La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 13 agosto 2015

Le scuole private insorgono, ma sono le peggiori

di Marco Vulcano
Non si capisce se vi siano dei motivi veri o, più semplicemente, trattasi di piagnisteo preventivo per evitare un eventuale taglio delle risorse. Sta di fatto che la crociata a difesa delle scuole private, perlopiù cattoliche, è appena cominciata, con il quotidiano dei vescovi che è addirittura arrivato a parlare di “libertà a rischio”. Sotto accusa c’è un provvedimento, tutto da verificare, che andrebbe adiminuire i finanziamenti destinati alle scuole private.
Nulla che avvicini la situazione attuale al rispetto del dettato costituzionale con la scuola privata “senza oneri per lo Stato”, ma quanto basta per aprire un dibattito sul tema. Specie dopo le dichiarazioni dell’Agesc – Associazione Genitori Scuole Cattoliche– che, per paura di vedere l’incostituzionale contributo pubblico alle scuole cattoliche decurtato, si è perfino spinta ad affermare che le scuole cattoliche siano meno costose di quelle pubbliche, facendo dunque risparmiare soldi allo Stato poiché il costo medio per ogni studente sarebbe minore. Cifre in libertà, soprattutto perché i numeri, se non inseriti in un contesto che li spieghi, significano ben poco.
Il minore costo pubblico di uno studente della scuola privatarispetto a uno di quella pubblica non vuol dire infatti, come tendenziosamente si è cercato di far credere, che la prima sia più efficiente, anzi. Il dato sta a significare esattamente che gli istituti privati riescono a contenere i costi grazie al maggior ricorso a docenti senza contrato o precari, e a scuole tecnologicamente meno attrezzate. Insomma, le scuole private costano meno perché sono peggiori, sia per chi ci lavora che per chi le frequenta. Almeno stando ai dati Istat e a quelli del Ministero della Pubblica Istruzione. Ma non è tutto.
Uno studio Ocse afferma che i risultati degli studenti provenienti da scuole privati sono generalmente peggiori rispetto a quelli di chi frequenta le scuole pubbliche, mentre la Fondazione Agnelli, in uno studio analogo, sostiene che «nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, la performance della maggior parte delle scuole non statali è deludente rispetto a quelle statali». Dai dati del Miur emerge infatti che nella scuola privata secondaria superiore gli studenti sono in media più vecchi rispetto a quelli della scuola pubblica. Un fatto dovuto alla sovra rappresentanza di studenti che, bocciati nella scuola pubblica, si dirigono in strutture private per riparare. Magari con la formula dei “due anni in uno”.
La Banca d’Italia sottolinea inoltre che «tra le famiglie a basso reddito (il 25 per cento più povero) la percentuale di iscritti alla scuola elementare non statale è del 2,8 per cento; in quelle ad alto reddito (il 25 per cento delle famiglie più ricche) è dell’11,8 per cento». Numeri in linea con il costo delle rette annue,compreso tra i 3000 € annui e i 6000.
Le scuole private italiane risultano dunque essere istituti a cui si rivolgono perlopiù gli studenti più abbienti tra i peggiori della scuola pubblica, in base al principio “chi ha i soldi va avanti, anche se è un somaro”. L’esatto contrario di ogni meritocrazia.
Speriamo che i timori dei difensori delle scuole private siano fondati e che i finanziamenti a questi diplomifici per ricchi vengano davvero ridotti. Ma Temiamo che per questo serva un altro governo.

Fonte: popoffquotidiano.it

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