La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 3 dicembre 2015

Un clima piuttosto caldo

Affrontare il tema dei cambiamenti climatici e della necessità di superare l'attuale paradigma energetico basato, prevalentemente, sull'uso dei combustibili fossili, alla luce dell'attuale scenario geopolitico, acquista una valenza che va al di là della, pure urgente, questione ambientale.
Difatti, gli scenari geopolitici che hanno accompagnato gli ultimi 25 anni di storia contemporanea, le guerre che si sono succedute in questo periodo nel Medio Oriente, dalla prima alla seconda guerra in Iraq, all'invasione dell'Afganistan, dalle tensioni tra Usa ed Iran alle primavere Arabe, fino all'attuale crisi siriana, possono senz'altro essere inquadrate in un unico quadro di scontro per l'acquisizione di un potere di influenza, da parte dei Capitalismi e degli Imperialismi, nell' accaparramento delle risorse energetiche, in primis, dei ricchi giacimenti petroliferi di quell'area.
La chiave di tutto è il petrolio e, più in generale, sono le fonti fossili. Chi oggi ha in mano le redini dello sviluppo economico sa bene che, un effettivo cambiamento di paradigma verso un sistema ecologicamente più sostenibile, rischierebbe di minare alla radice l'attuale struttura di potere su cui si poggiano gli interessi delle lobby che rappresentano.
Non intendo dilungarmi sulle diverse possibilità con cui è possibile produrre energia in alternativa all'impiego di fonti fossili, poiché il tema meriterebbe degli approfondimenti specifici che potrebbero far deviare dal ragionamento qui proposto, ma è bene mettere in luce un aspetto che viene considerato poco o per nulla, ossia che la produzione di energia rinnovabile è intrinsecamente democratica poiché necessariamente basata sulla diffusione della produzione locale. Significa, in ultima analisi, produrre energia in base alle reali necessità e con le risorse che il territorio considerato può offrire. L'ottimizzazione di produzione e consumo, e la possibilità dell'autoproduzione del proprio fabisogno energentico, consente al produttore-consumatore di acquisire una nuova coscienza energetica, una visione concreta della sostenibilità effettiva del suo modello di consumo in relazione, tanto alla sua possibilità di auto-approvvigionamento, quanto ai suoi effettivi bisogni. Di conseguenza, lo sviluppo capillare e la larga diffusione della microproduzione energetica da fonti rinnovabili, rappresenta una vera e propria rivoluzione, nel senso più stretto del termine, poiché incarnata in un'acquisizione diretta del processo di produzione della risorsa principale delle nostre società tecnologiche: l'energia. Ciò che veramente temono coloro che oggi hanno in mano le redini dell'economia mondiale è che questo processo gli sfugga di mano. Anche loro sono interessati allo sviluppo delle fonti energetiche alternative, ma, si badi bene, solo perché esse rappresentano degli asset strategici da governare e da controllare, esattamente come fanno con le fonti fossili e con il nucleare.
Essendo che le tecnologie rinnovabili sono intrinsecamente meno controllabili in modo centralizzato, il potere, per curare i suoi interessi, agisce sulle politiche che ne governano lo sviluppo. I vertici, come il recente Cop21, non sono altro, quindi, che dei palcoscenici in cui va in scena, in forma diplomatica, lo scontro geopolitico sull'accaparramento delle fonti energetiche.
L'altro palcoscenico è la guerra. Costante, globale, asimmetrica.
Difronte all'emergere di una diffusa coscienza ambientalista che, più in generale, si pone il miglioramento delle condizioni di vita del popolo attraverso un più equilibrato rapporto con le risorse naturali, il clima di assedio in cui è stata catapultata l'opinione pubblica a seguito dei tragici attentati terroristici che hanno insanguinano la Francia, rappresenta il contesto ideale entro cui perseguire la strategia volta a sottrarre dalle mani della democrazia lo sviluppo delle fonti rinnovabili. 
E' difronte agli occhi di chiunque in questi giorni osservi i media che, nonostante l'urgenza di un effettivo cambio di passo nelle politiche ambientali, l'opinione pubblica sia stata completamente anestetizzata su questa tematica dalla questione della lotta al terrorismo e dalla crisi siriana.
La manifestazione avvenuta domenica a Roma, ad esempio, ha avuto ben poco risalto nel circuito mainstream e il giorno dopo, quasi tutta la stampa nazionale ed internazionale, apriva con l'indignazine per l'oltraggio ai “luoghi della memoria” a seguito degli scontri di piazza avvenuti a Parigi nel corso delle manifestazioni non autorizzate, ma, si badi bene, programmate da tempo.
La repressione preventiva e anestetizzante della stretegia della tensione globale ha fatto il suo sporco dovere.
Non si vuole, in questa sede, fare del facile complottismo, quanto offrire una chiave di lettura ad una situazione che sta gravemente sfuggendo di mano in assenza di un adeguato movimento di opinione, che sappia fare un salto in avanti rispetto al mero eco-pacifismo.
E' evidentemente necessario approfondire l'analisi per trovare tutte le connessioni tra le varie dinamiche appena accennate, tuttavia sarebbe tragico cadere nell'errore che temo stiano per fare in molti, consistente nel ritenere il vertice Cop21 il deus ex machina della svolta climatica planetaria.
Non sarà così. Sicuramente i consulenti e i tecnici dei panel impegnati nella stesura delle bozze di risoluzioni faranno, come sempre, un ottimo lavoro di analisi e raccolta dati fornendo e indicando la via, ma, purtroppo, la mano dei Governi farà naufragare e spingerà al ribasso la risoluzione senza dare concreto ed effettivo seguito a quelle stesse indicazioni.
L'unica speranza è che si ricostuisca un vasto movimento di opinione che riesca ad aggregare le fasce più avanzate dell'opinione pubblica globale, che squarci il velo di ipocrisia e di cupo cinismo imperante, per sostenere con forza che l'unica svolta in grado di fronteggiare le due crisi, quella climatica e quella geopolitica, facce della stessa medaglia, non può che essere l'affermarsi della democrazia ambientale, della equadistribuzione delle risorse e della giustizia sociale.

Articolo di Alessandro

Fonte: politichiamo.net

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