistema tecno-finanziario perfettamente incarnato da Internet. Tre veri e propri arconti dell’universo tecno-economico che si ergono specularmente contro altri tre pilastri del mondo umano, distruggendoli e sostituendoli.
La conoscenza e la coscienza di un individuo, infatti, si erano sorretti nel «vecchio mondo» sulla «lentezza» (che consente un apprendere più duraturo), sulla «qualità» (informazioni e nozioni selezionate attraverso filtri che escludano ciarpame e palesi scorrettezze), nonché sulla «profondità» che, a discapito di una superficialità che tutto abbraccia ma nulla conosce per davvero, consente di scavare fino alle radici di una questione così da permettere il formarsi di un’idea supportata, argomentata e soprattutto autonomamente elaborata.

Lo schiaffo di Francesco all'Europa reale

di Guido Viale
La classe dirigente dell’Europa che conta, quasi al completo, è andata in Vaticano a farsi prendere a schiaffi (cristiani) da papa Francesco. L’occasione della trasferta nel conferimento al papa del premio Carlo Magno. Allo scopo di ricavare dalla visita un po’ di quella legittimazione che il papa si è conquistato sul campo e che quei leader stanno perdendo con la velocità di una valanga. Missione fallita: l’Europa propugnata da Francesco è l’opposto delle scelte messe in atto, vertice dopo vertice, da un establishment allo sbando: mai è emerso così chiaro che da una parte c’è il cristianesimo di Francesco (che non è tutto il cristianesimo europeo: larga parte di esso usa la croce come una clava in testa a profughi e immigrati e a tutelare il proprio “stile di vita non negoziabile”, disattendendo i due temi centrali della predicazione del papa, la difesa dell’ambiente e la giustizia sociale). Dall’altra ci sono le politiche europee dell’austerità (per i poveri) e dei respingimenti.

Tess, lezione di civiltà

di Enrico Campofreda
In trecento marciavano, facce nemmeno tanto truci ma i pensieri e le azioni sì. Accadeva in una giornata simbolo: il primo Maggio, nella civile Scandinavia, dove però da tempo i neonazisti sono di casa e scatenano la propria xenofobìa su immigrati e rifugiati. Nella cittadina svedese di Borlänge sfilava il sedicente Movimento Nordico di Resistenza e la gente guardava dalle finestre, dai marciapiedi. L’unica a opporsi, col simbolico gesto del pugno chiuso, rivolto all’incedere marziale dei militanti nazisti è stata Tess Asplund, una donna di colore attivista dell’associazione Afrophobia Focus. Ha preso coraggio e s’è piazzata in mezzo alla via dove il corteo, scortato dalla polizia, passava. Tess è stata spintonata da uno degli attivisti in camicia bianca, quindi allontanata dagli agenti. Alla stampa britannica che la intervistava sull’azione, indubbiamente coraggiosa e a rischio di pestaggio, ha affermato che non poteva sopportare i nazisti nel luogo dove vive.

Deutsche Bank a rischio sistema

di Mario Lettieri e Paolo Raimondi
Il problema più esplosivo per la Deutsche Bank (DB) in quanto banca sistemica e quindi pericolosa per l’intera finanza globale è la dimensione della sua bolla di derivati finanziari otc che, in valore cosiddetto “nozionale”, è pari a circa 55 trilioni di euro: circa 20 volte il pil tedesco.
Negli incontri del presidente Obama con la cancelleria Merkel e con gli altri capi di governo europei i temi in discussione sono stati indubbiamente diversi, come il terrorismo, le sanzioni contro la Russia e il futuro dell’Unione Europea. Del tema forse più preoccupante, almeno nel breve periodo, pare che non si sia parlato: la crisi finanziaria e il ruolo della Deutsche Bank, marchio tedesco che dovrebbe essere sinonimo di affidabilità.