La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 11 giugno 2016

Perché si può votare 5Stelle

di Guido Liguori
Il voto del 5 giugno non può essere definito soddisfacente per la sinistra, che conferma uno zoccolo duro del cinque per cento oltre il quale oggi sembra non riesca ad andare. L’eccezione significativa è Napoli, e ci tornerò più avanti. Mentre il risultato di Cagliari non costituisce una eccezione, basandosi sulla alleanza tra sinistra e Pd, improponibile se proiettata su scala nazionale. I casi più evidenti sono quelli di Roma e Torino, con candidati noti e largamente condivisi come Fassina e Airaudo. Sarebbe ingeneroso imputare loro colpe specifiche: questi due risultati non fanno che confermare un dato non locale e non solo momentaneo. Né altre liste “più di sinistra” o “più di movimento” possono vantare risultati significativi, anzi. Alcune riflessioni e alcune ipotesi non scontate dunque si impongono.

Il ritorno di Karl Marx nell'Europa di Angela Merkel

di Alessandro Gianetti
L’alleanza tra Podemos e Izquierda Unida per le prossime elezioni del 26 di giugno è la principale novità del frammentato scacchiere politico spagnolo, che per il resto rimane uguale alla fumata nera del dicembre scorso; la fusione avvenuta tra la sinistra eurocomunista e la formazione degl’Indignados, tuttavia, è di quelle che lasceranno il segno. Si risolve un dubbio fondamentale, Podemos è di sinistra o di destra? È evidentemente di sinistra, ma i suoi slogan contro i privilegi della classe dirigente e a favore del reddito di cittadinanza hanno attratto anche elettori trasversali. Fin qui, niente di nuovo sul fronte occidentale, in Italia lo abbiamo già visto con il Movimento 5 Stelle e in Grecia con l’ampio consenso raccolto da Syriza. Quel che sorprende è che un simile impianto possa poggiare su solide basi marxiste e dichiaratamente novecentesche, gramsciane per l’esattezza.

La neolingua dell'ideologia e della burocrazia neoliberali

di Jean-Luc Debry 
Nel momento in cui il discorso dominante, portato avanti dalle istituzioni (pubbliche e private) viene riprodotto dagli individui che in esso si identificano, si arriva a convincersi che sia la descrizione del "reale", e che pretendere il contrario sarebbe solamente un miserabile tentativo volto ad invalidare la realtà, allora l'alienazione moderna diventa il cuore di ciò che ci costituisce in quanto soggetto sociale, ossia il linguaggio. La penetrazione dell'ideologia manageriale nella carne e nell'inconscio dei salariati convertiti alla "cultura d'impresa" passa, ormai, attraverso l'utilizzo di un gran numero di espressioni, di parole e di costruzioni sintattiche il cui uso conferisce loro pertinenza, imponendole come altrettante prove del fatto che non c'è più da discutere; il messaggio semplicistico veicolato da un Macron [N.d.t.: funzionario, banchiere e politico francese, Ministro dell'Economia, dell'Industria e del Digitale nel Governo Valls II dal 26 agosto 2014] ne è diventato la caricatura.

L’Europa e le illusioni della sinistra

di Will Denayer 
1. Varoufakis
Questo articolo parla di strategia, ma la strategia non può essere considerata indipendentemente dalle persone, dalle loro storie e dalle loro azioni. SYRIZA è sempre stata un complicato conglomerato di gruppi con convinzioni politiche eterogenee, ma da quando è salita al potere nel gennaio 2015 fino alla sua resa sette mesi più tardi, sono emerse al suo interno due fazioni nettamente contrapposte. Da una parte c’era una sinistra composita ma determinata a mantenere le promesse elettorali (il programma di Salonicco): fine dell’austerità, la cancellazione del debito e, se la troika non avesse lasciato al paese altra scelta, l’uscita dall’euro.

Le mie risposte a Fassina

di Virginia Raggi 
Come candidato sindaco del Movimento 5 Stelle per Roma, rispondo alle domande che mi sono state formulate da Stefano Fassina sull'Huffington Post.
1. Eletto sindaco, come primo atto della sua amministrazione, rinegozierà il mutuo di 5 miliardi di euro sottoscritto dalla gestione commissariale al debito storico con Cassa Depositi e Prestiti a un tasso di interesse superiore al 5%? Con gli oltre 200 milioni di euro all'anno recuperabili per il bilancio capitolino, finanzierà investimenti per migliorare le strutture e aumentare il numero di asili nido e scuole d'infanzia comunali e stabilizzare educatrici e insegnanti precarie?

Acqua, nucleare: cosa resta dei referendum, 5 anni dopo

di Luca Martinelli
Oltre ventisette milioni di cittadini italiani il 12 e 13 giugno del 2011 parteciparono a un referendum popolare, votando 4 quesiti. 25.935.372 dissero sì all’abrogazione di una norma volta ad obbligare le società che si occupano dei servizi pubblici locali ad affidare la gestione tramite gara a una società per azioni; 26.130.637 dissero sì a una modifica della tariffa del servizio idrico integrato, eliminando la componente “remunerazione del capitale investito”; 25.643.652 dissero sì all’abrogazione delle nuove norme che avrebbero consentito la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare; 25.736.273, infine, dissero sì all’abrogazione della norma relativa al “legittimo impedimento” del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale.

Profughi ambientali, in fuga dalle guerre alla Terra

di Marinella Correggia
«Fa un caldo infernale sotto queste tende»: l’estate 2015, la più torrida degli ultimi anni, ha spossato i “residenti” dei campi profughi in Iraq, Siria, Turchia, Libano. Milioni di persone. La loro condizione cristallizza quattro crisi del nostro tempo: guerre, cambiamenti climatici, terrorismi e – dunque – migrazioni forzate. Volendo accorpare gli spostamenti forzati di esseri umani in base alle cause, si può azzardare questo schema: migranti per le guerre e le violenze, spesso condotte o quantomeno fomentate dall’Occidente in Paesi terzi; migranti economici, vittime anche degli sfruttamenti coloniali e neo-coloniali, molti di loro fuggono dalla fame o dalla miseria; migranti ambientali, costretti a fuggire per disastri, siccità, inondazioni e altri fenomeni in genere legati al caos climatico, altra storica responsabilità dell’Occidente.

Roma, i Giochi e i poteri nauseabondi

di Alessandro Gilioli
Durante le settimane che hanno preceduto il primo turno delle elezioni a Roma, il Messaggero ha parteggiato senza molti infingimenti per Alfio Marchini, di cui è stato enfatizzato ogni passo, ogni promessa, ognidichiarazione, ogni mossa, ogni parola, comprese le photogallery e i soffietti a chiunque gli si alleasse. Curiosamente, in tutto quel periodo il Messaggero si è scordato di aggiungere, almeno in una nota, che Marchini è amico e socio d'affari storico di Caltagirone, cioè del suo proprietario, ma pazienza: tanto poi alle urne il suo candidato ha floppato lo stesso. Subito dopo, però, si è profilata l'ipotesi che a Roma venisse eletto un sindaco contrario a ospitare le Olimpiadi e allora il Messaggero ha iniziato a giocare duro, dedicando una o due pagine al giorno ai Giochi, con la testatina "Roma 2024 / La Grande Occasione".

Pensieri sulla Terra Promessa. A proposito di Bernie Sanders

di Matteo Coronese
"Qui Ohio, Nord Est, 1803. James e Danny Heaton scoprono dei giacimenti carboniferi lungo lo Yellow Creek. Costruiscono un altoforno lungo la riva, e fabbricano le palle di cannone con cui il Nord vincerà la guerra."
Inizia così, è una canzone di Bruce Springsteen, si chiama Youngstown. È giusto un vecchio folk americano, polveroso, un po’ sghembo, senza fronzoli. Niente di complicato, chitarra, armonica e tanta anima. Le buone storie, per fortuna, si accontentano di poco. Youngstown era una cittadina operaia in Ohio. Storicamente la sua gente si guadagnava da vivere grazie soprattutto ad una fornace, la Jeanette Furnace. La canzone è la storia di uno di loro. Negli ultimi trent’anni il mondo è cambiato, ora la fabbrica ha chiuso, Youngstown è solo macerie, malinconia e risentimento.

Pochi dubbi al ballottaggio


di Piero Bevilacqua
Norma Rangeri, l'instancabile direttrice del manifesto, mi invita a esprimere pubblicamente la mia scelta di voto al prossimo ballottaggio delle elezioni per il sindaco di Roma. L'intenzione, naturalmente, è di raccogliere una pluralità di pareri davanti a uno scenario cha appare abbastanza problematico e ingarbugliato. Per lo meno per chi si colloca a sinistra del Partito Democratico. Oggi, tuttavia, rispetto a poco tempo fa, il quadro della situazione politica romana mi appare molto più chiaro e definito e le possibilità di fare una scelta di voto assai meno problematica. Avendo votato per Stefano Fassina al primo turno, sapevo per certo che avrei dovuto affrontare al ballottaggio una scelta che lo escludeva. E confesso che, se mi fossi trovato di fronte a un alternativa tra Roberto Giachetti e un candidato del centro-destra, non avrei avuto dubbi: mi sarei “turato il naso”, per dirla alla Montanelli, e avrei scelto il candidato PD.

Decolonizzare il femminismo, depatriarcalizzare l’Islam. Intervista a Zahra Ali

Intervista a Zahra Ali di Milena Rampoldi
Zahra Ali è una sociologa impegnata nel campo delle dinamiche musulmane, femministe ed anti-razziste. Le sue ricerche si sono incentrate sull’emergenza dei femminismi musulmani in Occidente e nel mondo arabo, soprattutto in Iraq. Nel 2012 con la casa editrice La Fabrique ha pubblicato un’opera intitolata Féminismes islamiques, il primo libro su questo tema in lingua francese. In esso, mediante i contributi e le interviste di numerosi autori, si traccia un panorama dei femminismi islamici “in rottura con l’orientalismo e il razzismo che caratterizzano i dibattiti sulle donne e l’Islam oggi” e che rispondono alla “necessità di decolonizzare e de-essenzializzare ogni tipo di lettura del femminismo e dell’islam”. Nella sua introduzione al libro Zahra scrive: “Dunque l’idea non consiste nel rispondere agli interrogativi imposti dal pensiero femminista dominante, ma piuttosto nell’entrare all’interno dell’universo delle femministe musulmane e di vedere in che modo pongono la domanda dell’eguaglianza, secondo delle modalità, dei concetti e delle problematiche che fanno per loro.

Sogno di una notte d’inizio estate. Brexit o no?

di Pierluigi Fagan 
Il riepilogo del sondaggio dei sondaggi del Financial Times (qui) dà la Brexit al 43% vs.l’opzione del rimanere in EU, data al 45%, ad oggi. È una media di vari sondaggi e ce ne sono di molto sbilanciati in un senso o in quello opposto. Non ho approfondito le metodologie, posso solo dire che quelli a base intervistati più ampia (sui 2-3.000 casi ) sono preferibili, in linea di principio. I sondaggi non sempre possono fotografare le reali intenzioni, manca ancora del tempo e comunque sembra che la questione sia in bilico. Ma non è del come andrà che vorremmo parlare ma capire il cosa potrebbe succedere nell’un caso o nell’altro e cosa possiamo noi augurarci che accada.

Voucher, un sms non cancellerà gli abusi

di Roberto Ciccarelli
Il consiglio dei ministri ha varato ieri un decreto legislativo che contiene alcune correzioni a cinque decreti attuativi del Jobs Act La più attesa era quella sulla tracciabilità dei voucher. Dopo mesi di dibattito, l’esecutivo ha previsto che gli imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a «lavoro a scontrino» sono tenuti a comunicare i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della sua prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a sette giorni almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione. Tale comunicazione avverrà mediante l’invio di un sms o di una mail alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Chi non rispetterà queste condizioni potrà essere soggetto a una sanzione amministrativa compresa tra i 400 e i 2400 euro.

L’ipocrisia del Migration Compact

di Francesco Martone
È stato presentato nei giorni scorsi il secondo rapporto del relatore speciale Onu sui crimini e violazioni dei diritti umani in Eritrea. Ennesimo atto di accusa verso un regime spietato quello di Isaias Afewerki, uno dei possibili beneficiari dei fondi previsti dal Migration Compact presentato anch’esso nei giorni scorsi a Bruxelles e figlio di una proposta avanzata da Matteo Renzi. Una proposta e un’iniziativa non solo improntata su un’approccio securitario, che mira a bloccare sull’altra sponda del Mediterraneo i flussi di migranti e possibili richiedenti asilo, ma rischia anche di consolidare e perpetuare le cause stesse di quelle migrazioni. L’idea di fondo è quella di sostenere i governi dei paesi di origine, e investire decine di miliardi di euro in infrastrutture, usando la leva degli investimenti privati, né più e né meno come pretende di fare il piano Jucker per l’Europa.

Crescita, previsioni e realtà

di Marco Bertorello 
Nell’economia contemporanea fondata sul debito i fondamentali ci dicono che il contesto non cambia neppure a fronte di una pallidissima ripresa. La Bce ultimamente ha rialzato le stime di crescita per il 2016 dell’Eurozona dello 0,2%, confermando però la distanza dagli obiettivi inflazionistici, dato che i prezzi per quest’anno dovrebbero crescere solo dello 0,2%. Nonostante la marea monetaria immessa il panorama non è dei più incoraggianti, anche al netto dell’esito del referendum britannico e degli affanni ellenici. I paesi periferici dentro tale contesto galleggiano con maggiori difficoltà. Il debito privato consegna un settore bancario in grande sofferenza nel recuperare crediti e rende difficile far ripartire i consueti meccanismi dato che il minimo segnale di ripresa suggerisce a imprese e cittadini di risparmiare e ridurre i debiti accumulati.

Le paure dell’élite possono diventare un punto di svolta

di Sergio Cararo
Come stanno reagendo le èlite dominanti ai risultati elettorali? La domanda è d’obbligo, perché le difficoltà dell’opzione Renzi (quello che “l’abbiamo messo lì noi ”, rivelòMarchionne), sta innervosendo non poco il blocco di potere composto da banchieri, Confindustria e ricchi. Come dimostrano i flussi elettorali, praticamente solo i “ricchi” e i benestanti hanno votato per il Pd nelle grandi aree metropolitane. Unica eccezione, diventata ormai regola, è Milano.Nella capitale economica del paese – con qualche ambizione niente affatto nascosta di diventare anche la capitale “politica” di un paese reso sempre più asimmetrico – l’offerta politica insisteva sullo stesso bacino sociale ed elettorale. E’ difficile non ammettere che sia Sala che Parisi siano in sostanza due cloni, simili per storie, competenze, provenienze e interessi da rappresentare.

Il discredito di Hollande e del Partito Socialista Francese

di Rafael Poch
Il mandato del presidente François Hollande, che secondo l'ultimo sondaggio pubblicato è gradito al 14% dei francesi, sta battendo il record del discredito nella V Repubblica, fondata dal generale De Gaulle nel 1958, ma il naufragio del Partito Socialista Francese va ben oltre la personalità e la politica della sua prima figura. La socialdemocrazia non è in crisi solo in Francia, ma il declino dei socialdemocratici francesi ha una propria storia che dura da una generazione e che è cominciata nel marzo 1983 sotto la presidenza di François Mitterand. Fu allora che il Partito Socialista smise di essere una socialdemocrazia per trasformarsi in una forza social-liberale. L'Europa, il processo della costruzione europea, fu determinante perché il PS smettesse di essere socialdemocratico.

Ecco perché la crisi perdura

di Gustavo Piga 
Arrestata l’emorragia della recessione qualcuno aveva tirato un sospiro di sollievo, convinto che il malato (occidentale, europeo, italiano) fosse stato salvato. Ora però siamo pervasi da un senso di angoscia: il malato parla, capisce quanto gli si dice, ma non si rialza che a malapena per qualche attimo. Operato, arrestata l’emorragia, la debolezza è così importante da non permettergli che qualche passo nella propria stanza prima di tornare a letto, esausto. Il tasso di crescita dal 2015 rimane miserando, non consentendo la ripresa dell’occupazione e del ritorno rapido ai livelli di produzione ante crisi.

Socialisti in affanno, Unidos Podemos cresce

di Luca Tancredi Barone
È da un anno e mezzo che la Spagna è in una campagna elettorale permanente. Prima le amministrative del maggio 2015, che hanno aperto una nuova era politica catapultando in comuni e comunità autonome politici e politiche nuove. Poi le consultazioni catalane anticipate a settembre con strascichi fino a gennaio quando il Parlament ha eletto il nuovo presidente. Infine il voto del 20 dicembre, che ha cambiato per sempre la mappa politica, ma che per il momento non ha schiodato Mariano Rajoy dalla Moncloa, la sede del governo. E ieri si è aperta ufficialmente la campagna elettorale, due settimane prima del voto del 26 giugno.

Israele, la destra fuori controllo

di Christian Elia
Due assalitori, quattro morti, più di dieci feriti. Il mercato di Sarona, a Tel Aviv, l’8 giugno scorso. Una strage, poteva essere ancora peggio. La situazione non è mai stata così claustrofobica. Nessuno spiraglio all’orizzonte, nessuna speranza. Non possiamo lasciare che tutto questo vada avanti. Giovani che non hanno più nulla da perdere, che assaltano chi capita, armati con quel che c’è. Per loro nessun obiettivo politico, nessuna battaglia reale da combattere che non sia una forma di suicidio, di quelli peggiori, portandosi dietro quanti più avversari è possibile. La situazione è medievale: un’occupazione ogni giorno più normalizzata, una disperazione ogni giorno più solitaria e senza futuro. Questo è quanto resta oggi del conflitto israelo – palestinese, per anni capace di infiammare gli animi di attivisti, di dare grattacapi alla politica internazionale, di attirare progetti di cooperazione. Oggi tutto questo svanisce, lentamente. E resta il MedioEvo.

L’incredibile mondo alla rovescia dei fondi europei: l’Italia stretta al collo

di Giulio Betti 
In queste amministrative 2016, dove si vota per eleggere i consigli comunali di importanti città e paesi italiani, se ne son sentite di tutti i colori. Generalmente le varie forze politiche hanno promesso come al solito mari e monti, dimenticandosi (o facendo finta di non conoscere) i meccanismi del subdolo patto di stabilità, in base al quale se la giunta comunale ha dei soldi in cassa risalenti, ad esempio, all’annualità del 2015, non può utilizzarli e per finanziare lavori nell’anno 2016 deve necessariamente trovare delle entrate di pari valore in questo stesso anno (pur avendo in cassa migliaia o milioni di euro dagli anni passati!) e deve quindi tassare sempre più i cittadini o svendere il patrimonio pubblico nel corso del 2016 (per approfondire, vedi qui).

Una demografia di crisi

di Mario Pierro
Si nasce sempre meno, si fugge all’estero per lavorare e vivere. E in Italia l’aspettativa di vita diminuisce e continua il declino programmato della sanità pubblicata, uccisa per tagli, per il blocco del turn-over e il precariato sempiterno di medici e infermieri. In questa cornice il bilancio demografico nazionale, pubblicato ieri dall’Istat, conferma la diminuzione delle nascite in atto dal 2008. Nel corso del 2015 sono state registrate 485.780 nascite e 647.571 decessi. Il saldo naturale (differenza tra nati e morti) è negativo per 161.791 unità; bisogna risalire al biennio 1917-18 – cioè l’ultimo anno della Prima Guerra mondiale – per trovare un dato peggiore. Delle oltre 485 mila nascite (-17% rispetto al 2014), circa 72 mila stranieri (14,8% del totale). I 647 mila decessi sono quasi 50 mila in più rispetto al 2014.

Alcaldessa. Un documentario su Ada Colau

Intervista a Pau Faus di Global Project 
Dal 27 maggio è uscito nei cinema spagnoli il film documentario “Alcaldessa” – “La sindaca”. Un film che vuole raccontare il periodo precedente alla vittoria elettorale di fine maggio 2015 della vita di Ada Colau, che l'ha portata alla carica di sindaco di Barcellona. Il regista del film, Pau Faus, è un filmmaker di documentari ed artista visuale: tra i suoi lavori ha realizzato anche il Doc “Si se puede. Siete dias en PAH Barcelona”, rilasciato alla fine di aprile del 2015 ed attualmente con quasi 6 mila visite su you tube, in cui ha narrato da dentro il movimento Plataforma de Afectados por la Hipoteca: movimento dal basso di Barcellona contro gli sfratti e per il diritto all’abitare di cui Colau è stata leader. Il film doc “Alcaldessa” è stato premiato per la miglior regia al Festival del cinema spagnolo di Malaga (22 aprile – 1 maggio). Di seguito l'intervista a Pau Faus.

La ricetta non può essere più sanità privata

di Stefano Cecconi
La ricerca Rbm Censis, resa pubblica in occasione del Welfare Day 2016, presenta un quadro sempre più allarmante per il diritto alla salute dei cittadini – e da cui si evince che 11 milioni di nostri connazionali rinunciano ormai alle cure –. Ma se l’analisi è condivisibile, meno lo è la ricetta proposta: affiancare un pilastro privato a quello pubblico rappresentato dal Servizio sanitario nazionale (Ssn), ormai in crisi. Un controsenso: se vogliamo davvero mantenere la tutela della salute come diritto fondamentale, prima di tutto bisogna dare più forza al Ssn pubblico e universale, indebolito da anni di tagli e il cui destino è in pericolo.

Giovani industriali all’attacco contro l’articolo 18 nel pubblico impiego

di Roberto Ciccarelli 
All’attacco per eliminare l’articolo 18 per i dipendenti pubblici. In tempi di riforme costituzionali, uno più uno meno, che conta. Se Renzi ne vuole cambiare 47 in un colpo, che vuoi che sia cambiare l’articolo 3 e il 97 sui pubblici uffici, l’imparzialità della pubblica amministrazione? E poi, lo statale presunto fannullone è sempre un obiettivo facile da colpire. Un pungiball. Non reagisce, incassa. «Via l’articolo 18. Via il sistema pensionistico retributivo. Via la Pa che secreta gli atti. Via i vitalizi ai parlamentari. Via una scuola che non si alterna con il lavoro ma con gli scioperi. Via un fisco che tassa i dipendenti anche quando non si fanno profitti. Via il rigore di Bruxelles».

Oltre la finestra mediatica, l’Italia che non si rassegna

di Marco Boschini
Delle volte, a guardar dentro alla finestra mediatica che ci connette quotidianamente al mondo in vetrina, mi sembra di vivere come dentro ad una grande bolla trasparente. Che mi separa dalle cose concrete, e mi mette nella condizione poco invidiabile (secondo una certa logica) del “povero illuso”. Come sarebbe infatti possibile continuare a parlare di buone pratiche, cercarle e raccontarle da oltre un decennio, mentre tutto intorno sembra venir giù un intero pezzo di montagna in un tempo che è il tempo del continuo affanno, delle crisi sovrapposte, delle tragedie annunciate a reti unificate…? Ma il punto di cesura, credo, è proprio questo. Che basta gettare lo sguardo oltre quella finestra, per accorgersi facilmente che il paesaggio intorno a noi è (anche) altra cosa.

La strada maestra verso lo status quo

di Leonardo Paggi
Ho aperto il libro di Giorgio Napolitano (Europa, politica e passione, Feltrinelli, pp. 94, euro 10) con la curiosità di vedere come un rappresentante autorevole del main stream Ue faccia i conti con la situazione drammatica in cui sprofondiamo ogni giorno di più. Confesso la mia sorpresa dinanzi alla sua scelta di descrivere senza mezzi termini lo stato comatoso in cui versa il processo di integrazione: caduta verticale del consenso popolare, blocco dello sviluppo economico e sociale, ripresa dei nazionalismi, imbarbarimento delle leadership. Sull’immigrazione una condanna netta della politica del filo spinato ovunque in atto (particolarmente forte la denuncia del caso ungherese) e appoggio incondizionato ad una prospettiva di accoglienza.

War in progress

di Giuliano Battiston
Barack Obama ci ripensa. Sì alle operazioni militari americane in Afghanistan. È passato un anno e mezzo dalla fine della missione di combattimento nel Paese centroasiatico, ma le cose sul terreno vanno male. Tanto male che, sollecitato dai generali del Pentagono, Obama ha fatto marcia indietro, secondo quanto riferito da fonti anonime ai principiali quotidiani Usa. Sulla carta cambia poco, sul terreno molto: dall’inizio del 2015 e fino a oggi, il comandante delle forze americane in Afghanistan aveva l’autorità di decidere quando era necessario che i suoi uomini aiutassero le forze speciali afghane.

Ttip, oltre all’entusiasmo di Calenda, il governo italiano che ne pensa?

di Giuseppe Civati
Luigi Zingales, noto estremista di sinistra, ragiona molto ma molto criticamente sul Ttip. Lo definisce «un trattato per le multinazionali». Segnala che nessun candidato alle elezioni presidenziali americane ne è più così convinto (anche Clinton si è molto smarcata), che il trattato incontra molte resistenze in Europa, a cominciare dalla stessa Germania. Cita il caso della svedese Vattenfall e alla sua causa contro il governo tedesco in relazione alla decisione – che avversa – che ha portato alla chiusura delle centrali nucleari, segnalando che con i meccanismi previsti dal Ttip «avrebbe vita facile» nel risolvere a proprio favore la controversia.

UK anno zero

di Leonardo Clausi
Era il 1956, e la Gran Bretagna si leccava le ferite auto-inferte del dopo-Suez. Dean Acheson, l’allora segretario di Stato americano, commentò la spacconata imperialistica di Anthony Eden con l’emblematica massima: «La Gran Bretagna ha perduto un impero e non ha ancora trovato un ruolo». Da allora, tutta la politica estera britannica, culminata con l’ingresso nella comunità europea seguito dal referendum del 1975 che ne ribadì la permanenza, è stata un tentativo di sbugiardare questa verità ed elaborare il meritato lutto, alla ricerca del ruolo perduto. Che sarebbe diventato quello di fare da legato apostolico a Bruxelles dell’influenza statunitense.

Abiti puliti: storie di migranti e lavoro minorile, parliamone

di Veronica Gianfaldoni e Stefania Silva
Domenica 12 giugno è la giornata internazionale contro lo sfruttamento del lavoro minorile: “Il lavoro minorile non ha cittadinanza in mercati funzionanti e ben regolamentati o in nessuna filiera produttiva. I Sustainable Development Goals hanno lanciato il messaggio che dobbiamo agire con forza per sconfiggerlo una volta per tutte. Se agiamo uniti, l’obiettivo di creare un futuro senza lavoro minorile sarà alla nostra portata."
(Guy Ryder, Direttore Generale dell’ Organizzazione Internazione del Lavoro, agenzia specializzata delle Nazioni Unite)

Caro bugiardo, quanto ci costi

di Anna Lombroso
Stamane mentre attraversavo Piazza San Clemente, là dove le leggende metropolitane narrano che si trovi l’accogliente quartierino di una personalità molto discussa, mi sono imbattuta in due rappresentanti – peraltro ben riconoscibili dal look Miami Vice: occhiali specchiati, abbronzatura artificiale, mise nera e stivaletti- di una delle caste più inviolate e inviolabili della capitale, quella dei noleggi con conducente, promossi inopinatamente a servizio pubblico, con tutti i “diritti” delle corporazioni, corsie preferenziali, penetrazione nelle Ztl, ma nessun dovere. I due confrontavano i salari, compresi di ritenute e gratifiche. Ed ecco che la frase compiaciuta di uno dei figuri mi ha folgorata: ah, io in più c’ho pure gli 80 euro di Renzi.

Matteo Renzi e il bon ton del lanciafiamme

di Francescomaria Tedesco
C’è chi l’ha preso bene, l’esito del voto amministrativo di domenica scorsa, e, con parole alate, pacate, prive di insulti, come piace a noi, piano piano, sottovoce, commenta la politica. E che bon ton, che classe. Che gentilezza. Altro che quegli altri, i barbari, i maleducati, i ‘Malpassotu’ della politica, i tontoloni, i burattini o ex burattini che si levano le orecchie d’asino. E basta poi con la politica e la rete trasformate in latrine pubbliche dove il primo che arriva scrive sulle pareti le sue porcherie! Che diamine, signora mia, un briciolo di contegno! Il filosofo Jacques Derrida, analizzando il significato della parola ‘canaglia’, scriveva che “la democrazia, lademocratizzazione verranno sempre associati alla licenza, alla troppa-libertà, al libertinaggio, al liberalismo, addirittura alla perversione e alla delinquenza, alla colpa, alla trasgressione alla legge”.

La Francia in ginocchio che accoglie gli Europei

di Martino Mazzonis
I Tifosi rumeni o britannici o italiani che siano saranno accolti dalla puzza dell’immondizia che nessuno raccoglie da giorni nelle strade di Parigi a causa del blocco degli inceneritori. Stasera allo Stade de France, a Saint Denis, nella banlieue parigina, si apre l’Europeo di calcio e il Paese ospitante non è messo tanto bene: i servizi pubblici sono in sciopero da giorni, una parte importante dei giovani è in rivolta contro la riforma del codice del lavoro e il presidente socialista è impopolare almeno quanto lo era Bush alla fine del secondo mandato. E in strada ci sono 3mila tonnellate di rifiuti da raccogliere. Gli stessi tifosi, stasera, torneranno allo Stade De France dopo gli attacchi terroristici del 13 novembre. Le ultime immagini dello stadio dove gioca la nazionale francese sono quelle del campo pieno di gente spaventata che scappa mentre fuori si sentono delle esplosioni.

Come separiamo la verità dalle bugie quando riferiamo su crimini di guerra?

di Robert Fisk
Noi tutti conosciamo il problema. Qualsiasi giornalista o storico che deve riferire delle atrocità, si trova davanti al medesimo dilemma. Che cosa si fa quando viene riferito che un esercito, una milizia, o un culto ha commesso un crimine vergognoso contro l’umanità – e ha realmente perpetrato molti oltraggi in passato – quando non si ha alcuna prova che questo particolare evento sia realmente accaduto? E così oggi leggiamo che “19 ragazze Yazide sono state bruciate vive per essersi rifiutate di fare sesso con dei miliziani dell’Isis che le avevano fatte prigioniere”. Il malsano contenuto sado-sessuale ha reso questa una notizia crudelmente solleticante. Prima di scriverne, i giornalisti avevano quindi un obbligo speciale di assicurarsi che fosse vera. Ma lo era?

Reddito di base in Svizzera, vince il No ma festeggiano i Sì. Ecco perché

di Sandro Gobetti
Il 5 giugno 2016 i cittadini svizzeri hanno votato per l’introduzione di un reddito di base universale e incondizionato. Una giornata storica non solo per i promotori, non solo per le tante reti e organizzazioni per il reddito sparse in tutto il paese, ma soprattutto è stata una giornata memorabile per la storia stessa dell’idea del reddito di base in tutto il mondo. Il risultato definitivo dei SI, seguito in una diretta tv realizzata dai promotori e da centinaia di persone in strada, è stato sancito con un “23%” giallo oro disegnato sopra un enorme striscione nel centro di Basilea, ed è stato salutato con canti ed urla di gioia da parte dei promotori del referendum. Vincono i No ma festeggiano i SI!

Il declino di Bankitalia

di Alessandro Volpi
Le “Considerazioni finali” che ogni anno, a fine maggio, il governatore della Banca d’Italia presenta a un pubblico ben selezionato nelle sale di Palazzo Koch costituiscono un momento assai rilevante della vita economica e politica del Paese. 
Certo, questo rilievo è andato progressivamente riducendosi nel corso del tempo con il mutamento profondo delle prerogative dell’istituto di via Nazionale: ormai la Banca d’Italia non dispone più da tempo della possibilità di acquistare le partite di debito pubblico non vendute sui mercati e non possiede più le leve della politica monetaria, trasferite alla Bce. 
Non è più, in estrema sintesi, uno degli attori principali delle strategie dello sviluppo del Paese ed è in possesso di possibilità di intervento molto limitate.

Esiste ancora l'intellettuale di sinistra?

di Nicolas Truong
Ma dove sono andati? Cosa sono diventati? Perché nessuno li ha ascoltati? Queste le questioni che si sono poste a seguito dello stupore (e dibattito successivo) suscitato dalle prese di posizione di Michael Onfray sui migranti. Tutti furono costernati nel vedere una parte dell’intellighenzia francese condividere “gli irrigidimenti” della società francese in merito ai rifugiati. Ma lo stupore fu ulteriore per il vuoto abissale in una sinistra intellettuale nuovamente timida, segregata o silenziosa. 

L’Europa sta chiudendo bruscamente le porte davanti a una storica crisi umanitaria

di Vijay Prashad
Nella settimana scorsa, l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati dice che 880 persone sono morte nel Mar Mediterraneo. Stavano cercando di arrivare in Europa – per molti il faro di un futuro che non sono stati in grado di costruirsi nei loro paesi. Questi migranti erano partiti dalla regione di Sabratha – la costa nordoccidentale della Libia – dove l’economia locale dipende ora dal commercio dei migranti. Quasi il 50% del PIL di questa zona proviene dai trafficanti di esseri umani. L’Europa si preoccupa di quella che nel continente viene percepita come un’invasione nelle sue terre. I gruppi di estrema destra parlano apertamente della loro avversione, ma, in una certa misura, riflettono la meschina intolleranza di sezioni della società. E’ facile prendersela con i migranti e i rifugiati, dato che la loro disperazione fa cedere tali gruppi a ogni tipo di fantasie: che i migranti rubano i lavori o che sono violenti o che importano vecchie usanze sociali in Europa.

Euro 2016 al via. Governo e Cgt si osservano a distanza

di Anna Maria Merlo
Caos calmo nel giorno del calcio di inizio dell’Euro 2016, con la partita Francia-Romania allo Stade de France. Gli scioperi continuano, ma Philippe Martinez, segretario Cgt, ha assicurato nel pomeriggio di ieri che “non ci saranno problemi” per far arrivare a Saint-Denis gli 80mila spettatori della prima partita, che devono prendere l’Rer B e D o delle navette sostitutive. Il ministro dei Trasporti, Alain Vidalies, ha minacciato: “se dobbiamo far ricorso alla precettazione (dei macchinisti), lo faremo”. Ma la minaccia è relativa: nel 2010 l’aveva messa in pratica l’allora presidente Sarkozy per i lavoratori della raffineria Grandspuits, ma il tribunale di Melun aveva sospeso la decisione, perché considerata un “attacco al diritto di sciopero”. Nei fatti, l’ultima precettazione subita dai ferrovieri in Francia risale al 1953.

Bambini, sfruttati sul lavoro o costretti a combattere

In Giordania sono manovali e spazzini. In Libano vengono impiegati nelle piantagioni di pomodori e tabacco. In Iraq, invece, chiedono l’elemosina nelle strade oppure provano a racimolare qualche soldo vendendo gomme e caramelle. In Turchia, infine, lavorano come piccoli operai nelle fabbriche tessili, oppure come facchini nei mercati. Un fenomeno che si sta rapidamente espandendo anche in Grecia e negli stati europei nei quali sono rimasti intrappolati dopo la chiusura della rotta balcanica. Nelle pieghe del dramma dei rifugiati c’è anche l’inferno in cui sono costretti e vivere milioni di bambini. Cinque anni di guerra civile in Siria hanno infatti ridotto allo stremo quanti sono fuggiti cercando rifugio nei paesi confinanti. Finiti da tempo i risparmi, con gli adulti impossibilitati a lavorare perché mutilati o a causa dei divieti imposti dai paesi che li accolgono, la sopravvivenza delle famiglie è sempre più spesso nelle mani dei bambini costretti a svolgere lavori pesanti e sottopagati.

I più grandi criminali del mondo? Le banche d’affari

di Contropiano
Spesso le informazioni illuminanti arrivano nel modo più imprevedibile. E certo era difficile attendersi da La Stampa – organo di casa Fiat, sul punto di diventare l’inserto piemontese di Repubblica – uno sguardo così impietoso sulle più grandi banche d’affari del pianeta. Incipit folgorante, degno della migliori penne marxiste del ‘900: “Nei due elenchi [i criminali ricercati in tutto il mondo, ndr] non appaiono altri pericoli pubblici, per esempio i responsabili di reati concepiti in grattacieli vetro e acciaio. Poi giù una serie di informazioni per anni tenute lontane dalle prime pagine dei giornali più importanti (dunque più influenti sull’opinione pubblica, non solo italiana).

Il genio della fesseria

di Il Simplicissimus
Mi sono crogiolato nell’idea di creare qui sul blog un appuntamento quotidiano intitolato L’angolo della cretina che di sicuro non mancherebbe di materiale abbondante e divertente. Certo l’idiozia non ha sesso, ma alcune ministre uniscono questa virtù teologale dell’era contemporanea a un’impareggiabile mix di tracotanza, figlismo di papà, nepotismo non verticale e di bellafighismo patafisico da rappresentare al meglio l’ottusità sazia di sé. Peccato che la commedia dell’arte sia morta da tempo altrimenti oltre a Colombina e Rosaura avremmo anche la Boschi che fa coppia con Meo Patacca e sarebbe impegnata ogni estate nel teatro dei burattini, ma non si può avere tutto a questo mondo e al divertimento bastano le sue dichiarazioni, i suoi spassosi canovacci.

Quanti anni serviranno al mattone italiano per tornare ai prezzi pre-crisi?

di Maurizio Sgroi
Uno studio molto interessante rilasciato pochi giorni fa da Bankitalia ci racconta l’epopea del mattone italiano dal lontano 1927. Un lavoro utilissimo per la semplice ragione che il mattone alimenta miti e leggende, fra le quali la convinzione, assai comune nel nostro paese, che l’investimento immobiliare sia in fin dei conti l’unico che valga la pena perseguire. Perciò è meritorio il lavoro di chi, ricostruendo serie storiche e azzardando interpolazioni, riesce a quantificare indici ragionevoli abbastanza da farci capire se sia davvero così. Secondo i dati raccolti, i prezzi reali delle abitazioni, in questi quasi novant’anni, sono pressoché triplicati, arrivando a quintuplicarsi in alcune grandi città. Giudicate voi se questo rendimento – che comunque andrebbe misurato con i costi che il mantenimento di questo patrimonio ha comportato – sia sufficiente a consolidare la convinzione che il mattone sia il migliore degli investimenti possibili.

Finanziamenti alle università: pochi e con regole incerte

di Maria De Paola e Tullio Jappelli
La spesa in istruzione terziaria in Italia è molto al di sotto della media dei principali paesi industrializzati, sia in rapporto al numero degli studenti iscritti (33 per cento in meno della media Ocse, 50 per cento in meno dei paesi del Nord Europa, vedi grafico) sia in rapporto al prodotto interno lordo (0,60 punti percentuali inferiore alla media Ocse). Si tratta di dati ampiamente discussi dalla stampa nazionale e dai collaboratori di questo sito. Meno noti sono i notevoli cambiamenti che a partire dal 2008 hanno interessato il sistema che regola i finanziamenti alle università.

Dissenso in Cgil. Chi va, chi resta

di Checchino Antonini
Un certo numero di dirigenti e rappresentanti sindacali dà definitivamente addio alla Cgil. Alcuni di loro aderiranno all’USB. Fra questi Sergio Bellavita, già segretario nazionale Fiom, storico rappresentante dell’opposizione in Fiom e in Cgil, nonché portavoce nazionale dell’area “Il sindacato è un’altra cosa”. Bellavita è stato licenziato in tronco da Landini alcune settimane fa dopo essersi schierato contro la dichiarazione di incompatibilità di quei delegati Fiom degli stabilimenti di Termoli, Melfi e Atessa che hanno osato scioperare (e vincere) contro il modello Marchionne. Alcuni di loro seguiranno la scelta di Bellavita. Qualche giorno prima, le lodi di Landini a Marchionne erano state usate in un’aula di tribunale dal legale della Fca per sancire il licenziamento di alcuni delegati di Pomigliano che s’erano sdegnati per il suicidio di una cassintegrata.

Turchia. Bombe contro il terrore

di Peter Schaber 
Nei giorni scorsi una serie di attentati hanno scosso la Turchia: il 7 giugno vicino a un pullman della polizia è esplosa una macchina carica di esplosivo, sei componenti degli enti della repressione e cinque civili sono morti. L’azione è stata rivendicata dai Falchi della Libertà del Kurdistan (Teyrebazen Azadiya Kurdistan, TAK), un gruppo militante che opera in clandestinità. Il giorno dopo, l’8 giugno, nella cittadina di Midyat nel sudest della Turchia una bomba ha completamente distrutto la locale stazione di polizia. Nella rivendicazione le Forze di Difesa del Popolo HPG, il braccio armato del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), si legge che sono stati uccisi 30 poliziotti, distrutti due veicoli blindati e dieci macchine della polizia.A Van le Unità di Difesa Civili curde YPS questa settimana hanno ucciso tre poliziotti, tra le province di Trabzon e Gümüshane sono morti sei soldati in un agguato del Movimento Unito della Rivoluzione dei Popoli (HBDH), un’alleanza di gruppi armati turchi e curdi.

Roma cambia se decide Roma

di Roma non si vende – Decide Roma
A pochi giorni dal ballottaggio «Decide Roma» torna a prendere parola. Lo facciamo con il metodo e con i contenuti di un percorso collettivo che si sta riappropriando, dal basso, della Politica. È infatti il potere stesso di decidere che va rimesso nelle mani dei cittadini, intrappolato ormai da troppo tempo negli schemi della rappresentanza politica, che prevedono un rapporto “fiduciario”. La fiducia dei cittadini nella rappresentanza è crollata già da un pezzo, e solo la partecipazione diretta e la lotta potranno favorire il cambiamento. Partecipazione, nel suo senso originario, è “prendere parte” alle decisioni che segnano la vita di una comunità. Per questa ragione la partecipazione non può esaurirsi all’interno dell’urna elettorale.

Per i lavoratori stranieri retribuzioni inferiori di 362 euro netti al mese

di Redattore sociale
Occupati prevalentemente nei settori a basso valore aggiunto (servizi alla persona, agricoltura, costruzioni, alberghi e ristoranti), dove la concorrenza con l'offerta di lavoro della componente italiana risulta marginale, con basse qualifiche e una retribuzione media netta inferiore di circa 360 euro al mese. E' questa la fotografia del lavoratore immigrato che emerge dallo studio "Le conseguenze della crisi sul lavoro degli immigrati in Italia" realizzato dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil, nell'ambito delle attività dell'Osservatorio sulle migrazioni, che ha analizzato le condizioni dei lavoratori stranieri occupati in Italia nel quinquennio 2011 - 2015. Il lavoro degli immigrati ha contenuto il declino dell'occupazione nel nostro Paese e l'incidenza dell'occupazione straniera sul totale degli occupati è aumentata di 1,5 punti percentuali (+329 mila unità), attestandosi nel 2015 al 10,5%. Ma a quali condizioni?

venerdì 10 giugno 2016

Napoli de-renzizzata, esempio nazionale. Intervista a Luigi de Magistris

Intervista a Luigi de Magistris di di Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi 
“Abbiamo risanato una città fallita, l’abbiamo ripulita dai rifiuti, e oggi Napoli è la città che maggiormente cresce in termini turistico-culturali. Quindi in vista del ballottaggio puntiamo sulla continuità”. Luigi De Magistris, il sindaco uscente, cerca la riconferma al ballottaggio, forte di un 43% dei consensi incassati al primo turno. Se la vedrà con il candidato del centrodestra, Gianni Lettieri, che però si è fermato al 24,6%. “Abbiamo governato in modo autonomo, lontano dai partiti, e soprattutto tenendo le mani pulite – rivendica oggi De Magistris – in un momento in cui il Paese è travolto dalla questione morale”. “Sono stato un sindaco di strada, tra la gente, e questo 43% che ho ottenuto è molto trasversale: ho parlato a tutta la città. L’anomalia positiva di Napoli è proprio questo movimento: c’è una grande forza popolare senza partiti, senza schieramenti tradizionali”.