La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 5 dicembre 2015

Limbo italiano: la "società del resto"

di Marco Revelli
È «la società del resto». Una buona formula per fotografare l’Italia di oggi. «È come quando – scrive De Rita -, girando per il Paese, tu chiedi a qualcuno come va: lui ti dice che va tutto male, il lavoro, la macchina, la moglie. E allora tu chiedi: e il resto? E la risposta è sempre: il resto va bene».
Una risposta non propriamente rassicurante, perché «il resto» è ciò che sta fuori dall’asse centrale delle priorità assorbenti, dei pensieri dominanti, nella quotidianità privata come nella vita pubblica. In effetti, da questo ultimo Rapporto Censis, non escono propriamente squilli di fanfara per il governo, né conferme alla sua narrazione sull’«Italia che riparte». Emerge piuttosto l’immagine in bianco e nero di un Paese in difficoltà – «in letargo esistenziale collettivo», come consegnato in «un limbo».

Un paese prigioniero del passato

di Roberto Ciccarelli 
Il resto di niente — scriveva Enzo Striano nell’’omonimo romanzo su Eleonora de Fonseca Pimentel, protagonista della rivoluzione napoletana del 1799 — è una «dimensione più vera del reale», la «verità conquistata di fronte alla morte». Dal resto che si deve al niente — Eleonora fu impiccata, la rivoluzione giustiziata — può rinascere il tutto. A questa metafora sembra ispirata la formula scelta da Giuseppe De Rita nella presentazione del 49esimo rapporto del Censis ieri al Cnel di Villa Lubin a Roma: l’Italia è la società dei resti.
In questo linguaggio immaginoso non c’è tuttavia una palingenesi. Viene descritto un «letargo esistenziale collettivo» in cui si vive dei resti del passato. Questi resti condizionano l’avvenire in Italia. C’è il resto del mito della grande industria, della piccola impresa, dell’organizzazione complessa del fordismo, della lotta di classe o del primato della metropoli. Questo passato lascia nel presente un’economia sommersa e un lavoro autonomo senza diritti, il localismo dei distretti e dei borghi, l’empirismo del «consumatore sobrio» orfano della spensierata stagione degli anni Ottanta, quando il desiderio era consumare. Oggi la realtà è un altra: si parla di «uomini indebitati».

Chiara Saraceno: «Non c’è protezione sociale»

Intervista a Chiara Saraceno di Antonio Sciotto
Un’Italia che episodicamente ritrova la speranza e l’ottimismo – soprattutto nell’«io», nel piccolo delle reti sociali e locali – ma che nel fondo non crede ancora che la crisi sia finita, e anzi ritiene che sarà lunga. Bisognerà proteggere la propria vecchiaia, il futuro dei figli, la salute, perché lo Stato e il welfare progressivamente si ritirano e lasciano scoperta la persona, con tutte le sue fragilità.
La sociologa Chiara Saraceno vede più scuro che chiaro nell’ultimo rapporto del Censis, e pur mettendo in evidenza i fenomeni innovativi – lo straordinario sviluppo dei bed & breakfast, il consolidarsi della sharing economy, il successo di tante start up – sottolinea però anche i rischi insiti nella perdita di fiducia nella politica.

Controllo delle emissioni, una sfida di struttura

di Sergio Ferrari e Roberto Romano 
Gli effetti del cambiamento climatico potrebbero diventare una occasione di politica economica, alla condizione che si trattino realmente le questioni sottese al cambiamento climatico stesso. Il consuntivo sulla riduzione degli inquinanti ambientali è insoddisfacente, ma se dobbiamo fare delle considerazioni critiche delle esperienze passate sul controllo dei fenomeni climatici, dobbiamo ricercarle non tanto sul come la tecnologia può assicurare il raggiungimento degli obiettivi, piuttosto sulle condizioni applicative.
Le politiche adottate puntano alla distribuzione degli obbiettivi, affidandole al buon cuore dei vari paesi. In parallelo i paesi produttori di petrolio continuano a incontrarsi per valutare le prospettive sulla produzione e sui prezzi del petrolio. I paesi Opec hanno recentemente immaginato un raddoppio dei consumi dell’energia entro il 2040, con una crescita di gas e petrolio del 25% entro il 2030. Ma anche altre istituzioni, meno «interessate» convergono verso l’ipotesi di consumi energetici crescenti.

venerdì 4 dicembre 2015

È la guerra, bellezza. Ma per i mercati finanziari tutto è come prima

di Christian Marazzi
Che l’etica non sia di casa sui mercati finanziari è una verità vecchia come il mondo. Ma è sempre bene ricordarlo, soprattutto per capire quanto è successo dopo gli attacchi terroristici a Parigi dello scorso venerdì 13 – l’ “11 settembre d’Europa” – dove hanno perso la vita 132 persone. Cos’è successo? Niente. Per essere più precisi: la reazione dei mercati finanziari ai tragici eventi parigini è stata più che positiva. Un lieve calo in apertura dei mercati, lunedì, ma dopo mezz’ora la Borsa di Parigi è passata subito in terreno positivo.
Perlomeno, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, a Wall Street ci volle un mese per recuperare una perdita immediata dell’11%, e un mese di recupero fu necessario alla Borsa di Giacarta dopo l’espolosione di una bomba a Bali che fece 200 morti.

No alla guerra di civiltà

di Michael Löwy
Non si può reagire che con orrore alla follia omicida degli attentati jihadisti a Parigi. Sono una “rappresaglia” ai bombardamenti francesi in Siria? O una punizione inflitta alla Francia “immorale e miscredente”? Se ne potrà discutere all’infinito, ma l’essenziale è altrove. Questi massacri otterranno il risultato politico di rafforzare l’estrema destra razzista e islamofoba; aggraveranno la situazione della popolazione musulmana in Francia, che nella sua stragrande maggioranza non ha alcuna affinità con il jihadismo; renderanno più difficile la necessaria accoglienza ai rifugiati, segnatamente quelli di Siria.
Ci si può chiedere se non sia proprio questo l’obiettivo a cui tendono i committenti del crimine: creare le condizioni per una “guerra di civiltà” tra un’ Europa razzista e un Islam jihadista. La sola bussola che può guidarci in questo momento è il rifiuto di cadere in questa trappola mantenendo la rotta dell’antirazzismo e della solidarietà con i rifugiati.

Tredici novembre: allarmato affresco distopico

di Antonio Tricomi
Romanzo celebre anche perché Mira Nair ne ha tratto un film che ha riscosso un discreto successo, Il fondamentalista riluttante di Mohsin Hamid (Einaudi, Torino 2007) rievoca in flashback, e per bocca del protagonista, la vicenda di un giovane pakistano di buona ma ormai impoverita famiglia che, laureatosi a Princeton, diventa un valido analista finanziario presso un’influente società di consulenza newyorkese, per poi cambiare totalmente vita dopo l’Undici Settembre 2001. In particolare, dopo l’incontro, in Cile, con un uomo che gli parla degli antichi giannizzeri, descrivendoglieli non solo come ragazzi o bambini di fede cristiana «catturati dagli ottomani e addestrati per essere soldati in un esercito musulmano, a quel tempo il più potente esercito del mondo», ma anche al pari di individui che, appena divenuti adulti, si rivelano «feroci ed estremamente leali», giacché essi «avevano lottato per cancellare dentro di sé la propria cultura, perciò non avevano più nient’altro a cui rivolgersi».

Ciao pensione ciao. Sul versante legislativo del lavoro

di Maurizio Fontana 
Come si è compreso qualche tempo dopo la morte di Luigi Tenco, l’ispirazione originaria dell’autore di Ciao amore ciao discendeva dal travolgente sbalzo vissuto dai giovani uomini e donne che, dall’entroterra ligure, entravano nelle fabbriche genovesi negli anni ’60. A Tenco, morto il 27 gennaio 1967, non fu dato conoscere come, sul finire del decennio, in Liguria come nel resto dell’Italia industriale quella generazione operaia si fosse ripresa dallo smarrimento iniziale di un secolo in un giorno solo per andare verso il più intenso ed esteso ciclo di lotte conosciuto nel nostro paese, attraverso l’espansione di una conflittualità fondata sulla conquista di una dimensione collettiva imperniata sulla figura dell’operaio massa. Di quella lunga stagione in questa occasione ci interessa richiamare due provvedimenti legislativi di assoluto spessore, che sedimentarono il potere operaio sull’assetto sociale complessivo e sono oggi sotto schiaffo dell’attuale governo: la riforma delle pensioni dell’aprile 1969, preceduta da uno sciopero nazionale della sola Cgil del 7 marzo 1968 e da due scioperi generali unitari, nel novembre dello stesso anno il primo e nel febbraio del 1969 il secondo, e lo statuto dei lavoratori del maggio 1970.

Bombe ai sauditi. Pinotti si arrampica sugli specchi

di Alfio Nicotra
Che la "Saudi connection" inizi ad imbarzazzare il governo italiano è una buona notizia. I tentativi dei due ministri Gentiloni e Pinotti di dire che il commercio di armi dall'Italia all'Arabia Saudita è lecito e normale appare non solo politicamente insostenibile, ma per certi aspetti goffo.
Ad esporsi in particolare è la titolare del dicastero della Difesa, che in una recente video-intervista a Repubblica Tv, ripresa poi da diverse agenzie di stampa, in merito alla bombe destinate all'Arabia Saudita prodotte in Italia dalla RWM ha affermato: "(...) Ricordo che quelle bombe non sono italiane, sono di altri con fabbriche in Italia", e che tali ordigni sarebbero solo "transitati" dal nostro paese. Tesi ardita, facilmente confutabile leggendo, per esempio, lo straordinario materiale di ricerca e denuncia prodotto da Giorgio Beretta, direttore dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL).

Energia e livello del conflitto

di Luca Cellini
Da tempo è in atto un conflitto che non si ferma più di fronte a niente.
Un confronto che ha la pretesa di determinare i futuri assetti geopolitici mondiali e stabilire la definitiva egemonia fra due differenti aree geografiche ed economiche.
Uno scontro senza esclusione di colpi, una vera e propria guerra mondiale di predominio, combattuta ormai su tutti i fronti e con tutti gli strumenti possibili.
Da una parte la potenza economica mondiale che ha dominato durante gli ultimi 70 anni, rappresentata principalmente dagli USA con l’Europa al seguito, tenuta sotto scacco.
Dall’altra la Russia, alleata con Cina, Iran, alcuni paesi emergenti del Sudamerica e altre realtà regionali euroasiatiche.

Un’etica politica assoluta e intransigente: Luigi Pintor

di Alessandra Pigliaru
«Non ha mai cessato di combattere. La morte lo ha toccato spesso, la rassegnazione mai. Non voglio che passi l’idea, presente in molte pur rispettose e affettuose commemorazioni, di un grande giornalista, di un prodigioso polemista, di una esemplare testimonianza di impegno politico-morale, e però di un irrealistico e sconfitto profeta». Luciana Castellina appare netta, nel suo lungo e circostanziato ricordo di Luigi Pintor, posto in apertura di un volume appena pubblicato per Ediesse e a cura di Jacopo Onnis che ripercorre la vita, il lavoro e le relazioni politiche di una figura centrale del Novecento italiano. La dignità dell’uomo. Luigi Pintor, ragione e passione (pp. 246, euro 13), ricorda così la parabola di Pintor restituendone più che un mero omaggio. Dignità, ragione e passione sono elementi che ne ritraggono bene la vicenda umana e politica. Di tenore kantiano, i contorni della dignità seguivano in Pintor una qualità morale intrinseca, non negoziabile, senza prezzo.

Caro Poletti, sulle fabbriche recuperate ora ci vuole una nuova legge

di Angelo Mastrandrea
Ci sono volute 252 fabbriche occupate e riaperte dai lavoratori, tante quante ne sono state censite dall’Istituto europeo di ricerca sulle cooperative (Euricse), perché la politica si accorgesse che quest’ultime possono rappresentare un modello per uscire dalla crisi. Giovedì finalmente è accaduto: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha partecipato all’inaugurazione della nuova Italcables di Caivano, nella martoriata Terra dei fuochi. Non è un caso che lo abbia fatto proprio lui, visto che la Legacoop da cui proviene ha avuto un ruolo nella ripartenza, finanziandone in parte il recupero (insieme alla Banca Etica).
Non è detto che Poletti la pensi come Naomi Klein, per la quale «le fabbriche recuperate sono un messaggio di speranza critica», ma in ogni caso si tratta di un evento simbolicamente degno di nota.

Miseria del bipartitismo

di Turi Comito
Uno degli elementi (falso) sul quale si basa la retorica del renzismo – circa la riforma costituzionale e l’adozione dell’italicum – è dato dall’argomento del bipartitismo.
Il bipartitismo (che si differenzia dal bipolarismo in quanto dominanti nel sistema politico sono due partiti e non due coalizioni di partiti) è considerato una specie di panacea per tutti i problemi legati alla governabilità delle democrazie moderne e, segnatamente, per la democrazia italiana.
La retorica del bipartitismo offre, a sostegno di sé stessa, le seguenti motivazioni:
il bipartitismo offre chiarezza di posizioni. Da una parte c’è un partito che la pensa in un modo su un determinato tema (o meglio su un insieme di temi) e dall’altra parte un partito che la pensa in maniera alternativa;

Per fortuna c'è l'impero del male

di Fulvio Scaglione
Noi occidentali siamo proprio fortunati! Sappiamo che la Russia è l'impero del male e che, quindi, nulla dalla Russia può venire che non sia menzogna. Pensate che disastro, se non fosse così.
Se non fosse così, dovremmo pensare che la Turchia, un Paese a cui l'Unione Europea, per mano della signora Mogherini (appunto Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, dicesi sicurezza!)vorrebbe consegnare 3 miliardi per controllare i confini e impedire che i profughi siriani si riversino verso l'Europa, usa uno dei suoi confini, quello con la Siria, per fare affari con i jihadisti che mettono a ferro e fuoco la Siria, producendo appunto quei profughi. Un bellissimo sistema, quello turco, per guadagnare tre volte su un'unica tragedia: comprando petrolio e opere d'arte dall'Isis; vendendo all'Isis armi e altre attrezzature e facendo passare i foreign fighters che vanno a rinforzare le sue file; infine, obbligandoci a versare milioni se non vogliamo veder arrivare i profughi.

Lo straniero dentro casa

di Lea Melandri 
Nell’analisi di Samuel P. Huntington – Lo scontro di civiltà e il nuovo ordine mondiale , Garzanti 2000-, tornata di triste attualità a seguito delle crescenti minacce del fondamentalismo islamico nei confronti dell’Occidente- c’è un paradosso evidente: mentre pone l’identità culturale come “valore primario”, quando va a elencare i termini che la definiscono, nomina dettagliatamente “progenie, religione, lingua, storia, valori, costumi e istituzioni”, ma non l’appartenenza a un sesso. Viene da chiedersi quanto abbia a che fare questo silenzio sull’aspetto che colpisce per primo nella collocazione di un individuo, il suo essere uomo o donna, con la permanenza di costruzioni identitarie, schemi oppositivi, spinte omologanti o distruttive rispetto a ciò che è percepito come “altro da sé”.

Paolo Sylos Labini: un intellettuale economista

di Joseph Halevi
Durante tre decenni l’Italia è stata il fulcro di un pensiero economico molto avanzato - sia filosoficamente che politicamente - ove si intrecciavano tematiche classiche e keynesiane. Poi dalla fine degli anni 80 tale filone venne accantonato non per volontà dei suoi principali ispiratori. Il declino coincise con la deriva politico-morale del paese (Sylos Labini, 2002, 2006) assieme all’omologazione subalterna della didattica e della ricerca ai criteri inventati nelle università statunitensi con irreparabile degrado della ricchezza del proprio bagaglio culturale. 
E’ mia convinzione che Paolo Sylos Labini abbia costituito, fin dalla metà degli anni 50, il polo di maggior rilievo per la formazione e la crescita di quell’età dell’oro del pensiero economico che in Italia si venne formando nel quarto di secolo successivo alla Liberazione e alla fondazione della Repubblica[1].

Siria, un’altra guerra per il petrolio

di Nafeez Ahmed 
Le grandi imprese energetiche statunitensi, britanniche, francesi ed israeliane potrebbero essere le principali beneficiarie delle operazioni militari in Iraq e in Siria, finalizzate ad arginare il potere dello “Stato Islamico” (ISIS) e, potenzialmente, anche del regime di Bashar al-Assad. Uno studio realizzato nel 2011, nel pieno della primavera araba, da una società di servizi petroliferi legata al governo francese e all’attuale amministrazione britannica, notava il significativo «potenziale idrocarburico» dei giacimenti offshore della Siria.
Lo studio fu pubblicato su GeoArabia, una rivista di settore pubblicata dalla società di consulenza del Bahrain GulfPetroLink, a sua volta sponsorizzata da alcune delle più grandi imprese petrolifere al mondo, tra cui Chevron, ExxonMobil, Saudi Aramco, Shell, Total e BP.

Oltre la crisi del lavoro di cura globale

di Bridget Anderson
La "crisi globale della cura" è parte integrante di una crisi più ampia che definirei "la crisi della riproduzione sociale". Questa, come quella naturale, è uno dei possibili modi di vita che si afferma in relazione allo stato del mondo in generale. Nello scenario attuale, se da una parte la riproduzione sociale funge da sostegno alle relazioni di mercato, dall'altra viene strutturalmente sottovalutata dalle economie capitaliste.
Come prima cosa vorrei spiegare cosa si intende quando si parla di "crisi globale della cura". Poi, come i regimi di occupazione e immigrazione contribuiscono a questa crisi. Come ultima cosa, traccerò le connessioni con altri temi.
Di cosa parliamo quando diciamo ‘crisi globale della cura’?

Territorio, gestione, tutela e opportunità: prevenzione del dissesto e clima

Nell’Italia colpita da fenomeni atmosferici sempre più intensi, frequenti e localizzati, che ogni anno provocano alluvioni, smottamenti e frane causando vittime e danni, sono sempre più frequenti le immagini di città allagate e la nuova normalità sembra essere fatta di territori sempre più fragili, resi vulnerabili dal riscaldamento globale, dal crescente consumo di suolo e da una gestione del territorio, urbanizzato e non, che non ha mai messo la prevenzione del rischio idrogeologico al primo posto.
A ottobre c’è stato un alluvione a Benevento, in Campania, ma anche unondata di maltempo che ha colpito Olbia, Pisa, Cassino ed altre città e paesi di mezza Italia, disastri “naturali” che hanno drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico nel nostro Paese l’urgenza di avviare una serie di interventi per la tutela e la valorizzazione dei territori.

Istruzioni per l’uso del clima impazzito

di Jared Diamond
I cambiamenti climatici globali sono una delle forze che condizioneranno maggiormente la vita di tutti gli esseri umani che vivranno nei prossimi decenni. Quasi tutti ne hanno sentito parlare, ma è una materia così complicata e ricca di paradossi che poche persone, al di fuori degli addetti ai lavori, la capiscono davvero. Cercherò di spiegarla nel modo più chiaro possibile, con l’aiuto di un diagramma di flusso della catena di causa/effetto, che può essere usato per seguire la mia spiegazione.
Il punto di partenza è la popolazione mondiale di esseri umani e l’impatto medio di ciascun essere umano (cioè la quantità media di risorse consumate e scarti prodotti per persona e per anno). Tutte queste quantità stanno aumentando, anno dopo anno, e di conseguenza sta aumentando l’impatto umano complessivo sul pianeta: l’impatto pro capite, moltiplicato per il numero di persone che ci sono al mondo, dà come risultato l’impatto complessivo.

Gli anziani sono la cassaforte degli italiani

di Maurizio Sgroi
Mi son trovato a un incontro assai interessante in Banca d’Italia dove si illustravano i risultati dell’ultima indagine campionaria (ossia svolta sulla base di interviste) sulla ricchezza delle famiglie italiane, l’appuntamento dicembrino con il quale la nostra banca centrale ci augura un buon Natale e un felice anno nuovo. Quale miglior modo per chiudere l’anno che presentare una rilevazione su come e quanto siano cambiati i redditi e la ricchezza di noi tutti?
Queste notizie, com’è noto, scatenano insieme curiosità da voyeur e sensi di colpa. Ci compiaciamo se la ricchezza è cresciuta e ci compiaciamo altrettanto se invece è diminuita, perché ciò stimola la nostra propensione al piagnisteo. Vibriamo di sdegno quando scopriamo che la concentrazione della ricchezza è aumentata, ma solo se non siamo ricchi, e ci rattristiamo per quella quota a rischio povertà che ormai supera stabilmente il 20%, con differenze di qualche punto fra una rilevazione e l’altra, ben lieti al tempo stesso di non starci dentro.

In Italia ogni anno 14,7 miliardi di euro di sussidi alle energie fossili

I sussidi alle energie fossili sono l’insieme di aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di combustibili fossili. Il rapporto “Stop sussidi alle fonti fossili” presentato oggi da Legambiente sottolinea che «i principali network ambientalisti chiedono di abolirli e di spingere sulla decarbonizzazione delle economie per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale. Lo stop ai sussidi consentirebbe infatti, da solo, di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate (cioè del 5,8% al 2020), contribuendo al raggiungimento della metà dell’obiettivo climatico necessario a contenere l’aumento di temperatura globale di almeno 2° C».
Secondo l’ultimo studio del Fondo monetario internazionale (Fmi), nel 2015 i sussidi alle fonti fossili sono stati pari a 5300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto).

L'inutile tentativo USA di riparare ai propri errori

di Alberto Negri
A Parigi sono svaniti i dubbi: in Siria russi e iraniani, insieme ad Assad, faranno la loro guerra, gli Stati Uniti con gli europei ne condurranno un'altra. Non c'è alleanza ma concorrenza: è il risultato dello scontro tra lo zar russo e il sultano turco. Non si tratta però solo di questo. Le due coalizioni hanno un nemico comune, l'Isis, ma obiettivi e scopi assai diversi. Devono evitare di farsi troppo male: la tensione Russia-Turchia è destinata a permanere, nonostante la mediazione di Obama.
Questa rimane la guerra dei calcoli sbagliati, che ora si pagano con il terrorismo, come dimostra anche la bomba di ieri al metro di Istanbul. L'ingresso della Russia sul campo ha messo Erdogan con le spalle al muro, più di quanto gli Usa e la Nato, inspiegabilmente, potessero prevedere.

Antigone: perché chiediamo l’introduzione del reato di tortura

di Andrea Oleandri 
Tortura. Un termine che nell’ultimo anno è tornato prepotentemente, per due volte, alla ribalta della cronaca italiana. La prima volta fu ad aprile quando la Corte Europea dei Diritti Umani condannò l’Italia a risarcire Arnaldo Cestaro che, nel luglio 2001, si trovava all’interno della Diaz durante il G8 di Genova. Per Strasburgo le violenze subite in quell’occasione e inflitte dai pubblici ufficiali che fecero irruzione nella scuola erano qualificabili come “tortura”.
Il secondo caso è invece di pochi giorni fa. Lo scorso 23 novembre i giudici di Strasburgo hanno ritenuto ammissibile il ricorso presentato da Antigone e realizzato con la collaborazione di Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

Il riscatto delle periferie. Una visione di città, un modello di società

di Carovana delle periferie
Ci sono due ragioni fondamentali all’origine della scelta di discutere di programma. Innanzitutto l’esigenza di costruire una lettura ed una proposta comuni che valorizzino le particolarità ma non rimangano intrappolate nei particolarismi e nelle vicende solo territoriali. E poi c’è l’obiettivo di realizzare un percorso e degli obiettivi che possano esplicitati e fatti pesare nello scontro tra interessi diversi e antagonisti sull’area metropolitana di Roma, incluso quello della competizione elettorale, una competizione che la gerarchizzazione decisionale imposta dal Patto di Stabilità europeo su tutti i livelli di governo locale rende sempre meno decisiva, ma che pure ci pone il dovere di una riflessione collettiva su due aspetti strettamente correlati: sul valore ed effetto dell'astensionismo sia come scelta strategica che come risposta spontanea; sulla necessità di un soggetto politico sociale organizzato che a fronte di un processo di ricomposizione degli interessi di classe possa decidere di misurarsi anche – ma non solo e non sempre - sul terreno elettorale.

Il suolo senza una bussola

di Luca Martinelli
Dal 2007 il Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo (CRCS) raccoglie e diffonde dati sul tema a livello nazionale e locale. La ricchezza del Rapporto 2016, che è stato presentato in occasione della Giornata mondiale del suolo, che si celebra il 5 dicembre, è la capacità di raccontare il Paese attraverso uno spaccato di ciò che accade a livello locale.
Il Veneto, ad esempio, può essere visto come l’esempio di che cosa ha significato nel nostro Paese il concetto di “consumo di suolo agricolo”: tra il 2000 e il 2010 sono stati sigillati o impermeabilizzati 5.221 ettari di terreni agricoli all’anno, oltre 50mila in totale. Per ritrovare un dato simile, bisogna andare agli anni Sessanta (7.426 ha/anno), mentre prima del boom economico il dato medio era di circa venti volte inferiore, pari a circa 282 ha/anno. In termini assoluti, la sottrazione di suolo all’agricoltura è stata di quasi 200mila ettari (cioè il 22% del totale) dalle rilevazione del catasto agrario del 1929.

La critica di Marx ed Engels a Mazzini

di Enrico Galavotti
Gran parte dei giudizi di Marx su Mazzini si trovano nel “New York Daily Tribune”, ove Marx scriveva come giornalista, e ovviamente nell’epistolario con Engels. In genere sono giudizi negativi, come quando dice, in riferimento ai vari manifesti del leader repubblicano, che usava “roboanti proclami”.
Quello che Marx proprio non sopportava era il bisogno di una continua cospirazione, come se le rivoluzioni potessero essere fatte “su ordinazione”, a prescindere dalle “possibilità favorevoli che offrono le complicazioni europee”. Per di più – diceva con un certo fastidio – venivano promosse da un leader molto lontano dalla sua patria, che pretendeva “azioni individuali da parte di cospiratori che dovevano agire di sorpresa”.
Secondo lui Mazzini ebbe modo di capire, dal fallimento delle Cinque giornate di Milano del 1848, che nei moti rivoluzionari “non è alle classi superiori che si deve guardare, bensì alle differenze di classe”.

Robert Bösch: La miracolosa rinascita di Antonio Gramsci

di Robert Bösch
Al più tardi, con la sparizione dell'URSS dalla scena politica mondiale, anche quello che si soleva chiamare "teoria marxista" ha perso ogni e qualsiasi rilevanza sociale. Anche le varianti più illuminate del marxismo si riferivano all'Unione Sovietica, se non come socialista, quanto meno come formazione sociale "post" o "non-capitalista". La sua caduta catastrofica ha sigillato anche il verdetto sulla sinistra fino ad allora esistente, e sul suo concetto di teoria.
In questo contesto, non si può non considerare, o nutrire grande interesse per Antonio Gramsci. Non è facile comprendere perché un pensatore che ha visto come proprio compito quello di "tradurre in italiano" le esperienze della Rivoluzione d'Ottobre (Zamis, 1980), e per il quale Lenin era il "maggior teorico moderno" del marxismo (Perspektiven, 1988), non venga trattato come un cane morto. Di fatto, la rinascita di questo rivoluzionario fallito dei tempi della III Internazionale suscita sorpresa, se si considera che non solo la sinistra, ma anche la destra teorica, ha riscoperto per sé questo "marxista classico".

«Mass shooting», il 31% avviene negli Stati Uniti

di Marina Catucci
In America, dall’inizio del 2015, sono avvenuti 353 casi di mass shooting, più di uno al giorno. Questo il dato fornito dal sito ShootingTraker​.com e rimbalzato in tutte le analisi del caso di San Bernardino. Ma analizzando non solo i casi di omicidio di massa, ma tutti i dati riguardanti i morti da arma da fuoco, i numeri aumentano.
Secondo la Violence Archive (Gva), società no profit che si occupa di tenere questo macabro conto, solo in quest’anno gli episodi di violenza per arma da fuoco sono stati 48.297 (pari a circa un terzo dei soldati americani morti durante l’intero conflitto in Vietnam), e hanno causato 12.219 morti e 24.716 feriti; 1.125 volte un’arma è stata usata per legittima difesa, 1.748 volte per errore. Sono stati coinvolti 640 bambini tra gli 0 e gli 11 anni e 2.422 adolescenti tra i 12 e i 17 anni.

Precari in Procura. L’incredibile storia dei magistrati a partita Iva

di Roberto Ciccarelli
Magistrati. E precari. Un binomio inconcepibile per un potere dello Stato. Ma possibilissimo in Italia dove i magistrati onorari dei tribunali civili e penali sono precari. Come gli infermieri, i ricercatori, gli insegnanti, i fornitori di servizi, i borsisti, i part-time. Cottimisti a ore, a prestazione: tanto lavori, tanto guadagni. Ma puoi anche ricevere un’indennità fissa. I cottimisti della giustizia italiana sono praticamente tutti avvocati, possono essere pagati con una busta paga – come un dipendente – o lavorano con la partita Iva – come fanno i consulenti. Ricevono un’indennità di 73 euro netti al giorno, che può essere raddoppiata se il lavoro dura più di 5 ore. Si può arrivare a redditi da 1700 euro mensili senza nessuna tutela sociale, né diritto alla malattia o alle ferie. Per lavorare, bisogna pagarsi contributi e tasse, come se fossero partite Iva.

Il modello Renzi: salvare le banche, affamare i risparmiatori

di Claudio Conti
Scartando dal piatto renzismo quotidiano, ieri mattina Repubblica ha presentato una serie di servizi sulle vittime del “salvataggio” di quattro banche sull'orlo del fallimento: Carichieti, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e naturalmente Banca Etruria, nota per la vicepresidenza coperta dal padre di Maria Elena Boschi e, più in là nel tempo, per esser stata scelta da Licio Gelli come sportello cui far versare le quote di iscrizione alla loggia massonica P2. Coincidenze, naturalmente...
Il meccanismo di salvataggio scelto dal governo ricalca in parte quello deciso a livello di commissione europea, ovvero il bail in, che scarica una parte delle perdite su azionisti e obbligazionisti, oltre che sui normali correntisti che abbiamo sul conto più di 100.000 euro e per la parte eccedente questa soglia (c'è una garanzia statale fino a quella cifra).

Se i Comuni italiani discriminano rom ed immigrati

di Duccio Facchini
C'è chi ha vietato genericamente di campeggiare sul proprio territorio, per poter colpire famiglie Rom e chi ha obbligato i cittadini stranieri a presentare la dichiarazione di idoneità igienico-sanitaria dell’alloggio per potersi iscrivere all’anagrafe. O, ancora, chi ha aumentato il costo dello stesso certificato di idoneità dell’alloggio. 
Sono le storie opache di diversi Comuni italiani, risalenti alla stagione dei sindaci “sceriffi”, fatta di ordinanze, delibere e provvedimenti emergenziali e mediatici. Ma grazie all’operato di associazioni e tribunali, quegli atti stanno progressivamente “cadendo”, perché riconosciuti pubblicamente come discriminatori.

Il chavismo: all’Assemblea, sia come sia

di Geraldina Colotti
“Sono un umile operaio, sono uno di voi. Ho percorso queste strade tante volte, quando dovevamo nasconderci per sfuggire alla polizia, non avevamo un soldo e vivevamo con l’aiuto dei compagni”. Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro infiamma la folla di camicie rosse, che straripa nell’Avenida Bolivar. E’ l’atto finale della campagna elettorale per le elezioni parlamentari di domenica.
Sul palco, ritmati dalla musica del gruppo Lloviznando Cantos, ministri e candidati: giovanissimi, indigeni, afrodiscendenti, tantissime donne (la legge impone il 40% di candidate). Jorge Perez, 22 anni, è il più giovane. “Nella IV Repubblica – dice – aspettavamo eternamente di entrare all’università a numero chiuso, oggi la cultura è di tutti”. Una giovane rapper reca una maglietta con su scritto “Il fascismo si cura con la lettura”.

SI alla lotta per il bene e a una politica attiva di pace

Pax Christi Italia si oppone alla generale chiamata alle armi promossa in tutta Europa da organi di stampa, governi e forze politiche che pensano di bloccare le guerre del terrorismo col terrorismo di guerre che, come si è visto (e come è stato riconosciuto anche dai loro promotori), hanno alimentato nuove violenze e nuove guerre. Cosa è rimasto di tante iniziative belliche? Morti, rovine, sfollati, profughi, migrazioni forzate, tratta delle persone, milizie armate, terrorismo diffuso e “tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi”, ha esclamato il papa il 19 novembre.
“Nel contesto della comunicazione globale”, ha detto il papa a Sarajevo nel giugno scorso, “si percepisce un clima di guerra. C’è chi questo clima vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”.

Nerio Nesi: un ricordo di Luciano Gallino

di Nerio Nesi
A ottobre mi aveva mandato il suo ultimo libro “Il denaro, il debito e la doppia crisi” con un aggiunta finale “spiegati ai nostri nipoti”, che era la previsione della conclusione di una vita dedicata ad un solo obiettivo: combattere il capitalismo con la forza implacabile dei numeri, delle statistiche, dei bilanci, in sostanza con la forza della ragione. “Il sentiero si traccia camminando. Ma bisogna camminare nella direzione giusta” è il titolo dell’ultimo capitolo, e, a questa affermazione, segue una definizione drastica “Il sistema economico e sociale capitalistico appare profondamente iniquo, paurosamente irrazionale, e del tutto incapace di uscire dalla crisi strutturale iniziata negli anni Settanta”, e dimostra la sua affermazione con alcuni dati: a livello europeo, 25 milioni di individui senza lavoro, altrettanti con una occupazione precaria e malpagata, 125 milioni di persone a rischio di povertà; a livello mondiale, mentre un miliardo di persone soffre la fame e 3 miliardi di persone hanno una ricchezza personale che non arriva a 3000 dollari, 35 milioni di persone detengono un ricchezza equivalente a più di una volta e mezzo il PIL globale, ossia 116 trilioni di dollari, circa 313 milioni di dollari in media a testa.

ISIS – Gli USA di Obama dinanzi a una scelta storica

di Antonio Gaeta
Fonti dello ‘Osservatorio Balcani e Caucaso’ * hanno fatto sapere che il giorno 26 novembre 2015 il direttore del quotidiano turco ‘Cumhiryet’ é stato arrestato, assieme al caporedattore di Ankara, con l’accusa di aver pubblicato a fine maggio scorso notizie sul sequestro di alcuni camion dei servizi segreti turchi (Mit), carichi di armi dirette in Siria. L’accusa é quella di spionaggio politico e militare. Tuttavia, questa accusa é priva di ogni fondamento, giacché l’articolo incriminato del giornale era intitolato: “Ecco le armi che Erdogan sostiene non esistono” ! Con palese riferimento ai destinatari di tali armamenti: ovvero i terroristi dell’Isis: gli stessi che hanno dichiarato la città di Raqqua (in Siria) loro principale roccaforte politico-militare e che hanno rivendicato i recenti attentati a Parigi, a Tunisi e l’abbattimento dell’aereo civile russo, carico di turisti.

Sguardi di genere sullo stato della popolazione

di Claudia Bruno
Degli oltre 100 milioni di persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria sul pianeta, circa 26 milioni sono donne e adolescenti in età riproduttiva. Tre quinti delle morti materne si verificano nei paesi ritenuti "fragili" a causa di conflitti in corso o perché colpiti da disastri ambientali. In questi paesi507 donne muoiono ogni giorno per parto o durante la gravidanza. Sono solo alcuni dei dati appena presentati in contemporanea mondiale del rapporto sullo stato della popolazione nel mondo curato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA). 
Oggi, si legge nel rapporto, sono circa 60 milioni i profughi ambientali e di guerra, la cifra più alta registrata finora dalla seconda guerra mondiale, con una stima di 200 milioni di persone all'anno colpite solo da disastri ambientali e i dieci paesi con più alta mortalità materna affetti da conflitti.

Il Jihadismo, una questione interna

di Santiago Alba Rico
Mi succede già da tempo di riuscire a provare orrore e dolore per due tragedie simultanee, accadute in punti diversi del pianeta. Riassumo una vicenda atroce:venerdì 13 novembre, mentre assassini francesi e belgi uccidevano 129 persone a Parigi, assassini tunisini, anche loro dello Stato Islamico, sgozzavano e decapitavano Mabrouk Soltani, un giovanissimo pastore di 16 anni, abitante nel villaggio di Slatniya, a nord-est di Sidi Bouzid, culla della rivoluzione del 2011. Dopo il crimine, i terroristi hanno consegnato la testa di Mabrouk a suo cugino Choukri, che lo aveva accompagnato in montagna, perchè la riportasse a casa e la mostrasse alla famiglia. Non voglio -non posso- immaginare la disperazione di Choukri mentre tornava verso casa con la testa di Mabrouk che gli batteva sulla schiena, nè l’orrore dei suoi genitori nell’aprire la porta. Il corpo è stato recuperato il giorno dopo dai vicini, mentre la testa è stata tutta la notte in frigorifero.

Parigi, la voce delle popolazioni indigene

di Giulia Motta Zanin, Jhoanna Cifuentes e José Jara 
"I popoli indigeni hanno diritto a definire ed elaborare le priorità e le strategie per lo sviluppo o l’utilizzo delle loro terre o territori e delle altre risorse” - Art. 32 della Dichiarazione delle Nazioni. Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni. Alla COP21 si stanno susseguendo molti eventi paralleli sul ruolo delle popolazioni indigene nelle strategie di adattamento e mitigazione. Durante l’evento "Potenziamento delle strategie di adattamento e di mitigazione e della sicurezza alimentare attraverso l’accesso diretto al Fondo Verde del Clima” è stata sottolineata l’importanza del ruolo attivo che queste popolazioni dovrebbero avere.
Jo Ann Guillao, ricercatore del Centro Internazionale per la Ricerca Politica e l’Educazione (TEBTEBBA) delle Filippine, ha parlato della forte interrelazione che c’è tra i cambiamenti climatici, la biodiversità e le conoscenze tradizionali.

Riflessioni sul voto alle donne 70 anni dopo

di Casa delle donne Luca y Siesta
Qualche giorno fa siamo state invitate dalla storica rivista NoiDonne alla presentazione della loro prima agenda “Noidonnecult”, dedicata simbolicamente al voto alle donne che nel 2016 compie 70 anni. Si voleva approfittare di questo anniversario per riflettere sul senso del voto oggi, partendo dalle nostre esperienze e dal significato che si dà alla partecipazione politica. Sebbene il Parlamento e il governo italiani registrino oggi la più alta presenza femminile della storia, si avverte una distanza tra elette ed elettrici, nel quadro più ampio di una disaffezione per la politica, che a ogni elezione si fa più evidente. In questo scenario, come e dove si manifesta oggi quella partecipazione appassionata che le donne esprimevano nel ’46 con la battaglia per il suffragio?

Terrore Spa: il nichilismo come "stile di vita"

Intervista a Pietrangelo Buttafuoco di Marco Dotti
Ha 15 anni ed è il fratellino di Abdelhammid Abaaoud, uno degli attentatori di Parigi. Cresciuto in Belgio, a Molenbeek, dal 2014 è in Siria. "Il più giovane jihadista del mondo", l'ha definito senza ritegno la stampa. E senza ritegno, le milizie nere stanno capitalizzando la sua immagine e i "post" su facebook in cui dichiara "vendetta" per l'uccisione del fratello da parte della polizia francese. Che cosa sta succedendo a questi ragazzi cresciuti nel cuore dell'Europa? Sono "personalità forgiate nel fanatismo modernista", commenta Pietrangelo Buttafuoco. Ma una cultura e una "civiltà" intrise di nichilismo possono coltivare altro che il proprio suicidio?
Abbiamo incontrato Buttafuoco, intellettuale, anticonformista, musulmano col nome di Giafar al-Siqilli, in onore dell'emiro di Sicilia. Buttafuoco è rinomata firma del “Foglio”, ma scrive anche per “la Repubblica” ed è autore de Le Uova del Drago (Mondadori, 2005), L’Ultima del Diavolo (Mondadori, 2008), Il lupo e la luna (Bompiani, 2011). Su questo tema, ha pubblicato da Bompiani un pamphlet, Il feroce saracino.

Esperti? Stiamo tutti pagando per quelli che hanno mandato a rotoli l'economia globale

di Mark Weisbrot 
Di tutti gli esempi del fallimento della politica neoliberista dalla Grande Recessione, la crisi dell’eurozona risalta come un’opera d’arte. Le autorità europee che hanno combinato questo caos – la Commissione Europea, la Banca Centrale Europea (BCE) e il Fondo Monetario Internazionale – noti come “la troika” – offrono una delle più chiare dimostrazioni su vasta scala nei tempi moderni del danno che può essere causato quando chi sta ai piani alti sbaglia le proprie politiche macroeconomiche. Che questo sia accaduto in un insieme di economie ad alto reddito con istituzioni democratiche in precedenza ben sviluppate rende la cosa ancor più convincente.
E’ necessario precisare “istituzioni democratiche in precedenza ben sviluppate” perché i paesi dell’eurozona hanno ceduto i loro diritti sovrani di controllare le proprie politiche macroeconomiche più importanti: dapprima la politica monetaria e dei rapporti di cambio e poi sempre più la politica fiscale dei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).

Perché dobbiamo preoccuparci del Target 2

di Andrea Terzi 
Dei saldi TARGET2 si era parlato, anche troppo, durante la tempesta monetaria del 2011-12. La crisi di fiducia nella moneta unica si era manifestata nei massicci spostamenti di depositi da quella che ormai siamo abituati a chiamare periferia (Spagna, Italia, Grecia, Irlanda e Portogallo) verso il nocciolo duro, il “core”, dell’unione monetaria (Germania, Lussemburgo, Olanda e Finlandia).
L’ampliarsi delle differenze dei saldi TARGET2 tra le diverse banche centrali nazionali rifletteva la gravità della condizione in cui versava il sistema dei pagamenti europeo. L’allarme cessò (vedi grafico) con il celebre “whatever it takes” di Mario Draghi che si tradusse in pratica nella creazione dello strumento delle Outright Monetary Transactions (OMT).

Una ruspa si aggira per l’Europa. Da noi la guida Salvini

di Valerio Renzi
Se ne va in giro su e giù per l’Italia su una ruspa, a volte è vera a volte solo metaforica. Con il suo Caterpillar il leader leghista Matteo Salvini vuole abbattere i campi rom, spianare i centri d’accoglienza, spazzare via il governo Renzi e l’euro. Qualcosa non va? E allora ruspa! Tabula rasa, e chi se ne importa delle macerie. La sua ruspa Salvini se la porta anche in televisione e sui palchi di mezza Italia, stampata sulla maglietta d’ordinanza, calzata sopra la camicetta o in versione giocattolo. La ruspa è la metafora della politica di Salvini: radicale e semplice da comprendere, una macchina fieramente populista e popolana. Una retorica irragionevole e spesso irrazionale, politicamente scorretta: prima spianare poi discutere.

Siria, il Labour sotto le bombe

di Leonardo Clausi
L’aula non aveva ancora finito di applaudire l’eroica prolusione con cui il figlio segreto (nel senso che fino a ieri non lo conosceva nessuno) di Tony Benn, Hilary, metteva il suggello del Labour a una maggioranza che Cameron non si sognava neppure, che già i Tornado scaldavano i motori. Mercoledì sera, con 397 sì contro 223, la camera dei Comuni ha dato la sua robusta approvazione all’intervento, non senza nel frattempo distruggere l’unità parlamentare dei laburisti, cui Corbyn aveva dovuto concedere la libertà di voto secondo coscienza. Con un discorso roboante che pigramente accostava Daesh al fascismo di Franco, Mussolini e Hitler e il cui scopo era scippare a Cameron la leadership interventista e a Corbyn quella del partito, il ministro-ombra agli Esteri Benn è finalmente uscito dall’ombra.

La schizofrenia europea: combatte chi combatte il terrorismo

di Talal Khrais
La parola schizofrenia significa letteralmente "mente divisa". Tra i sintomi di questa psicosi: alterazioni del pensiero, idee fisse dal contenuto bizzarro, l'incapacità di concentrarsi. L'Occidente più che mai vive una situazione di "mente divisa" in politica estera. La patologia non fa altro che portarci il terrorismo in casa. Fissazioni totalmente irragionevoli vertono sulla Russia, così come ritorna continuamente l'altra grande ossessione dei leader occidentali, quando chiedono al presidente siriano Assad di lasciare il potere, come se la questione riguardasse l'Europa e non il popolo siriano. Che ai piani alti del potere occidentale i pensieri non siano ragionevoli, lo dimostrano le parole di miele (e le tante armi) che gli stessi governanti dedicano invece ai monarchi del Golfo, noti campioni della democrazia e dei diritti umani.

Mauricio Macri: nessun trionfo per la repubblica

di Ezequiel Adamovsky
L’elezione di Mauricio Macri come nuovo presidente dell’Argentina, è stata accolta come un trionfo della Repubblica, sia all’interno del paese che sui media internazionali. Molti di coloro che hanno votato per lui lo hanno fatto come modo per domandare istituzioni migliori, meno corruzione, più pluralismo e la fine dello stile aggressivo di Cristina Kirchner. Tra gli altri periodici internazionali, The Economist ha accolto l’elezione come “la fine del populismo” e l’inizio di “una democrazia più affidabile”. Se, come The Economist e altri media internazionali vi interessa principalmente avere in Sudamerica governi favorevoli al mercato, di destra, amici degli Stati Uniti, allora avete buone ragioni per essere contenti delle elezioni. Ma se siete realmente interessati alla salute della repubblica, alla divisione dei poteri, e alla trasparenza, allora l’elezione di Mauricio Macri è una brutta notizia.

Quantitative Easing 2: l'ennesimo regalo alla Germania e alle sue banche

di Alberto Rotondo 
Supponiamo che un istituto di statistica realizzi un sondaggio su scala europea, ponendo ai cittadini dell’Unione una domanda: qual è a vostro giudizio il paese europeo che presenta un più elevato grado di indebitamento in rapporto al prodotto interno lordo? Credo che la stragrande maggioranza degli europei non avrebbe difficoltà a rispondere, individuando nella Grecia il paese più indebitato e nella Germania, o in qualche altro paese “virtuoso” del Nord, la nazione che gode di una maggiore solidità finanziaria.
La realtà è profondamente diversa, al punto che un sondaggio di questo tipo sarebbe la dimostrazione più chiara dell’efficacia del pensiero unico neoliberista egemone, che in questi anni ha imposto una narrazione sulla crisi con unico fine, quello di travisare la realtà e occultare le pesanti responsabilità di chi ha avuto un ruolo importante nei processi decisionali che l’hanno causata.

La fabbrica chiude, gli operai la riaprono

di Tiziana Cozzi
Abbiamo lottato con le unghie e con i denti, siamo saliti sui tetti più alti della fabbrica ma poi abbiamo capito che nessun cavaliere bianco sarebbe venuto a salvarci. E allora ci siamo rimboccati le maniche". Matteo Potenzieri, ingegnere e vicedirettore dello stabilimento di Caivano della multinazionale Italcables, oggi presidente del cda di Wbo Italcables, ha la faccia di un uomo perbene e l'emozione di un bambino nella voce. Oggi, dopo due anni di cassa integrazione e mobilità, chiusura dello stabilimento napoletano di proprietà di una multinazionale portoghese, i 51 dipendenti dello stabilimento inaugurano la loro fabbrica con un nuovo logo e nuovo nome.
Wbo sta per "workers buyout", cioè lavoratori che acquistano la società di cui sono stati dipendenti. Gli operai lavorano per la stessa fabbrica che due anni fa ha chiuso e li ha licenziati.

Riyadh risparmia al Qaeda e bombarda gli ospedali

di Chiara Cruciati
Le bombe che l’Arabia saudita lancia sullo Yemen evitano accuratamente al Qaeda ma centrano in pieno gli ospedali. È successo mercoledì sera per la seconda volta in un mese e mezzo: Riyadh ha colpito la clinica mobile di Medici Senza Frontiere nel villaggio di al Khashabeh, vicino la città di Taiz. Nove feriti, due gravi. Lo staff è stato evacuato come successo il 27 ottobre: quella notte un bombardamento rase al suolo l’ospedale di Msf nel distretto di Haydan, nella provincia nord di Saada.
Secondo testimoni Riyadh ha usato l’odiosa tecnica del “doppio attacco”: un primo raid e un secondo a poca distanza, quando sono già in atto le operazioni di soccorso delle vittime. «Non c’è dubbio che la coalizione sapesse della presenza di Msf in quel luogo», ha detto il capo missione dell’organizzazione in Yemen, Jerome Alin, che ha aggiunto di aver comunicato più volte le coordinate della clinica all’aviazione saudita.