La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 15 agosto 2015

Cercasi classe dirigente


di Roberto Romano
L’Italia rimane il Paese che cre­sce meno tra quelli euro­pei. L’Europa è amma­lata, ma l’Italia è amma­lata grave. Sarà colpa della classe diri­gente, della strut­tura pro­dut­tiva, dell’assenza di qual­siasi idea di poli­tica eco­no­mica, ma anno dopo anno il Paese diventa sem­pre meno euro­peo. La Svi­mez ha recen­te­mente rac­con­tato di un Mez­zo­giorno depau­pe­riz­zato e tutti hanno sot­to­li­neato la situa­zione, ma l’Italia da troppi anni è fana­lino di coda tra i Paesi euro­pei con una minore cre­scita cumu­lata di oltre 9 punti di Pil rispetto alla media euro­pea. Una situa­zione che dovrebbe mobi­li­tare le migliori intel­li­genze del Paese, ma molti di que­sti non sono ascol­tati, oppure dipinti come gufi. Rimane la cricca del pre­si­dente del con­si­glio, al netto di alcune e poche per­sone perbene.
Se andrà bene, nel 2015 la cre­scita potrebbe rag­giun­gere lo 0,6%, esat­ta­mente quanto pre­vi­sto in aprile dalla Com­mis­sione Euro­pea, diver­sa­mente da quanto indi­cato dal governo (0,7%) nel Def (Docu­mento Eco­no­mia e Finan­zia­ria), men­tre le pre­vi­sioni per il 2016 pos­siamo lasciarle ai car­to­manti data la situa­zione inter­na­zio­nale. Anche il gigante d’argilla Ger­ma­nia, indi­pen­den­te­mente da quello che pen­sano i tede­schi di se stessi, non se la passa bene: 0,4% nel secondo tri­me­stre. Un valore al di sotto delle pre­vi­sioni.

Lasciate il Pd: serve una sinistra

Intervista a Michele Prospero di Luca Sappino
Michele Prospero - un tempo editorialista del giornale del Pd - non legge più l’Unità: «È ormai un quotidiano apocrifo», dice. Il professore, filosofo, è un tipico gufo, non lo nega («Per Hegel è una figura positiva», rivendica), e di Renzi pensa malissimo: «Il renzismo è un fenomeno politico della degenerazione del sistema democratico».
Prospero ci spiega il filo che lega la Bolognina di Occhetto, all’antipolitica e a Renzi, il tema del suo saggio, “Il nuovismo realizzato”. E se il premier oggi dice che quella della società civile «è una retorica insopportabile»: «Lo fa solo strumentalmente», per Prospero, «per giustificare le nomine nel Cda della Rai».
È convinto che non si andrà ad elezioni anticipate, Prospero, e che la storiella del Renzi 1 e Renzi 2 non funziona: «I due sono in realtà la stessa cosa. Anche il Renzi rottamatore era interno al conservatorismo». Le riforme portate a compimento? «Sono solo quelle fatte in accordo con la destra, come l’abolizione dell’articolo 18. Quelle che non piacciono ad Alfano arrancano».
Ha molto in comune Matteo Renzi, per Prospero, con Tony Blair che si scaglia contro il candidato di sinistra alle primarie dei Labour, il sessantenne Corbyn: «La prima cosa che fece Blair arrivato al governo», racconta Prospero, «fu prevedere una sala specifica al partito per gli incontri con i grandi contributori».

Affinità e divergenze tra la sinistra inglese e quella italiana

di Paolo Borioni
Nella com­pe­ti­zione interna per la nuova guida del par­tito labu­ri­sta bri­tan­nico affio­rano con­trad­di­zioni e debo­lezze evi­denti, ma anche ele­menti di inte­resse, in gene­rale e per la malan­data sini­stra italiana.
Jeremy Cor­byn pare in grado di com­pe­tere per vin­cere, il che, vista la pro­ve­nienza net­ta­mente socia­li­sta del per­so­nag­gio, ha susci­tato molte riflessioni.
Da un lato avviene il rilan­cio di pro­grammi per un’assennata ma sen­si­bile riforma del capi­ta­li­smo, evi­den­te­mente impor­tante fra chi par­te­cipa alle pri­ma­rie laburiste.
Dall’altro c’è chi teme si tratti di una oscil­la­zione pura­mente iden­ti­ta­ria e reat­tiva, inca­pace di con­qui­stare l’opinione pub­blica inglese per vin­cere le pros­sime ele­zioni, che per arri­dere al Labour dovreb­bero, secondo alcuni cal­coli, spo­stare il 10–12 per­cento dei voti dai con­ser­va­tori ai labu­ri­sti. Non a caso par­liamo qui di inglesi e non di bri­tan­nici, per­ché invece in Sco­zia il voto popo­lare ha già mani­fe­stato il suo grande con­senso per il socia­li­smo nazio­nale demo­cra­tico dello Snp: una cri­tica alle incer­tezze del Labour (che ci ha perso una cin­quan­tina di seggi) e un rifiuto del modello neo­li­be­rale del Regno Unito.

Corbyn, il socialista che rischia di prendersi il Labour

di Leonardo Clausi
Si chiama Jeremy pro­prio come Clark­son, la con­tro­versa cele­brità tele­vi­siva, ma le simi­li­tu­dini per for­tuna fini­scono qui. Poli­ti­ca­mente, somi­glia assai di più a Ken Living­stone, l’ex sin­daco di Lon­dra e anche lui famosa spina del fianco del par­tito labu­ri­sta: una mina vagante a sini­stra con grosso seguito per­so­nale, e quindi imba­razzo per la mag­gio­ranza centrista.
Depu­tato al par­la­mento nella cir­co­scri­zione lon­di­nese di Isling­ton North, entrato quasi con­tro­vo­glia nella rosa dei can­di­dati al posto di un altro tanto per far vedere che il par­tito era plu­ra­li­sta, Cor­byn pre­senta peri­co­lose ete­ro­dos­sie (a parte natu­ral­mente il socia­li­smo): dal repub­bli­ca­ne­simo, che dalla mag­gio­ranza paese è ancora visto come com­mo­vente e vel­lei­ta­rio, al più grave rifiuto di con­dan­nare l’Ira, visto come un gesto chia­ra­mente antinazionale.
Eppure que­ste pri­ma­rie per la lea­der­ship del par­tito labu­ri­sta che, aper­tesi venerdì, chiu­de­ranno il 10 set­tem­bre con lo spo­glio due giorni dopo, Jeremy Cor­byn rischia di vin­cerle davvero.

Il fantasma della ripresa che non c'è

di Roberto Ciccarelli
La stima pre­li­mi­nare sul Pro­dotto Interno Lordo (Pil) nel secondo tri­me­stre del 2015 dif­fusa ieri dall’Istat con­ferma: la cre­scita in Ita­lia è lenta e non pro­duce nuova occu­pa­zione sta­bile. Il pro­dotto interno lordo ita­liano è aumen­tato dello 0,2% rispetto al tri­me­stre pre­ce­dente (cre­sciuto dello 0,3%) e dello 0,5% nel con­fronto con il secondo tri­me­stre del 2014. A giu­gno la disoc­cu­pa­zione è tor­nata al 12,7% ((+0,2 punti su mag­gio), men­tre quella gio­va­nile (15–24 anni) ha regi­strato un nuovo record: +44,2%.
A Fer­ra­go­sto, ecco il ritratto della trap­pola della «cre­scita senza occu­pa­zione» \[job­sless reco­very\] in cui si dibatte il governo Renzi più di tutti gli altri paesi dell’Eurozona e dell’occidente capi­ta­li­stico. Nello stesso periodo, ha rile­vato l’Istat, il Pil è aumen­tato in ter­mini con­giun­tu­rali dello 0,6% negli Stati Uniti e dello 0,7% nel Regno Unito. In ter­mini ten­den­ziali, si è regi­strato un aumento del 2,3% negli Stati Uniti e del 2,6% nel Regno Unito. Vediamo l’Europa. Secondo l’Eurostat peg­gio dell’Italia sta solo la Fran­cia dove la cre­scita è piatta. La Spa­gna cre­sce dell’1%, la Ger­ma­nia dello 0,4%, men­tre la Gre­cia regi­stra un sor­pren­dente +0,8%, nono­stante le tem­pe­rie in cui si trova il governo Tsi­pras.

Senza insegne di partito e senza fretta

di Gianandrea Piccioli
Qual­che giorno fa, in un arti­colo sulla Ger­ma­nia, Marco Bascetta ha scritto che «il socia­li­smo euro­peo non è fal­lito per­ché si è con­ver­tito al neo­li­be­ri­smo, ma si è con­ver­tito al neo­li­be­ri­smo per­ché era fal­lito. Per­ché il modello di stato, di wel­fare, di lavoro, di iden­tità sin­go­lari e col­let­tive che esso pro­po­neva non cor­ri­spon­de­vano più alle aspi­ra­zioni di sog­get­ti­vità sociali pro­fon­da­mente tra­sfor­mate. Se non si parte da que­sto pre­sup­po­sto la par­tita con le pro­messe, sia pur disat­tese, del neo­li­be­ri­smo è irri­me­dia­bil­mente per­duta». L’Andersen de I vestiti nuovi dell’Imperatore non avrebbe potuto dir meglio.
A sini­stra, oggi, in Ita­lia e nel mondo, non c’è solo dello spa­zio, ci sono addi­rit­tura steppe a per­dita d’occhio. Ma occor­re­rebbe sapere come abi­tarle e col­ti­varle e non si può certo farlo inal­be­rando annunci tipo «Qui non si vende e non si beve Coca Cola», come si leg­geva su uno stri­scione a un recente festi­val di Rifon­da­zione a Savona… E nem­meno illu­den­dosi che sia pos­si­bile rifor­mare il sistema dall’interno, come avverte giu­sta­mente Ber­ti­notti, alam­bic­cando con vec­chie alchi­mie di scis­sione e ricom­po­si­zione delle resi­due forze esi­stenti. Né, come ha più volte riba­dito Marco Revelli, cer­cando di far nascere nuove strut­ture poli­ti­che ormai impos­si­bili nelle forme nove­cen­te­sche, che peral­tro sono ancora le sole che conosciamo.

Oltre il sogno, l'Europa possibile

di Luigi Pandolfi

In Principi di Scienza Nuova, Giambattista Vico scriveva che «Gli uomini prima sentono senz’avvertire; dappoi avvertiscono con animo perturbato e commosso; finalmente riflettono con mente pura». Se si escludono gli aspetti di metodo e di merito relativi al nuovo “piano di salvataggio” triennale accordato alla Grecia, l’intera vicenda che ha visto per alcuni mesi contrapposti il governo guidato da Alexis Tsipras ed i cosiddetti “creditori” ha avuto senz’altro un merito: non tanto quello di aver “disvelato” il vero volto dell’Europa, che già era abbastanza noto in tutti i suoi aspetti “fisionomici”, quanto quello di aver dato il “la” all’apertura di un dibattito finalmente non convenzionale sulla natura dell’Europa, sulla qualità del processo di integrazione, perfino sulla sostenibilità dell’euro.

Nondimeno, tra la gran mole di materiali analitici che abbiamo a disposizione, ancora oggi, a me sembra che manchi qualcosa perché il dibattito faccia un significativo passo in avanti. Soprattutto con riguardo alla prospettiva. Beninteso: avanzare una proposta di riforma dell’attuale governance euro-monetaria non è un’impresa semplice, per chiunque. Fermarsi però all’analisi di ciò che non funziona e sottolineare soltanto ciò che sarebbe opportuno evitare, per quanto più agevole, equivarrebbe ad una accettazione dell’ineluttabilità del corso delle cose, contro ogni pretesa di rianimazione del rapporto agonico tra politica e “stato di cose presente”.

Troppo tardi per cambiare il Pd da dentro

di Giuseppe Civati
Ho letto con interesse il pezzo di Antonio Padellaro che invita tutti coloro (sempre meno) che esprimono una posizione non-renziana nel Pd a rimanere nel partito, costi quel che costi, per evitare di passare dalla Juventus a squadre di serie B. Il pericolo, per Padellaro, è la marginalità tipo Psiup.
Mi pare forzato il paragone tra le sorti della galassia socialista (nel bel mezzo) della Prima Repubblica e quanto accade oggi nella politica italiana, priva di riferimenti valoriali, capace di superare destra e sinistra (sport nazionale) per non collocarsi da nessuna parte e non rappresentare più nessuno. Ma non è questo il punto: per me è fondamentale il richiamo di Alessandro Robecchi, nella stessa pagina del giornale, quando – rispetto alle polemiche estive stainiane – sostiene che si tratti del “modo migliore per parlare d’altro, per spostare la discussione dalle cose vere a un piano aleatorio e teorico, dove vale tutto”.
Da questo punto di vista il problema di rimanere nel Pd per esercitare una funzione di contrasto e di moderazione rispetto al renzismo è già fuori tempo massimo: si è già votata due volte la riforma costituzionale, si è assistito all’approvazione con fiducia della legge elettorale, si è passati dal Jobs Act allo Sblocca Italia (votato da tutti, salvo ‘scoprire’ che si tratta di trivelle, inceneritori e autostrade),

La vera buona scuola nasce dal pensiero critico

Intervista a Massimo Baldacci di Carlo Crosato
Si parla molto spesso dell’importanza, per i nostri tempi, della formazione allo spirito critico. E c’è chi inizia a progettare dei corsi dedicati alla materia. Ma il pensiero critico è una materia? È qualche cosa che può essere insegnato con l’illustrazione di modelli di pensiero?
"Se prendiamo in considerazione alcuni modelli di pensiero, possiamo renderci conto, come prima cosa, di quanto racchiudere il pensiero critico entro i confini di un modello applicativo sia limitante. Prima di tutto perché ogni modello ha dei propri limiti; ma poi, come dirò, anche perché il pensiero critico è pensiero in un certo senso libero: vincolarlo a un preciso algoritmo sarebbe decisamente contraddittorio.
Prendiamo come esempio il giustificazionismo. All’interno del paradigma giustificazionista, il pensiero critico è esercitato come critica dell’argomentazione: data un’asserzione, la verifica di tale asserzione è effettuata attraverso il vaglio degli argomenti di sostegno a tale asserzione e delle modalità in cui tali argomenti si relazionano alla tesi da sostenere. L’esame degli argomenti di sostegno mira, prima di tutto, a mettere in crisi la loro validità; si tratta di studiare rigorosamente la fondatezza delle premesse di una data asserzione: in questo sta il compito precipuo del pensiero critico, che dovrà mettere in crisi la legittimazione ottenuta ricorrendo all’argomento dell’autorità o al senso comune.

La sinistra e la chimera del ritorno alla socialdemocrazia europea

di Philip Cunliffe
Di fronte alla punizione inflitta a Syriza dall’Unione europea e alla pessima gestione della crisi da parte del partito che fa capo ad Alexis Tsipras, la sinistra europea sta abbandonando la strategia dell’“euro buono” – la speranza di poter superare l’austerità rimanendo all’interno della cornice dell’eurozona – e sta battendo una rapida ritirata verso gli Stati nazionali. C’è chi invoca esplicitamente la restituzione della sovranità fiscale e monetaria ai singoli Stati nazionali e addirittura chi invoca la ricerca di alternative politiche all’infuori dell’UE stessa. Che sia caduta l’illusione dell’“Europa sociale” è un fatto che va salutato positivamente. Ma ora la sinistra europea rischia di sostituire una chimera per un’altra: il ritorno alla socialdemocrazia nazionale.
Questa improvvisa riscoperta della dimensione nazionale rappresenta una drammatica inversione di tendenza per la sinistra. È vero, una parte della vecchia socialdemocrazia ha sempre guardato con sospetto alla globalizzazione e alle istituzioni sovranazionali ad essa associate, ma nel corso degli ultimi trent’anni buona parte della sinistra ha abbracciato le ideologie e le istituzioni globaliste in una forma o nell’altra.

È un reato penale: riduzione in schiavitù

di Antonio Bevere
È inte­res­sante l’ostentata sor­presa ‚unita a scarsa infor­ma­zione, di gran parte della classe poli­tica per la morte di due immi­grati e di una cit­ta­dina ita­liana, avve­nuta que­sta estate nelle cam­pa­gne del Meri­dione, e prin­ci­pal­mente per la pre­senza di altri cit­ta­dini ita­liani tra que­sti lavo­ra­tori, da con­si­de­rare vit­time del reato, pre­vi­sto dall’articolo 600 codice penale, di ridu­zione in ser­vitù.
Essa dimo­stra la scarsa cono­scenza, da parte anche dell’area pro­gres­si­sta, di quella cro­naca giu­di­zia­ria che dovrebbe essere stru­mento e sti­molo per meglio orga­niz­zare le lotte in difesa della salute e della dignità dei lavo­ra­tori.
Ai miei tempi, le sen­tenze dei «pre­tori di assalto», pro­nun­ciate in difesa dei prin­cipi della Costi­tu­zione e quindi a tutela dei lavo­ra­tori e dell’ambiente, erano dif­fuse, stu­diate e con­di­vise da ope­rai, sin­da­ca­li­sti e stu­denti, men­tre erano ber­sa­glio di invet­tive, pro­ce­di­menti disci­pli­nari, accuse di par­ti­gia­ne­ria, con­trolli dei ser­vizi segreti.
Le pre­ture sono state abo­lite, ma alcuni giu­dici – a pre­scin­dere da eti­chette cor­ren­ti­zie — con­ti­nuano a pro­nun­ciare sen­tenze neces­sa­ria­mente di parte: nel con­flitto, por­tato nelle aule giu­di­zia­rie, tra esi­genze di pro­fitto ed esi­genze sociali, danno pre­va­lenza alle seconde, con­for­me­mente alla nostra Costi­tu­zione che rico­no­sce la libertà di ini­zia­tiva eco­no­mica pri­vata, a con­di­zione che non leda l’utilità sociale, la sicu­rezza, la libertà, la dignità umana.

Un paese spaccato in due

di Simone Grillo
Lo scorso 30 luglio l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ), ha pubblicato le Anticipazioni sui principali andamenti economici tratti dal Rapporto 2015 sull’economia del Mezzogiorno, di prossima pubblicazione.
La SVIMEZ inquadra la crisi del Sud in uno scenario globale nel quale la ripresa, prevista per il 2014, è sostanzialmente mancata, nonostante le condizioni favorevoli date dal calo delle quotazioni del petrolio.
Naturalmente lo scenario globale si presenta con diverse sfaccettature, soprattutto nell’area Euro, le cui regole interne sembra abbiano influito negativamente sulle economie più deboli, specie nel confronto con i Paesi UE emergenti e non aderenti alla moneta unica.
L’Italia risulta l’unico tra i grandi Paesi europei a non aver mostrato nel 2014 segnali di ripresa del PIL, riuscendo a tornare alla crescita (+0,3%) solo nel primo trimestre del 2015.

#NoTriv, per un nuovo sistema energetico

Intervista a Vincenzo Balzani di Stefano Catone
La mobilitazione #NoTriv, contro le concessioni che il decreto Sblocca Italia fa alle trivellazioni, sta scaldando l’agosto italiano. Ad essa si saldano altre questioni, dalle autostrade agli inceneritori, che rendono evidente il disegno strategico tracciato dal governo Renzi. Un disegno strategico all’avanguardia, se fossimo negli anni ’50. Forse.
Per quanto riguarda la strategia energetica, in particolare, abbiamo dialogato con Vincenzo Balzani, professore emerito presso l’Università di Bologna, che, dati alla mano, ci ha spiegato come questa scelta – e tutto lo schema argomentativo a sostegno – sia semplicemente sbagliata.
Professor Balzani, partiamo da un’analisi dello scenario macro. Qual è il contesto internazionale in campo energetico? Quali prospettive si stanno delineando?
"Un dato certo dal quale partire è 80%. Il fabbisogno energetico mondiale è soddisfatto, infatti, per l’80% da combustibili fossili, cioè da risorse non rinnovabili, destinate a diminuire e a esaurirsi, il cui consumo produce anidride carbonica, un gas serra: il principale responsabile dei cambiamenti climatici.

C'era una volta l'Ikea

di Patrizia Colosio
- Hai sentito cosa sta succedendo all'Ikea? - So che fanno sciopero dopo tanti anni... c'è in ballo qualcosa di grosso... - Ma sai che distribuiscono i volantini ai clienti? - E loro ? - Non entrano e se ne vanno.
In questo dialogo sussurrato tra due cassiere Auchan c'è la sintesi perfetta di una vicenda inedita ed emblematica.
Ikea ha aperto i primi negozi negozio in Italia 25 anni fa e la formula di mobili ed oggettistica dal design moderno a low cost, nel rispetto dell'ambiente, ha avuto un grande successo, tanto da portare ad un costante incremento dei punti vendita.
L'Ikea style si basa su "squadre" affiatate e accoglienti di professionisti pronte a risolvere i bisogni di ogni cliente con cortesia ed efficacia. Frutto di una politica aziendale rispettosa e sensibile anche nei confronti delle esigenze personali delle/ dei propri dipendenti. In un ambiente in cui tutti, dall'ultimo dei facchini allo Store Manager si danno del tu.

Se buonista significa solidale, sono buonista e posso vantarmene

di Ἀρχιμήδης ὁΠυθαγόρειος
Io sono del ’76 e a scuola mi hanno sempre spiegato come il razzismo e il fascismo siano cose terribili: film sulla Shoah alle superiori, per mostrarci a che cosa porta l’odio razziale (e indipendentemente da chi ne sia vittima), educazione civica alle medie, storia della Seconda Guerra Mondiale e spiegazioni di come la storia deve esserci maestra per non ricadere nel razzismo, e in generale nel fascismo, dalla prima elementare alla quinta superiore. Si cominciava alle elementari ed all’asilo a disegnare bimbi di tutto il mondo in girotondo. Cose da “buonisti”, vero? Dico a chi chiama “buonismo” quelli che sono i valori fondamentali dell’umanità, per i quali vale la pena di vivere e con i quali si riesce a guardarsi allo specchio senza farsi venire la nausea, come solidarietà e fratellanza, aderendo così ad un pensiero in cui è la cattiveria a diventare un valore; infatti la parola “buonista”, visto che è quasi sempre usata proprio in questo senso, è ormai un complimento a tutti gli effetti: dirmi “buonista!” è come dirmi “persona solidale che considera la fratellanza un valore!“, che è poi lo stesso di “persona non spregevole!“.

Parte la lotteria delle cattedre «Buona Scuola»

di Roberto Ciccarelli
Da oggi la loro vita sarà in mano a un algo­ritmo. Secondo il mini­stero dell’Istruzione sarà una for­mula onni­sciente e disin­car­nata a deci­dere del destino di 71.643 che ieri alle 14 hanno cari­cato online la domanda per l’assunzione pre­vi­sta dalla «Buona Scuola». La mac­china col­lo­cherà il mag­gior numero pos­si­bile di docenti vicino al pro­prio luogo di resi­denza. In que­sto modo il governo Renzi ha cer­cato di rispon­dere alle cri­ti­che con­tro l’arbitrio della riforma che obbli­gherà decine di migliaia di inse­gnanti a pren­dere la vali­gia, tra­sfe­rirsi a cen­ti­naia di chi­lo­me­tri di distanza dalla pro­vin­cia dove hanno lavo­rato per anni per­cor­rendo in molti casi cen­ti­naia di chi­lo­me­tri al giorno. Con la fede in un algo­ritmo imper­so­nale l’esecutivo tar­gato Pd spera di annac­quare la fero­cia di un ricatto che non ha lasciato scelta ai can­di­dati: fare la domanda, affi­darsi al caso e, infine, accet­tare la pro­po­sta. Chi non lo fa, per­derà il posto di lavoro.
«Buon fer­ra­go­sto a tutti» ha scritto ieri su Face­book il pre­si­dente del Con­si­glio Mat­teo Renzi che si è detto con­sa­pe­vole che «i nostri prov­ve­di­menti sono stati e sono tut­tora molto cri­ti­cati. E siamo for­te­mente impe­gnati per­ché nelle moda­lità appli­ca­tive sulla scuola sia più forte che mai il rap­porto tra il docente e il ter­ri­to­rio a lui più vicino».

Ecco perchè 12 inceneritori sono costosi, inutili e nocivi

di Virginia Della Sala
A ben vedere, sembra proprio che gli inceneritori previsti da un dlgs dello Sblocca Italia, non siano poi tanto necessari.
Nonostante ieri l'altro il ministro dell ’Ambiente Gian Luca Galletti abbia citato la necessità di evitare procedure di infrazione Ue e di offrire un’alternativa alle discariche, si può fare a meno di bruciare i rifiuti. Per tanti motivi.
Bruciare non è necessario - Non per evitare le sanzioni. L’Ue in realtà, ci sanziona non perché mancano inceneritori, ma per il mancato rispetto dell’obbligo di pretrattamento del rifiuto che va in discarica. “Il Decreto proposto – spiega Enzo Favoino, ricercatore della Scuola agraria del Parco di Monza ed esperto che lavora con le istituzioni europee e diversi governi nazionali nella definizione delle strategie di settore – considera invece l’incenerimento come necessario”. Ma è solo uno dei pretrattamenti possibili, quello con i tempi più lunghi di realizzazione e il più esigente in termini di risorse finanziarie, quattro volte superiori rispetto agli impianti di trattamento a freddo. Costa tanto e richiede garanzie per il ritorno degli investimenti.

Il ddl Madia e il grande feticcio

di Maria Pia Guermandi 
Le recenti polemiche sulla ricostruzione dell'arena del Colosseo, riattivate dalla decisione del ministro di destinare solo a quest'opera quasi il 25% dei fondi 2015-2016 del così detto "Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali", hanno riproposto alcuni stereotipi duri a morire. Come ad esempio la contrapposizione - sempre citata dai fautori della ricostruzione - fra presunti conservatori élitari, laudatores temporis acti fuori tempo massimo e chi invece si sforzerebbe di aggiornare il nostro patrimonio culturale destinandogli usi più moderni ed adeguati alla contemporaneità.
Si tratta di un'abusata coperta di Linus con cui si cerca di ovviare all'incapacità conclamata della nostra classe politica e accademica di pensare - anche solo per sommi capi - una politica dei beni culturali degna di questo nome, ovvero sia una politica che abbia una chiara cognizione della loro importanza e ne sviluppi finalmente le potenzialità di strumento di conoscenza (del rapporto presente-passato), di acquisizione degli strumenti critici e, per questo, di innovazione. In una parola una politica che abbia una qualche idea su cosa farci di questi beni culturali che non si limiti al loro sfruttamento turistico.

Di lavoro si continua a morire

di Dario cataldo
Con i tassi di disoccupazione che sfiorano cifre record, con i giovani che cercano un futuro migliore all’estero, e con il rischio di un nuovo caso greco all’orizzonte, in Italia le morti sul lavoro continuano a crescere.
In sei mesi, da Gennaio a Giugno del 2015, sono 500 le vittime per incidenti sui posti di servizio. Un bilancio raccapricciante, sinonimo di controlli pressoché assenti, di unità lavorative spremute sino all’osso e di poco rispetto della dignità umana.
La messa in sicurezza delle persone dovrebbe essere alla base di un rapporto lavorativo civile e produttivo. La realtà invece recita un altro copione. L’emergenza è in tutta la Penisola, senza distinzione tra Nord e Sud. Non ci sono soste, ne tregue: il numero subisce una crescita esponenziale come stabilito da un’indagine condotta dall’Osservatorio Sicurezza sul lavoro Vega Engineering sulla scorta dei dati forniti dall’Inail.

Il vescovo di periferia che disturba prelati e politici

di Francesco Peloso
Che fine ha fatto il cardinale Angelo Bagnasco? Eh sì, perché sarebbe lui il presidente della Conferenza episcopale italiana. Eppure con il passare del tempo è sempre più il segretario generale, quel monsignor Nunzio Galantino fino a poco tempo fa vescovo della sperduta Cassano Jonio, in Calabria, a parlare a nome dei vescovi italiani. O almeno di una parte di essi perché – non è un mistero – ci sono settori e personalità della chiesa non in sintonia con questo papa argentino poco interessato, in apparenza, alla dottrina, pronto a smontare i privilegi ecclesiastici e che spesso, addirittura, parla male del clero o quantomeno ne denuncia i comportamenti poco evangelici o semplicemente troppo aderenti alla mondana ricerca di potere personale.
Tuttavia Galantino, il vescovo che viene dalla periferia, parla chiaro, a volte perfino troppo. Come è successo ultimamente, per poi ricorrere a frettolose e grottesche retromarce. Dietro la confusione però c’è un fatto concreto: la Cei non sa più quale strada seguire, è divisa al suo interno, lo stesso Galantino che “fa” il presidente ma presidente non è, probabilmente non è aiutato da collaboratori esperti di rapporti con i mezzi d’informazione e con la politica.

La realtà e i sogni. La lettera di Fidel Castro ai cubani e al mondo

di Fidel Castro Ruz
Scrivere è un modo di essere utile se si pensa che la nostra martoriata umanità debba essere migliore e più pienamente istruita, data l’incredibile ignoranza in cui siamo tutti avvolti, fatta eccezione per i ricercatori che, nelle scienze, cercano risposte soddisfacenti.
È una parola che implica in poche lettere il suo infinito contenuto.
Tutti noi nella nostra gioventù abbiamo sentito parlare a un certo punto di Einstein, in particolare dopo l’esplosione delle bombe atomiche che hanno polverizzato Hiroshima e Nagasaki, ponendo fine alla crudele guerra tra Stati Uniti e il Giappone.
Quando le bombe sono state lanciate, dopo la guerra scatenata dall’attacco sulla base degli Stati Uniti a Pearl Harbor, l’impero Giapponese fu conquistato. Gli Stati Uniti, un paese il cui territorio e le sue industrie sono rimaste al di fuori della guerra, è diventato il paese con la più grande ricchezza e il miglior armamento sulla terra, in un mondo lacerato, pieno di morti, feriti e affamati.

Il potere e la guerra

di Lanfranco Binni
La nomina di una corrispondente di guerra di provata fede atlantica alla presidenza della Rai e il diktat emerito del «presidente ombra» Napolitano ad accelerare la concentrazione dei poteri nell’esecutivo hanno forse qualche relazione con la nuova fase della guerra nell’area siriano-irachena e in Libia? In Siria, la campagna terroristica-mediatica dell’Isis ha svolto efficacemente il suo ruolo di provocazione e disgregazione, preparando il terreno a un intervento degli Stati Uniti e della Nato, ed è tempo di raccogliere i frutti della semina. Resta da risolvere la questione dell’indipendentismo kurdo, ma a questo ci pensa la Turchia: la no-fly zone nel nord della Siria, stabilita di fatto dalla Turchia e dagli Stati Uniti senza perdere tempo con mediazioni Onu, dal 24 luglio serve a bombardare gli avamposti kurdi, in prima linea contro l’Isis, e a sviluppare l’attacco alle posizioni dell’esercito governativo siriano. Sul piano della diplomazia, l’abile proposta iraniano-siriana (6 agosto) di una soluzione politica del conflitto (cessate il fuoco e nuovo governo di unità nazionale in Siria), non dovrà essere raccolta, provenendo dal vero obiettivo della strategia statunitense e israeliana nell’intera area: l’Iran, fortemente impegnato sul campo nella lotta ai terroristi dell’Isis.

La moda in galleria

di Tomaso Montanari
Tra i più miracolosi organismi artistici creati nella storia occidentale, la Galleria Borghese è scaturita dall’ispirata collaborazione tra arti, epoche e stili diversi. Il risultato è un contesto perfetto, in cui ogni aggiunta è una diminuzione. È per questo che – a Villa Borghese più che altrove – ogni mostra dev’essere necessaria.
Ebbene, è proprio necessario affiancare alla Pala dei Palafrenieri, dipinta da Caravaggio per un altare di San Pietro, un manichino femminile che mette in forma un lungo abito bordeaux? E far scortare ilDavid di Bernini da due vestiti minigonna, uno bianco e uno nero? Ed è necessario che un terzo abito, con pelliccia, sia esposto proprio di fronte alla candida Paolina Borghese di Canova? Fa questo ed altro la mostra Couture Sculpture: che fino al prossimo 25 ottobre mette i vestiti dello stilista franco-tunisino Azzedine Alaïa letteralmente sullo stesso piano dei marmi e dei quadri della Galleria Borghese.
È da molto tempo che la moda ha fatto irruzione nei nostri musei: con le sfilate nei corridoi degli Uffizi, o con il moltiplicarsi dei manichini intorno all’Ara Pacis.

La Roma possibile se ci fosse la politica

di Claudio Salone
E’ uscito in questi giorni, in edizione digitale e in edizione cartacea, presso l’Editore GoWare, un “libretto” (nel senso delle dimensioni) di Walter Tocci, senatore della Repubblica ed ex vicesindaco di Roma, che, per densità, ampiezza e competenza, dovrebbe essere letto quantomeno da tutti i romani e con attenzione particolare dalla nuova giunta capitolina, alla luce (peraltro assai fioca) della attuale situazione della Capitale.
Il titolo del saggio richiama la genesi di Roma Capitale d’Italia, cresciuta con ritmi e modi paragonabili a quelli delle città coloniali, cioè a dire in rapidità e disordine, obbedendo a logiche prevalentemente speculative e legate alla rendita fondiaria. Nel saggio si colgono alcuni punti nodali “veri” della crisi profonda di oggi, ma che ha i suoi prodromi almeno negli ultimi tre lustri trascorsi. Tra questi la progressiva perdita di progettualità, per dirla nella lingua che il nostro presidente Matteo padroneggia così bene, di una vision e di una mission della politica, ormai ridotta alla lettura e all'interpretazione dei sondaggi, sfornati ad horas, senza essere più capace di un pensiero lungo, intergenerazionale.

A proposito di Comunismo ermenutico di Vattimo e Zabala

di Giorgio Cesarale
Leggendo Comunismo ermeneutico di Gianni Vattimo e Santiago Zabala, questa appassionata difesa delle ragioni della combinazione fra l’appello a un ordine più giusto e democratico, a cui essi assegnano il nome di comunismo, e la riproposizione dell’ermeneutica come autentica svolta nel pensiero, la mia mente è quasi inavvertitamente corsa alle pagine della Scienza della logica di Hegel in cui quest’ultimo affronta la questione della natura del giudizio, differenziandola attentamente da quella della proposizione. Per Hegel, infatti, come è noto, non necessariamente un Satztrascorre in Urteil. Affinché quest’ultimo sia tale infatti occorre che si ponga come negativo il predicato, e cioè, detto in termini più prosaici, ci si domandi se effettivamente il secondo termine di ogni proposizione, il predicato, convenga al primo, il soggetto. Hegel articola il suo ragionamento facendo l’esempio della proposizione “Aristotele morì nel suo settantatreesimo anno di età, nell’anno quarto della 115cesima Olimpiade”.

Memorandum letale


di Angelo Mastrandrea
La Gre­cia si risve­glia con un terzo Memo­ran­dum che pro­lunga l’austerità e ingab­bia le vel­leità della sini­stra radi­cale al potere, senza una mag­gio­ranza di governo e con il suo prin­ci­pale par­tito, Syriza, sull’orlo dell’esplosione. La discus­sione not­turna e il voto in pri­mis­sima mat­ti­nata (in tempo per la riu­nione dell’Eurogruppo) dell’accordo con i cre­di­tori inter­na­zio­nali lascia die­tro di sé una distesa di mace­rie: passa, come nelle pre­ce­denti vota­zioni, gra­zie all’appoggio dell’opposizione del cen­tro­de­stra di Nea Demo­cra­tia, dei socia­li­sti del Pasok e dei cen­tri­sti di To Potami, ma nono­stante l’appello di Ale­xis Tsi­pras a evi­tare di «tor­nare a una crisi senza fine», quella che si apri­rebbe nel caso i cre­di­tori deci­des­sero di dare alla Gre­cia l’ennesimo prestito-ponte e non gli 86 miliardi del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, il governo ottiene solo 118 voti dalla sua mag­gio­ranza, sotto la soglia minima di 120 oltre la quale man­cano i numeri per gover­nare. Per que­sto il primo mini­stro è costretto a chie­dere, già la pros­sima set­ti­mana, un voto di fidu­cia che si pre­an­nun­cia a dir poco com­pli­cato: se non rien­tra qual­cuno dei dis­sen­zienti, sarà crisi di governo e, con ogni pro­ba­bi­lità, saranno indette ele­zioni anticipate.

Jermy Corbin: porto il Labour a sinistra e vinceremo. L'austerità ha fallito

di Tommaso Caldarelli
“Porto il Labour a sinistra e vinceremo”: Jeremy Corbyn, intervistato dai giornalisti fra cui anche i reporter italiani, risponde a Tony Blair che con un editoriale di fuoco apparso sulla stampa inglese nei giorni scorsi aveva implorato militanti e sostenitori di non eleggere il leader della sinistra interna a capo del partito socialdemocratico inglese: “Tony può stare sereno”, dice l’anziano deputato e candidato per la leadership del Labour. Una candidatura inizialmente di bandiera che, settimana dopo settimana, è diventata una concreta scalata alla guida dei laburisti usciti sconfitti dalle ultime elezioni politiche.
Per Repubblica Vincenzo Nigro ha incontrato Jeremy Corbyn a Londra.
“Corbynmania? Ma guardate che io sono quello di sempre, è il contesto a essere cambiato. Non voglio personalizzare nulla, e noi non lo stiamo facendo: parlo di noi, di questa incredibile campagna politica, che ha una spiegazione che tutti voi conoscete da soli. Dopo anni di austerità incredibile e ingiustificata, che ha fatto soffrire, che ha emarginato arcora di più, ora la gente chiede rispetto per i propri diritti. Noi crediamo che in maggio il Labour abbia perso le elezioni perché non ha saputo dire “no” a queste politiche che penalizzano i più svantaggiati.

Come il rifiuto del neoliberismo ha salvato l'economia della Bolivia

di Federico Fuentes
La piccola nazione andina della Bolivia ha ricevuto lodi da molti grazie alla sua trasformazione politica che ha sperimentato nello scorso decennio.
La curiosità per questa conversione da paese con una difficile situazione economica a economia che cresce con maggior rapidità in tutta la regione, è stata enfatizzata dal fatto che si è verificata con il presidente di sinistra Evo Morales. Comprendere il modo in cui il governo di Morales ha ottenuto questa trasformazione è di grande interesse per coloro che cercano un’alternativa al neoliberalismo tormentato dalla crisi.
Prima dell’elezione di Morales avvenuta nel dicembre 2005, i boliviani avevano sopportato 20 anni di neoliberalismo. Una serie di governi di destra avevano privatizzato le compagnie di proprietà statale e avevano trasferito il controllo di pezzi dello stato a istituzioni finanziarie.
Quando le entrate pubbliche si sono ridotte, il paese è entrato in un circolo vizioso di deficit e di debito. Ogni nuovo bilancio richiedeva ulteriori prestiti internazionali che erano sempre accompagnati da maggiori condizioni restrittive.

L’América ritorna il cortile di casa Usa?

di Raúl Zibechi
“Oggi inauguriamo una nuova fase nelle relazioni bilaterali nell’area della difesa. Con i due accordi in vigore tracciamo una agenda positiva di progressi nella cooperazione militare e tecnologica tra i due paesi”, ha affermato il ministro della Difesa del Brasile, Jaques Wagner, chiudendo la riunione che ha avuto al Pentagono, il 29 giugno, con Ashton Carter, segretario della Difesa degli Stati Uniti[1]. Come vedremo il ministro Wagner non esagerava.
Il giorno dopo, quando è terminata la riunione bilaterale alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama non ha dubitato nel dichiarare la sua “assoluta fiducia” in Dilma Rousseff. “Lei, che con me è sempre stata molto onesta e franca, ha mantenuto ciò che aveva promesso”.
Secondo la corrispondente del quotidiano Clarín, Eleonora Gosman, Obama “si riferiva a due accordi militari che la presidente è riuscita a far votare al Congressopoco prima di viaggiare a Washington. Erano accordi che lo stesso capo della Casa Bianca aveva chiesto, per cui erano anche un tema chiave di questa riunione bilaterale” [2].

Così ho deciso di boicottare Israele: è la via non violenta per cercare la pace

Intervista a Roger Waters di Gideon Levy
Negli ultimi anni Roger Waters ha dedicato molto del suo tempo al movimento  chiamato "Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni" (Bds ). Ogni artista che intende esibirsi in Israele riceve da lui una lettera di rimprovero. Durante la guerra di Gaza, l'anno scorso, Nell Young ha finito per annullare i suoi concerti - secondo Waters, però, nessun artista ammette di aver cambiato i propri programmi grazie a lui. Cyndi Lauper, Robbie Williams e persino Alan Parsons, per citarne solo alcuni, hanno invece ignorato le sue suppliche, tenendo concerti in Israele. Non vi è dubbio però che Waters sia riuscito ad instaurare un certo clima a livello internazionale. il suo coinvolgimento contro Israele è nato sulla scia di una sua esibizione avvenuta qui nove anni fa.
Quando e in che modo è iniziato il suo coinvolgimento  in Medio Oriente?
«Mi era stato chiesto di suonare in Israele, ed è proprio qui che è iniziato tutto. In realtà il mio coinvolgimento nacque senza che me ne rendessi conto, perché nel 2006 ero molto ingenuo. Non pensavo. Quando il mio agente firmò il contratto per il mio concerto a Tel Aviv io, con mia imperitura vergogna, mi occupavo di tutt'altro. Poi però iniziai a ricevere delle mail».

Controstoria della crisi greca


di Andrea Zhok
Il recente precipitare degli eventi in Grecia ha messo in luce tanto la fragilità politica delle relazioni interne all’Unione europea quanto l’ambiguità dei patti che vincolano gli Stati membri. Sui media, italiani ma non solo, si sono succedute letture degli eventi marcatamente divergenti, spesso ideologiche, e ancor più spesso penosamente disinformate. Scopo di questo breve scritto sarà perciò, in una prima parte, di fornire un resoconto il più sobrio possibile, del quadro storico della crisi greca, rinviando ad una seconda parte un commento politico più comprensivo. Nel prosieguo, per ragioni di leggibilità non sono state introdotte note o riferimenti bibliografici, ma tutti i dati riportati sono tratti o da fonti ufficiali (Eurostat, FMI reports, ecc.) oppure, occasionalmente, da resoconti della stampa economica specializzata. Su alcuni dati vi sono piccoli scostamenti a seconda delle fonti, ma esse non toccano la sostanza. Pur sapendo che non è mai possibile separare completamente fatti ed interpretazioni, nella prima parte il mio intento sarà di limitare al massimo i commenti, lasciando innanzitutto al lettore la possibilità di acquisire un quadro sinottico della situazione.

La bandiera Usa torna sul Malecon

di Geraldina Colotti
Una data sto­rica, ieri, per Cuba. La ban­diera Usa ha ripreso a sven­to­lare di fronte al Male­con dell’Avana, sull’edificio che ospita nuo­va­mente l’ambasciata nor­da­me­ri­cana. Era dai tempi dello sbarco di Neil Armo­strong sulla luna, nel 1969, che il drappo a stelle e stri­sce non rice­veva tanta atten­zione dalla stampa mon­diale. Circa 500 i gior­na­li­sti accre­di­tati per docu­men­tare la prima visita di John Kerry da segre­ta­rio di Stato, accom­pa­gnato da una dele­ga­zione di 19 per­so­na­lità di governo e da alti rap­pre­sen­tanti della poli­tica sta­tu­ni­tense. Alla dele­ga­zione par­te­cipa Roberta Jacob­son, sot­to­se­gre­ta­ria inca­ri­cata degli affari Usa per l’Emisfero occi­den­tale, che ha gui­dato i nego­ziati con l’Avana per conto del suo paese a par­tire dal 17 dicem­bre scorso. La ceri­mo­nia chiude infatti un primo ciclo di dia­logo ini­ziato in quella data, quando i due pre­si­denti, Barack Obama e Raul Castro, hanno annun­ciato la volontà di rista­bi­lire rela­zioni diplo­ma­ti­che e di ria­prire le reci­pro­che amba­sciate. Il 20 luglio scorso, dopo il viag­gio di una mis­sione cubana a Washing­ton, c’era stata la deci­sione uffi­ciale.
Kerry è il primo segre­ta­rio di Stato Usa a pog­giare il piede sul suolo cubano da 70 anni. L’ultimo a farlo fu Edward Stet­ti­nius nel marzo del 1945, durante l’amministrazione di Harry Tru­man.

Un "treno" per l’Europa. La rotta dei migranti attraverso l'imbuto dei Balcani

di Karl Hoffmann
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite sarebbero quasi mezzo milione i migranti pronti a partire dalle coste turche verso l’Europa. Un esercito di persone che come prima tappa del viaggio incontra le isole greche: sulla turistica Kos, a 4 chilometri da Bodrum, sono arrivati in migliaia. “Le autorità greche, complice l’alta stagione, non hanno che un obiettivo: mandarli via il prima possibile”, spiega Karl Hoffmann, origini tedesche ma italiano d’adozione, corrispondente per televisione e radio estere. In questi giorni si trova nella macedone Gevgelia, cittadina a ridosso del confine con la Turchia. “Dalle isole i migranti arrivano sulla terraferma: da lì, partono per altri Stati europei. Tanti vogliono andare in Germania”.
Raggiungono Atene in treno, poi Salonicco in autobus. Da lì, si spostano verso la frontiera macedone: oltre 70 chilometri a piedi. “La Macedonia da un paio di mesi non opera più respingimenti: le cifre sono troppo alte.

Il clima a Parigi. Un'altra montatura?

di Karl-Ludwig Schibel
L’annuale conferenza sul clima, che nel 2015 si svolgerà in dicembre a Parigi, potrebbe essere l’occasione di unarevisione critica delle narrazioni sui cambiamenti climatici. L’obiettivo sarebbe di mandare fuori servizio tutte le formule ormai usate e abusate che nessuno vuole più sentire e che non fanno cambiare idea a nessuno e nessuna.
Cominciamo con la montatura di Parigi come “un evento storico”, “il futuro del Pianeta dipende da quell’accordo”, “successo o fallimento della nostra storia”, “appuntamento di rilevanza fondamentale”, seguito subito da “il tempo sta per finire”, “ultima chance per evitare la catastrofe”, “momento chiave della storia umana”, “sopravvivenza o completa devastazione”, ecc. Esattamente le stesse affermazioni patetiche e stesse grida di allarme catastrofiche hanno preceduto la conferenza di Copenhagen nel 2009 e la maggior parte dei 20 incontri degli ultimi due decenni. Per intendersi, non è in discussione la drammaticità della situazione.

Il grande gioco delle alleanze in Medio Oriente

di Rami G. Khouri
I quattro distinti attacchi armati che lunedì scorso hanno colpito le forze di sicurezza turche e il consolato degli Stati Uniti a Istanbul ricordano attacchi simili degli scorsi anni. Sarebbe quindi facile affermare che si tratta solo di un giorno difficile per la Turchia e non di un momento davvero cruciale. La situazione merita uno sguardo più attento, a mio avviso, poiché gli eventi del 10 agosto trascendono le questioni interne della Turchia.
A dire il vero essi mostrano la convergenza di nuove tendenze in atto nel Medio Oriente e che riguardano la Turchia, i curdi, la Siria, l’Iraq, il gruppo Stato islamico e le politiche mediorientali degli Stati Uniti e di altre potenze straniere e regionali. Questa convergenza la ritroviamo in forme diverse altrove ed è probabile che continuerà a orientare i cambiamenti di tutto il Medio Oriente, fino a quando la regione non raggiungerà un nuovo e più sostenibile equilibrio.

Come gli Usa appoggiarono il tirapiedi di Pinochet, Contreras

di Nick MacWilliam
Manuel Contreras era lo tirapiedi militare che più di ogni altro ha messo in atto la brutale repressione che ha governato il Cile durante la dittatura del Generale Augusto Pinochet.
In quanto capo della Direzione dell’Intelligence Nazionale, la polizia segreta, di cui spesso si parla come della Gestapo cilena, Contreras è stato responsabile della tortura e dell’uccisione di centinaia di persone.
Oggi la maggior parte delle sue vittime fanno parte delle migliaia di cileni spariti, i cui parenti sono condannati a un dolore perpetuo dalla disumanità del governo militare.
Al contrario del suo ‘padrone’ tuttavia, il generale Contreras è stato chiamato a rispondere dei crimini che aveva commesso. Quando è morto la settimana scorsa all’età di 86 anni in un ospedale militare a Santiago, Contreras stava scontando più di 500 anni di carcere per violazioni dei diritti umani compiute dalla DINA.

venerdì 14 agosto 2015

I salari e la borsa

di Alfonso Gianni
Men­tre le miopi e ingorde élite euro­pee si acca­ni­scono con­tro la pagliuzza greca, la trave cinese è pene­trata nell’occhio della finanza mon­diale. Due sva­lu­ta­zioni dello yuan stanno met­tendo in fibril­la­zione il mondo intero e le Borse vanno in pic­chiata. Solo l’Europa «bru­cia» circa 230 miliardi nello spa­zio di un mat­tino. Pra­ti­ca­mente i due terzi dell’intero debito greco. E non è finita.
Indub­bia­mente la mossa della Banca cen­trale cinese si iscrive nel capi­tolo delle «sva­lu­ta­zioni com­pe­ti­tive», come giu­sta­mente scritto qui Pie­ranni. Pechino doveva rea­gire in qual­che modo al crollo del pro­prio export che a luglio ha matu­rato una fles­sione dell’8%. D’altro canto il ten­ta­tivo di svol­tare nelle poli­ti­che eco­no­mi­che, pun­tando sulla valo­riz­za­zione e il poten­zia­mento del mer­cato interno, era ed è obiet­tivo troppo ambi­zioso per potersi rea­liz­zare in breve tempo. Ma da qui a dire che è fal­lito, ce ne corre. Almeno per il momento ed in base ai dati dispo­ni­bili. Alcuni com­menti letti in que­ste ore pec­cano di una evi­dente sot­to­va­lu­ta­zione delle capa­cità pro­tei­formi del capi­ta­li­smo, di quello cinese in par­ti­co­lare.

Una strada per cercare l'unità

di Aldo Carra
Il deca­logo del mani­fe­sto sug­ge­rendo alcuni nodi che impe­di­scono il decollo di una nuova sini­stra ci chiama ad inter­ve­nire dove ci sono carenze di ana­lisi da col­mare o punti di vista diversi da avvi­ci­nare.
Al punto 6 tre domande da bri­vido: Chi sono oggi i lavo­ra­tori? Cosa è il lavoro? Come e quanto viene rico­no­sciuto? Il solo fatto di porle signi­fica rico­no­scere che la crisi inve­ste le ragioni fon­da­tive del nostro essere.
Ed infatti è cam­biato tutto.
È cam­biato il lavoro in sé, è cam­biata la sua com­po­si­zione interna. Si è ridotto il lavoro pre­va­len­te­mente agro-industriale, con­cen­trato in aggre­gati fisi­ca­mente rico­no­sci­bili. Si è dila­tato enor­me­mente quello nei ser­vizi più dispa­rati, alle per­sone, alle comu­nità, alle imprese, in pic­cola parte con­cen­trato, in gran parte spar­pa­gliato. Sono dimi­nuiti i lavori manuali e pesanti e si sono mol­ti­pli­cati lavori “leg­geri”, alcuni intel­let­tuali e pro­fes­sio­na­liz­zati, molti altri for­te­mente banalizzati.

Christian Marazzi: Chinadown, lo choc globale

Intervista a Christian Marazzi di Roberto Ciccarelli
L’Europa potrebbe rac­co­gliere la chance offerta dalla crisi cinese per rove­sciare l’assetto eco­no­mico impo­sto al con­ti­nente dall’austerità. Per l’economista Chri­stian Marazzi la sva­lu­ta­zione dello yuan voluta da Pechino mer­co­ledì scorso potrebbe aprire uno spi­ra­glio per il rilan­cio di poli­ti­che espan­sive nell’Eurozona. «Venendo meno la pos­si­bi­lità di espor­tare mas­sic­cia­mente in Cina – ragiona l’autore de E il denaro va (Bol­lati Borin­ghieri) e Dia­rio della crisi (Ombre Corte) — la Ger­ma­nia potrebbe avere inte­resse nel rilan­cio della domanda interna entrando così in una fase post-austeritaria”.La Ger­ma­nia sof­fre da almeno un anno la crisi cinese, ma il suo governo non sem­bra inten­zio­nato a cam­biare impo­sta­zione. È uno sce­na­rio cre­di­bile?
"In effetti ci con­fron­tiamo con un fana­ti­smo ordo­li­be­ri­sta sem­pre più poli­tico. La rigi­dità con la quale i tede­schi con­ti­nuano ad affron­tare la Gre­cia, osten­tando la loro ege­mo­nia, lascia in sospeso que­sta chance. Ma la situa­zione che è stata uffi­cia­liz­zata dalla Banca del popolo cinese (Bpc) è incom­pa­ti­bile con la rigi­dità di Schäu­ble.

Il ricatto del debito

di Susanna Kuby
Gianni Fer­rara ha foca­liz­zato con chia­rezza la pro­ble­ma­tica sovra­strut­tura isti­tu­zio­nale dell’euro, un con­te­sto «rigi­da­mente com­pat­tato con la strut­tura eco­no­mica su cui pog­gia», ovvero quella del libero mer­cato. I rispet­tivi Trat­tati euro­pei ne hanno pro­cla­mato l’assoluta sovra­nità «munen­dolo delle forme ido­nee e dei modi effi­caci per eser­ci­tarla», come pos­siamo con­sta­tare attual­mente nel caso greco, dove l’euro si è rive­lato pro­prio quell’«arma di repres­sione e di distru­zione di massa» di cui parla Ferrara.
Que­sta deriva dovrebbe essere un cam­pa­nello d’allarme per ogni sini­stra euro­pea e in par­ti­co­lare per quella che in Ita­lia cerca di ricom­porsi. Tutti i dati sta­ti­stici dall’Ibstat allo Svi­mez — oltre all’esperienza di milioni di pre­cari e disoc­cu­pati — ci indi­cano che l’Italia non è lon­tana dalla situa­zione greca (pur tenendo pre­sente le dif­fe­renze di scala ecc).

Perchè ci aiuta la scelta centrista di Renzi

di Gianni Melilla
A sini­stra c’è vita se si inve­ste con gene­ro­sità e lun­gi­mi­ranza su un pro­getto poli­tico uni­ta­rio senza esi­ta­zioni e per­so­na­li­smi. Tra i nani della attuale sini­stra , chi è meno nano deve fare lo sforzo maggiore.
Lo spa­zio poli­tico è enorme. La linea tar­do­blai­ri­sta di Renzi deve ogni giorno strap­pare con la sto­ria e l’identità della sini­stra, a par­tire dal suo legame con la Cgil come para­digma del fon­da­mento costi­tu­zio­nale sul lavoro della Repub­blica, e dalla cen­tra­lità del Par­la­mento rispetto all’esecutivo che si vor­rebbe capo­vol­gere con una pes­sima riforma costi­tu­zio­nale e una inco­sti­tu­zio­nale legge elettorale.
Non emerge una alter­na­tiva di sini­stra anche per­ché l’antipolitica e il popu­li­smo giu­di­zia­rio ali­men­tano un sen­ti­mento popo­lare anti­si­stema che il M5S e la Lega coniu­gano con raro cini­smo con i pro­blemi dell’immigrazione, della sicu­rezza, della paura del futuro nel tempo della reces­sione e di una nuova spa­ven­tosa disu­gua­glianza sociale che col­pi­sce soprat­tutto le gio­vani generazioni.

I prof con la valigia. L'esodo forzato della "buona scuola"

di Roberto Ciccarelli
Se saranno costretti a inse­gnare fuori dalla Sar­de­gna, in classe par­le­ranno «chi­stio­nausu in limba», cioè par­le­ranno in sardo con gli stu­denti. Que­sta è la forma di pro­te­sta scelta da un gruppo di docenti che ieri hanno orga­niz­zato un flash-mob all’aeroporto di Cagliari-Elmas per opporsi all’«esodo» for­zato a cui la «buona scuola» di Renzi costrin­gerà decine di migliaia di prof neo-assunti a par­tire dal 2016. Al sit-in orga­niz­zato dal movi­mento «Uni­dos» ieri qual­cuno si è anche pre­sen­tato con il costume tipico di Quartu, men­tre altri docenti hanno por­tato un bron­zetto nuragico.
Sullo stri­scione lungo 15 metri espo­sto in uno dei cor­ri­doi dell’aeroporto c’era scritto: «Scuola sarda No Trol­ley». I par­te­ci­panti al sit-in hanno mostrato una vali­gia, così come ave­vano già fatto lunedì scorso, quando hanno mani­fe­stato sotto la sede del Con­si­glio regio­nale a Cagliari. La pro­te­sta che in que­sti giorni sta attra­ver­sando tutto il paese, e il Sud in par­ti­co­lare, riguarda i docenti che saranno assunti nelle cosid­detta «fasi B e C» (oggi scade il ter­mine per pre­sen­tare la domanda online sul sito del mini­stero) è stata tra­dotta in chiave loca­li­stica.

Università, il darwinismo renziano che uccide gli atenei del Sud

di Manfredi Alberti 
L’estate è anche il tempo in cui migliaia di stu­denti neo­di­plo­mati sono chia­mati a fare una delle scelte più impor­tanti e deli­cate della loro vita, cioè indi­vi­duare il corso di lau­rea al quale iscri­versi. In Ita­lia lo sce­na­rio gene­rale in cui le nuove leve di gio­vani sono costrette a muo­versi è dei più foschi, con tassi di disoc­cu­pa­zione gio­va­nile da capo­giro e un mer­cato del lavoro asfit­tico che tende ad accen­tuare le dif­fe­renze di classe già esistenti.
Non è un caso dun­que se da diversi anni si assi­ste a un calo delle imma­tri­co­la­zioni uni­ver­si­ta­rie. Chi ha la pos­si­bi­lità di soste­nere il peso eco­no­mico di un’istruzione sem­pre più costosa, deve riu­scire prima di tutto a orien­tarsi nella scelta del per­corso di studi, sele­zio­nando al con­tempo la città dove intra­pren­derlo. Per riu­scire in una simile impresa è meglio fidarsi soprat­tutto dell’intuito, del buon senso e di qual­che con­si­glio mirato, pren­dendo con il dovuto spi­rito cri­tico i dati che cir­co­lano in que­ste set­ti­mane sulla qua­lità dei diversi ate­nei italiani.

Il vero potere è controllare la parola


Intervista a Derrick de Kerckhove di Marco Dotti
Il fatto che l'ìnnovazione sia alla base del cambiamento culturale è opinione talmente condivisa da risultare, talvolta, come quei luoghi comuni che contengono molto buonsenso, ma lo annacquano nel senso comune. Cultura e intelligenza sono patrimoni sociali che si stanno modificando, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi e di questa mutazione - che tocca ogni aspetto della sfera cognitiva - va presa consapevolezza. Derrick de Kerckhove, sociologo di origine belga naturalizzato canadese, allievo di Marshall McLuhan, oggi docente all'Università Federico II di Napoli, da sempre si occupa di pratiche di collaborazione e intelligenza connettiva, ed è stato tra i primi a coniugare analisi dei media digitali e neuroscienze.

I discorsi dell'odio, una degenerazione da combattere

di Fabio Marcelli
Il tema dell’hate speech, ovvero dell’incriminabilità di determinate espressioni di stampo razzista o diffamatorio nei confronti di interi gruppi sociali variamente connotati in base alle loro caratteristiche “razziali”, etniche, di genere, relative alle preferenze sessuali, ecc. è oggetto di vivace dibattito all’interno della dottrina e della giurisprudenza sia in Europa che negli Stati Uniti.
Tale dibattito verte principalmente sul fondamento costituzionale di quella che può essere vista come unalimitazione del principio di libertà di opinione. Così, negliStati Uniti si dibatte sulla dialettica fra I e XIV emendamento, come in Italia sui possibili limiti all’art. 21 che potrebbero derivare da altre disposizioni o principi di livello costituzionale.

Tempi modernamente antichi

di Nello Balzano
Sono ormai più di 10 anni che inseguiamo il modello economico cinese, un modello fatto di assurde regole di diritti del lavoro, un “paradiso” per chi aveva scelto di delocalizzare il proprio marchio e industrie, mantenendo, aggirando le regole, il MADE IN ITALY o il marchio CE sulle etichette del prodotto che vendeva sui nostri mercati.
Abbiamo riempito le nostre case di prodotti altamente tecnologici di grandi marchi internazionali, ad esempio l’iPhone™ della americana Apple, anch’esso costruito in Cina con sistemi di catena di montaggio stile “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, che hanno contribuito pesantemente all’innalzamento della temperatura del globo, per produrre energia con combustibili fossili, per far lavorare a pieno ritmo le industrie che nascevano come funghi, in barba all’accordo di Kyoto al quale mai si sono voluti adeguare.

Dall'Asia arrivano venti freddi per l'economia italiana


di Roberta Carlini
Per capire come mai l’annuncio della svalutazione cinese abbia causato la caduta dei titoli dell’auto e del lusso italiani ed europei, basta dare un’occhiata all’ultimo bollettino sul nostro commercio estero, diffuso proprio ieri dall’Istat, mentre i mercati finanziari erano in fibrillazione per gli effetti (e per le scommesse sugli effetti) della decisione di Pechino. Vi si trovano i numeri dell’import-export di giugno, che già annunciano il cambiamento del vento asiatico, oltre ad altre poco piacevoli novità. La bilancia commerciale italiana è ancora in attivo, di 2,8 miliardi di euro. Ma questo valore, riferito al mese di giugno 2015, è inferiore rispetto a quello dello stesso mese dell’anno scorso: 3,3 miliardi. Alla riduzione hanno concorso due cause: da un lato, sono aumentate le importazioni, come conseguenza quasi automatica della piccola ripresa economica in corso.

Gutgeld o lo sceriffo di Nottingham

di Giulio Marcon
Poche settimane fa il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha annunciato -in previsione della prossima legge di stabilità- la cancellazione nel 2016 delle tasse sulla prima casa, ovvero la TASI.
Più o meno 4 miliardi di euro di minori entrate per lo Stato e soprattutto per i comuni, che sulla TASI fondano una parte significativa delle loro risorse. Renzi si è premunito di dire che le risorse dei comuni saranno rimpinguate. Ma la fregatura è dietro l'angolo. E i comuni ne sanno qualcosa, visto che a causa dei minori trasferimenti dal governo hanno aumentato negli ultimi tre anni -come ci dice la Corte dei Conti- del 22% le tasse locali, 881 euro in più di tasse l'anno a cittadino.

La carità nascosta del Papa che fa ma non lo dice...


di Marco Sarti
L’ultima donazione è di qualche sera fa. Un furgone carico di olio d’oliva, pasta, pomodori pelati, latte e biscotti è giunto al centro per rifugiati Baobab, al Tiburtino. Una struttura che accoglie migranti etiopi ed eritrei fuggiti dalla fame e dalla guerra. Lo ha inviato Papa Francesco, come già accaduto in passato. A consegnare i generi di conforto è stato monsignor Konrad Krajewski, polacco, elemosiniere di Sua Santità. Poco conosciuto dal grande pubblico, è responsabile di uno dei compiti a cui il Papa tiene maggiormente. In Vaticano si occupa dell’Elemosineria Apostolica: ha il mandato di svolgere la carità in nome e per conto del Pontefice. 
Monsignor Krajewski è il “braccio destro” di Papa Francesco. Raccoglie donazioni, distribuisce aiuti, gira quasi tutte le notti le periferie e le stazioni di Roma. All’atto della sua nomina il Santo Padre l’aveva avvertito: «Tu non sarai un vescovo da scrivania - le sue parole - Dovrai essere il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati e agli ultimi della città».

Sblocca Italia e inceneritori. Dove sta la coerenza con le politiche europee?

di Patrizia Gentilini
Credo che raramente un documento dell’Associazione dei Medici per l’Ambiente (Isde Italia) sia giunto in momento più opportuno. È stato infatti pubblicato il comunicato stampa e ilPosition Paper sulla corretta gestione dei rifiuti solidi urbani.
Si tratta di un documento condiviso che riporta le Linee Guidasu un argomento che proprio in questi giorni è ancora una volta alla ribalta in seguito ai decreti attuativi che prevedono la costruzione di nuovi inceneritori.
Il documento vuole essere (come del resto tutti i documenti di Isde!) uno strumento corretto e puntuale sia dal punto di vista scientifico che normativo a disposizione di amministratori, associazioni, cittadini interessati a conoscere il parere di medici che non hanno alcun conflitto di interesse sul tema trattato, ma che vogliono solo difendere la salute pubblica.