La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 15 agosto 2015

Di lavoro si continua a morire

di Dario cataldo
Con i tassi di disoccupazione che sfiorano cifre record, con i giovani che cercano un futuro migliore all’estero, e con il rischio di un nuovo caso greco all’orizzonte, in Italia le morti sul lavoro continuano a crescere.
In sei mesi, da Gennaio a Giugno del 2015, sono 500 le vittime per incidenti sui posti di servizio. Un bilancio raccapricciante, sinonimo di controlli pressoché assenti, di unità lavorative spremute sino all’osso e di poco rispetto della dignità umana.
La messa in sicurezza delle persone dovrebbe essere alla base di un rapporto lavorativo civile e produttivo. La realtà invece recita un altro copione. L’emergenza è in tutta la Penisola, senza distinzione tra Nord e Sud. Non ci sono soste, ne tregue: il numero subisce una crescita esponenziale come stabilito da un’indagine condotta dall’Osservatorio Sicurezza sul lavoro Vega Engineering sulla scorta dei dati forniti dall’Inail.
La regione più martoriata è la Lombardia, in testa con 53 incidenti. A seguire la Toscana con 38, la Sicilia con 33; pari merito tra Campania e Lazio con 30 vittime e a seguire Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Puglia e via discorrendo. I settori più colpiti sono chiaramente quelli in cui la manovalanza rappresenta il cuore pulsante dell’impresa.
L’edilizia conta di fatto l’11% circa dei decessi. Incalzanti sono i settori manifatturieri, dei trasporti e della gestione di magazzini. In coda, il commercio all’ingrosso e al dettaglio e quello meccanico, con l’8% delle morti. La statistica include un numero superiore di uomini di età tra i 45 e i 54 anni, con 360 vittime.
Tra le donne, nel primo semestre dell’anno, sono 22 coloro le quali hanno perso la vita. Aumenta il numero di stranieri, i nuovi schiavi del lavoro nero, che costretti a ritmi insostenibili e a paghe ridicole, salgono a 55, il 15% del totale. Le morti bianche sono una piaga sociale che al giorno d’oggi sta assumendo proporzioni sempre più catastrofiche.
Nonostante i cavilli burocratici, le regole sulla sicurezza e la tutela sui luoghi di lavoro, l’attrezzatura per la messa in sicurezza dei lavoratori, molti datori eludono i controlli, fregandosene apertamente dei propri dipendenti. Talvolta è il lavoro nero che detta le nuove regole. Lo sfruttamento e la certezza di trovare qualche altro disgraziato disposto a subire le logiche del mercato dell’evasione, induce ad aggirare le norme.
Un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. In tutto questo, a pagarne le conseguenze sono i figli di nessuno, gli invisibili costretti a turni estenuanti. L’Italia, restando circoscritti alle nazioni dell’Unione Europea è quella che detiene il triste primato delle morti bianche.
Il baratto della vita per l’indecente retribuzione è uno scandalo che ha un solo unico denominatore: il profitto. I tagli sulla sicurezza in nome del ricavo di pochi squali dell’imprenditoria hanno prodotto più vittime che la Guerra del Golfo.
I sindacati e le agende politiche governative dovrebbero avere all’ordine del giorno delle soluzioni per bloccare un cancro della società in metastasi. Continuare su questa lunghezza d’onda equivale ad accrescere l’indifferenza civile e zittire definitivamente il senso d’umanità che nell’epoca della globalizzazione è fievole e al lumicino.

Fonte: Caratteri liberi

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