La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 14 agosto 2015

Il ricatto del debito

di Susanna Kuby
Gianni Fer­rara ha foca­liz­zato con chia­rezza la pro­ble­ma­tica sovra­strut­tura isti­tu­zio­nale dell’euro, un con­te­sto «rigi­da­mente com­pat­tato con la strut­tura eco­no­mica su cui pog­gia», ovvero quella del libero mer­cato. I rispet­tivi Trat­tati euro­pei ne hanno pro­cla­mato l’assoluta sovra­nità «munen­dolo delle forme ido­nee e dei modi effi­caci per eser­ci­tarla», come pos­siamo con­sta­tare attual­mente nel caso greco, dove l’euro si è rive­lato pro­prio quell’«arma di repres­sione e di distru­zione di massa» di cui parla Ferrara.
Que­sta deriva dovrebbe essere un cam­pa­nello d’allarme per ogni sini­stra euro­pea e in par­ti­co­lare per quella che in Ita­lia cerca di ricom­porsi. Tutti i dati sta­ti­stici dall’Ibstat allo Svi­mez — oltre all’esperienza di milioni di pre­cari e disoc­cu­pati — ci indi­cano che l’Italia non è lon­tana dalla situa­zione greca (pur tenendo pre­sente le dif­fe­renze di scala ecc).
E dall’establishment tede­sco appren­diamo che esso intende accen­trare ulte­rior­mente nelle pro­prie mani la gover­nance finan­zia­ria euro­pea, come pre­sunta neces­sità per una mag­giore inter­gra­zione poli­tica dell’Ue (Cfr. la rela­zione di Romano Prodi di cui ha scritto Valen­tino Par­lato). Se non si mette un freno a simili soprusi e se non si rie­sce a tra­sfor­mare que­sto disor­dine eco­no­mico rior­ga­niz­zando il lavoro e la distri­bu­zione del red­dito, i nostri figli e nipoti lavo­re­ranno in e a con­di­zioni asiatiche.
Che fare? Magari ini­ziare a met­tere in que­stione ad alta voce il sistema ricat­ta­to­rio del debito pub­blico, che non è un sin­tomo della crisi, ma è il mec­ca­ni­smo stesso che garan­ti­sce ai cre­di­tori ingenti inte­ressi e pro­fitti. I quasi 12 bilioni di debito com­ples­sivo degli Stati Ue gene­rano ogni anno almeno 2 bilioni di ulte­riore inde­bi­ta­mento pub­blico per poter pagare inte­ressi e ammor­ta­menti ai cre­di­tori. Ed è que­sto che crea l’esigenza di dover “rispar­miare” a spese dello stato sociale in Europa.
La ric­chezza pri­vata in Ger­ma­nia è aumen­tata dal 2000 del 50% — men­tre i salari reali sono dimi­nuiti — eppure non esi­ste più dal 1997 una tassa patri­mo­niale. Per non par­lare dell’Italia. E somme ingenti non solo del debito pub­blico greco si tro­vano nei bilanci di Kon­zern come Sie­mens, Bmw, Mer­ce­des, Audi o Krauss-Maffei/Wegmann e hanno finan­ziato per esem­pio l’acquisto di sot­to­ma­rini e pan­zer tede­schi da parte di pre­ce­denti governi greci dalla Ger­ma­nia per miliardi di euro con ampi mar­gini di cor­ru­zione. E per que­sto oggi i greci e domani gli ita­liani dovreb­bero accet­tare ulte­riori tagli a pen­sioni e sanità? Ma finora la Gre­cia o meglio Syriza è rima­sta sola di fronte alla Troika, non c’è stata una inci­siva soli­da­rietà da parte dei cit­ta­dini euro­pei, finora pre­val­gono ras­se­gna­zione o paure di discesa sociale gestite per lo più dalle destre populiste.
Qui le sini­stre divise e i sin­da­cati hanno davanti un ampio spa­zio d’azione per rico­struire una nuova coscienza poli­tica. Ma tra i primi com­piti per una ricom­po­sta sini­stra poli­tica e sin­da­cale si impone a livello euro­peo la con­vo­ca­zione di una Con­fe­renza sul debito pub­blico in cui si dovranno rie­sa­mi­nare le diverse situa­zioni e posi­zioni debi­to­rie degli Stati inte­res­sati (ovvero di tutti), com­presa la Ger­ma­nia, che potrebbe cogliere l’occasione per siste­mare final­mente i conti ancora aperti delle ingenti ripa­ra­zioni di guerra non cor­ri­spo­ste (negli anni lon­tani della guerra fredda) nei con­fronti non solo della Gre­cia, per le quali lo sto­rico Karll-Heinz Roth ha ela­bo­rato un det­ta­gliato pro­gramma di risa­na­mento. I circa 90 miliardi a cui ammonta oggi la somma attri­buita dagli Alleati alla Gre­cia nel 1946 come com­penso per i danni subiti dalla Ger­ma­nia nazi­sta, ma mai pagata, potreb­bero essere garan­titi dalla Ger­ma­nia odierna tra­mite un tra­sfe­ri­mento di parte delle ingenti riserve auree tede­sche. Ne gua­da­gne­rebbe anche l’immagine pub­blica della Ger­ma­nia nel mondo.

Fonte: Il manifesto

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.