La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 marzo 2017

Ora sapete tutti chi è Trump. Intervista a Noam Chomsky

Intervista a Noam Chomsky di Jan Frel
E’ il marzo del 2017, e il processo politico e i media negli Stati Uniti sono un caos deprimente in cima a un mucchio sempre crescente di problemi che non vengono minimamente affrontati, ancora meno risolti dalla società: il cambiamento del clima, la crisi globale dei rifugiati e chi più ne ha più ne metta. Donald Trump presenta un nuovo problema oltre a quelli vecchi e abituali; un disastro deleterio su più fronti e la sua presenza alla Casa Bianca che sta danneggiando quotidianamente la psiche nazionale. Nei primi mesi della sua presidenza, però, sembra che Trump sia non disposto o incapace di mettere in pratica quasi nessuna delle promesse che aveva fatto alla sua base durante la campagna elettorale.
Si supponeva che revocare l’Obamacare fosse un gioco da ragazzi, invece è stato un disastro totale per Trump e il partito Repubblicano; il primo grosso “lancio” legislativo della sua presidenza, che non è arrivato nemmeno al voto. Che dire, poi, della cancellazione del TPP [Partenariato Trans-Pacifico]? L’ha fatta Trump, vero?
In una recente intervista al famoso intellettuale e commentatore politico, Noam Chomsky, mi ha detto che il TPP era morto indipendentemente da chi fosse eletto. Che dire della rottamazione del NAFTA?
Chomsky ha detto di essere dubbioso che Trump sarebbe capace di fare molto anche riguardo a quello. Trump ha osservato che ciò che sembra fare ora , è di imporre la lista standard dei desideri del GOP: tagli alle tasse, welfare aziendale, negazione del cambiamento del clima. Come reagirebbero a questo gli elettori di Trump? Quello di cui ci dobbiamo preoccupare, dice Chomsky, è il potenziale che ha l’amministrazione Trump di sfruttare al meglio un attacco terroristico “organizzato o presunto”. Segue ora il testo della nostra intervista.
Jan Frel: Lei osserva dei segni significativi delle fazioni di potere fondamentali nel fatto che Washington si allinei contro Trump?
Noam Chomsky: Ebbene, il cosiddetto Freedom Causcus (gruppo ultraconservatore di deputati che stava ostacolando l’accordo sulla riforma, n.d.t.) che è una conseguenza del Tea Party, finora ha rifiutato di acconsentire al piano sanitario che aveva difeso. Ci sono altre indicazioni dello stile di estrema destra del Tea Party, che li separa dalle proposte di Trump.
D’altra parte, se si dà un’occhiata a ciò che succede realmente a Washington, a parte la retorica e quello che si vede nelle conferenze stampa di Sean Spicer, ecc. il vecchio establishment Repubblicano sta praticamente accettando i tipi di programmi che ha sempre voluto. Ora ha una specie di porta aperta che è il governo di Trump, che attinge alle parti più reazionarie dell’establishment.
JF: Pensa che ci sarà mai un momento di risveglio, o un distacco per i sostenitori di Trump dalla sua retorica e di che cosa ha fatto a Washington, oppure questo può soltanto continuare ad andare avanti?
NC: Penso che prima o poi l’elettorato della classe operaia bianca riconoscerà, e di fatto gran parte della popolazione rurale arriverà a riconoscere, che le promesse sono costruite sulla sabbia. Non c’è nulla.
Inoltre, quello che avviene diventa significativo. Allo scopo di mantenere la propria popolarità, l’amministrazione Trump dovrà tentare di trovare dei mezzi per raccogliere il sostegno e per cambiare il discorso rispetto alle politiche che si stanno attuando, e che sono, fondamentalmente, uno strumento di demolizione per qualcosa d’altro. Forse trovare dei capri espiatori, dicendo. “Mi dispiace, non posso restituirvi i posti di lavoro perché queste persone cattive lo stanno impedendo.” E il dare la colpa ad altri colpisce le persone vulnerabili: immigrati, terroristi, musulmani ed elitisti, chiunque possa essere. E questa cosa può risultare molto brutta.
Penso che non dovremmo mettere da parte la possibilità che ci sia qualche atto terroristico inscenato o presunto, che può cambiare immediatamente il paese.
JF: Ha osservato qualche ripensamento nei circoli delle élite circa il modo di proteggere ed espandere il commercio multilaterale e gli accordi per investimenti fin dal referendum per la Brexit, l’elezione di Trump e il suo “rottamare” il TTP, e la sua minaccia di ‘porre fine al NAFTA’ (North American Free Trade Agreement (Accordo nordamericano per il libero scambio)?
NC: Ebbene, prima di tutto il TPP era praticamente arrivato morto. Quasi tutti erano contrari ad esso. Riguardo al NAFTA, dubito alquanto che Trump si muoverà davvero per abrogarlo; ci sono troppe cose coinvolte nell’integrazione con il Messico e il Canada. Ci potrebbero essere dei cambiamenti, ma in generale l’appoggio alle forme di accordi commerciali internazionali che si sono sviluppati in anni recenti, sono una forte priorità per le élites. Ci sono molti punti sbagliati in questi; devo ancora vedere una proposta su ciò che pensa che dovremmo fare.
JF: Osserva qualche divergenza sostanziale, da parte di Trump, rispetto ai piani a più lungo termine del Dipartimento di stato e del Dipartimento della Difesa in Medio Oriente o nel Sud-est asiatico?
NC: Le sue principali politiche che sono state realmente applicate e non soltanto discusse, sono quelle in Medio Oriente, dove ha trasferito più autorità al Pentagono. Condizioni rilassate sugli attacchi con i droni. Altre truppe inviate. Ci sono state altre atrocità in Yemen e in Siria. Il fatto è che si dà più che carta bianca alla leadership del Pentagono. Questo non è un enorme cambiamento rispetto alle politiche di Obama, ma è una versione più violenta e aggressiva di quelle.
JF: Considera la Russia una vera minaccia nei paesi industrializzati, integrati ed alleati, in Europa e in Nord America? Perduta nell’isterismo per la probabile interferenza della Russia nelle faccende interne degli Stati Uniti, c’è il fatto che in base a praticamente ogni misura di potere di uno stato moderno, la Russia non si avvicina neanche né per quanto riguarda la finanza, la scienza e la tecnologia della ricerca, la produzione avanzata, le esportazioni agricole e culturali.
NC: Sì, è tutto soltanto un gioco, come era stato, tra l’altro, durante quasi tutta la Guerra Fredda. Proprio adesso la faccenda dell’interferenza russa nelle elezioni statunitensi sta facendo crepare dalle risate mezzo mondo.
Voglio dire che, qualunque cosa possano aver fatto i russi, consideriamo le accuse più esagerate, che a malapena si registrano rispetto a quello che gli Stati Uniti fanno costantemente. Perfino in Russia. Per esempio, gli Stati Uniti erano intervenuti drasticamente per appoggiare [Boris] Yeltsin nel 1991, quando era impegnato in un tentativo di controllo cercando di sottratte potere al Parlamento, Clinton lo appoggiò molto. Nel 1996, quando Yeltsin era candidato alla presidenza, l’amministrazione Clinton lo sostenne apertamente e con forza, e non soltanto verbalmente, ma con tattiche, prestiti e così via.
Questo va molto al di là di quello di cui sono accusati i russi; naturalmente questo è un aspetto minore dell’interferenza degli Stati Uniti nelle elezioni all’estero: “Se non ci piace l’elezione, possiamo proprio abbattere il paese.”
JF: Il MIT ha pubblicato un massiccio archivio del suo lavoro dei decenni precedenti. Ha avuto il tempo di esaminarlo, e ha imparato qualche cosa su se stesso?
NC: Questo è il genere di cosa che una persona non vuole apprendere. Lì c’è, una raccolta molto ricca di certe cose che sono state pubblicate, un sacco di cose tipo appunti per le mie lezioni svolte per 60 anni, e appunti per le conferenze fatte in 60 anni, e pezzi di carta su cui sono annotate delle idee. Esaminandole, sono sicuro che riscoprirò un sacco di cose che ho dimenticato, ma forse giustamente.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: Alternet
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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