La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 1 aprile 2017

Redistribuzione di reddito e lavoro. A Spoleto l'agenda politica e sociale di Rifondazione

di Riccardo Chiari 
Redistribuzione. Al Lingotto era la parola tabù. Qui a Spoleto, all’apertura del decimo congresso di Rifondazione comunista, è il termine che accomuna l’analisi di Paolo Ferrero ai saluti, non formali, di Nicola Fratoianni per Sinistra italiana e di Pippo Civati per Possibile. Redistribuzione quindi, del reddito e del lavoro, come prima pietra di un «manifesto», di una «piattaforma condivisa». Di un’agenda, sociale e politica, sulla quale può prendere corpo la costruzione di un’aggregazione che non sia un riduttivo, sostanzialmente inutile, cartello elettorale.

Le vite rimandate dei giovani italiani

di Chiara Saraceno
Negli anni della crisi, tra i giovani italiani è aumentata la percentuale di coloro che si sentono soggettivamente deprivati. Il dover contare sulla famiglia di origine per proteggersi dalla vulnerabilità nel mercato del lavoro, più che una strategia di investimento per migliorare le proprie chances, costituisce una pausa forzata, una sospensione alla messa a punto di strategie di vita personali autonome. Solo con l’accesso a una occupazione stabile che dia un reddito decente è possibile superare le difficoltà nella transizione allo status adulto e risolvere le criticità nei percorsi di vita, restituendo così nuovi gradi di libertà alle giovani generazioni.

La sinistra radicale in Europa

di Pietro Moroni
Il libro di Marco Damiani affronta il tema del ruolo e delle prospettive della sinistra radicale in Europa dopo la caduta del comunismo, soffermandosi in particolare sui casi di Francia, Germania, Italia e Spagna, sulle esperienze delle quali l’Autore si avvale di testimonianze di vari protagonisti dei vari partiti attivi, oggi e in passato, nei suddetti Paesi. La caduta del comunismo come spartiacque di partenza per l’analisi di Damiani è una scelta naturale, ma vale la pena esplicarla: il crollo dell’Unione Sovietica e dei Paesi a socialismo reale dell’Europa orientale, ha causato in varie misure lo sbandamento e l’indebolimento di numerosi partiti comunisti europei, privati di un modello che, pur con i suoi limiti e i suoi errori, avevano fino ad allora offerto motivazione ed esempio per l’ambizione di chi voleva realizzare un diverso modello statuale.

Il Jobs Act: una cura inefficace per una diagnosi errata

di Michele Raitano
La mobilità del mercato del lavoro in Italia è davvero così limitata? L’evidenza empirica smentisce l’idea che prima della riforma del Jobs Act il mercato del lavoro italiano fosse rigido e porta a dubitare che il suo principale problema fosse la segmentazione fra iper-tutelati e non garantiti. A un’attenta lettura dei dati esso appariva “liquido” piuttosto che rigido o segmentato. Per questo motivo gli obiettivi di limitare la varietà contrattuale per ridurre le diseguaglianze e migliorare le condizioni di chi lavora con contratti flessibili sarebbero dovuti essere raggiunti partendo dal basso, cioè eliminando le forme contrattuali maggiormente penalizzanti e meno protette, invece che dall’alto, cioè indebolendo il contratto a tempo indeterminato, come si è invece fatto nel Jobs Act.

Ecologia e economia. Intervista a Giorgio Nebbia

Intervista a Giorgio Nebbia di Luca Aterini
Già sul finire dell’800, quando la Rivoluzione industriale era una realtà assai più concreta della consapevolezza ambientalista, uno degli economisti più influenti di ogni tempo – il britannico Alfred Marshall – individuò il vero orizzonte per la propria disciplina: «La Mecca dell’economista è l’economia biologica». Una prospettiva filtrata poi nella bioeconomia di Georgescu-Roegen, nell’economia ecologica di Herman Daly, per poi dividersi in innumerevoli rivoli lessicali il cui più recente e abusato esempio potrebbe individuarsi nella cosiddetta economia circolare. La sostanza però è sempre la stessa: non c’è economia senza materie prime, senza natura, e alla natura tornano gli scarti dei nostri processi di produzione e consumo – con i quali non possiamo evitare di fare i conti.

Il campo di gioco, la sinistra, le nazioni

di Alessandro Gilioli 
Quello che sta succedendo in Francia, come spesso accade, è interessante e metaforico della contemporaneità. Cioè ci aiuta a capirla, almeno un po' (una roba lunghetta, chi ha fretta molli qui). In Francia tra meno di un mese rischiano fortemente di essere esclusi dal ballottaggio entrambi i partiti che si sono alternati al potere in tutta la V Repubblica: socialisti e gollisti (repubblicani), insomma centrosinistra e centrodestra storici. SI affronteranno invece, con ogni probabilità, la candidata del Fronte Nazionale, Marine Le Pen, e il candidato indipendente che ha creato un anno fa un movimento liberal-liberista, Emmanuel Macron, in passato banchiere per Rothschild. L'asse politico, la geometria politica, non è quindi più quella che contrappone destra e sinistra, almeno in senso classico.

Due minuti a mezzanotte

di Emilio Molinari 
Il 30 Gennaio del 2017, le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse del bollettino degli scienziati nucleari, dei quali ben 16 premi Nobel, sono state spostate a due minuti dalla Mezzanotte. La mezzanotte è l’ora dell’Apocalisse e gli indicatori per spostare le lancette sono: “la guerra nucleare e i mutamenti climatici…che dovrebbero stare in cima ai pensieri dei leader politici che governano il mondo…”. Ora una cosa è certa: questi problemi stanno in cima ai pensieri del Papa e capovolti, stanno in cima a quelli di Trump che non li ignora, non li evita, ma li prende di petto. Le sue dichiarazioni di riarmo, anche nucleare e annullamento dell’accordo di Parigi sul riscaldamento globale, hanno spostato di un minuto le lancette dell’orologio apocalittico.

Un reddito da disuguale cittadinanza

di Maurizio Franzini e Elena Granaglia 
Sul reddito di cittadinanza e sul reddito minimo regna sovrana la confusione associata a una spessa coltre di false credenze. Prendiamo come esempio di confusione quello che si dice della proposta del Movimento Cinque Stelle. In base ad essa, tutti coloro che vivono in nuclei familiari con risorse economiche inferiori alla soglia di povertà relativa e che si dimostrano disponibili a lavorare dovrebbero godere di un trasferimento monetario. Praticamente tutti dicono che il Movimento Cinque Stelle propone di introdurre un reddito di cittadinanza, ma in realtà si tratta di un reddito minimo o, meglio, di un reddito di inclusione. Infatti, il reddito di cittadinanza è un trasferimento erogato, in base a motivazioni di cui diremo tra breve, a tutti coloro che sono parte di una società – nella loro qualità di cittadini, appunto – e non dipende dalla loro condizione economica.

A scuola di… lavoro gratuito

di Giovanna Caltanisetta
La legge 107 è la famigerata buona scuola che il governo Renzi ha voluto approvare a tutti i costi, per farne il fiore all'occhiello delle sue riforme, nonostante le proteste di docenti, studenti e sindacati, tramite fiducia nel 2015. Da fiore all'occhiello si è invece trasformata, secondo molti, nella mossa decisiva per il crollo di consensi verso il suo Governo, in un settore storicamente elettore del Pd. Nonostante le dimissioni di Renzi e la sostituzione della Giannini all'Istruzione, il Governo Gentiloni ha avviato l'iter conclusivo della legge 107 attraverso gli 8 decreti attuativi attualmente in discussione nelle commissioni parlamentari.

L’Italia ha bisogno di sentire “qualcosa di sinistra”

di Marco Valente 
I governi espressi da partiti che si rifanno a tradizioni politiche di sinistra hanno sistematicamente adottato politiche economiche improntate alla “responsabilità” di governo. Non hanno cioè voluto perseguire obiettivi di diretto vantaggio per le proprie fasce sociali di riferimento (lavoratori dipendenti, cittadini a basso reddito, pensionati, disoccupati, ecc.) ma hanno preferito obiettivi che, nelle intenzioni dichiarate, sono di interesse del sistema paese nel suo complesso. Indipendentemente dalla valutazione politica che si voglia fare rispetto a questa strategia, il problema fondamentale è la scelta della prospettiva teorica adottata per determinare quali fossero gli interventi di politica economica necessari.

Il rovescio della libertà: tramonto del neoliberalismo e disagio della civiltà

di Massimo De Carolis
Nella storiografia economica si è diffuso da tempo il vezzo di designare i tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale con l’espressione les trente glorieuses: una formula coniata in origine per il miracolo francese del secondo Dopoguerra, che col tempo è stata progressivamente estesa all’intero mondo occidentale. Per chi sia abituato a privilegiare, nella storia, la dimensione strettamente politica, l’attribuzione disinvolta di un titolo così onorifico può forse destare qualche perplessità, pensando alle tensioni generate in quegli anni dalla guerra fredda, dalla minaccia nucleare o dall’asprezza dei conflitti ideologici e sociali. Se ci si concentra però sui soli parametri economici, è difficile negare che l’economia di mercato abbia messo a segno, in quei decenni, un risultato a dir poco straordinario.

L’impatto della crisi sulla disuguaglianza salariale in Italia

di Michele Raitano 
L’obiettivo di questo articolo è fornire evidenza empirica originale sull’andamento della disuguaglianza salariale in Italia negli ultimi decenni, in particolare dall’esplodere della crisi in poi. La dispersione delle retribuzioni annue dipende da tre fattori, che solitamente interagiscono tra loro ampliando le distanze fra le categorie più o meno avvantaggiate: i) quanto si riceve per ora lavorata; ii) il numero di ore a settimana in cui si riesce abitualmente a prestare lavoro (e, lungo questa dimensione, risulta particolarmente svantaggiato chi svolge involontariamente un’attività part-time); iii) il numero di settimane lavorate nel corso di un anno (e, lungo questa dimensione, risulta particolarmente svantaggiato chi lavora con contratti a termine o atipici, caratterizzati da una maggior frequenza di interruzioni e periodi di disoccupazione).

Il sogno di un’Europa unita e solidale è ancora vivo

di Fausto Durante 
Che cosa resta delle celebrazioni e delle iniziative per il sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma, a distanza di una settimana dal vertice solenne in Campidoglio dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell'Ue? Direi soprattutto tre elementi, diversi tra loro per significato e valenza, ma altrettanto importanti. È utile partire da un dato positivo. Sabato 25 marzo 2017, mentre i leader europei apponevano la firma sotto la Dichiarazione di Roma, migliaia e migliaia di cittadini europei, a Roma come in altre capitali d'Europa, sono scesi in piazza e hanno dato una plastica dimostrazione – manifestando per l'idea originaria dell'Unione europea, dell'integrazione, dello spirito federalista, della straordinaria intuizione di Ventotene – di come il sogno di un'Europa unita e solidale sia ancora vivo e presente nella società e continui a esercitare un richiamo e una suggestione molto forti.

Il gasdotto Tap, il Corriere e una strana idea di democrazia

di Carlo Formenti
Il Corriere del 29 marzo dedica una doppia pagina agli incedenti sulla riviera salentina che hanno visto una dura repressione poliziesca contro alcune centinaia di cittadini (compresi alcuni sindaci dei comuni dell’area) che cercavano di opporsi all’espianto degli ulivi per lasciare posto al cantiere della TAP (Trans Adriatic Pipeline), un gasdotto che dovrebbe portare il gas dalle regioni del mar Caspio al nostro Paese attraverso i Balcani. Non sto a ricostruire tutta la storia del Comitato No Tap e delle lotte che negli ultimi anni hanno contrapposto cittadini salentini, azienda TAP e governo nazionale (da sempre allineato con gli interessi dell’azienda, mentre la Regione Puglia si è schierata con il movimento). A chi volesse approfondire le ragioni (ambientali, economiche e sociali) del No consiglio di visitare il sito del Comitato. Qui mi limito a commentare il modo in cui il caso viene trattato giornalisticamente.

Decreto Minniti, il daspo urbano e la libertà personale

di Giovanni Di Cosimo 
Una delle misure più discusse del decreto legge sulla sicurezza delle città approvato dal Governo il 10 febbraio è il cosiddetto “daspo urbano”. Grazie a questa novità del decreto Minniti, il sindaco può imporre una sanziona amministrativa pecuniaria a “chiunque ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione” di certi luoghi cittadini (la norma parla di “aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze”). Chi tiene questi comportamenti viene allontanato dal luogo urbano. L’ordine di allontanamento è un atto scritto e vale per 48 ore. Se il destinatario dell’ordine di allontanamento lo vìola, deve pagare una sanzione pecuniaria doppia di quella che gli è stata irrogata per aver limitato “la libera accessibilità e fruizione” del luogo urbano.

Fondi strutturali europei, si chiude il ciclo

di Walter Tortorella
Mentre nei giorni di fine marzo si celebravano a Roma, tra ansie e déjà vu, i sessant’anni dell’Unione europea, il caso ha voluto che si chiudesse anche il ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2007-20131Dal 1 aprile 2017, infatti, chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato; iniziano gli esami della Commissione. Esami a campione, fatti di verifiche formali di certificazioni e scontrini, che poco avranno a che vedere con l’impatto macroeconomico della politica di coesione. E già perché i soldi europei sono soldi a rimborso; ossia soldi che vengono riconosciuti da Bruxelles dopo una defatigante corsa con i sacchi dove può ritenersi soddisfatto anche chi arriva ultimo, purché arrivi in piedi!

Italia: hub del gas o laboratorio di economia verde?

di Annalisa Corrado 
Il 2015, in particolare per il variegato mondo ecologista, è entrato nella storia come un momento di svolta epocale per le politiche ambientali internazionali: con l’accordo tra i capi di Stato di quasi 200 Paesi del mondo, alla COP21 di Parigi, le fonti fossili sono state relegate “dalla parte sbagliata della storia”, rendendo ineludibili ed urgenti tanto la necessità di contenere l’aumento della temperatura del pianeta sotto la soglia critica dei 2 °C, quanto l’improrogabilità di un radicale cambio di strategia energetica, a livello globale. Inutile negare quanto il passaggio di testimone tra il più grande paladino del contrasto ai cambiamenti climatici che abbia mai abitato la Casa Bianca e forse il più odioso dei tardivi negazionisti costituisca un fattore di profonda preoccupazione, in particolare per il rischio di destabilizzazione del processo avviato che porta con sé, proprio nel momento in cui i singoli Stati dovrebbero impegnarsi nella costruzione ed implementazione delle necessarie politiche…

Jean-Luc Mélenchon, la superstar rossa delle presidenziali francesi

di Gianluca Schiavon 
Ho conosciuto Jean Luc Mélenchon circa un anno e mezzo dopo dalla sua fuoriuscita dal Parti Socialiste (PS) nel 2010 al III Congresso del Partito della Sinistra Europea a Parigi, era già eurodeputato per il nostro partito avendo scelto, una volta lasciato la casa dei socialisti francesi postmitterrandiani di abbandonare anche i socialisti europei, fondare il Parti de Gauche e aderire, senza indugi, al mio partito europeo fondando, con il Partito comunista, il Front de gauche. Uomo colto, perfettamente bilingue tra francese e castigliano, grandissimo oratore. Mi è capitato, poi, di conoscerlo meglio e di seguirlo a Marsiglia in uno straordinario comizio durante il Forum alternativo mondiale dell’acqua a pochi giorni dalle scorse presidenziali del 2012.

Il “trumpismo” europeo sull'ambiente

di Giovanni Battista Zorzoli 
Anche se Trump fosse stato sconfitto, sarebbe rimasto vivo il trumpismo, che si è già diffuso intorno a noi, e ha gravi implicazioni anche per le strategie di contrasto al cambiamento climatico. “Le emissioni di CO2, in particolare di origine antropica, non sono la causa principale del riscaldamento globale”. È questo il pensiero espresso alla televisione statunitense CNBC il 9 marzo da Scott Pruitt, nuovo capo dell’Agenzia Usa per l’Ambiente EPA. Un assist all’intenzione di Trump di non rispettare gli impegni assunti dagli USA con l’Accordo di Parigi, senza pagare dazio, trattandosi di obiettivi che possono essere disattesi senza subire sanzioni. Dopo di che sarebbe quasi certo il fallimento del programma Mission Innovation (ricerca e sviluppo di tecnologie per l’energia verde), per il 43% sostenuto dagli Stati Uniti.

Dagli USA alla UE: chi possiede i nostri dati?

di Stefano Rodotà 
Quando arrivano notizie che possono riguardare direttamente o indirettamente le nostre informazioni personali, dovremmo ormai sapere che non si tratta mai di vicende di poco conto, e che non basta considerarle solo dal punto di vista, pur rilevante, della privacy. Così è per il recentissimo voto con il quale il Congresso americano ha ridotto in maniera radicale la tutela delle persone in relazione al trattamento dei loro dati, che ora possono essere raccolti, elaborati e fatti circolare senza che sia necessario ottenere preventivamente il consenso dell’interessato. Una decisione che ha provocato molte reazioni, che tuttavia non sono sufficienti per fugare le preoccupazioni per il futuro e che, comunque, non può essere sottovalutata limitandosi a sottolineare che la situazione italiana si colloca in un contesto, quello europeo, che si distingue da quello americano proprio per quanto riguarda gli strumenti di tutela di cui gli interessati possono servirsi.

Lavoro, sviluppo e riproduzione

di Roberto Romano 
Politica economica, domanda e orari di lavoro. La crisi economica intervenuta nel 2007- le cui tracce sono ancora oggi ben visibili in quei numerosi paesi dove il PIL è al di sotto del livello di 10 anni fa – riflette una crisi di struttura (paradigma) della società (P. Leon, Il capitalismo e lo Stato, Castelvecchi, 2014, pp. 11-12), a cui non è seguita, diversamente da altre grandi crisi, la frattura con la così detta scienza normale e un cambiamento negli orientamenti fondamentali della macroeconomia (A. Roncaglia, in Moneta e Credito, Vol. 64, 2011). In particolare dominano ancora luoghi comuni che condizionano la soluzione dei problemi.

Noi pronti a fermare il Renzi-Care

di Giuseppe Civati 
Raccogliamo con piacere la sfida lanciata da Ivan Cavicchi sulle pagine del manifesto di ieri. Condividiamo la sua analisi rispetto alle «politiche sanitarie» di questo governo e di questa maggioranza. Il virgolettato è d’obbligo perché non è esagerato sostenere che in realtà da lungo tempo non si fa alcuna politica sanitaria in questo Paese. Quando però se ne fa menzione, come nelle tesi congressuali di Matteo Renzi, quella che traspare è la pervicacia con cui si intende proseguire sulla strada intrapresa in questi anni: una sostanziale demolizione del Sistema Sanitario universalistico per far largo nuovamente ad uno mutualistico.

La grande truffa del welfare aziendale

di Marco Vulcano
Seppure incentrato sull’ascesa di nuovi astri nascenti e fenomeni politici, generalmente bollati con l’etichetta ideologica e poco significativa di “populismi”, il dibattito sull’Unione Europea ha ormai assunto, anche in Italia, una centralità inedita e impensabile fino a qualche tempo fa. Tuttavia, si tratta quasi sempre di una discussione che finisce ancora prima di cominciare, articolata con modalità da tifo politico organizzato e polarizzata perlopiù sul tema “euro si-euro no”. Poco o nulla vengono analizzate in concreto le conseguenze che le politiche economiche perseguite dall’UE comportano, a partire da ciò che interessa le fasce sociali subalterne, ovvero la parte di società più consistente.

Gli eroi del mercatone televisivo

di Norma Rangeri
Quando si tocca il portafoglio anche le vecchie volpi gettano la maschera. Così il gran cerimoniere del senso comune televisivo, Fabio Fazio, esce allo scoperto e si fa intervistare per protestare contro le indebite ingerenze della politica negli affari della Rai. Affari nel senso proprio dei milioni di euro con cui l’azienda remunera i conduttori dei programmi. Il popolare conduttore parla di un «vulnus insuperabile, la rottura del patto di fiducia tra viale Mazzini e chi ci lavora». Il lacerante grido di dolore denuncia poi l’inaudito, perché fissare un tetto agli stipendi pubblici «significa affermare che il settore pubblico deve rinunciare alle eccellenze professionali che il mercato può offrire». Il tetto maledetto di cui si discute corrisponde alla miseria di 240mila euro lordi l’anno, più o meno 10mila euro netti al mese per i dirigenti Rai come per tutti i dirigenti pubblici.

La parabola discendente dell’idea di progresso

di Alberto Gaiani 
Sul numero dell’Economist che ha chiuso l’anno passato, un articolo titolato The future of liberalism: how to make sense of 2016 avanzava la semplice tesi per cui, nonostante le sconfitte che il pensiero liberale e la democrazia sembra stiano accumulando in diverse regioni del mondo con l’avanzata di personaggi e movimenti politici populisti, reazionari, antielitisti, protezionisti o parafascisti, il liberalismo ha ancora grandi possibilità di incidere sulle scelte politiche, economiche e sociali degli stati, purché sappia uscire dal torpore che lo ha connotato negli ultimi decenni.I liberali – sostiene l’articolo – devono tornare a parlare agli scettici e ai pessimisti, a coloro che non credono nel progresso o pensano escluda ampie parti della popolazione dall’accesso al benessere.

Marx, Engels ed il “chimico rosso”: l’eredità dimenticata di Carl Schorlemmer

di Ian Angus
Negli ultimi decenni del XX secolo una singolare idea ha preso piede in alcuni settori del mondo accademico. Con essa si è voluto sostenere che, lungi dall’essere i più stretti compagni e collaboratori, intenti a lavorare in armonia per quarant’anni, Karl Marx e Friedrich Engels di fatto erano in disaccordo riguardo a questioni fondamentali, sia teoriche che pratiche. I presunti disaccordi tra i due avrebbero riguardato la natura e le scienze naturali. Ad esempio, Paul Thomas contrappone “il ben noto interesse di Engels per le scienze naturali” alla “mancanza di interesse da parte di Marx”, suggerendo che “Marx ed Engels erano divisi da un abisso concettuale che avrebbe resistito ad ogni tentativo d’insabbiamento”(1).

Così la BCE finanzia le multinazionali del petrolio

L’osservatorio di Corporate Europe ha decifrato la lista dei beneficiari dello schema di acquisto dei titoli emessi dalle società da parte della Banca Centrale Europea (BCE). Il risultato sconcerta a meno che non si ritenga che petrolio, auto fuori serie, autostrade, champagne e gioco d’azzardo sono attività ideali per immettervi denaro pubblico.bNel giugno 2016 la Banca centrale europea ha attivato un altro programma per sostenere l’economia dell’Eurozona. In anni recenti sono state spese forti somme nell’intento di stimolare la crescita – il cosiddetto ‘quantitative easing’ con prestiti convenienti accessibili alle banche, e l’acquisto di titoli sovrani, fra le altre misure. Fin qui le banche sono state le principali beneficiarie. Fu allora che la BCE fece un altro passo; e cominciò a comprare obbligazioni societarie – di fatto offrendo presiti a debole interesse alle grandi imprese, ciò che in sostanza è una sorta di sussidio ad alcuni dei maggiori giocatori nel mercato europeo.

Olanda: quelle elezioni che non hanno sconfitto il razzismo

Intervista a Alex De Jong di Mattia Gallo
Nelle elezioni legislative da poco svoltesi in Olanda il partito xenofobo Partito per la Libertà (PVV) guidato dal leader Wilders ha raggiunto il secondo posto, risultato comunque rilevante per capire quanto i sentimenti di disgregazione siano diffusi nel paese dei tulipani; dall’altra parte, e non è una buona notizia per chi è dalla parte delle cause sociali, vince il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) di Rutte, forte promulgatore di politiche neoliberiste. Di seguito un’intervista ad Alex De Jong, attivista olandese di Amsterdam, è editorialista del giornale di sinistra “Grezeloos”, scrive sul suo paese su “Jacobin Magazine” e lavora presso l’”International Institute for Research and education of Amsterdam”. 

Voucher, ora c’è il rischio di una vittoria di Pirro

di Giovanni Orlandini 
Pur di evitare il voto ed il rischio di una nuova sconfitta elettorale, il 17 marzo il governo ha come noto varato in tutta fretta un decreto legge (n.25/2017) che, recependo in toto la domanda referendaria, cancella dal mercato del lavoro i voucher, ovvero l’istituto del lavoro accessorio. Resta ovviamente l’incertezza legata alla necessità della conversione in legge del decreto, ma è difficile pensare che la strada intrapresa dal governo con tale decisione possa venire smentita in sede parlamentare. Sembra così destinato a scomparire un istituto inventato nel 2003 dalla c.d. riforma Biagi al fine di favorire l’emersione del lavoro sommerso di studenti e soggetti a rischio di esclusione sociale e divenuto poi strumento di copertura del lavoro nero grazie alla sua sostanziale liberalizzazione operata dalla legge Fornero del 2012 e dal Jobs Act.

La Turchia e le tappe della costruzione di un nuovo autoritarismo nazionalista

di Lea Nocera
Il prossimo 16 aprile si svolgerà in Turchia il referendum che, se approvato, sancirà il passaggio da un sistema parlamentare a un regime presidenziale che attribuisce pieni poteri al presidente della Repubblica e di fatto segna il superamento, nel paese, della separazione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. La consultazione referendaria arriva al termine di un lungo processo che ha visto il tentativo di colpo di Stato dello scorso luglio sommarsi alla lunga serie di attentati che hanno colpito il paese, favorendo di conseguenza l’affermazione di una retorica della stabilità di cui l’AKP e il presidente Erdogan si fanno paladini.

I dati Inps e le pensioni: cancellare la Fornero e il Fiscal compact

di Roberta Fantozzi 
Gli ultimi dati sulle pensioni dicono tre cose. La prima è, come sottolinea l’Inps stesso, che vi è “una forte concentrazione nelle classi basse”, cioè la maggior parte delle pensioni sono povere. L’entità delle pensioni non corrisponde per fortuna al reddito complessivo dei pensionati/e, perché vi sono persone che hanno più assegni pensionistici o comunque altre forme di reddito, ma è certamente vero che se nel 26% dei casi l’assegno è sotto i 500 euro mensili e nel 63% sotto i 750 euro, la gran parte dei pensionati vive in condizioni di disagio ed in molti casi sotto il livello di povertà. La seconda è la diseguaglianza tra donne e uomini nelle prestazioni previdenziali. I percorsi lavorativi discontinui e le retribuzioni inferiori fanno sì che gli assegni sotto i 750 euro per le donne siano il 76,5%, nettamente superiori alla media del 63,1%.

Valutazione di Impatto Ambientale, Il Governo gioca a fare l'asso pigliatutto

di Enzo Di Salvatore
Entro il prossimo 16 maggio, l’Italia dovrà dare attuazione alla direttiva europea 2014/52/UE recante una nuova disciplina della «valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati». In proposito è già intervenuto il Parlamento (legge n. 114 del 2015), il quale ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo di attuazione della direttiva. Il Governo ha predisposto, quindi, uno schema di decreto e lo ha inviato alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica perché sullo stesso sia acquisito il parere.

Rifondazione comunista a congresso: "Vogliamo fare la sinistra"

di Annalisa Cuzzocrea 
C'è la navetta dei "compagni" che dalla stazione di Spoleto ti porta all'albergo del congresso: 400 delegati da tutt'Italia, il regista Citto Maselli in prima fila con a fianco l'ospite Pippo Civati, i ragazzi delle brigate di solidarietà attiva che raccontano il lavoro fatto nei paesi del terremoto. "Portiamo gli aiuti dal popolo per il popolo - dice il ventenne Andrea Ferroni - abbiamo cominciato con l'Aquila, ora siamo in Umbria. E dopo l'emergenza abbiamo creato una rete di prodotti solidali dai territori del cratere, li vendiamo anche qui. Noi di rifondazione però siamo solo una parte delle brigate, non vogliamo intestarci nulla". Comincia con loro, il decimo congresso nazionale di Rifondazione comunista. A Spoleto, proprio per dimostrare sostegno ai territori colpiti dal sisma. Il titolo è "2017. C'è bisogno di rivoluzione". 

Donald Trump contro l’accordo di Parigi

di Francesco Ciafaloni
Le dichiarazioni di Trump contro l’accordo di Parigi sul clima (e per un programma di lavori di pubblica utilità e un riarmo mai visto prima) confermano quanto promesso in campagna elettorale e smentiscono alcune dichiarazioni possibiliste dopo la vittoria e prima dell’insediamento. Tillerson, ministro degli esteri, già Amministratore Delegato Exxon, una delle figure emblematiche di questo governo di miliardari e di generali, ha preso un po’ le distanze citando le difficoltà giuridiche e diplomatiche di una uscita. L’accordo infatti, raggiunto il 15 dicembre 2015 da 133 stati, firmato da 194, è stato ratificato dagli Stati Uniti il 3 settembre 2016 (prima dell’Italia, che lo ha ratificato l’11 novembre) ed è in vigore, per chi lo aveva già ratificato, dal 4 novembre 2016. Per l’Italia è in vigore dall’11 dicembre.

Moneta bancaria o pubblica? La Svizzera al voto per una rivoluzione monetaria (e politica)

di Enrico Grazzini
Altro che dittatura dell'euro! Forse la rivoluzione monetaria e bancaria globale partirà dalla Svizzera, cioè, paradossalmente, dal paese più borghese e con le maggiori banche al mondo. Infatti in Svizzera si terrà nei prossimi mesi un referendum di riforma costituzionale per passare dalla moneta bancaria alla moneta pubblica: ovvero per togliere alle banche private il potere di creare moneta sotto forma di erogazione dei crediti e per ridare invece il monopolio dell'emissione monetaria alla banca centrale. Secondo i promotori, il passaggio dalla moneta bancaria a quella pubblica eliminerà alla radice le crisi cicliche finanziarie e renderà possibile l'utilizzo della moneta per il bene comune del Paese. 

Ultimi spiccioli di concorrenza fiscale: neo residenti ed ex residenti super-ricchi

di Ruggero Paladini 
La concorrenza fiscale può prendere diverse forme. La più rilevante è quella volta ad attirare imprese, soprattutto di grandi dimensioni, nel paese. L’esperienza più nota è quella dell’Irlanda, che una trentina di anni fa fissò l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società al 12,5%. Il risultato è stato sicuramente positivo (per l’Irlanda) perché grandi imprese americane ed europee hanno stabilito lì sedi o anche il quartier generale. Quando l’Irlanda dovette ricorrere al fondo europeo a causa della crisi delle sue banche, fu fatto un tentativo, da parte di francesi e tedeschi, per fare aumentare l’aliquota. Ma il nuovo governo irlandese di Enda Kenny resistette caparbiamente, dicendo di essere pronto a tartassare i redditi delle famiglie, ma non a muovere all’insù l’aliquota societaria. Ovviamente la tassazione ridotta funziona con quelle società che non rimpatriano i profitti nei paesi d’origine, a più alta imposizione, ma non funziona con quelle già totalmente internazionalizzate come Apple o Google il problema non si pone.

Come un Bitcoin Coder anarchico si trovò a combattere l’ISIS in Siria

di Anastasia Taylor-Lind
Poco più di due anni fa, in un deserto freddo, in una notte di luna piena, Amir Taaki lasciò la sabbia irachena in un gommone galleggiante nel fiume Tigri. La barca era abbastanza larga per riuscire ad adattare il suo corpo accanto a quello molto più grande di un americano, ex mitragliere dell’esercito, seduto accanto a lui. Taaki e le decine di soldati in attesa sulla riva facevano parte di un gruppo eterogeneo di curdi e stranieri provenienti da lontano – chi dalla Gran Bretagna, chi dal Portogallo, chi dal Canada e dagli Stati Uniti – tutti avevano trascorso le ultime due settimane in un campo di montagna attendendo con ansia i guerriglieri curdi. Proprio come i curdi, che in silenzio portavano la barca lontano dalle cime innevate dietro di loro e verso le alte canne sul lato siriano del fiume, Taaki era diretto in una delle zone di guerra più pericolose del mondo. E lui era euforico. “Qualcosa stava finalmente accadendo,” ricorda. “Stavo andando a trovare Rojava.”

L’altalenante partnership tra Turchia e Unione Europea

di Valeria Talbot
Il fallito colpo di Stato del luglio 2016 ha segnato un nuovo, l’ennesimo, punto di svolta nelle relazioni tra Turchia e Unione europea. Dal 1963, anno della firma dell’Accordo di associazione con l’allora Comunità europea, il processo di avvicinamento di Ankara al club europeo ha attraversato fasi alterne tra battute d’arresto e slanci in avanti, l’ultimo dei quali risalente ad appena un anno fa, quando Bruxelles aveva guardato con rinnovato interesse alla Turchia come partner importante nella gestione della crisi migratoria. La restrizione dei diritti e delle libertà individuali seguita al fallito putsch ha ora portato a una nuova sospensione dei negoziati di adesione e a un ulteriore allontanamento che, con conseguenze di lungo periodo difficili da prefigurare ma potenzialmente nefaste, sta spingendo Ankara verso una nuova intesa con Mosca.

La solidarietà è diventata reato

di Tiziana Barillà
«Non sopporto le ingiustizie e non evito di espormi nel tentativo di combatterle». Se le chiedi di descriversi in poche parole, lei lo fa così. Ed è tutta un sorriso Alessandra Ballerini, simpatica com’è con la battuta sempre pronta e la cadenza genovese. Eppure trascorre le sue giornate tra i corridoi e le celle di carceri, centri di detenzione e di accoglienza, in Italia ma anche in Mozambico e in Slovenia. Tutta una vita, professionale e non solo, spesa a difendere donne vittime di violenza, rifugiati, minori, esclusi, le cosiddette fasce deboli, insomma. Il suo telefono ci interrompe continuamente, tra una telefonata e un’altra non passano mai più di tre minuti. E non sai mai dove si trovi, Alessandra, quando la cerchi. Ma la trovi sempre. È un’avvocata dei diritti umani, Alessandra. L’avvocata dei casi disperati, direbbe qualcuno. Resistente e partigiana, preferisce lei. Ché «l’appartenenza è avere gli altri dentro sé», sorride, citando Giorgio Gaber.

Saperi in cerca di impiego. La sovraistruzione dei laureati in Italia

di Giuseppe Croce ed Emanuela Ghignoni
Il rischio di sovraistruzione, cioè di ottenere un posto di lavoro per il quale non è necessario il titolo di studio posseduto, non può essere attribuito a un eccesso di laureati né a livelli di reddito esageratamente alti. Il problema, piuttosto, è che il sistema produttivo italiano continua a esprimere una domanda complessivamente modesta di lavoro istruito. Esso non è stato in grado, fino a oggi, di trarre giovamento dalle condizioni favorevoli rappresentate da una crescita ancora sostenuta del numero di laureati e dal costo relativamente basso del lavoro qualificato. Quali misure bisogna allora mettere in campo per invertire questo fenomeno che coinvolge ormai una quota non trascurabile di persone qualificate anche nel nostro paese?

Argentina, uno sciopero migrante contro Macri

di Alioscia Castronovo
Durante uno dei mesi più densi di conflittualità e mobilitazione sociale dal 2001 ad oggi, si è tenuto il 30 marzo il primo sciopero migrante in Argentina. "Migrare è un diritto umano, abroghiamo la legge 70/2017" campeggia sullo striscione che apre il corteo. La mobilitazione si è tenuta nel pomeriggio davanti al Congresso della Nazione a Buenos Aires, ma contemporaneamente ci sono stati cortei, scioperi e manifestazioni anche in altre città del paese, e in altri paesi dell'America Latina come Bolivia, Messico ed Ecuador. Una piazza colorata, e meticcia, che combina produttivamente la suggestione di "Un giorno senza di noi" con l'urgenza di opporsi alle leggi restrittive in materia di immigrazione sperimentando pratiche nuove di sciopero e di autorganizzazione a fronte del razzismo crescente.

Una spiritualità laica per salvarci dalle insidie del Minotauro

di Silvano Tagliagambe
Abitare il "tra": questo è il principio epistemologico ed etico che mi accomuna al denso e interessante libro di Paolo Bartolini. La radice cristiana per una fede non dogmatica, la cui ricerca è alla base del Desiderio illuminato dell'autore di esplorare i possibili percorsi di confronto con la Spiritualità laica. Desiderio che fa i conti, innanzi tutto, con l'imprescindibile esigenza di ripensare il nostro universo culturale per renderlo disponibile ad accogliere ciò che di vitale e positivo può provenirci da fuori. Ed è qui che emerge tutto l'enorme potenziale di conoscenze e azione insito nel concetto di spazio intermedio, di cui troviamo un'espressione diretta nel Vangelo quando Gesù dice «Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt. 18,20), passo nel quale quel "in mezzo a loro" può essere tradotto anche con "tra loro", appunto.

Le disuguaglianze salariali: buone notizie dagli Stati Uniti?

di Valerio Ciampa e Daniele Robiony
L’ultimo Rapporto sulle disuguaglianze salariali negli Stati Uniti, pubblicato dall’Economic Policy Institute nel marzo 2017, e redatto da Elise Gould, contiene un’importante novità. Per la prima volta, infatti, dopo quasi quattro decenni di ininterrotto ampliamento della disuguaglianza retributiva, nel 2016 i salari dei lavoratori appartenenti alle fasce medio-basse sono cresciuti più di quelli di chi si trova al top della distribuzione. Sembra così interrompersi una tendenza in atto da quasi mezzo secolo e non contrastata, anzi favorita, da politiche che hanno impedito ai salari di aumentare allo stesso tasso a cui cresceva la produttività.

Ribellarsi contro il Tap è sacrosanto

di Nichi Vendola 
E' fin troppo facile classificare la protesta della popolazione salentina contro Tap come se si trattasse di un'insorgenza periferica della cosiddetta "sindrome di Nimby" (ovvero: non nel mio cortile!). Viceversa, la ribellione contro questo gasdotto è sacrosanta per tante ragioni. Intanto perché nei cortili di Puglia si produce tantissima energia, che solo in minima percentuale viene fruita dai pugliesi e che in gran parte rifornisce l'intero Paese. Basti pensare alla centrale a carbone di Cerano, una delle più grandi d'Europa, un vero polmone per i bisogni energetici nazionali: ma anche un totem minaccioso per i polmoni dei brindisini. Ma non si può sottacere lo sviluppo impetuoso che in questo lembo di Sud hanno avuto le energie rinnovabili, in primis eolico e solare.

Una generazione di outsider

di Maria Cecilia Guerra
Rispetto alla situazione di disagio che vivono in Italia le nuove generazioni, siano essi lavoratori, disoccupati o NEET, genitori, donne, stranieri, giovani provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, le politiche intraprese continuano a mostrarsi poco lungimiranti, forse perché non adeguatamente supportate da un’analisi approfondita dei fenomeni su cui si intende intervenire. Indagare le ragioni che portano i giovani a diventare degli outsider rispetto alla stabilità economica, alla stabilità del lavoro, alla possibilità di compiere scelte di vita e alle tutele del welfare, diventa quindi presupposto essenziale per la definizione di misure di intervento che siano davvero efficaci.

I nodi da sciogliere per la Rifondazione Comunista

di Franco Turigliatto
Si svolge in questi giorni il congresso nazionale di Rifondazione comunista. Al di là del significativo ridimensionamento numerico subito da questo partito, rimane la forza della sinistra con il maggior numero di militanti, molte volte generosamente impegnati in difficili iniziative sociali e battaglie politiche. E’ un merito aver retto all’impegno politico di fronte alle sconfitte movimento dei lavoratori e ai troppi errori compiuti dal partito stesso e dalle forze della sinistra più in generale.

Tra i nuovi schiavi del Benin, vittime della miseria e del vodoun

di Alberto Caspani
Avanzano a gruppetti di cinque o sei, lungo una pista di sabbia argillosa. Tutti in fila. La testa bassa sotto il sole cocente. Stesso passo. Lento, cadenzato, quasi fossero incatenati l’uno all’altro. La loro marcia proseguirà per quattro chilometri: l’esatta distanza che separa l’Albero degli Schiavi al centro di Ouidah, l’ex capitale della tratta negriera in Benin, dalla “Porta del non ritorno” sul Golfo di Guinea. Fra il XVI e il XIX secolo le sue acque hanno visto imbarcarsi per le Americhe oltre 2 milioni di anime dannate, ma il rito di commemorazione che va in scena ogni 10 gennaio, culmine del Festival internazionale della religione Vodoun, nasconde oggi una verità altrettanto tragica: bimbi, donne e uomini indifesi, continuano a essere oggetto di una schiavitù divenuta semplicemente invisibile.

Ambiente, l’Europa che vogliamo

di Stefano Lenzi
Giusta, sostenibile, democratica e inclusiva: è questa “l’Europa che vogliamo”. Sono queste le migliori caratteristiche su cui è stata costruita nella pace (una pace non scontata) l’Unione Europea negli ultimi 60 anni. Sono questi gli obiettivi, quanto mai attuali oggi, che sono stati rilanciati in un appello, sottoscritto per incidere sulla Dichiarazione di Roma venuta alla luce sabato 25 marzo a conclusione delle Celebrazioni del 60° anniversario del Trattato di Roma. Un appello frutto di una forte alleanza su scala europea tra ambientalisti (il WWF), le Confederazioni sindacali (ETUC), la Confederazione Europea per l’aiuto e lo sviluppo internazionali (CONCORD), la Lobby europea delle donne, il Forum dei Giovani europei, Il Movimento Europeo.

La scuola migliore d’Europa? I dati Ocse del 2000 letti come miracolo retroattivo della “buona scuola”

di Alberto Baccini
«La scuola italiana migliore d’Europa: riduce il gap tra i ricchi e i poveri». Questo il titolo con cui «la Repubblica» dava notizia di una ricerca Ocse appena pubblicata. Un titolo che è un vero assist per la ministra Fedeli nel cui comunicato stampa si legge: «I dati pubblicati dall’Ocse ci dicono che la scuola italiana è una scuola inclusiva, capace di supportare le studentesse e gli studenti che partono da condizioni più svantaggiate». Segue Matteo Renzi, che commenta: «la notizia più bella riguarda la scuola visto che oggi l'Ocse ci promuove. Continuo a pensare che sulla scuola abbiamo fatto molto ma abbiamo anche sbagliato approccio. Punti come il merito, l'alternanza scuola lavoro, la fine del precariato, il potenziamento degli insegnanti, la formazione, l'edilizia scolastica, il diritto allo studio … sono tuttavia [sic!] per me molto importanti».

Il partenariato tra Turchia e Russia al banco di prova dello scenario mediorientale

di Carlo Frappi 
Le relazioni tra Ankara e Mosca, superando una diffidenza reciproca che affonda le proprie radici nel passato recente e più remoto, sperimentano oggi una fase di pragmatico riavvicinamento fondato sulla convergenza di interessi tattici. Esse hanno beneficiato, a partire dall’inizio del secolo, della capacità delle rispettive leadership di sostituire le ragioni della competizione e del conflitto con quelle del dialogo e della cooperazione. In particolare, questa dinamica è emersa con chiarezza nella individuazione di margini di intesa nei diversi contesti regionali verso i quali Turchia e Russia, per ragioni geografiche, storiche e culturali, naturalmente indirizzano la propria politica estera. Tra questi lo scacchiere mediorientale – e, nello specifico, lo scenario siriano – ha progressivamente guadagnato un’inedita centralità, minando dapprima le fondamenta del partenariato e assurgendo successivamente a banco di prova per il suo rilancio.