La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 dicembre 2015

Con la rivoluzione bolivariana del Venezuela

Pochi giorni fa si è svolto un incontro tra una delegazione del PRC e l’ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela. La delegazione del PRC era composta dal Segretario nazionale Paolo Ferrero, da Fabio Nobile della Direzione Nazionale e da Maurizio Messina della Federazione di Roma. Nell’incontro l’ambasciatore Julian Isaias Rodriguez Diaz, ha illustrato in maniera molto dettagliata il contesto di strangolamento e boicottaggio economico che sta vivendo il paese. C’è stata una forte spinta inflattiva e pesa la drastica riduzione delle entrate derivanti dal petrolio, che avevano garantito finora, grazie, grazie alle scelte portate avanti dal governo bolivariano, in questi anni, un surplus commerciale in grado di tradursi in un miglioramento complessivo delle condizioni sociali e di vita di milioni di Venezuelani.

Il voto ha visto non un aumento, se non fisiologico, dei voti della destra quanto un altissima astensione, circa 2 milioni e mezzo di voti in meno per il Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV), e un milione di voti nulli molti dei quali “comprati” dalle opposizioni. C’è stata una evidente aggressione portata dall’imperialismo nordamericano e dalla reazione interna ma le forze popolari, la loro base sociale e militante che sostengono il processo bolivariano, stanno costruendo un percorso partecipato di discussione per comprendere tutte le ragioni che hanno portato alla perdita di quei 2 milioni e mezzo di voti.
Non si può non tenere conto che all’aggressione economica la scarsa diversificazione produttiva ha continuato a rendere il Paese dipendente dai prezzi dei prodotti petroliferi. Oggi, a causa della crisi e per scelta dei maggiori produttori (in testa l’Arabia Saudita) proprio contro la Russia e il Venezuela, il prezzo del petrolio è giunto ai 35 dollari al barile, molto al di sotto dei 50 dollari che per il Venezuela rappresenta il limite sotto cui l’estrazione non è vantaggiosa.
L’ambasciatore ha manifestato grande sicurezza nella capacità di recupero della rivoluzione bolivariana.
Ha descritto in maniera dettagliata la reale situazione del dopo voto. Sul piano istituzionale il complesso sistema venezuelano fa sì che non sia chiusa la partita con la vittoria della destra alle Parlamentari del 6 dicembre.
È vero che il Parlamento, con la maggioranza dei due terzi, che può abrogare anche le leggi più importanti prodotte dalla rivoluzione bolivariana ed approvare l’amnistia dei detenuti che si sono macchiati di crimini importanti come quelli delle Guarimbas del marzo 2014, quando l’estrema destra venezuelana, bloccando con il filo spinato ed altro le strade, per protestare contro la vittoria di Maduro, provocò oltre 20 morti.
Ma molte di queste leggi, come quelle sul lavoro o la stessa amnistia potrebbero essere bocciate dalla corte costituzionale. Come il referendum revocatorio contro il presidente prevede la raccolta di firme di un numero molto elevato di elettori e non è il Parlamento che può da solo convocarlo. E’ evidente che l’informazione ha pesantemente calcato la mano sulla fine del chavismo. La situazione è pesante, c’è un’offensiva durissima dell’imperialismo nordamericano e della reazione interna che riguarda tutta l’America Latina, basti pensare all’Argentina, ma la partita è e resta aperta.
Dopo l’insediamento del 5 gennaio prossimo è facilmente prevedibile che la tensione tornerà a salire, come non è da escludere che il conflitto tra poteri possa portare ad uno scontro frontale dagli esiti ad oggi non scontati. Il caos urbano, la stretta economica insieme allo scontro di potere possono diventare una miscela esplosiva.
E’ chiaro che la partita in gioco, per stessa ammissione dell’Ambasciatore, è la combinazione tra la tenuta del processo rivoluzionario in tutta l’America Latina (Il 20% del PIl di Cuba conta sullo scambio commerciale con Caracas) e i complessivi assetti geostrategici. L’influenza della Cina e della Russia è enormemente aumentato in questi anni nell’area ed un attacco alle attuali leadership rivoluzionarie deve fare i conti anche con i due Paesi più importanti del BRICS che contestualmente oggi si fronteggiano sempre meno diplomaticamente nel teatro mediorientale e complessivamente nella ridefinizione delle gerarchie a livello mondiale.
Ferrero nel ringraziare l’Ambasciatore per l’incontro ha ribadito la solidarietà politica del Prc, alle forze popolari che sostengono la rivoluzione bolivariana e al Presidente Maduro. Ha posto come punto fondamentale la necessità di una declinazione aperta e più ampia possibile con cui sostenere il processo complessivo in America Latina oggi attaccato così pesantemente. La difesa della Repubblica bolivariana, in questa parte del mondo, non può essere relegata solo a generosi ed importanti gruppi già convinti ma allargando in primo luogo con una costante controinformazione quanto i processi democratici e indipendenti dalla morsa dell’imperialismo siano continuamente contrastati con ogni mezzo dalle forze dominanti. Così è stato nei periodi delle feroci dittature che hanno insanguinato l’America latina, così è oggi la reazione che tenta di riprendere le redini di una situazione sfuggita al loro ferreo controllo. Un informazione dove la messa in discussione delle chiavi di comando di quello che era considerato il cortile di casa degli Usa determina un continua distorsione della realtà, nascondendo il progresso sociale che la Revolucion ha determinato in questi anni. «La democrazia che vince contro il dominio dà fastidio, l’unica democrazia che viene accettata è quella che lo mantiene – Come ha ribadito Ferrero – non si tratta di dare semplice solidarietà, ma di una battaglia da fare insieme al di qua e al di là dell’oceano».

Fonte: Rifondazione Comunista 

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