
di Angelo Mastrandrea
La Grecia si risveglia con un terzo Memorandum che prolunga
l’austerità e ingabbia le velleità della sinistra radicale al
potere, senza una maggioranza di governo e con il suo principale
partito, Syriza, sull’orlo dell’esplosione. La discussione notturna
e il voto in primissima mattinata (in tempo per la riunione
dell’Eurogruppo) dell’accordo con i creditori internazionali lascia
dietro di sé una distesa di macerie: passa, come nelle precedenti
votazioni, grazie all’appoggio dell’opposizione del centrodestra di
Nea Democratia, dei socialisti del Pasok e dei centristi di To
Potami, ma nonostante l’appello di Alexis Tsipras a evitare di
«tornare a una crisi senza fine», quella che si aprirebbe nel caso
i creditori decidessero di dare alla Grecia l’ennesimo
prestito-ponte e non gli 86 miliardi del Meccanismo europeo di
stabilità, il governo ottiene solo 118 voti dalla sua maggioranza,
sotto la soglia minima di 120 oltre la quale mancano i numeri per
governare. Per questo il primo ministro è costretto a chiedere, già
la prossima settimana, un voto di fiducia che si preannuncia
a dir poco complicato: se non rientra qualcuno dei dissenzienti,
sarà crisi di governo e, con ogni probabilità, saranno indette
elezioni anticipate.
Nel frattempo Syriza esplode: in 32 votano contro il
provvedimento (la metà esatta dei 64 voti contrari), 11 rispondono
«presente» al momento della chiamata, altri tre dicono formalmente
sì ma non approvano i singoli provvedimenti, uno non si presenta
alla votazione. Molti altri rimangono indecisi fino all’ultimo
e dicono sì turandosi il naso, mentre i giovani del partito
chiamano alla mobilitazione contro il Memorandum. Il quotidiano
Efemeride ieri parlava di una profonda «crisi d’identità» di
Syriza, arrivata al governo con lo slogan «basta troika» e «stop
Memorandum» e ora alle prese con una durissima realpolitik che le
impone di gestire analoghe misure di austerità e nel segno del
neoliberismo, in un Paese di fatto commissariato da Bruxelles.
Uno choc dal quale la Coalizione della sinistra radicale
ellenica potrebbe non riprendersi, se è vero che la situazione
è caotica a tal punto che persino il previsto congresso del
partito, chiesto dallo stesso Tsipras e annunciato per la fine di
settembre, è in alto mare. Comunque andrà a finire, la Syriza che
abbiamo conosciuto finora, un singolare esperimento politico di
“new left” europea, non sarà più la stessa. La Piattaforma di
sinistra, la minoranza interna che fa capo all’ex ministro
dell’Energia Panaiotis Lafazanis, potrebbe addirittura disertare
l’appuntamento. Ne sta discutendo in queste ore e, in tal caso, quasi
mezzo partito (o forse più, difficile fare calcoli in questo
momento) lascerà i vecchi compagni senza neppure salutare. «Perché
dovremmo andarci? Per discutere e decidere cosa, visto che tutto
è già accaduto? Questo Memorandum non ha nulla di sinistra e il
nostro compito ora è batterci, in Parlamento e fuori, perché non
venga applicato», dice un autorevole rappresentante
dell’opposizione interna.
Le due anime del partito hanno imboccato due strade opposte:
dentro le contraddizioni del Memorandum, tentando di mitigarne
l’impatto con «compensazioni» sul piano sociale, gli uni;
radicalmente fuori e contro i secondi. L’obiettivo dei dissenzienti
è costruire un «fronte del no» ampio, «di sinistra e patriottico»,
che potrebbe tirarsi dietro anche il movimento giovanile di Syriza,
decisamente schierato contro Tsipras, nonché formazioni
ultraradicali come Antarsya, anche se, sostengono, «ci
rivolgeremo alla società, a tutti coloro che hanno votato no al
referendum». Dodici esponenti della Piattaforma di sinistra, tra
cui il leader Lafazanis, hanno firmato una lettera aperta in cui
chiedono la fondazione di un «movimento che legittimerà il
desiderio popolare di democrazia e giustizia sociale». Ma il
dissenso nella maggioranza di governo va ben oltre, reso evidente
dalla spaccatura a metà del comitato centrale di Syriza, dall’
«ostruzionismo» della Presidente del Parlamento Zoe
Kostantopoulou (vera spina nel fianco di Tsipras e personaggio
emergente del fronte più radicale) che ha tentato di tutto per far
rinviare la votazione a lunedì, nonché dal no dell’ex ministro delle
Finanze Yanis Varoufakis, che però ha sostenuto che se Tsipras
glielo chiedesse lui abbandonerebbe il Parlamento e non è escluso
che alla fine voti la fiducia. Perfino dalle difficoltà degli
alleati dell’Anel, ai quali non vanno giù i tagli alla Difesa e alle
pensioni delle forze armate.
Ma è evidente a tutti che il paradosso di una maggioranza di
governo e allo stesso tempo di opposizione radicale non potrà durare
ancora a lungo. La prospettiva della crisi di governo e delle
elezioni anticipate si fa sempre più concreta, nonostante
l’opposizione parlamentare sia l’ultima a volerle e i creditori le
vedano come il fumo negli occhi perché l’applicazione del Memorandum
rischierebbe di sbandare dalla partenza, con un Paese in preda
all’instabilità politica. Il vero garante dell’accordo a questo punto
rimane Alexis Tsipras, fino a poco più di un mese fa inviso ai
governanti europei e oggi, ennesimo paradosso della ingarbugliata
vicenda greca, diventato l’uomo della provvidenza. I sondaggi gli
hanno sempre assicurato un tasso di popolarità molto alto.
Probabilmente rimane il politico più popolare della Grecia, ma
rimane il nodo delle alleanze, a meno che una Syriza 2.0 non raggiunga
da sola la maggioranza assoluta. Sarà disponibile a guidare
eventualmente un esecutivo di unità nazionale, lui che ha già
dichiarato di non essere «un uomo per tutte le stagioni»?
Approfondimento: Intervista a Nikos Pappàs di Teodoro Andreadis Synghellakis
Nikos Pappàs, tra i più stretti collaboratori di Alexis Tsipras e ministro alla presidenza del consiglio, annuncia a il manifesto che verranno approvate misure a sostegno delle categorie più colpite dai tagli imposti dai creditori e torna a chiedere una soluzione sostenibile per il debito greco.
Ritiene, ormai, la scissione, all’interno di Syriza quasi un dato di fatto, «anche se si cercherà sino all’ultimo di evitarla». Secondo Pappàs il governo di Tsipras non rinuncia ai propri obiettivi: lotterà per garantire più libertà di azione alle politiche nazionali, per una Bce prestatrice di ultima istanza e per assestare duri colpi alla corruzione ed ai trust di interessi costituiti.
Con che strategia, ora, il governo greco cercherà di evitare la recessione, per dare maggior peso alla giustizia sociale ed allo sviluppo?
"Faremo ogni possibile sforzo affinché i programmi per lo sviluppo trovino un’applicazione a breve, prima di molte altre parti del programma che abbiamo votato, intendo già nei prossimi mesi.
L’altra nostra priorità è che questi fondi possano arrivare a settori, attività, classi e gruppi della società su cui si saranno delle ricadute negative, dall’ applicazione dell’accordo coi creditori. Mi riferisco agli agricoltori che necessitano di politiche e attenzione particolare, perché l’aumento dell’anticipo annuale sulle tasse e l’abolizione delle agevolazioni sul gasolio, creano problemi. Ci vuole un intervento dello Stato per un impulso positivo evidente. Perché gli agricoltori devono poter continuare a lavorare e le campagne non possono venire abbandonate."
Con questo programma triennale crede realmente, come sostiene il governo, che si possa stabilizzare l’economia reale, evitando l’angoscia delle severe valutazioni trimestrali o semestrali da parte della Troika, che la Grecia ha vissuto sinora?
"Questo può avvenire a condizione che i finanziamenti siano costanti e che si risolva la questione del debito. Si tratta di un impegno dei nostri partner e da questo dipenderà il riuscire a dare ai consumatori interni ed agli investitori internazionali, un’immagine complessiva dell’economia greca, che non abbia nulla a che fare con il Grexit. In modo da fornire la base e le possibilità necessarie perché si facciano dei passi di sostanza verso lo sviluppo. Credo si tratti di precondizioni molto utili e importanti."
Per il suo debito pubblico la Grecia chiede ancora un taglio, un alleggerimento, o una soluzione che renda comunque realistico e possibile, ogni anno, il pagamento di quanto previsto?
"Possiamo discutere di tante soluzioni, le quali, tuttavia, ci portano al medesimo risultato. Bisogna mantenere un totale di debito pubblico ed un insieme di obblighi annuali, a cui poter far fronte.
Devono essere, cioè, sostenibili e non porsi come ostacolo ad ogni iniziativa che miri allo sviluppo. Non devono assorbire grandi avanzi primari — frutto di sacrifici dei cittadini e dell’economia greca– e neanche cercare di minare la nostra capacità di onorare gli obblighi finanziari e la permanenza del paese nella moneta unica."
Dopo il voto di ieri in parlamento, crede anche lei che, per Syriza, il rischio scissione sia notevolmente aumentato? Come vi state preparando al congresso di settembre?
"Sembra purtroppo che la frattura stia diventando quasi definitiva, anche se per evitarla lavoreremo sino all’ultimo momento. Va detto che, in ogni caso, Syriza è il polo di stabilità della scena politica greca e dovrà dare fondo a tutte le sue energie per giocare con successo il ruolo che gli ha affidato il popolo. Anche per centrale l’obiettivo che pone Syriza: poter attuare, a livello di conti pubblici, degli interventi di redistribuzione del reddito per le categorie che sono state colpite dalla crisi e intervenire in modo deciso nella gestione della cosa pubblica, contro la corruzione, i trust di interessi consolidati, nella gestione complessiva dello Stato. Siamo una forza politica nuova, senza i legami che limitavano i partiti del passato, ed è per questo che possiamo portare a termine questi compiti."
Alla fine di questa trattativa, crede che malgrado gli sfavorevoli rapporti di forza a livello europeo di cui ha parlato anche Tsipras, si riuscirà ad applicare una politica di sinistra?
"Faccio parte di coloro che hanno sempre visto l’Europa come il campo delle lotte di classe e degli antagonismi politici. E dal momento che ci credevo in periodi in cui gli equilibri, per chi portava avanti idee di sinistra, erano molto più difficili, non vedo perché non dovrei sostenerlo e crederlo ora. Penso che con le mosse adatte e con una diplomazia economica e sociale molto attiva, riusciremo realmente ad aumentare il grado di libertà, nell’esercizio della politica nazionale. Ovviamente non ci vogliamo illudere, in questo momento si tratta di un obiettivo da perseguire. Mi riferisco, ad esempio, al ruolo della Bce, che dovrebbe essere quello di prestatore di ultima istanza. Di un meccanismo quindi, capace di garantire l’offerta di denaro da un estremo all’altro dell’Eurozona. Sinora, tuttavia, a causa di vari interessi politici, non le si è permesso di giocare questo ruolo. Le si è affidato, al contrario, il ruolo di un giocatore che limita l’offerta di denaro e che, quindi, crea problemi. Per sua natura, invece, l’istituzione della Banca Centrale Europea questi problemi dovrebbe risolverli."
Come vede il recente appello di Prodi che ha chiesto a Francia e Italia di mobilitarsi contro le posizioni di Schauble, che rischiano di portare l’Ue alla disgregazione?
"Prodi ha ragione. La sua storia personale è tale da non permettere di accusarlo di essere antieuropeista. Siamo ottimisti sulle dinamiche politiche che potranno venire a crearsi e vi chiedo di credere che noi non intendiamo semplicemente prendere parte a queste dinamiche, ma vogliamo giocare il ruolo di chi crea, di colui che dà nuova linfa e sempre maggiore forza, per poter costruire una realtà che aiuti tutta l’Unione europea ad imboccare nuovamente la strada di un vero sviluppo."
Approfondimento: Intervista a Nikos Pappàs di Teodoro Andreadis Synghellakis
Nikos Pappàs, tra i più stretti collaboratori di Alexis Tsipras e ministro alla presidenza del consiglio, annuncia a il manifesto che verranno approvate misure a sostegno delle categorie più colpite dai tagli imposti dai creditori e torna a chiedere una soluzione sostenibile per il debito greco.
Ritiene, ormai, la scissione, all’interno di Syriza quasi un dato di fatto, «anche se si cercherà sino all’ultimo di evitarla». Secondo Pappàs il governo di Tsipras non rinuncia ai propri obiettivi: lotterà per garantire più libertà di azione alle politiche nazionali, per una Bce prestatrice di ultima istanza e per assestare duri colpi alla corruzione ed ai trust di interessi costituiti.
Con che strategia, ora, il governo greco cercherà di evitare la recessione, per dare maggior peso alla giustizia sociale ed allo sviluppo?
"Faremo ogni possibile sforzo affinché i programmi per lo sviluppo trovino un’applicazione a breve, prima di molte altre parti del programma che abbiamo votato, intendo già nei prossimi mesi.
L’altra nostra priorità è che questi fondi possano arrivare a settori, attività, classi e gruppi della società su cui si saranno delle ricadute negative, dall’ applicazione dell’accordo coi creditori. Mi riferisco agli agricoltori che necessitano di politiche e attenzione particolare, perché l’aumento dell’anticipo annuale sulle tasse e l’abolizione delle agevolazioni sul gasolio, creano problemi. Ci vuole un intervento dello Stato per un impulso positivo evidente. Perché gli agricoltori devono poter continuare a lavorare e le campagne non possono venire abbandonate."
Con questo programma triennale crede realmente, come sostiene il governo, che si possa stabilizzare l’economia reale, evitando l’angoscia delle severe valutazioni trimestrali o semestrali da parte della Troika, che la Grecia ha vissuto sinora?
"Questo può avvenire a condizione che i finanziamenti siano costanti e che si risolva la questione del debito. Si tratta di un impegno dei nostri partner e da questo dipenderà il riuscire a dare ai consumatori interni ed agli investitori internazionali, un’immagine complessiva dell’economia greca, che non abbia nulla a che fare con il Grexit. In modo da fornire la base e le possibilità necessarie perché si facciano dei passi di sostanza verso lo sviluppo. Credo si tratti di precondizioni molto utili e importanti."
Per il suo debito pubblico la Grecia chiede ancora un taglio, un alleggerimento, o una soluzione che renda comunque realistico e possibile, ogni anno, il pagamento di quanto previsto?
"Possiamo discutere di tante soluzioni, le quali, tuttavia, ci portano al medesimo risultato. Bisogna mantenere un totale di debito pubblico ed un insieme di obblighi annuali, a cui poter far fronte.
Devono essere, cioè, sostenibili e non porsi come ostacolo ad ogni iniziativa che miri allo sviluppo. Non devono assorbire grandi avanzi primari — frutto di sacrifici dei cittadini e dell’economia greca– e neanche cercare di minare la nostra capacità di onorare gli obblighi finanziari e la permanenza del paese nella moneta unica."
Dopo il voto di ieri in parlamento, crede anche lei che, per Syriza, il rischio scissione sia notevolmente aumentato? Come vi state preparando al congresso di settembre?
"Sembra purtroppo che la frattura stia diventando quasi definitiva, anche se per evitarla lavoreremo sino all’ultimo momento. Va detto che, in ogni caso, Syriza è il polo di stabilità della scena politica greca e dovrà dare fondo a tutte le sue energie per giocare con successo il ruolo che gli ha affidato il popolo. Anche per centrale l’obiettivo che pone Syriza: poter attuare, a livello di conti pubblici, degli interventi di redistribuzione del reddito per le categorie che sono state colpite dalla crisi e intervenire in modo deciso nella gestione della cosa pubblica, contro la corruzione, i trust di interessi consolidati, nella gestione complessiva dello Stato. Siamo una forza politica nuova, senza i legami che limitavano i partiti del passato, ed è per questo che possiamo portare a termine questi compiti."
Alla fine di questa trattativa, crede che malgrado gli sfavorevoli rapporti di forza a livello europeo di cui ha parlato anche Tsipras, si riuscirà ad applicare una politica di sinistra?
"Faccio parte di coloro che hanno sempre visto l’Europa come il campo delle lotte di classe e degli antagonismi politici. E dal momento che ci credevo in periodi in cui gli equilibri, per chi portava avanti idee di sinistra, erano molto più difficili, non vedo perché non dovrei sostenerlo e crederlo ora. Penso che con le mosse adatte e con una diplomazia economica e sociale molto attiva, riusciremo realmente ad aumentare il grado di libertà, nell’esercizio della politica nazionale. Ovviamente non ci vogliamo illudere, in questo momento si tratta di un obiettivo da perseguire. Mi riferisco, ad esempio, al ruolo della Bce, che dovrebbe essere quello di prestatore di ultima istanza. Di un meccanismo quindi, capace di garantire l’offerta di denaro da un estremo all’altro dell’Eurozona. Sinora, tuttavia, a causa di vari interessi politici, non le si è permesso di giocare questo ruolo. Le si è affidato, al contrario, il ruolo di un giocatore che limita l’offerta di denaro e che, quindi, crea problemi. Per sua natura, invece, l’istituzione della Banca Centrale Europea questi problemi dovrebbe risolverli."
Come vede il recente appello di Prodi che ha chiesto a Francia e Italia di mobilitarsi contro le posizioni di Schauble, che rischiano di portare l’Ue alla disgregazione?
"Prodi ha ragione. La sua storia personale è tale da non permettere di accusarlo di essere antieuropeista. Siamo ottimisti sulle dinamiche politiche che potranno venire a crearsi e vi chiedo di credere che noi non intendiamo semplicemente prendere parte a queste dinamiche, ma vogliamo giocare il ruolo di chi crea, di colui che dà nuova linfa e sempre maggiore forza, per poter costruire una realtà che aiuti tutta l’Unione europea ad imboccare nuovamente la strada di un vero sviluppo."
Fonte: il manifesto
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