La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 dicembre 2015

Di cosa parliamo se parliamo di giustizia

di Gustavo Zagrebelsky 
Devo parlare della giustizia. Siete in diritto di pensare ch’io sappia che cos’è. Invece no. Secondo il celebre detto di Wittgenstein: “ciò di cui non si può parlare con chiarezza deve essere taciuto”, essendo giustizia parola oscura, dovremmo iniziare e finire qui il nostro incontro. Tuttavia, da sempre proprio le massime questioni dell’esistenza si esprimono con parole tutt’altro che univoche. Dovremmo tacere? Se fosse tutto chiaro, perché parlare? Quante migliaia di parole Socrate ha dedicato alla giustizia, “cosa ben più preziosa dell’oro”? Eppure, perfino lui si diceva incapace di giungere ad afferrarla (Repubblica 336e).
Se parliamo della giustizia, e non possiamo non parlarne, è proprio perché, socraticamente, sappiamo di non sapere. Possiamo però girarle intorno con qualche domanda e circondarla di parole prudenti. Iniziamo così: può ammettersi che per uno sia giusto ciò che non lo è per un altro? Alla luce dell’esperienza: «sì, dobbiamo ammettere che ciò che è giusto per uno, può essere ingiusto per un altro». 

A Pedro non lo permettono

di Pablo Iglesias
Con le elezioni del 20 dicembre la nuova transizione politica spagnola ha fatto un passo avanti mettendo fine al sistema dell'alternanza e inaugurando una nuova fase politica. La legislatura nera di Rajoy, caratterizzata dalla corruzione e dall'aumento delle disuguaglianze, ha fatto perdere al Partido Popular quattro milioni di voti e ha causato il peggior risultato elettorale dal 1989.
Ciudadanos manifesta la volontà di consegnare il potere politico al Pp, come ciliegina sulla torta sulla sua catastrofe elettorale: è soltanto la conferma di quello che giorno dopo giorno si è rivelato come il progetto azzurro (il colore del Partido Popular, ndT) dell'impresa arancione (il colore di Ciudadanos, ndT). In poche parole, vino vecchio in botti nuove.

Cara sinistra, è finito il partito monoteista

di Lidia Menapace
Non riesco ad appassionarmi al «dibattito politico» in corso. La mia freddezza dipenderà certo dal cattivo carattere storicamente noto, ma ha anche una ragione «oggettiva»: ed è che la sua misura a me pare inferiore alla gravità e modestissima di fronte all’ampiezza delle questioni cui dovrebbe rispondere.
Cerco di dare un minimo di giustificazione critica a questo assunto per ora solo dichiarato. Si può oggi cercar dire qualcosa di «politico» senza ricordarsi che stiamo con un piede già in una guerra, e non occorre dire altro, per evocare tutti i peggiori fantasmi della nostra memoria?
Ma per non ammutolire, perché nessuno si chiede prioritariamente se qualcuno si ricorda ancora dell’articolo 11 della Costituzione che afferma perentoriamente «L’Italia ripudia la guerra» in qualsiasi forma, quella di aggressione che facemmo nella seconda mondiale, e pure quella detta difensiva in occasione di controversie internazionali nelle quali magari potremmo pure avere ragione?

Per un autentico processo costituente

di Marco Revelli
Sinceramente non mi è piaciuto il modo in cui il documento-appello che indice un’assemblea a febbraio, è stato proposto: in forma anonima, senza trasparenza sul modo e sui luoghi in cui è stato concepito (dopo il “tavolo” romano un tavolino?), senza assunzioni di responsabilità (che in questi casi è essenziale per certificare la credibilità).
Non mi convince neppure la motivazione data da Claudio Riccio sul Manifesto, e cioè che l’assenza dei nomi dei proponenti significhi che l’appello “non ha proprietari”. L’impressione, mi si perdoni la franchezza, più che di una “res nullius” è- al contrario - quella di una Società anonima, con un azionista di riferimento neppur tanto nascosto. Forse è un eccesso di diffidenza. O frutto di pregiudizio… Ma anche il solo sospetto di una “proprietà occulta” da parte di una sola componente, è un elemento tossico, che si dovrebbe evitare con ogni attenzione, tanto più quando si tratta di un processo che invece, per scaldare i cuori, avrebbe avuto bisogno di un’immediata prova di disponibilità e di generosità da parte di tutti, con logica includente anziché escludente, con percorsi trasparenti e partecipati, ristabilendo circuiti di fiducia che si sono essiccati.

Coworking e millenials o delle rivoluzioni addomesticate

di Cristina Morini
Parlare di coworking è alfine un espediente per osservare la geografia attuale del lavoro e le difficoltà politiche e organizzative che incontriamo sul tema. Il coworking è infatti un’utile idea, nata dal basso, per tentare di fare emergere il lavoro dalla situazione individualizzata e isolata indotta dalla precarietà, insistendo sull’aspetto sociale e collaborativo del processo. Storicamente, la condivisione degli spazi in cui il lavoro si compiva ha contribuito a costruire la consapevolezza, la cognizione, anche epica, della sua forza antagonista. Oggi, essere al lavoro vuole spesso dire anche essere simbolicamente “fuori” dal lavoro così come per tradizione è stato visto, interpretato e validato. Sandra Burchi che, a partire da dieci racconti di donne alle prese con il loro ufficio domestico, ha dedicato una ricerca importante al fenomeno aggiornato del “lavorare da casa” condensata nel libro Ripartire da casa, invita a perlustrare la nuova dimensione in cui il lavoro si svolge, considerandola come uno “spazio terzo” da reinventare. Luogo tutt’altro che privo di resistenza proprio perché incarna, concretamente, la collisione tra produzione e riproduzione, tra lavoro e non-lavoro, lavoro concreto e lavoro astratto, dunque esprime la fenomenologia dirompente di una realtà che andrebbe – finalmente – considerata congiuntamente perché inseparabile.

Il voto in Spagna e la paura di nuove elezioni

di Aldo Garzia
Fumata nera nell’incontro di mercoledì durato 45 minuti tra Mariano Rajoy e Pedro Sánchez. Il premier spagnolo uscente ha proposto ai socialisti una benevola astensione nel caso di rinnovo del mandato in cambio di riforme costituzionali comuni e di più miti provvedimenti economici. Il segretario del Psoe ha risposto «No, grazie», sia perché in Spagna — eccetto i primi anni di transizione democratica — popolari e socialisti sono sempre stati alternativi in un sistema politico bipolare e bipartitico, sia perché una soluzione di unità nazionale alla tedesca acuirebbe la crisi del Psoe lasciando più spazio a Podemos. Quest’ultimo movimento – la vera novità delle recenti elezioni — chiede un «compromesso storico» tra le diverse forze politiche a condizione che si faccia una riforma della legge elettorale accompagnata da ritocchi costituzionali in grado di superare definitivamente il sistema bipartitico. Pablo Iglesias chiede inoltre un limpido referendum sul destino della Catalunya, dove non è sopita la voglia di indipendenza.

Ancora in sciopero le renne di Babbo Natale

di Lelio Demichelis
Lo scorso anno un pezzo «natalizio» auspicava lo sciopero delle renne di Babbo Natale. Uno sciopero contro un mondo troppo tecnico e troppo economicistico, troppo veloce e senza più poesia, senza più stupore, senza più immaginazione umana e innovazione culturale (quella tecnica è invece inarrestabile e incontenibile). Se allora lo sciopero delle renne era solo auspicato, oggi possiamo dire – la fonte è autorevole e sicura: lo stesso Babbo Natale, che abbiamo incontrato grazie ai famosi sei gradi di separazione – che lo sciopero, le renne, poche settimane fa lo hanno proclamato davvero. Ricapitoliamo dunque i fatti, per come si sono svolti nella realtà. Il luogo è ovviamente Rovaniemi, gradevole centro della Finlandia settentrionale nelle cui vicinanze – come tutti sanno – vive Babbo Natale.

Sinistra, l’audace appello dei soliti noti

di Giulio AF Buratti
Su una cosa si può essere d’accordo con Claudio Riccio, che «non se ne può più di rimanere fermi, di parlare di sinistra e non praticarla mai». Dove è più difficile concordare col giovane esponente di Act (Agire, costruire, trasformare!, una delle gambe del soggetto unico a venire), è sulla direzione e le forme che quel processo ha intrapreso: la direzione pare quella imposta da Sel e dagli ex dem (Fassina, D’Attorre e Cofferati) che prevede lo scioglimento di tutte le identità nel soggetto unico, la forma ha tutta l’aria di un appello, l’ennesimo di questa stagione politica, ma “anonimo”, senza firme in calce, per fissare una data dopo il naufragio del tavolo comune proprio sullo scoglio del dissolvimento delle appartenze. Riccio dice che l’appello «non ha proprietario. E’ frutto della discussione di questi mesi. Sel e il gruppo di Sinistra italiana si sono messi a disposizione. E’ un passo importante». Infatti, come sottolinea Maurizio Acerbo, della segreteria di Rifondazione, «è partito dal giro di Act ma in pochi minuti è stato “casualmente”, con fulmineo “copia e incolla”, fatto proprio da Nicola Fratoianni, Betta Piccolotti, Simone Oggionni, Marco Furfaro, Massimiliano Smeriglio, Luca Casarini, Beatrice Giavazzi, Andrea Ranieri, Stefano Fassina, e tanti altri noti e meno noti assessori, parlamentari, segretari regionali, provinciali nonché qualche associazione ben nota per la vicinanza a Sel».

Il capolavoro di Pablo e la strategia di Alexis

di Alberto Rotondo
Non so se si tratta di una coincidenza, ma mi pare significativo che Alexis Tsipras abbia aspettato la sera del 20 dicembre, per la pubblicazione di una sua intervista a Martin Wolf del Financial Times. Un intervista in cui il premier greco da un annuncio straordinario, sorprendendo i suoi interlocutori : il governo greco, dice Tsipras, sta pressando il Fondo Monetario Internazionale perchè resti fuori dal terzo programma di salvataggio da 86 mld di euro concordato nella drammatica estate di quest’anno.
In effetti nei difficili negoziati di questa estate, il FMI si è inizialmente tirato fuori dal programma di salvataggio perchè sposava la tesi dell’insostenibilità del debito pubblico, per cui reputava necessaria una profonda ristrutturazione del debito ( allungandone o addirittura cancellandone le scadenze) prima di concedere altri finanziamenti.

I paradossi del primo crack bancario nell’era del bail-in

di Griphook
La vicenda del salvataggio delle quattro banche del centro Italia ha caratteristiche talmente paradossali da sembrare l’invenzione di uno scrittore mediocre.
L’unico Paese membro dell’Unione Europea che, nel baratro della crisi finanziaria, non ha avuto bisogno di soccorrere le proprie banche (con la sola eccezione del Monte Paschi), si trova oggi ad affrontare una piccola crisi, di dimensioni irrilevanti dal punto di vista sistemico (1% del sistema bancario nazionale). Ciò accade, però, dopo l’entrata in vigore di una delle più significative riforme che l’Europa abbia conosciuto negli ultimi anni: l’Unione Bancaria, che con il suo secondo pilastro – il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie – impedisce che i fallimenti degli istituti di credito vengano addossati ai contribuenti (bail-out) e introduce un sistema di “salvataggio interno” (bail-in), che subordina qualunque intervento di capitali esterni, pubblici o privati, al sacrificio delle posizioni di azionisti e obbligazionisti.

Buon anno, sinistra

di Gianmarco Pisa 
L’Europa del 2015 consegna alla scena del mondo un inedito scontro di tendenze, in cui all’egemonia delle forze dominanti del capitale finanziario e del comando neoliberista, che trova espressione nelle politiche della Troika, nel primato tedesco e nei programmi di austerity, si contrappone in maniera sempre più significativa la ribellione popolare, che non si esprime solo, per fortuna, nell’avanzata della “destra anti-sistema”, nelle sue declinazioni nazionalitarie e nelle sue pulsioni xenofobe, ma anche, coraggiosamente, nel consolidamento di una sinistra anti-austerity, espressione di inediti blocchi sociali e popolari, la stessa che ha confermato Syriza al governo della Grecia, che ha espresso una coalizione di sinistra al governo del Portogallo, e che oggi è in grado di raccogliere un consenso superiore al 20% in Spagna, quando Podemos si afferma come terza forza del Paese, rompendo il bipolarismo tra conservatori e socialdemocratici e affermando una terza opzione, al tempo stesso, innovativa e progressista.

Un progetto per l'Italia

di Roberto Mancini 
Un progetto per l’Italia. È una prospettiva che ancora manca a tutti coloro che desiderano una società diversa, giusta e sostenibile. Un tempo esso veniva elaborato dai partiti, almeno da quelli orientati in questa direzione.
Nel vuoto di soggettività politico-istituzionali che si è aperto ormai da anni, oltre tutto in un Paese rimasto senza la sinistra, nessuno sembra farsi carico di questa esigenza. Per contro, le forze ostili alla democrazia non mancano mai di farsi un’idea complessiva di ciò a cui puntano. Quanti sono al servizio della mercatizzazione globale di ogni aspetto della vita hanno una prospettiva organica, sistematica, e la fanno valere. Basta considerare insieme, da un lato, le richieste della Ue ai singoli Paesi e, dall’altro, tutte le “riforme” del governo Renzi e si ottiene il disegno non solo del tipo di azione governativa, ma anche del tipo di società che vogliono. 

La deroga giusta

Il 18 novembre il presidente della CE Juncker ha annunciato ai cittadini europei che le spese per la sicurezza e l’acquisto di armi saranno considerate spese straordinarie da non far rientrare nel patto di stabilità. Una decisione presa in seguito agli attentati terroristici di Parigi.
In pochissime ore si è deciso di derogare in nome della lotta al terrorismo e della sicurezza alle regole di uno dei pilastri delle politiche di austerità portate avanti dall’inizio della crisi del 2007. Il rispetto del patto di stabilità è la motivazione con la quale negli ultimi anni sono stati imposti nel nostro paese ingenti tagli ai trasferimenti agli enti locali dell’ordine di 11 miliardi di euro e la drastica riduzione dei Fondo Nazionale per le politiche sociali: rispetto al 2008 il fondo ha subito un taglio complessivo di quasi l’80%, la quota del Fondo destinata a regioni ed enti locali ha subito una riduzione del 58%.

Risparmio tradito, il minimo sindacale che Bankitalia e Consob non hanno fatto

di Paolo Fior
Il 2015 è stato l’annus horribilis per il risparmio e il 2016 non promette niente di buono, vuoi per l’entrata in vigore dal 1 gennaio del famigerato bail-in, vuoi perché non si è risolto il problema dei 200 miliardi di sofferenze che pesano sui conti delle banche italiane e che rischiano di far saltare altri istituti.Dopo le botte prese dagli azionisti di Veneto Banca e diPopolare di Vicenza (a primavera, con la quotazione in Borsa, arriverà il saldo), e dopo l’integrale azzeramento dei risparmi di azionisti e obbligazionisti delle quattro banche salvate dal governo con il decreto del 22 novembre (Popolare Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti), la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema bancario, della vigilanza e del governo è ridotta ai minimi termini. E proprio la mancanza di fiducia unita alla normativa sul bail-in rischia di determinare un aggravamento della situazione degli istituti più deboli e meno patrimonializzati che da un lato rischiano lafuga in massa della clientela e, dall’altro, si troveranno a dover sostenere costi di raccolta più elevati rispetto agli istituti di maggiori dimensioni proprio perché presentano un grado di rischio più elevato.

Il nocciolo della questione. Ed il resto è silenzio

di Peppe Sini
Senza reticenze, senza ipocrisie, senza eufemismi, il nocciolo della questione e’ questo: che l’invio di 450 soldati italiani alla diga di Mosul verra’ presentato dalla propaganda dell’Isis come “un’invasione crociata” delle truppe di uno degli stati che dagli anni Novanta ha preso parte alla guerra e alle stragi e successivamente all’occupazione militare neocoloniale, devastatrice, rapinatrice, imperialista e razzista dell’Iraq.
E questa propaganda sara’ ovviamente svolta – come e’ proprio della strategia terroristica – attraverso sanguinosi attentati che potranno essere diretti contro i soldati italiani, contro la diga, contro l’Italia.
Ogni persona ragionevole e’ in grado di prevederlo.

L'accordo di Parigi non fermerà il riscaldamento globale

di Pete Dolack
Il risultato del Vertice sul Clima di Parigi è il seguente: i governi del mondo affermano di essersi accordati per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius, ma in realtà si sono impegnati a quasi raddoppiarlo. Sul futuro incombe tuttora un potenziale riscaldamento globale al galoppo.
La sorpresa del vertice, ufficialmente noto come la Ventunesima Sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico, o COP 21, è stata la decisione di fissare un obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, invece del precedente obiettivo di 2 gradi. Ciò è stato fatto su richiesta dei paesi isolani del Pacifico che potrebbero essere sommersi con un aumento di due gradi e il nuovo, più ambizioso obiettivo, se conseguito, offrirebbe un maggior margine di errore considerato che un aumento di 2 gradi è diffusamente ritenuto essere il limite per evitare un danno catastrofico.

Sui salvataggi bancari serve maggiore trasparenza

di Carlo Milani
In particolare le Fondazioni, principali azioniste delle banche coinvolte dal crack, confidavano nell’intervento del sistema bancario, a sua volta fortemente influenzato dalle stesse Fondazioni, che avrebbe permesso di salvaguardare anche i loro interessi. Il fatto che la Commissione si sia opposta a una simile soluzione va giudicato quindi con favore: se si vuole evitare che in futuro si ripetano crack bancari è fondamentale far pagare le crisi a chi ha avuto le maggiori responsabilità in termini di mancato controllo, come appunto gli azionisti, avendo tra l’altro, in precedenza, tratto giovamento dell’eccessiva assunzione di rischi. Sul piano di salvataggio coordinato dalla Banca d’Italia andrebbe fatta in ogni caso più luce. Quali conseguenze ci sarebbero state nel caso di un’applicazione totale del meccanismo del bai-in? Quali e quanti piccoli risparmiatori sarebbero stati coinvolti? Quali sarebbero state le perdite per il sistema bancario?

In Italia si muore d'aria

di Matteo Luca Andriola
L'Agenzia europea dell'ambiente boccia l'Italia. Un rapporto dell'agenzia pubblicato qualche giorno fa, rivela che fra i 28 paesi dell'Ue l'Italia ha il più alto tasso di morti per inquinamento d'aria, ben 84.400 nel 2012 su 491mila a livello comunitario, causati da agenti 'killer' quali polveri sottili, biossido di azoto e ozono presente negli strati più bassi dell’atmosfera, col primato del Nord Italia, a Brescia, Monza, Milano e Torino. Cifre ovvie, se pensiamo che solo nel 2006 sono stati commessi ben 24mila eco-reati, per un equivalente volume di affari di 18,9miliardi di euro. Per il rapporto Eurispes del 29 gennaio 2007, in 11 anni, solo in relazione ai rifiuti, ci sono stati 17.097 crimini ambientali, un business illecito che ammonta a 26,9 miliardi di euro.

L'Europa e il pericolo fascista

di Sandra Bonsanti
Da qualche giorno ho aggiunto agli anellini che porto insieme alla fede un cerchietto che sembra una fede d’argento. Ma non è argento, è ferro.
E’ la fede che la mia mamma fu costretta a portare quando, durante il fascismo, a tutti i cittadini italiani fu chiesto di donare l’oro alla patria. Ho deciso che la porterò sempre al dito, questa testimonianza del tempo della dittatura. Ed ho anche trovato, fra le carte di famiglia, un grande manifesto intitolato: “GRF G.Berta” e sotto il titolo “Oro alla Patria 12° elenco dell’oro e dell’argento raccolto dal Gruppo”. Tra i donatori più generosi anche mio nonno. Questo elenco è dell’aprile del 1936 e io non ero ancora nata.

Povertà educativa dei minori in Italia, tutto quel c'è da sapere

di Arianna Saulini
L’approccio multidimensionale alla povertà ci insegna che la dimensione economica da sola non è sufficiente ad inquadrare e contrastare il fenomeno. Esiste una povertà altrettanto insidiosa e spesso sottovalutata, specifica dei minori in quanto la povertà economica è di solito misurata rispetto alle condizioni lavorative o di reddito dei genitori, che Save the Children ha definito come povertà educativa. La povertà educativa è la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni[1]. Significa essere escluso dall’acquisizione delle competenze necessarie per vivere in un mondo caratterizzato dall’economia della conoscenza, dalla rapidità, dall’innovazione. Allo stesso tempo, per povertà educativa si intende anche la limitazione dell’opportunità di crescere dal punto di vista emotivo, delle relazioni con gli altri, della scoperta di se stessi e del mondo.

Il declino secolare del saggio d’interesse

di Maurizio Sgroi
Sta a vedere che aveva ragione Paul Leroy Beaulieu, mi dico, quando sul finire del XIX secolo preconizzava la caduta del saggio globale d’interesse che sarebbe arrivato anche all’1% e forse anche più giù. Un tasso per allora fantascientifico.
Beaulieu leggeva in questo declino verso il basso la tendenza di uno sviluppo economico che avrebbe corretto le storture del capitalismo, raddrizzandola verso la giusta remunerazione del lavoro, e interpretava il saggio d’interesse, che più tardi diventerà una dei bersagli preferiti delle intemerate keynesiane, come l’ostacolo principale alla fondazione di un’epoca di pacifica laboriosità.

Elezioni spagnole 2015. L’analisi del voto

di Enrico Comini
La Spagna che si è recata alle urne il 20 Dicembre 2015 è un paese che sta conoscendo una robusta crescita economica dopo anni di crisi e di gravi problemi sociali.
In realtà ancora oggi la situazione non è rosea: la disoccupazione si attesta al 21%, con una diminuzione di cinque punti rispetto al picco di oltre 26 punti percentuali del 2013, e quella giovanile viaggia sul 48%.
La totale liberalizzazione del mercato del lavoro da parte del Governo Rajoy (PP) ha visto la proliferazione di contratti atipici, precari, part-time, poco qualificati, con salari piuttosto bassi anche per i già contenuti standard spagnoli.
Il Partito Popolare (PP), che ha guidato la Spagna dal 2011 ad oggi, non è però percepito dall’opinione pubblica come il partito del “miracolo” della ripresa economica; anzi, gli scandali che hanno coinvolto alcuni esponenti del Partito e le riforme di austerità adottate negli ultimi anni ne hanno minato il consenso, crollato dal 44,6% del 2011 al 28,7% di queste ultime elezioni.

Il salva-banche mette Renzi contro tutti

di Claudio Conti
Le banche sono al centro del sistema finanziario, quindi al centro del capitalismo contemporaneo. Molto più che non la produzione di merci fisiche o “immateriali”, che producono sì profitti ma in misura percentualmente più limitata e soprattutto con tempi di rotazione (dal momento dell'investimento a quelli del “rientro” in seguito alle vendite) infinitamente più lunghi.
Logico dunque che sulla banche si giochi molto. Sia a livello di Unione Europea che di governi nazionali. E che ogni schermaglia investa direttamente non solo gli istituti di credito di qualsiasi grandeza, ma anche chi della banca è solo cliente, magari piccolissimo e costretto a quel ruolo per poter incassare stipendio o pensione.

Voto storico in Grecia: si alle unioni omosessuali. Indovinate chi manca?

di Ilaria Giupponi
E chi rimane indietro nella legalizzazione dell’uguaglianza? Ma l’Italia naturalmente. Mentre il nostro premier si maschera da militare, Alexis Tsipras si occupa di diritti. Il Parlamento greco ha approvato a larghissima maggioranza (193 si e i soli 56 no delle opposizioni radicali), le unioni civili. D’ora in poi, le coppie omosessuali potranno vedersi riconosciuti gli stessi diritti delle coppie etero.
Con una legge che consente di risolvere tutti gli ostacoli e ineguaglianze di natura legale (eredità, assistenza medica, reversibilità pensionistica), la Grecia – che solo due anni fa era stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani per discriminazionecontro i gay – fa un salto in avanti notevole.

Kurdistan, la sporca guerra e bugiarda di Erdogan

di Francesco Ruggeri
La Turchia sta conducendo la sua guerra: il presidente Erdogan ripete che vuole “sradicare” i terroristi ma questa sua politica di sradicamento vuol dire l’uccisione indiscriminata di civili sospettati di essere solidali con la causa curda. E’ uno degli effetti perversi della lista nera di Usa e Ue che include il Pkk, partito che si batte per l’autonomia dei curdi, tra le organizzazioni terroristiche.
Il bilancio settimanale del coprifuoco sul totale degli attacchi nei confronti delle città curde serve a mostrare la guerra contro la popolazione. Dal 14 dicembre 22 civili sono stati uccisi (il più giovane un neonato, il più vecchio un uomo di 70 anni) e più di 100 persone sono state ferite, 41 in modo gravissimo.

Quantitative Easing? Serve una rivoluzione 3.0

di Marcello Minenna
Draghi ha rimodulato il “vecchio” Quantitative Easing, allungando la durata (di almeno 6 mesi, fino a marzo 2017) e quindi l’entità degli acquisti (da 1.140 a 1.820 miliardi di euro). Sono questi gli interventi di cui necessitava il Qe (ora 2.0) per produrre quegli effetti che fino a ora sono stati solo un miraggio? Forse no; sarebbe stato necessario intervenire anche sulla composizione degli acquisti operati dalla Bce, ovvero sulle modalità con cui le risorse, ingenti anche se ben lontane da quelle messe in campo dalla Fed al culmine della crisi finanziaria internazionale, vengono impiegate. Ciò per assicurarsi che tali risorse arrivino a stimolare l’economia reale (dando impulso ai consumi e alla produzione), piuttosto che generare profitti per gli intermediari bancari.

Douce France

di Claudio Vercelli 
Le retoriche sulla sicurezza minacciata non hanno premiato elettoralmente chi se ne è fatto vessillifero ma, per il momento, si tratta solo di una battaglia perduta in una guerra che, invece, continuerà a mietere le sue vittime nei tempi a venire. Se ne può stare certi, trattandosi oramai di una questione di vera e propria egemonia culturale nel discorso pubblico, prima ancora che di un tema politico in senso stretto. Il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, e dei suoi famigli, dopo un rilevante ma non sorprendente risultato nel primo turno delle elezioni regionali francesi, si è poi visto sottrarre il bottino di una vittoria troppo improbabile per essere creduta come immediatamente possibile dagli stessi protagonisti. La Le Pen, astuta e abile sdoganatrice di un partito faticosamente sottratto al padre, non poteva non mettere in conto l’irripetibilità di una tornata nella quale ha comunque inchiodato socialisti e repubblicani alla loro inconsistenza politica. Forse è questo il suo vero “successo”, sul quale può confidare per una rimonta, a partire dalle presidenziali del 2017.

Più colte e indipendenti. Il sorpasso delle donne (nonostante la politica)

di Chiara Saraceno
Le donne italiane sono state protagoniste di importanti cambiamenti negli ultimi dieci anni. Il fenomeno riguarda soprattutto le più giovani, ma coinvolge anche le anziane, le italiane come le straniere. Le donne, infatti, sono sempre più istruite e nelle generazioni più giovani sorpassano i loro coetanei sia per livello di istruzione, sia per regolarità dei percorsi formativi (meno bocciature, meno fuori corso), sia per i voti che ottengono. Stanno anche in parte cambiando le scelte formative. Più ragazze iscritte a ingegneria, medicina, chimica, agraria, meno iscritte al gruppo letterario e politico- sociale. Anche le straniere, tra le quali sono in aumento coloro che arrivano non per ricongiungimento famigliare, ma come lavoratrici, sono spesso più istruite dei loro conterranei maschi (fanno eccezione le marocchine e le cinesi). 

Assistenza anziani e tagli, Italia fanalino di coda in Europa

La questione dell’assistenza agli anziani, ha una scarsa visibilità mediatica, tuttavia è un costo ed un impegno spesso insostenibile che ricade sulle famiglie, e che sempre più spesso è la causa di situazioni poco chiare in materia di assistenza improvvisata da parte di soggetti non competenti, quando non addirittura raggiranti. Le strutture di soggiorno sono insufficienti, le domande più del doppio rispetto alla disponibilità, e i costi molto alti non sono accessibili a tutti. Pubblichiamo un’interessante analisi di Franco Pesaresi e Carlos Chiatti, autori del V Rapporto sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, sulla contrazione dei servizi. Pesa la riduzione dei finanziamenti per regioni e comuni.
In Italia sono 2,5 milioni gli anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti, ma per le istituzioni e la politica non rappresentano ancora una priorità ed è così che nel totale silenzio diminuiscono i servizi a titolarità pubblica, mentre cresce e si aggrava il peso dell’assistenza sulle spalle delle famiglie.

Per una Catalogna di liberi e uguali

Intervista a Anna Gabriel di Geraldina Colotti
Sui possibili scenari in Spagna, abbiamo sentito Anna Gabriel. Deputata al parlamento catalano, Gabriel è la portavoce di Candidatura d’Unitat Popular (Cup) ed è considerata la personalità femminile più influente del suo partito.
Qual è la sua analisi dei risultati elettorali in Spagna?
"Crediamo ci siano diverse letture possibili. Anzitutto, bisogna notare che nei Paesi Baschi, nei Paesi Catalani e in una parte importante della Galizia, la coalizione vincolata a Podemos, le mareas ed altre formazioni di sinistra, sono risultate la prima forza in queste elezioni. È un fatto importante perché — sebbene non siano forze indipendentiste– riprendono nel loro programma il referendum sull’indipendenza, oltre al fatto che offrono alternative sul piano sociale e democratico, alternative che in parte coincidono con le nostre posizioni. Se consideriamo tutto il territorio statale, questa coalizione si situa come terza forza, sicuramente una buona notizia. Ma c’è un’altra lettura da considerare: il Pp e il Psoe restano le due forze maggioritarie.

Come Platone a Siracusa

di Hans Georg Gadamer
Sorprende la levata di scudi suscitata in Francia dal libro di Victor Farias. Si sapeva così poco del III Reich? I suoi adepti hanno sicuramente contribuito al caso se, credendo di difendere Heidegger, hanno ininterrottamente suonato il ritornello della sua «rottura» con il nazismo al termine di un anno di esperienze deludenti alla guida del rettorato di Friburgo. Nei paesi di lingua tedesca, quasi tutto quello che Farias rivela è noto da tempo. Più che consegnare un nuovo punto di vista, la sua frenetica elencazione degli archivi illumina maggiormente la vita burocratica degli anni successivi alla presa di potere da parte di Hitler. Qui nessuno può permettersi di far finta di scoprire che Heidegger non ha lasciato il partito nazista (cosa che alcuni si dilettano a presentare come una novità a partire dall’uscita del libro di Farias). Sicuramente anche in Germania i giovani fanno fatica a immaginare la realtà di quell’epoca: il conformismo, le pressioni, l’indottrinamento ideologico, le sanzioni… «Perché non avete fatto sentire la vostra voce?» chiedono in molti. Diciamo anzitutto che spesso si sottovaluta la naturale inclinazione dell’uomo verso un conformismo sempre pronto a farsi lusingare da qualunque soperchieria.

Il tempo nuovo dei tumulti

di Sandro Mezzadra
È giugno a Parigi, corre l’anno 1848. La famiglia Tocqueville è a tavola, in una casa signorile della rive gauche. Tuona il cannone sull’altra riva della Senna, la canaglia operaia sarà infine sconfitta e massacrata. Ma il terrore serpeggia in casa Tocqueville, tanto forte è l’impressione destata dall’insurrezione armata proletaria. A una giovane cameriera, che arriva proprio dal Faubourg Saint-Antoine, uno degli epicentri della rivolta, sfugge un sorriso. Sarà licenziata immediatamente, ma quel sorriso – lo ha ricordato anni fa Toni Negri, discutendo Spettri di Marx di Jacques Derrida – rimane una splendida incarnazione dello spettro del comunismo che avrebbe a lungo turbato i sonni della borghesia.
È bello immaginare che ci sia stato un antefatto di questa scena, molti secoli prima. È ancora estate, sta finendo il mese di agosto. Siamo a Firenze, e l’anno è il 1378.

La Spagna ingovernabile

di Carlos Heras Rodriguez
E no, come già sapeva chiunque avesse visto qualche sondaggio nell’ultimo anno, Podemos non ha vinto le elezioni. E comunque il Regime bipartitico, o del ’78, è ancora e in ogni appuntamento elettorale più ferito e fa più fatica a funzionare. Per la prima volta nel periodo democratico, giorni dopo le elezioni parlamentari non si sa chi sarà presidente del governo e compaiono soltanto due opzioni risolutive: la gran coalizione PP-PSOE in diversi formati possibili oppure nuove elezioni.
I risultati
Dalle elezioni del 20D non viene fuori un vincitore chiaro, neanche un partito nazionale del tutto sconfitto. Il PP, al governo, è stato il partito più votato con il 28,72% dei suffragi e 123 seggi su 350. Considerando i casi di corruzioni scoperti durante la legislatura e la gestione antisociale della crisi sembra una gran vittoria, ma al contempo rispetto al 2011 ha perso il 15,9% di voti totali e ha preso 53 seggi in meno. La buona notizia per il PSOE è invece essere ancora vivo.

Diritto al cibo e cittadinanza globale

Intervista a Salvatore Veca di Marco Dotti 
Il dopo Expo? Non è solo il destino del milione di metri quadri che sono stati il teatro dell’evento. Il dopo è anche un’eredità che i sei mesi di Milano lasciano come riflessione su uno dei temi centrali per il futuro del mondo: è il diritto al cibo, messo al centro della Carta di Milano, che il 16 ottobre è stata consegnata al segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon. La Carta è un documento che nel corso dei mesi è stato arricchito da contributi, compreso quello inviato dal gruppo Vita.
Un documento, il nostro (scaricalo qui il pdf) che Salvatore Veca, filosofo e professore all'Università di Pavia, incaricato di coordinare i lavori per la Carta di Milano, ha particolarmente apprezzato. A lui abbiamo chiesto di fare un bilancio di questo lavoro di fondo sul contenuto chiave del lavoro.

In Portogallo si spacca il governo «frentista» pur di salvare le banche

di Goffredo Adinolfi
No, l’avventura del governo «frentista» di Antonio Costa non è cominciata con i migliori auspici. Oggetto del contendere il caso dell’ennesimo salvataggio bancario, dopo quello del Banco Português de Negocios e del Banco Espirito Santo: ora è la volta del Banif (Banco Internacional do Funchal – Azzorre). Per evitare il fallimento, il governo è stato obbligato a prendere decisioni in tempi rapidissimi.
La legge di ratifica del bilancio — con un aumento del debito pubblico — che permette l’assunzione di ogni onere dell’operazione di riprivatizzazione sulle casse dello stato, è approdata ieri in parlamento per essere approvata in tutta fretta. Fino all’ultimo non era del tutto chiaro se il provvedimento sarebbe passato. La maggioranza si è presentata divisa all’Assembleia da Republica: da un lato i socialisti ad appoggiare e dall’altro il Bloco de Esquerda (Be) e il Partido Comunista Português (Pcp) irremovibili nella loro scelta di opporsi alla ratifica.

Pasolini e Dante. La “divina mimesis” e la politica della rappresentazione

di Emanuela Patti
Mimesi. “Il punto d’avvio non può essere che il concetto di mimesi”, scriveva Daniele Giglioli qualche settimana fa in apertura di un suo contributo su Réné Girard pubblicato su LPLC. E questo è anche il punto di partenza del rapporto tra Pasolini e Dante, fortemente incentrato sui temi della rappresentazione e dell’imitazione. Nella riflessione pasoliniana sulla “realtà rappresentata” (mimesis), Dante ha avuto di fatto un ruolo di primo piano. Negli anni Cinquanta la sua influenza ha preso la forma di un certo “realismo dantesco” nella narrativa e poesia pasoliniana, a partire dall’esempio di oggettività, sperimentalismo e plurilingualismo di Dante diffuso da un saggio di Gianfranco Contini del 1951, “Preliminari sulla lingua del Petrarca”. In particolare, il plurilinguismo sarebbe diventato per lui un modello per ripensare la rappresentazione dell’altro (delle classi subalterne e della loro realtà) a livello sociologico, in relazione alla “questione della lingua” e del “nazional-popolare”. Nei primi anni Sessanta, invece, Dante è diventato fonte di ispirazione di un certo “realismo figurale” nel cinema pasoliniano a partire dai concetti di figura e “contaminazione degli stili” di Erich Auerbach – come emerge chiaramente nella fase “nazional-popolare” del suo cinema che va da Accattone (1961) a Il Vangelo secondo Matteo (1964). In questi film la contaminazione degli stili, tradotta in ibridazione di pittura, musica, letteratura ed immagini in movimento, ha consentito associazioni semiotiche piuttosto radicali tra cultura alta e cultura bassa e, nello specifico, tra la figura di Cristo e quella del sottoproletariato.

“L’Acqua pubblica è il futuro”. L’esperienza globale della rimunicipalizzazione

A cura di Satoko Kishimoto, Emanuele Lobina e Olivier Petitjean. Pubblicato da Transnational Institute (TNI), Public Services International Research Unit (PSIRU), Multinationals Observatory, Municipal Services Project (MSP) e European Federation of Public Service Unions (EPSU) Amsterdam, Londra, Parigi, Città del Capo e Bruxelles, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, in collaborazione con Miraggi Edizioni.
Il libro “L’Acqua pubblica è il futuro” offre un panorama aggiornato delle trasformazioni di centinaia di aziende idriche di tutto il mondo in aziende a capitale e gestione pubblica, con particolari approfondimenti per gli Stati Uniti, Francia, Germania, Indonesia e un apposito capitolo sull’Italia.

Le mani di Renzi sulla Rai

di Pancho Pardi
Con un militante della prima ora alla Leopolda posto con ampliati poteri al vertice della Rai si verificherà presto il nuovo carattere delle reti televisive pubbliche, che già da tempo si erano prodotte in sbrodolanti servizi sul presidente del consiglio.
Renzi ha mantenuto a modo suo la promessa: fuori i partiti dalla Rai. Si era dimenticato di dire: dentro la Rai solo Palazzo Chigi.
Così il premierato assoluto preparato dalle riforme istituzionali potrà pretendere pieno e incontrastato dominio sulla principale fonte pubblica di comunicazione e informazione.

L’impegno dell’Italia e il rapporto con gli alleati

di Alberto Negri
Fare la leva negli anni'70 era istruttivo: dopo avere piantato la tenda sul Tagliamento vicino a un modesto cingolato M-113, al secondo giorno di esercitazione i soldati erano regolarmente dichiarati morti senza avere visto il nemico, il Patto di Varsavia. Non occorreva uno stratega per capire quale ruolo avevamo nella Nato. Il libretto di servizio dei nostri militari, ormai dei professionisti, oggi è un altro.
Forse non avvisteranno mai all’orizzonte la bandiera nera dell’Isis ma nel discutere cosa può fare l’Italia per combattere il Califfato, sottolinea un recente studio dello Iai, sarebbe utile ricordare agli alleati cosa già fa il Paese nei teatri mediorientali e come ogni intervento – in Iraq, Libia o Siria – debba essere inquadrato in una strategia diplomatica per non ridursi ad accettare il menù degli altri.

Con la rivoluzione bolivariana del Venezuela

Pochi giorni fa si è svolto un incontro tra una delegazione del PRC e l’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela. La delegazione del PRC era composta dal Segretario nazionale Paolo Ferrero, da Fabio Nobile della Direzione Nazionale e da Maurizio Messina della Federazione di Roma. Nell’incontro l’ambasciatore Julian Isaias Rodriguez Diaz, ha illustrato in maniera molto dettagliata il contesto di strangolamento e boicottaggio economico che sta vivendo il paese. C’è stata una forte spinta inflattiva e pesa la drastica riduzione delle entrate derivanti dal petrolio, che avevano garantito finora, grazie, grazie alle scelte portate avanti dal governo bolivariano, in questi anni, un surplus commerciale in grado di tradursi in un miglioramento complessivo delle condizioni sociali e di vita di milioni di Venezuelani.

Manicomi criminali, una vergogna senza fine

di Giacomo Russo Spena
Il palazzo è tetro. Tre piani. Al secondo, le grate impediscono l’affaccio. Una piccionaia. Una donna, appena mi vede, si aggrappa alle sbarre. Strilla. “Portami via, ti prego, portami via”. Il suo grido è straziante. Scoppia a piangere, disperata. Poi ricomincia ad urlare: “Mi mancano i miei amici, mio padre, mia madre. Non mi hanno perdonato, perché? Perché?”. Le sue parole ti penetrano dentro, ti sconvolgono. Generano ansia. Siamo a Pontecorvo, centro di poche anime vicino Frosinone.
Chi scrive è riuscito a partecipare – grazie al Comitato Stop Opg – alla prima ispezione nazionale all’interno di una Rems, le Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive, le nuove strutture che avrebbero dovuto sostituire i manicomi criminali e porre fine a quel che l’Europa ha considerato “luoghi inumani e degradanti”. La realtà dice altro. 

Lavoro totale

di Maurizio Busacca
Le componenti culturali, creative e relazionali investono in modo crescente gli ambiti dell’innovazione sociale e dell’auto-imprenditorialità e come tali vengono ampiamente studiate, ma è solo spostando l’attenzione dalle varietà del lavoro cognitivo alle forze che lo determinano che possiamo tentare di cogliere e interpretare la dinamica del cambiamento in atto.
Apprendimento continuo, autonomia, responsabilità, flessibilità, individualizzazione, svalorizzazione e cooperazione diventano così traiettorie di sviluppo del lavoro e non contingenze di alcuni settori o fenomeni. Analizzare le strutture che fondano l’attuale condizione del lavoro cognitivo nei campi dell’innovazione sociale e dell’auto-imprenditorialità può allora aiutarci a comprendere le forze sottostanti ai processi di riorganizzazione del lavoro in atto.

Quale futuro per i giornali di carta?

di Andrea Daniele Signorelli
Nella vita può succedere di tutto, pure che i ventenni di oggi scoprano di voler leggere le notizie del giorno prima, in un formato che non si può condividere, che viene aggiornato una volta sola al giorno. Può succedere anche che, chissà, gli smartphone passino di moda. Il sarcasmo dell’esperto di innovazione e docente della New York University Clay Shirky sembra mettere una bella pietra tombale su tutti quelli che pensano o si augurano che ci sia un futuro per i giornali di carta. Le notizie, in eff etti, non sono molto rassicuranti. Restando in Italia, i quotidiani negli ultimi dieci anni hanno perso tra il 25 e il 45% dei loro lettori, con punte del 70%. Un calo nelle vendite a cui è seguito un calo della raccolta pubblicitaria, passata dal miliardo e 700 milioni di euro del 2004 agli 898 milioni di euro del 201318. La raccolta pubblicitaria online, si sa, non è in grado di compensare una situazione di questo tipo, così come non è sufficiente la crescita delle vendite di copie digitali identiche al cartaceo, distribuite a un prezzo inferiore (ma con margini sicuramente più alti) su smartphone e tablet. In tutto questo, i costi fissi e le strutture elefantiache delle redazioni pesano come un macigno.

Il Psoe resiste: «No a Rajoy»

di Luca Tancredi Barone 
Più passano i giorni più il rompicapo spagnolo si complica. Bersaglio di tutti gli strali è il segretario socialista, Pedro Sánchez.
Sul fronte interno, Sánchez cerca disperatamente di rafforzare la sua leadership rispetto alla vecchia guardia, che spinge, dietro le quinte, per una soluzione più continuista possibile.
Ufficialmente, Sánchez ha chiarito che il Psoe non appoggerà mai e poi mai un governo di Mariano Rajoy. Ma le pressioni sono sempre più insistenti, e fino al 13 gennaio — data in cui si riunisce per la prima volta il nuovo Congresso — sembrano destinate a diventare insostenibili.

mercoledì 23 dicembre 2015

La gabbia del sistema

di Massimo Villone 
Il Renzi-pensiero sul voto in Spagna è lapidario: benedetto sia l’Italicum. Perché in Italia la sera del voto «ci sarà un vincitore chiaro. E una maggioranza in grado di governare. Stabilità, buon senso, certezze. Punto». Il sistema elettorale spagnolo era celebrato — in specie grazie all’articolazione in piccoli collegi — per il favor verso i partiti maggiori, con l’effetto conseguente di comprimere il pluralismo politico e spingere verso il bipolarismo e l’alternanza. Proprio il sogno di tanti nostri riformatori. Il modello era ben presente nel dibattito poi tradotto nella proposta governativa e nell’Italicum. E già da anni una certa sinistra lo caldeggiava. Ricordate il «Vassallum»?
La Spagna dimostra, invece, come nessun sistema elettorale possa di per sé garantire che il voto produca in tempo reale un vincitore certo, in grado di governare per la durata del mandato con il sostegno di una sua maggioranza. Obiettivo fallito da sistemi anche molto diversi, in Gran Bretagna come in Grecia, in Germania come in Spagna.

Sbagliato archiviare il terremoto francese

di Alberto Burgio 
Le elezioni in Spagna rappresentano una grande novità sullo scenario europeo per l’implosione del bipolarismo e l’ottimo risultato ottenuto da Podemos. Sarebbe tuttavia erroneo, nel discuterne, archiviare il recente voto regionale francese, ignorando la svolta che esso ha rappresentato. Nelle regionali d’oltralpe si è manifestato un moto tellurico di enormi proporzioni, ricco di insegnamenti anche per il nostro paese. I risultati del ballottaggio e ancor più quelli del primo turno sono lo specchio della crisi storica della sinistra politica: l’indizio del rischio che essa si estingua nel quadro della transizione postdemocratica del continente.
In Francia la scomparsa della sinistra è stata resa esplicita dalla decisione dei socialisti di non presentarsi al secondo turno dove non avevano chances di vittoria. Contro la vandea neofascista la desistenza frontista è più che motivata.

Brevi note sulla sostenibilità sociale del sistema previdenziale pubblico in Italia

di Andrea Fumagalli 
In Italia, il sistema pensionistico pubblico è strutturato, seppur solo formalmente, secondo il criterio della ripartizione. Ciò significa che i contributi che i lavoratori e le aziende versano agli enti di previdenza vengono utilizzati per pagare le pensioni di coloro che hanno lasciato l’attività lavorativa. Per far fronte al pagamento delle pensioni future, dunque, non è previsto alcun accumulo di riserve.
È evidente che in un sistema così organizzato, il flusso delle entrate (rappresentato dai contributi) deve essere in equilibrio con l’ammontare delle uscite (le pensioni pagate).
In Italia, da un lato, il progressivo aumento della vita media della popolazione (fatto di per sé positivo, a meno che non si voglia ripristinare un “Monte Taigeto” di spartana memoria o una “rupe Tarpea” di latina memoria) ha fatto sì che si debbano pagare le pensioni per un tempo più lungo, dall’altro, il rallentamento della crescita economica ha frenato le entrate contributive.

Sinistra, aperti nei contenuti, uniti per realizzarli

di Bia Sarasini
È semplice e seria, la lezione di Podemos. Per prendere voti, per convincere le persone ci vogliono concretezza e futuro, solidità e coraggio, non trucchi ma vero cambiamento. Eppure rimane una lezione difficile, per noi in Italia. Qui dobbiamo fare i conti con una fine, la fine del “tavolo” che univa tutte le forze della sinistra esistente insieme ad alcune associazioni, e a chi è uscito dal Pd.
Una fine che dice che quelle forze, quei soggetti, non vogliono o non possono tenersi insieme – qualunque siano le valutazioni sulle diverse sfumature e gradazioni di responsabilità. Una fine che dice che non c’è più unità, del resto bastava guardare le pagine del manifesto di ieri, che presentavano con chiarezza differenti opzioni in campo. Ma se dove c’è una fine c’è sempre un principio, cosa inizia di nuovo?

Un appello “anonimo” con nomi e cognomi

di Maurizio Acerbo 
Da lunedì circola sui social un appello “anonimo” – pubblicato anche sul Manifesto – di esponenti di Sel, Sinistra Italiana e aree limitrofe per la “sinistra di tutte e tutti”. E’ partito dal giro di Act ma in pochi minuti è stato “casualmente”, con fulmineo “copia e incolla”, fatto proprio da Nicola Fratoianni, Betta Piccolotti, Simone Oggionni, Marco Furfaro, Massimiliano Smeriglio, Luca Casarini, Beatrice Giavazzi, Andrea Ranieri, Stefano Fassina, e tanti altri noti e meno noti assessori, parlamentari, segretari regionali, provinciali nonché qualche associazione ben nota per la vicinanza a Sel. Il sedicente “gruppo di persone” è piuttosto noto, che il testo come scritto nella presentazione sia “proprietà di nessuno” alquanto dubbio. Infatti con un’intervista sempre sul Manifesto Claudio Riccio di Act ce lo spiega. Forse questi “soliti ignoti” sono i “ragazzi”, alcuni a ben vedere piuttosto attempati, a cui in una recente intervista al Manifesto Sergio Cofferati intendeva passare la mano. Chiunque abbia fatto nella vita un po’ di movimento conosce bene queste trovate e non si sorprende.

Il lavoro ed i suoi dati. Se la statistica serve alla propaganda

di Marta Fana
Arriva alla vigilia delle festività natalizie è stato siglato l’accordo tra Ministero del Lavoro, Inps, Inail e Istat per la realizzazione di un sistema informativo statistico integrato sul mercato del lavoro e sulla protezione sociale.
Due sono i punti chiave dell’accordo: il primo riguarda la messa a punto di un sistema automatizzato che consenta il collegamento tra le diverse banche dati, di fonte amministrativa (Inps, Inail, Ministero del lavoro) e statistica (Istat); il secondo riguarda la futura disponibilità di dati dettagliati per la ricerca. Al fine dell’implementazione pratica, sono istituiti «un Comitato di indirizzo inter-istituzionale, che definirà gli obiettivi, le modalità e i tempi di realizzazione delle diverse attività, ed un Gruppo di lavoro tecnico, coordinato dall’Istat, che avrà il compito di progettare il sistema informativo e le comunicazioni di analisi integrata del mercato del lavoro».