La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 15 agosto 2015

Memorandum letale


di Angelo Mastrandrea
La Gre­cia si risve­glia con un terzo Memo­ran­dum che pro­lunga l’austerità e ingab­bia le vel­leità della sini­stra radi­cale al potere, senza una mag­gio­ranza di governo e con il suo prin­ci­pale par­tito, Syriza, sull’orlo dell’esplosione. La discus­sione not­turna e il voto in pri­mis­sima mat­ti­nata (in tempo per la riu­nione dell’Eurogruppo) dell’accordo con i cre­di­tori inter­na­zio­nali lascia die­tro di sé una distesa di mace­rie: passa, come nelle pre­ce­denti vota­zioni, gra­zie all’appoggio dell’opposizione del cen­tro­de­stra di Nea Demo­cra­tia, dei socia­li­sti del Pasok e dei cen­tri­sti di To Potami, ma nono­stante l’appello di Ale­xis Tsi­pras a evi­tare di «tor­nare a una crisi senza fine», quella che si apri­rebbe nel caso i cre­di­tori deci­des­sero di dare alla Gre­cia l’ennesimo prestito-ponte e non gli 86 miliardi del Mec­ca­ni­smo euro­peo di sta­bi­lità, il governo ottiene solo 118 voti dalla sua mag­gio­ranza, sotto la soglia minima di 120 oltre la quale man­cano i numeri per gover­nare. Per que­sto il primo mini­stro è costretto a chie­dere, già la pros­sima set­ti­mana, un voto di fidu­cia che si pre­an­nun­cia a dir poco com­pli­cato: se non rien­tra qual­cuno dei dis­sen­zienti, sarà crisi di governo e, con ogni pro­ba­bi­lità, saranno indette ele­zioni anticipate.


Nel frat­tempo Syriza esplode: in 32 votano con­tro il prov­ve­di­mento (la metà esatta dei 64 voti con­trari), 11 rispon­dono «pre­sente» al momento della chia­mata, altri tre dicono for­mal­mente sì ma non appro­vano i sin­goli prov­ve­di­menti, uno non si pre­senta alla vota­zione. Molti altri riman­gono inde­cisi fino all’ultimo e dicono sì turan­dosi il naso, men­tre i gio­vani del par­tito chia­mano alla mobi­li­ta­zione con­tro il Memo­ran­dum. Il quo­ti­diano Efe­me­ride ieri par­lava di una pro­fonda «crisi d’identità» di Syriza, arri­vata al governo con lo slo­gan «basta troika» e «stop Memo­ran­dum» e ora alle prese con una duris­sima real­po­li­tik che le impone di gestire ana­lo­ghe misure di auste­rità e nel segno del neo­li­be­ri­smo, in un Paese di fatto com­mis­sa­riato da Bruxelles.

Uno choc dal quale la Coa­li­zione della sini­stra radi­cale elle­nica potrebbe non ripren­dersi, se è vero che la situa­zione è cao­tica a tal punto che per­sino il pre­vi­sto con­gresso del par­tito, chie­sto dallo stesso Tsi­pras e annun­ciato per la fine di set­tem­bre, è in alto mare. Comun­que andrà a finire, la Syriza che abbiamo cono­sciuto finora, un sin­go­lare espe­ri­mento poli­tico di “new left” euro­pea, non sarà più la stessa. La Piat­ta­forma di sini­stra, la mino­ranza interna che fa capo all’ex mini­stro dell’Energia Pana­io­tis Lafa­za­nis, potrebbe addi­rit­tura diser­tare l’appuntamento. Ne sta discu­tendo in que­ste ore e, in tal caso, quasi mezzo par­tito (o forse più, dif­fi­cile fare cal­coli in que­sto momento) lascerà i vec­chi com­pa­gni senza nep­pure salu­tare. «Per­ché dovremmo andarci? Per discu­tere e deci­dere cosa, visto che tutto è già acca­duto? Que­sto Memo­ran­dum non ha nulla di sini­stra e il nostro com­pito ora è bat­terci, in Par­la­mento e fuori, per­ché non venga appli­cato», dice un auto­re­vole rap­pre­sen­tante dell’opposizione interna.

Le due anime del par­tito hanno imboc­cato due strade oppo­ste: den­tro le con­trad­di­zioni del Memo­ran­dum, ten­tando di miti­garne l’impatto con «com­pen­sa­zioni» sul piano sociale, gli uni; radi­cal­mente fuori e con­tro i secondi. L’obiettivo dei dis­sen­zienti è costruire un «fronte del no» ampio, «di sini­stra e patriot­tico», che potrebbe tirarsi die­tro anche il movi­mento gio­va­nile di Syriza, deci­sa­mente schie­rato con­tro Tsi­pras, non­ché for­ma­zioni ultra­ra­di­cali come Antar­sya, anche se, sosten­gono, «ci rivol­ge­remo alla società, a tutti coloro che hanno votato no al refe­ren­dum». Dodici espo­nenti della Piat­ta­forma di sini­stra, tra cui il lea­der Lafa­za­nis, hanno fir­mato una let­tera aperta in cui chie­dono la fon­da­zione di un «movi­mento che legit­ti­merà il desi­de­rio popo­lare di demo­cra­zia e giu­sti­zia sociale». Ma il dis­senso nella mag­gio­ranza di governo va ben oltre, reso evi­dente dalla spac­ca­tura a metà del comi­tato cen­trale di Syriza, dall’ «ostru­zio­ni­smo» della Pre­si­dente del Par­la­mento Zoe Kostan­to­pou­lou (vera spina nel fianco di Tsi­pras e per­so­nag­gio emer­gente del fronte più radi­cale) che ha ten­tato di tutto per far rin­viare la vota­zione a lunedì, non­ché dal no dell’ex mini­stro delle Finanze Yanis Varou­fa­kis, che però ha soste­nuto che se Tsi­pras glielo chie­desse lui abban­do­ne­rebbe il Par­la­mento e non è escluso che alla fine voti la fidu­cia. Per­fino dalle dif­fi­coltà degli alleati dell’Anel, ai quali non vanno giù i tagli alla Difesa e alle pen­sioni delle forze armate.

Ma è evi­dente a tutti che il para­dosso di una mag­gio­ranza di governo e allo stesso tempo di oppo­si­zione radi­cale non potrà durare ancora a lungo. La pro­spet­tiva della crisi di governo e delle ele­zioni anti­ci­pate si fa sem­pre più con­creta, nono­stante l’opposizione par­la­men­tare sia l’ultima a volerle e i cre­di­tori le vedano come il fumo negli occhi per­ché l’applicazione del Memo­ran­dum rischie­rebbe di sban­dare dalla par­tenza, con un Paese in preda all’instabilità poli­tica. Il vero garante dell’accordo a que­sto punto rimane Ale­xis Tsi­pras, fino a poco più di un mese fa inviso ai gover­nanti euro­pei e oggi, enne­simo para­dosso della ingar­bu­gliata vicenda greca, diven­tato l’uomo della prov­vi­denza. I son­daggi gli hanno sem­pre assi­cu­rato un tasso di popo­la­rità molto alto. Pro­ba­bil­mente rimane il poli­tico più popo­lare della Gre­cia, ma rimane il nodo delle alleanze, a meno che una Syriza 2.0 non rag­giunga da sola la mag­gio­ranza asso­luta. Sarà dispo­ni­bile a gui­dare even­tual­mente un ese­cu­tivo di unità nazio­nale, lui che ha già dichia­rato di non essere «un uomo per tutte le stagioni»?

Approfondimento: Intervista a Nikos Pappàs di Teodoro Andreadis Synghellakis

Nikos Pap­pàs, tra i più stretti col­la­bo­ra­tori di Ale­xis Tsi­pras e mini­stro alla pre­si­denza del con­si­glio, annun­cia a il mani­fe­sto che ver­ranno appro­vate misure a soste­gno delle cate­go­rie più col­pite dai tagli impo­sti dai cre­di­tori e torna a chie­dere una solu­zione soste­ni­bile per il debito greco.
Ritiene, ormai, la scis­sione, all’interno di Syriza quasi un dato di fatto, «anche se si cer­cherà sino all’ultimo di evi­tarla». Secondo Pap­pàs il governo di Tsi­pras non rinun­cia ai pro­pri obiet­tivi: lot­terà per garan­tire più libertà di azione alle poli­ti­che nazio­nali, per una Bce pre­sta­trice di ultima istanza e per asse­stare duri colpi alla cor­ru­zione ed ai trust di inte­ressi costituiti.
Con che stra­te­gia, ora, il governo greco cer­cherà di evi­tare la reces­sione, per dare mag­gior peso alla giu­sti­zia sociale ed allo svi­luppo?
"Faremo ogni pos­si­bile sforzo affin­ché i pro­grammi per lo svi­luppo tro­vino un’applicazione a breve, prima di molte altre parti del pro­gramma che abbiamo votato, intendo già nei pros­simi mesi.
L’altra nostra prio­rità è che que­sti fondi pos­sano arri­vare a set­tori, atti­vità, classi e gruppi della società su cui si saranno delle rica­dute nega­tive, dall’ appli­ca­zione dell’accordo coi cre­di­tori. Mi rife­ri­sco agli agri­col­tori che neces­si­tano di poli­ti­che e atten­zione par­ti­co­lare, per­ché l’aumento dell’anticipo annuale sulle tasse e l’abolizione delle age­vo­la­zioni sul gaso­lio, creano pro­blemi. Ci vuole un inter­vento dello Stato per un impulso posi­tivo evi­dente. Per­ché gli agri­col­tori devono poter con­ti­nuare a lavo­rare e le cam­pa­gne non pos­sono venire abbandonate."
Con que­sto pro­gramma trien­nale crede real­mente, come sostiene il governo, che si possa sta­bi­liz­zare l’economia reale, evi­tando l’angoscia delle severe valu­ta­zioni tri­me­strali o seme­strali da parte della Troika, che la Gre­cia ha vis­suto sinora?
"Que­sto può avve­nire a con­di­zione che i finan­zia­menti siano costanti e che si risolva la que­stione del debito. Si tratta di un impe­gno dei nostri part­ner e da que­sto dipen­derà il riu­scire a dare ai con­su­ma­tori interni ed agli inve­sti­tori inter­na­zio­nali, un’immagine com­ples­siva dell’economia greca, che non abbia nulla a che fare con il Gre­xit. In modo da for­nire la base e le pos­si­bi­lità neces­sa­rie per­ché si fac­ciano dei passi di sostanza verso lo svi­luppo. Credo si tratti di pre­con­di­zioni molto utili e importanti."
Per il suo debito pub­blico la Gre­cia chiede ancora un taglio, un alleg­ge­ri­mento, o una solu­zione che renda comun­que rea­li­stico e pos­si­bile, ogni anno, il paga­mento di quanto pre­vi­sto?
"Pos­siamo discu­tere di tante solu­zioni, le quali, tut­ta­via, ci por­tano al mede­simo risul­tato. Biso­gna man­te­nere un totale di debito pub­blico ed un insieme di obbli­ghi annuali, a cui poter far fronte.
Devono essere, cioè, soste­ni­bili e non porsi come osta­colo ad ogni ini­zia­tiva che miri allo svi­luppo. Non devono assor­bire grandi avanzi pri­mari — frutto di sacri­fici dei cit­ta­dini e dell’economia greca– e nean­che cer­care di minare la nostra capa­cità di ono­rare gli obbli­ghi finan­ziari e la per­ma­nenza del paese nella moneta unica."
Dopo il voto di ieri in par­la­mento, crede anche lei che, per Syriza, il rischio scis­sione sia note­vol­mente aumen­tato? Come vi state pre­pa­rando al con­gresso di set­tem­bre?
"Sem­bra pur­troppo che la frat­tura stia diven­tando quasi defi­ni­tiva, anche se per evi­tarla lavo­re­remo sino all’ultimo momento. Va detto che, in ogni caso, Syriza è il polo di sta­bi­lità della scena poli­tica greca e dovrà dare fondo a tutte le sue ener­gie per gio­care con suc­cesso il ruolo che gli ha affi­dato il popolo. Anche per cen­trale l’obiettivo che pone Syriza: poter attuare, a livello di conti pub­blici, degli inter­venti di redi­stri­bu­zione del red­dito per le cate­go­rie che sono state col­pite dalla crisi e inter­ve­nire in modo deciso nella gestione della cosa pub­blica, con­tro la cor­ru­zione, i trust di inte­ressi con­so­li­dati, nella gestione com­ples­siva dello Stato. Siamo una forza poli­tica nuova, senza i legami che limi­ta­vano i par­titi del pas­sato, ed è per que­sto che pos­siamo por­tare a ter­mine que­sti compiti."
Alla fine di que­sta trat­ta­tiva, crede che mal­grado gli sfa­vo­re­voli rap­porti di forza a livello euro­peo di cui ha par­lato anche Tsi­pras, si riu­scirà ad appli­care una poli­tica di sini­stra?
"Fac­cio parte di coloro che hanno sem­pre visto l’Europa come il campo delle lotte di classe e degli anta­go­ni­smi poli­tici. E dal momento che ci cre­devo in periodi in cui gli equi­li­bri, per chi por­tava avanti idee di sini­stra, erano molto più dif­fi­cili, non vedo per­ché non dovrei soste­nerlo e cre­derlo ora. Penso che con le mosse adatte e con una diplo­ma­zia eco­no­mica e sociale molto attiva, riu­sci­remo real­mente ad aumen­tare il grado di libertà, nell’esercizio della poli­tica nazio­nale. Ovvia­mente non ci vogliamo illu­dere, in que­sto momento si tratta di un obiet­tivo da per­se­guire. Mi rife­ri­sco, ad esem­pio, al ruolo della Bce, che dovrebbe essere quello di pre­sta­tore di ultima istanza. Di un mec­ca­ni­smo quindi, capace di garan­tire l’offerta di denaro da un estremo all’altro dell’Eurozona. Sinora, tut­ta­via, a causa di vari inte­ressi poli­tici, non le si è per­messo di gio­care que­sto ruolo. Le si è affi­dato, al con­tra­rio, il ruolo di un gio­ca­tore che limita l’offerta di denaro e che, quindi, crea pro­blemi. Per sua natura, invece, l’istituzione della Banca Cen­trale Euro­pea que­sti pro­blemi dovrebbe risolverli."
Come vede il recente appello di Prodi che ha chie­sto a Fran­cia e Ita­lia di mobi­li­tarsi con­tro le posi­zioni di Schau­ble, che rischiano di por­tare l’Ue alla disgre­ga­zione?
"Prodi ha ragione. La sua sto­ria per­so­nale è tale da non per­met­tere di accu­sarlo di essere anti­eu­ro­pei­sta. Siamo otti­mi­sti sulle dina­mi­che poli­ti­che che potranno venire a crearsi e vi chiedo di cre­dere che noi non inten­diamo sem­pli­ce­mente pren­dere parte a que­ste dina­mi­che, ma vogliamo gio­care il ruolo di chi crea, di colui che dà nuova linfa e sem­pre mag­giore forza, per poter costruire una realtà che aiuti tutta l’Unione euro­pea ad imboc­care nuo­va­mente la strada di un vero sviluppo."

Fonte: il manifesto

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