La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 4 dicembre 2015

Il modello Renzi: salvare le banche, affamare i risparmiatori

di Claudio Conti
Scartando dal piatto renzismo quotidiano, ieri mattina Repubblica ha presentato una serie di servizi sulle vittime del “salvataggio” di quattro banche sull'orlo del fallimento: Carichieti, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara e naturalmente Banca Etruria, nota per la vicepresidenza coperta dal padre di Maria Elena Boschi e, più in là nel tempo, per esser stata scelta da Licio Gelli come sportello cui far versare le quote di iscrizione alla loggia massonica P2. Coincidenze, naturalmente...
Il meccanismo di salvataggio scelto dal governo ricalca in parte quello deciso a livello di commissione europea, ovvero il bail in, che scarica una parte delle perdite su azionisti e obbligazionisti, oltre che sui normali correntisti che abbiamo sul conto più di 100.000 euro e per la parte eccedente questa soglia (c'è una garanzia statale fino a quella cifra).

In realtà il dispositivo del governo è leggermente diverso, perché chiama in causa l'intero sistema bancario italiano ma garantisce una defiscalizzazione equivalente all'impegno finanziario delle banche partecipanti. In pratica, garantisce lo Stato con i soldi dei contribuenti, meno la quota di perdite a carico degli incauti investitori. E questo non era piaciuto molto all'Unione Europea, che poi però ha fatto finta di nulla per non indebolire uno dei governi più complici dell'area a 28.
Repubblica fa un lungo elenco di casi di persone rovinate improvvisamente da questa decisione e illumina uno spaccato sociale – il famoso “ceto medio” delle analisi che rifiutano altre connotazioni di classe – che dice molto su come sono stati costruiti i redditi e il consenso sociale nel corso degli ultimi 25 anni.
Piccoli imprenditori, pensionati, impiegati ed ex operai, o meglio ancora gli eredi di questi piccoli risparmiatori che avevano fatto proprio il “sogno finanziario” proposto dal capitale, all'inseguimento di quell'”investimento sicuro” e senza rischi che fa sentire benestanti senza altre fatiche. Bastava poco, un 2-3% annuo, a far incassare una "quindicesima" con cui sistemare le scadenze di fine anno e magari permettersi qualche acquisto o spesa imprevista.
Gente senza alcuna competenza finanziaria, ovviamente, residente nella piccola provincia italiana moderatamente ricca, abituata ad affidarsi completamente nelle mani dello sportellista, del direttore di filiale, quasi sempre un paesano, se non addirittura un parente. Ovvero impiegati altrettanto a digiuno di covered bond o asset backed securities, semplicemente istruiti dai vertici dell'istituto a vendere certi titoli e certe obbligazioni – specie le “subordinate”, che offrivano assai meno garanzie – in cambio di modesti “premi di produzione”.
Se volessimo fare i facili moralisti, un tantino idioti, potremmo tranquillamente fare spallucce e dire: “avete voluto partecipare alla roulette? Se ci avete perso, sono affari vostri”. E' il mercato bellezza, mica pretendevi di vincere sempre...
Ma, dicevamo, questa vicenda illumina qualcosa di più sulla struttura del consenso sociale. Qualcosa che va oltre – senza escluderli – i livelli del salario, le aliquote della tassazione, le prestazioni del welfare, ecc. Qualcosa che, finché la finanza globale marciava di successo in successo, riusciva a garantire un po' di reddito aggiuntivo sotto forma di remunerazione del capitale produttivo di interesse.
La “finanziarizzazione delle coscienze” data da molto tempo, certamente, e il “popolo dei Bot” è ormai una categoria dell'analisi economica. Ma quest'ultimo, investendo i propri risparmi in titoli di stato, era in qualche misura una figura razionale e necessaria del sistema economico, retribuita poco ma in modo certo. La liberalizzazione nelle emissioni di titoli e azioni ha invece permesso anche a istituti con bassissima patrimonializzazione di creare denaro fittizio a costo zero, collocandolo in maniera privilegiata verso una clientela semplicemente senza consapevolezza e senza alternative. In regime di monopolio, tecicamente parlando. Un contadino, un operaio, un piccolo commerciante di un paesino di provincia, ha quasi sempre un solo sportello bancario a disposizione. E nessuna conoscenza dei meccanismi finanziari, se non quelli "basici" (prestito, tasso, mutuo, ecc) che riguardano la sua attività professionale.
Negli ultimi 25 anni, insomma, si è espanso ad libitum un “parco buoi” con patrimonio scarso o minimo, che arriva però a coprire tutta la popolazione che per varie ragioni può risparmiare qualcosa sui propri redditi ordinari o che si ritrova ad un certo punto tra le mani un piccolo gruzzolo (tipicamente, la liquidazione). Un parco buoi che si è identificato completamente – in modo altrettanto inconsapevole e bovino - con il sistema, i suoi valori, le sue aspettative.
Questo mondo paga ora esattamente come il lavoro dipendente (di cui spesso fa parte), perdendo in un attimo tutto o quasi quel che aveva accumulato con una vita di lavoro e piccoli sacrifici. È una devastazione sociale – per quanto limitata al momento a quattro sole banche, neanche tra le principali – che si ripeterà molte volte nei prossimi anni. E che può produrre effetti sistemici sul consenso sociale diffuso. Se dall'adesione fideistica al sistema, infatti, non derivano più modeste plusvalenze, ma solo perdite, magari anche drastiche, viene minato un dispositivo di identificazione.
E le banche possono finalmente essere identificate per quel che sono: associazioni a delinquereche fanno e disfano i governi nazionali, secondo un solo principio ordinatore - chi è più grosso se la comanda e fa più danni.
A suo modo, dunque, è anche questo un episodio della lotta di classe dall'alto condotta dal capitale finanziario contro tutte le figure a suo tempo cooptate e silenziate. Invece della redistribuzione di una quota degli interessi, oggi si dispiega un rastrellamento dispotico del risparmio disponibile. Una espropriazione senza indennizzo che recide, tendenzialmente, il legame di sintonia tra piccolo risparmio e grande capitale.
Se son rose, fioriranno... Ma serve lavoro e coscienza, e serietà, perché il raccolto - questa volta - sia a favore degli antagonisti del capitale.

Fonte: contropiano.org 

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