La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 15 agosto 2015

Un "treno" per l’Europa. La rotta dei migranti attraverso l'imbuto dei Balcani

di Karl Hoffmann
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite sarebbero quasi mezzo milione i migranti pronti a partire dalle coste turche verso l’Europa. Un esercito di persone che come prima tappa del viaggio incontra le isole greche: sulla turistica Kos, a 4 chilometri da Bodrum, sono arrivati in migliaia. “Le autorità greche, complice l’alta stagione, non hanno che un obiettivo: mandarli via il prima possibile”, spiega Karl Hoffmann, origini tedesche ma italiano d’adozione, corrispondente per televisione e radio estere. In questi giorni si trova nella macedone Gevgelia, cittadina a ridosso del confine con la Turchia. “Dalle isole i migranti arrivano sulla terraferma: da lì, partono per altri Stati europei. Tanti vogliono andare in Germania”.
Raggiungono Atene in treno, poi Salonicco in autobus. Da lì, si spostano verso la frontiera macedone: oltre 70 chilometri a piedi. “La Macedonia da un paio di mesi non opera più respingimenti: le cifre sono troppo alte.
Così, accetta il passaggio. Sa che non è che uno Stato di transito, e che nessuno si fermerà sul suo territorio. Da due giorni, non li censisce nemmeno più”. I migranti – siriani, soprattutto, ma anche pakistani e afghani, con qualche africano che ha scelto di evitare di passare dalla Libia – camminano lungo una ferrovia sotto temperature che arrivano a 40º, fino a raggiungere una ‘frontiera verde’: “Non c’è un muro né una rete, solo un posto di blocco improvvisato: è una frontiera dove i documenti non vengono controllati. Si passa attraverso quella linea per raggiungere – sempre a piedi – Gevgelia, il primo paese in terra macedone con una ferrovia. Ieri volevo andare con loro, ma le autorità mi hanno fermato: sono tedesco, non potevo passare di lì, ma dalla frontiera dove si controllano i passaporti. Sembra assurdo, ma dalla ‘frontiera verde’ possono passare solo i profughi”. Tante famiglie, bambini piccoli, donne anziane con il bastone: la camminata verso la stazione è di 4 torridi chilometri. “Ho incontrato un uomo con le stampelle, senza una gamba, persa in Siria durante la guerra. Non si è mai fermato”.
Da Gevgelia partono i treni verso il villaggio di Tabanovci, un chilometro prima del confine con la Serbia (che raggiungeranno a piedi, o in bicicletta), un viaggio di 4-5 ore, l’ennesimo step verso la Germania: al giorno, 5 treni arancioni del 1960 soprannominati ‘Gorbaciov’, ognuno con 2 vagoni. “La salita su quei treni è una calca impressionante: calci, pugni, volontari e involontari per guadagnarsi un posto in un vagone fatiscente. Chi è più forte ha la meglio. Per fortuna ogni tanto qualche associazione distribuisce un po’ d’acqua e cibo. Stime recenti calcolano che in 60 giorni siano passate di qui 200 mila persone: i collegamenti sono insufficienti. L’unica strada per raggiungere la Germania dalla Turchia passando per la Grecia è questa: un imbuto. E la Macedonia non conosce questo fenomeno, è naturalmente impreparata ad affrontare flussi crescenti”.
Intanto, il muro anti-migranti alzato dall’Ungheria è quasi pronto. Sarà ultimato entro la fine del mese: “Questo è un gioco a domino: se i migranti passano piano piano da un Paese all’altro e ognuno fa la sua parte non succede nulla. Se l’Ungheria chiude le frontiere, la Serbia collasserà e potrebbe decidere di bloccare i migranti ai confini. A quel punto, sarebbe la Macedonia a esplodere: se dovesse di decidere di ripristinare i respingimenti, toccherebbe alla Grecia gestire le centinaia di migliaia di migranti in fuga, rischiando di precipitare, di nuovo, in una crisi profonda”. 

Fonte: Redattore sociale

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