La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 22 dicembre 2015

Spagna: Terremoto Podemos, frana il bipartitismo

di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena 
È un terremoto politico storico per la Spagna: dopo il passaggio dal franchismo alla Costituzione del 1978, stiamo assistendo ad una seconda transizione democratica. Sicuramente più soft, ma comunque epocale come dimostra innanzitutto il dato dell’affluenza al voto, pari al 73 per cento, in aumento rispetto alle scorse elezioni. Un dato in controtendenza rispetto al resto d’Europa – dove l’astensionismo la fa da padrone – e che evidenzia la grande voglia di partecipazione in questa delicata fase del Paese.
La svolta è rappresentata dal crollo (previsto) dello storico bipartitismo fra socialisti e popolari: ovvero i due partiti che si erano alternati al potere negli ultimi quarant’anni. Il Partito popolare rispetto alle precedenti elezioni del 2011 ha perso quasi quattro milioni di voti: un milione e mezzo in meno per il Partito socialista, sei punti percentuali in meno rispetto al già disastroso risultato del 2011. 
Ed è comunque vero che i due partiti sono giunti primo e secondo e hanno ancora in mano il pallino del gioco, ma con l’ingresso in Parlamento di forze nuove come Podemos e Ciudadanos i poli di attrazione diventano quattro. La corruzione endemica, il meccanismo di governance e le politiche di austerity – la Spagna è il Paese in Europa nel quale la diseguaglianza sociale è aumentata di più negli ultimi anni, con l’ampliamento della forbice tra redditi alti e medio bassi, a dimostrazione di come la crisi non sia generalizzata ma punti a fenomeni di accumulazione – hanno generato un desiderio di cambiamento e riscatto. Un rinnovamento generale. Con le politiche del rigore imposte dalla Troika ancora una volta sotto la lente di ingrandimento con l’ascesa delle forze “antisistema” e di protesta contro lo status quo.
Guai però a confondere i piani, come ha fatto Aldo Cazzullo sul Corsera, che ha definito Pablo Iglesias un incrocio tra Marine Le Pen e Beppe Grillo. L’exit strategy di sinistra – europeista e neokeynesiana – incarnata da Podemos, Syriza (Grecia), Sinn Fein (Irlanda), il Labour di Jeremy Corbyn (Inghilterra) e dal governo portoghese è ben distante dall’euroscetticismo xenofobo di Marine Le Pen e del nostrano Matteo Salvini. Come i “populismi” non sono tutti uguali. Podemos – di cultura e formazione latinoamericana - è ben distante sia dal Front National che dal M5S. Non sono, infatti, i grillini spagnoli. Come scritto in un capitolo del nostro libro (Podemos. La sinistra spagnola oltre la sinistra, Edizioni Alegre), se esistono elementi di somiglianza (lotta anti-casta, utilizzo della Rete, attacco al bipartitismo) molti altri sono gli elementi di divergenza: dalla collocazione europea – Podemos sta con Alexis Tsipras nel Gue, la Sinistra europea rosso-verde – alla provenienza movimentista e di sinistra dei dirigenti di Podemos, passando per un diverso utilizzo del web e una diversa strutturazione (Podemos è un partito a tutti gli effetti con una maggioranza e minoranza interna). 
Più precisamente rappresenta una sinistra post-moderna e, soprattutto, post-novecentesca che ai classici elementi di equità e giustizia sociale ha associato la lotta contro la corruzione e i costi della politica. Una forza estremamente pragmatica e strategica che fa di Antonio Gramsci, e delle idee concettuali di egemonia e di maggioranza sociale, un punto di riferimento culturale e politico. Una forza che sarebbe sbagliato etichettare come “anti-politica” bensì da annoverare tra i soggetti promotori di “altra politica”.
Ma mentre oggi i giornali spagnoli, e in maniera trasversale, parlano di “terremoto Podemos”, partito giunto terzo alla sua prima apparizione elettorale alle Politiche con quasi il 21 per cento dei consensi, in Italia l’Unità titolava con un incomprensibile “No Podemos”; nel mentre i renziani approfittavano del caos spagnolo post urne per osannare l’Italicum. Strumentalizzazioni che non aiutano a capire cosa sia accaduto nella società spagnola negli ultimi anni, con le ovvie ripercussioni di natura politica. Lo stesso Ciudadanos, la “Podemos di centrodestra”, da qualcuno considerato l’antidoto del sistema per bloccare l’ascesa di Pablo Iglesias, ha preso il 14 per cento. Un buon risultato, ma non eccessivo se si considera il favore di gran parte dei media generalisti di cui godeva il suo leader Albert Rivera. 
E ora? Come garantire la governabilità del Paese? L’Europa chiede a gran voce le larghe intese per continuare sul solco dell’ideologia neoliberista – tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, compressione salariale – ma il Psoe resta spaccato. Il leader Pedro Sanchez appare contrario perché così i socialisti rischierebbero di ripetere gli stessi errori del Pasok in Grecia, sparito e divorato da Syriza in pochi mesi dopo la grande coalizione. Ma chissà, per Podemos è proprio questa l’opzione forse preferita, perché dimostrerebbe plasticamente la bontà della retorica degli Indignados, che hanno accusato centrodestra e centrosinistra di rappresentare facce diverse della stessa medaglia. L’altra ipotesi è un governo di minoranza Pp-Ciudadanos, ma sarebbe estremamente fragile a livello istituzionale. «Si apre nel nostro Paese un nuovo capitolo che può portare a un compromesso storico. Tutti noi dobbiamo riflettere nelle prossime settimane su come queste elezioni guidino una transizione verso un nuovo sistema politico», sono state le prime parole di Iglesias. Che ha ricordato come «Podemos non permetterà né attivamente né passivamente un governo del Pp».
Di certo, la Spagna ha voltato pagina. Con Podemos protagonista di una vera remontada nelle ultime settimane, dopo che alcuni sondaggi la relegavano al 10 per cento. È anche il partito che ha eletto più donne. Per Iglesias e compagni è stato un trionfo in Catalogna - primo partito - che sa di riscatto dopo la battuta d’arresto alle ultime elezioni di settembre. Il merito è anche di Ada Colau, eletta sindaca di Barcellona con una lista civica sostenuta anche da Podemos, che è scesa prepotentemente in campo affollando le piazze. Un riscatto anche contro l’indipendentismo catalano e la vittoria dell’idea di un referendum, secondo il criterio di sovranità popolare e democrazia diretta.

Fonte: MicroMega online 

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