La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 27 gennaio 2017

Giornata della memoria: non un rito, una necessità

di Enzo Collotti
Anche quest’anno si rinnova quello che non deve diventare un rito ma deve rimanere l’occasione per tornare a sottolineare la necessità di non dimenticare. Contro i dubbi sollevati da più parti sull’opportunità di mantenere il Giorno della Memoria. Va infatti ripetuto con forza che questa scadenza, il Giorno della Memoria, oggi è più necessaria che mai. Se da una parte la crescente distanza che ci separa dai fatti in cui si concretizzò lo sterminio degli ebrei contribuisce ad affievolirne la memoria, dall’altra la realtà nella quale viviamo sollecita la riflessione su una serie di circostanze che ricordano da vicino aspetti della cultura della quale si nutrì l’indifferenza dei tanti e che consentì la realizzazione quasi indolore dello sterminio.

La magia incostituzionale del 40%

di Gianni Ferrara
Erano tre le incostituzionalità di immediata e sfacciata evidenza dell’Italicum. Al ballottaggio che tale sistema elettorale prevedeva e che è stato soppresso, si aggiungevano (e si aggiungono) sia il premio (per di più esorbitante) del 14 per cento dei 630 seggi della Camera a quella lista che avesse ottenuto il 40 per cento dei voti, sia la nomina a deputati dei capilista (e dei secondi di lista) da parte dei capipartito delle liste che ottenevano seggi all’elezione della Camera dei deputati. Questo terzo vizio è stato solo ridotto, ma non sanato. È stato invece conservato il cosiddetto premio di maggioranza. Non se ne comprende il perché (che è difficile che ci sia).

Dopo la Consulta mancano delle scuse

di Tomaso Montanari 
La prima cosa che Matteo Renzi e il Partito Democratico avrebbero dovuto fare stamani sarebbe stato chiedere scusa agli italiani. Chiedere scusa per l'incompetenza, l'approssimazione, la furbizia con cui hanno confezionato una legge elettorale che è fuori dalla Costituzione. Chiedere scusa dell'arroganza con cui l'hanno imposta: ben tre voti di fiducia! E ci sono solo due, assai poco edificanti, precedenti di una legge elettorale approvata a colpi di fiducia: la Legge Acerbo, sotto il fascismo, e la celebre Legge Truffa. E, infine, chiedere scusa pure della faccia tosta con cui l'hanno esaltata nel dibattito pubblico, questa orrenda legge: "Se ci rivediamo tra cinque anni vedrete che la legge elettorale sarà stata copiata da mezza Europa", sibilava Renzi nel marzo 2015.

Italicum addio, voto subito per fermare la deriva

di Giorgio Cremaschi
Della sentenza della Corte Costituzionale che boccia l’Italicum non mi colpisce tanto la contorta architettura del dispositivo, atta a renderne meno traumatico possibile l’impatto sul sistema politico, ma il pronunciamento in quanto tale. Che è di una gravità inaudita per un paese che voglia restare una democrazia. Per la seconda volta di seguito, la legge elettorale votata dal Parlamento della Repubblica viene dichiarata incostituzionale. E, si badi bene, questo pronunciamento della Consulta non avviene a seguito di una iniziativa delle forze politiche o per qualche pentimento istituzionale, ma per l’azione puntuale e tenace di un manipolo di valorosi giuristi democratici.

Disuguaglianze: come combatterle

di Gianfranco Sabattini
Sul problema delle disuguaglianze è in libreria una volume di Maurizio Franzini e di Mario Pianta, il cui titolo, “Disuguaglianze: quante sono, come combatterle”, lascia intuire che non saranno individuate e descritte solo quelle causate dall’operare dei meccanismi economici, ma anche quelle che apparentemente sono di origine extraeconomica. La varietà delle cause delle disuguaglianze vale a trasformarle in uno dei principali problemi del capitalismo contemporaneo, oggetto di una crescente attenzione da parte degli addetti ai lavori nel campo dell’economia e delle altre scienze sociali, ma assai poco degli addetti al lavoro politico.

Abbiamo detto NO e ancora non ci basta… Per una primavera di lotta!

Il 4 dicembre, con la sconfitta di Renzi al referendum, è giunto al termine un processo di mobilitazione importante, vincente, capace di affermare le ragioni del NO con forza nel corpo sociale. Un percorso che può rivendicare di aver contribuito alla grande espressione di sfiducia e rifiuto verso un sistema di potere che sembrava monolitico. Messo Renzi in panchina, la continuità del governo precedente è garantita non solamente sul piano politico, ma anche dal protagonismo di alcune figure cardine, come Poletti, Padoan, Boschi e lo stesso Gentiloni. Sono tutt’ora in vigore Piano Casa, Buona Scuola, Sblocca Italia e JobsAct, i provvedimenti simbolo di un governo Renzi del quale vogliamo cancellare l’eredità attraverso la mobilitazione sociale.

Nessun ritorno alla Biagi, i voucher sono da cancellare

di Antonio Sciotto
Sui voucher non basta ritornare ai paletti della legge Biagi, «sono uno strumento malato, devono essere abrogati». La segretaria Cgil Susanna Camusso lancia la campagna per i due referendum sui buoni lavoro e appalti dal Palazzo dei Congressi dell’Eur, dove ha riunito delegati e camere del Lavoro da tutta Italia. Più tardi, in audizione alla Commissione Lavoro della Camera spiega che «bisogna regolamentare il lavoro accessorio in termini di contrattualizzazione come quello subordinato e in termini di tracciabilità». Servono cioè regole stringenti, perché oggi «anziché fare emergere il nero, come tanti dicono, i ticket generano altre forme, ancor più precarie, di sommerso e sfruttamento».

Se questo è (ancora) un uomo

di Giulio Cavalli 
Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti. (Primo Levi, da Un passato che credevamo non dovesse tornare più, Corriere della sera, 8 maggio 1974)

Il giorno dopo dell'Italicum

di Augusto Illuminati
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’Italicum sul punto qualificante, che ne avrebbe fatto oggetto di ammirazione e imitazione in tutto il mondo (Renzi), il ballottaggio. In pratica resta un sistema proporzionale. Cosa ne consegue per le elezioni? Per dare un giudizio completo sulla decisione occorre conoscere le motivazioni, che arriveranno fra circa un mese. Non è soltanto una riserva di chi commenta, ma anche un vincolo per il presidente Mattarella, che dovrà decidere se sciogliere o meno ad aprile le Camere, dopo il rush frenetico delle prime ore: al voto! al voto! di Pd, Lega e M5s, spalleggiati da Repubblica ma non dal Corriere.

Terremoto, quando lo Stato latita: ecco le brigate della solidarietà

di Giacomo Russo Spena
Esiste un’Italia migliore. Quella che troppe volte ignoriamo sui media, quella che spala la neve a Rigopiano. Quella dei pescatori che salvano vite umane nel Mediterraneo, quella che di fronte ad emergenze e catastrofi naturali si rimbocca le maniche e sposa pratiche di solidarietà diretta. Ed esiste anche un modo di far politica migliore, non quella di Palazzo o dei futili convegni, ma fatta da chi prova ad organizzare forme di mutualismo e si attiva sui territori dissestati dall’emergenza terremoto. Ne sono la prova le Brigate della Solidarietà Attiva (Bsa). Nel silenzio dei media, per anni questi attivisti hanno lavorato pancia a terra. Partecipazione, autorganizzazione e mutualismo sono le parole d'ordine con le quali hanno operato.

Crimini al tramonto della svastica. Intervista a Herald Gilbers

Intervista a Herald Gilbers di Guido Caldiron
Una serie noir per descrivere il crollo della Germania nazista e insieme i crimini che vi sono stati perpetrati. Con il ciclo di romanzi inaugurato da Berlino 1944 (Emons, pp. 392, euro 15,00), lo scrittore tedesco Herald Gilbers, già regista teatrale per più di 15 anni e a lungo giornalista culturale per la carta stampata e la tv, affronta le ultime fasi della Seconda guerra mondiale e la fine del Terzo Reich attraverso lo sguardo degli abitanti di Berlino e le indagini di un ex commissario di polizia, rimosso dall’incarico perché ebreo, che cerca di svelare di volta in volta, insieme ai responsabili di delitti efferati, il volto criminale dello Stato nazista. Vincitore del Premio Glauser, Berlino 1944 è seguito da I figli di Odino, di prossima pubblicazione sempre per i tipi di Emons e da Endzeit, appena uscito in Germania.

La trappola di chi ha già rimosso la vittoria del No

di Massimo Torelli
È come se la grande rottura del voto del 4 dicembre potesse già essere riassorbita per procedere alla grande restaurazione. L’urto di quel voto sembrava dover travolgere gli assetti costituiti, le élite che avevano mosso l’assalto alla nostra Carta anche in nome di quell’Europa dell’austerità in cui erano ingaggiate. Invece ci si è sbrigati a varare un governo fotocopia che, come scrive Geminello Preterossi sul manifesto, nasce sulla rimozione del referendum. Si è fatto di tutto per impedire di votare sul quesito dell’art. 18 e si farà di tutto per non far votare neanche sugli altri due (voucher e appalti). Si tira a campare perché, come diceva Andreotti, è meglio che tirare le cuoia.

Livelli di assistenza, il brutto gioco del governo

di Ivan Cavicchi
Potremmo dire “Lea Pericoli” ricordando la nostra indimenticabile campionessa di tennis. Ma la battuta serve solo ad avvertire dei rischi che i cittadini corrono sui livelli essenziali di assistenza (Lea). Usati dal governo nella propaganda elettorale referendaria. Usati da palazzo Chigi per promettere panacee e coperture universali, sotto finanziati perché mancherebbero le risorse necessarie, decurtati in tanti modi con l’alibi dell’appropriatezza. Così, pur costituendo il parametro di misura dell’universalismo del sistema sanitario pubblico, restano un grande mistero.

Povertà, quella mezza Italia che non arriva a fine mese

Nella maggioranza dei casi (38,1%) gli italiani esprimono un giudizio di stabilità economica per l’Italia in relazione alle prospettive per il 2017, anche se coloro che ipotizzano un peggioramento sono il 36,4% mentre il 13,8% è convinto che l’economia migliorerà. Sono questi alcuni dei dati e delle considerazioni contenute nel Rapporto Italia 2017 dell’Eurispes, presentato oggi. Stabili anche i dati sulla condizione economica delle famiglie rispetto allo scorso anno. Il 14,1% definisce molto peggiorata la situazione economica familiare nell’ultimo anno e il 27,3% indica un lieve peggioramento. Per il 42,3%, invece, la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. Ad indicare un parziale (10%) o netto (1,7%) miglioramento è circa una persona su dieci.

Il made in Germany chiama l’Europa

di Marco Bascetta 
Sarà anche una scelta dettata dalla “lotta per la sopravvivenza” di una Spd in lungo, inesorabile declino, ma il passo indietro di Sigmar Gabriel, che lascia a Martin Schulz la guida del secondo partito tedesco e la candidatura alla cancelleria di Berlino, proietta anche un’altra immagine piuttosto forte. L’ex presidente del parlamento europeo non ha una indole particolarmente marcata a sinistra, le grandi coalizioni appartengono pienamente al suo dna e nulla lascia prevedere radicali cambiamenti di rotta tali da insidiare il consenso di cui gode Angela Merkel.

giovedì 26 gennaio 2017

Una classe dirigente inaffidabile

di Norma Rangeri
L’Italicum era un mostriciattolo. Come risultava evidente erga omnes, eccetto che per Renzi, l’autore del capolavoro. E le forbici (il ballottaggio), i ritocchi (le pluricandidature) della Corte Costituzionale non lo hanno certo trasformato in un principe azzurro pronto per le nozze con le urne. Del resto il Capo dello Stato ha parlato chiaro invitando il parlamento a emanare regole elettorali conformi per Camera e Senato. La legge che tutti in Europa avrebbero dovuto copiarci era, molto semplicemente, incostituzionale. Nonostante la fibrillante attesa che ha preceduto la sentenza emessa ieri dalla Corte Costituzionale, non c’è, invece, alcuna sorpresa per la bocciatura del marchio di fabbrica renziano: il ballottaggio. Il famoso schema del capo del governo da eleggere come il sindaco d’Italia.

C’è spazio in Europa tra la destra sovranista e le forze neoliberali (progressiste o conservatrici)?

di Alessandro Somma
Renzi verrà ricordato per la veemenza con cui si è rivolto all’Europa per contestare la sua politica di austerità, e soprattutto per aver mostrato tutto il suo fastidio ai tedeschi: i mandanti di quella politica. Ci ricorderemo però di lui anche per la sua bravura ad abbaiare, unita alla sua incapacità di mordere. Le sue rumorose dichiarazioni sulla cecità dei tecnocrati di Bruxelles e sull’arroganza e ottusità di Berlino facevano da sfondo al tentativo di guadagnare qualche margine minimale per la spesa pubblica: cifre irrisorie rispetto a quelle indispensabili a mettere in sicurezza il territorio, a ricostruire le aree terremotate, a rilanciare l’occupazione con un piano di investimenti pubblici, o a fronteggiare i flussi migratori di questa fase storica.

La globalizzazione è morta

di Alvaro Garcia Linera
La frenesia per un imminente mondo senza frontiere, il chiasso por la constante minimizzazione degli stati-nazionali in nome della libertà d’impresa e la quasi religiosa certezza che la società mondiale finirà per amalgamarsi in un unico spazio economico, finanziario e culturale integrato, sono appena crollate di fronte all’ammutolito stupore delle èlites globalofile del pianeta. La rinuncia della Gran Bretagna a continuare nell’Unione Europea – il progetto più importante di unificazione statale degli ultimi cento anni – e la vittoria elettorale di Trump – che ha inalberato le bandiere di un ritorno al protezionismo economico, ha annunciato la rinuncia ai trattati di libero commercio e ha promesso la costruzione di mesopotamiche mura di frontiera –, hanno annichilito l’illusione liberista più grande e più di successo dei nostri tempi.

Contro la crisi, attualità del pensiero rivoluzionario. Intervista a Alain Badiou

Intervista a Alain Badiou di Nicola Grolla 
Del 2016 si è detto di tutto. Di come sia stato l’anno peggiore di sempre. Di come abbia infranto ogni record di disgrazie e lutti. Di come abbia messo a repentaglio la sicurezza nel nostro modo di vivere. E via a snocciolare dati, fatti e accadimenti senza precedenti: gli attacchi terroristici all’Europa, la crudeltà della guerra in Siria, la disoccupazione che non cala, la crisi politica nazionale e l’elezione di Donald Trump. Eppure, come se non bastasse, stiamo aspettando che accada qualcosa di ancor più grosso. Come se il 2016 non fosse stato altro che il preludio per un nuovo annus horribilis aperto dall’ennesima caccia all’uomo dopo la strage di Istanbul. Un panorama per cui è lecito chiedersi cosa stia succedendo. Siamo di fronte a un nuovo evento epocale?

Ora il parlamento faccia il suo mestiere

di Massimo Villone
Strano destino, quello della Corte costituzionale. La sentenza 1/2014 sull’incostituzionalità del Porcellum è stata per molti versi epocale. Quella di oggi sull’Italicum è minimale, e lascia una traccia più modesta. Disco rosso al ballottaggio, giallo – grazie a un sorteggio – ai capilista bloccati, verde al premio di maggioranza. Per il paese, una attesa inutile. Per un felice accidente della storia l’Italicum era nei fatti – già prima della sentenza – per una parte consegnato agli archivi. Era in agenda il ripristino del premio alle coalizioni, perché non farlo avrebbe messo a rischio la maggioranza di governo. Il punto potrebbe ora essere ripreso.

Trump, perché stoppa l’accordo Trans-Pacifico ma sul Ttip sta a guardare

di Monica Di Sisto
Gli Stati Uniti di Donald Trump diventano no global? La stampa internazionale si divide intorno alle scelte di politica commerciale adottate all’indomani dell’insediamento del presidente americano, indicando in lui il nuovo campione del protezionismo, motore di una progressiva deglobalizzazione. Ma è davvero così? A guardare bene, assolutamente no. Innanzitutto, non è Trump che deglobalizza il pianeta, ma è il commercio globale che è in frenata da oltre 10 anni. Nel suo ultimo rapporto l’Organizzazione mondiale del commercio lo definisce “fiacco” visto che per il sesto anno di fila gli scambi internazionali sono cresciuti meno del 3,0% ed il loro valore globale è crollato nel 2016 dai 19 trilioni di dollari dell’anno precedente a 16,5, rimasti più o meno tali lo scorsi anno.

La sinistra che vogliamo

di Giorgio Airaudo e Giulio Marcon
Il «laboratorio» della sinistra è ormai partito. Il 28 gennaio si riunisce Possibile, a febbraio il primo congresso di Sinistra Italiana e ad aprile il congresso di Rifondazione Comunista. Nel frattempo il 21 gennaio è svolta l’assemblea dei Comitati per il No e l’11 (a Roma) e il 18 dicembre (a Bologna) si sono riunite le reti delle liste civiche e delle associazioni. In primavera si terranno i referendum promossi dalla Cgil. E le elezioni politiche – sia che si tengano a giugno che a febbraio del 2018 – sono alle porte. Ci sono alcuni punti su cui riflettere.

Il patto scellerato contro i diritti

di Chiara Saraceno
Sacrificati sull’altare di un possibile compromesso sulla legge elettorale e della rincorsa populistica, ancora una volta i bambini e ragazzi figli di migranti nati e cresciuti in Italia devono rinunciare a poter acquisire la cittadinanza italiana senza dover attendere il compimento della maggiore età. Il progetto di legge già approvato alla Camera oltre un anno fa sembra definitivamente insabbiato al Senato. Rimandato nei lunghi mesi della campagna referendaria, fermo alla Commissione Affari costituzionali per l’opposizione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, nel disinteresse dei Cinquestelle, ora sembra diventato, merce di scambio per l’accordo sulla legge elettorale.

Rapporto Oxfam, un mondo di ricchi a cui piace vincere facile

di Silvia Truzzi
Il 16 gennaio Oxfam (una confederazione di Ong) ha presentato il suo rapporto annuale su povertà e disuguaglianze. Molta evidenza, sui giornali, è stata data ai numeri, davvero impressionanti: “Circa metà della ricchezza è detenuta dall’1 per cento della popolazione mondiale; il reddito dell’1 per cento dei più ricchi del mondo ammonta a 110.000 miliardi di dollari, 65 volte il totale della ricchezza della metà della popolazione più povera del mondo; negli Stati Uniti, l’1 per cento dei più ricchi ha intercettato il 95 per cento delle risorse a disposizione dopo la crisi finanziaria del 2009, mentre il 90 per cento della popolazione si è impoverito”.

Sinistra, ripartire dalla Carta per combattere l'esclusione

di Nadia Urbinati
Quel che manca alla Sinistra è prima di tutto la credibilità. Non solo dell’ elettorato da conquistare, ma anche dei suoi simpatizzanti, che spesso (come è successo negli Stati Uniti, ma anche in alcune tornate elettorali regionali nel nostro paese) decidono di astenersi perché non si riconoscono nei candidati, nei progetti e nei discorsi rappresentati dal simbolo del partito. Il risultato del referendum del 4 dicembre scorso parla anche di questo: gli italiani hanno mostrato di dare credibilità più al patto fondativo, che a coloro che lo applicano. E hanno anche fatto capire che in un tempo di grandi incertezze, la Costituzione è probabilmente la maggiore certezza che hanno.

Comunismo o il segno del possibile

di Francesco Raparelli
Migliaia di persone, per cinque giorni di fila, hanno letteralmente invaso i dibattiti di C17 – La conferenza di Roma sul comunismo, tanto a Esc quanto alla Galleria Nazionale. In migliaia hanno attraversato la mostra Sensibile comune (presso La Galleria Nazionale), alla conferenza connessa. Un successo straordinario, destinato a lasciare il segno. Successo ancora più potente se si concentra l'attenzione sul tema: il comunismo. Una parola dimenticata, offesa, impronunciabile, maledetta, che ancora non smette di attirare l'odio delle penne forcaiole, d'improvviso riconquista la scena. E la scena esplode di corpi, di controversie e di passioni. Sarebbe accaduta la stessa cosa se si fosse deciso di parlare d'altro? Magari temi radicali, ci mancherebbe, omettendo però la parola comunismo? La risposta è netta: no.

A chi serve la scuola dell’ignoranza?

di Matteo Saudino
Che in Italia, i continui appelli alla meritocrazia non fossero altro che un ideologico feticcio usato per smantellare i diritti dei lavoratori e degli studenti avrebbe dovuto essere chiaro quasi a tutti sin da subito, ma si sa che non vi è peggior sordo di chi non vuole sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere. Inoltre, indicare il dito per non guardare la luna è una tecnica di distrazione di massa sempre attuale e sempre efficace. Pertanto, per anni, il mantra del merito come panacea di tutti i mali italici è stato ripetuto, con vigore misto ad arroganza, dagli esponenti del governo, dai giornalisti e dagli intellettuali che contano perché lavorano e scrivono per testate che contano, o così almeno si dice.

La Womens’ March del 21 gennaio vista dall’interno. Una riflessione

di Valentina Moro 
La Women’s March del 21 gennaio – ora possiamo dirlo a voce alta – è stata la più grande mobilitazione di massa che abbia mai avuto luogo negli Stati Uniti in occasione del primo giorno in carica di un presidente, e in generale una fra le maggiori della storia americana recente. Si preannunciava tale, ma la partecipazione massiccia ha di sicuro superato le aspettative. L’annuncio e l’organizzazione della mobilitazione sono stati rapidamente diffusi in maniera capillare tramite i social media prima in tutto il territorio degli Stati Uniti e poi in moltissimi altri paesi nel mondo, disegnando sulla mappa una costellazione di fuochi pronti a divampare e andando a sommarsi al già massiccio numero di iniziative in programma in occasione dell’Inauguration, il giorno dell’insediamento.

La mossa politica della Consulta

di Andrea Fabozzi
«Il punto chiave della mia riforma elettorale è il ballottaggio», ha detto e ripetuto Matteo Renzi; la Corte costituzionale ha cancellato il ballottaggio. Come da previsioni, l’Italicum passando attraverso il giudizio della Consulta perde il cuore («senza casca tutto, è un’altra legge», ha sempre avvertito il suo autore, D’Alimonte), salvando il premio di maggioranza ma solo al primo turno. Andrebbe a un partito capace di raggiungere da solo il 40%, eventualità che oggi i sondaggi escludono. Bisognerà pensare ad alleanze travestite da listoni unici. O spostare il premio alle coalizioni, in questo caso però riportando la legge elettorale in parlamento.

Stelle granchi astronavi e comunismo

di Franco Berardi Bifo
Il programma delle giornate del convegno romano C17 era fittissimo, e mi è stato impossibile seguire tutto quello che è accaduto, anche perché gli appuntamenti erano dislocati in due luoghi lontani della città. Ho speso una fortuna in taxi per correre tra valle Giulia e San Lorenzo, eppure non ho potuto assistere a molti eventi che si svolgevano in contemporanea. Di conseguenza debbo rinunciare a fare il cronista e mi limito a esprimere delle impressioni. Mentre scrivo queste rapide note, inoltre, non è ancora finita, perché domenica mattina ci sarà un incontro finale. Sono state giornate intense densissime e affettuose.

Il conflitto sociale nella morsa della repressione

di Francesca Garisto 
Negli ultimi 30 anni i termini entro cui si è svolto il conflitto sociale nel secolo scorso sono stati completamente ridefiniti. Da un lato, con la creazione della nuova classe dei lavoratori precari, privata dei temi di lotta tradizionalmente attribuibili alla classe lavoratrice della seconda metà del ‘900, come quelli del diritto al lavoro e della conflittualità di classe; dall’altra, con la progressiva erosione dei diritti dei lavoratori subordinati, che ancora a quei temi di lotta politica potrebbero fare riferimento. Nell’ambito di un quadro politico che è indiscutibilmente mutato, a causa, tra l’altro, di una politica che con sorprendente perseveranza e con il supporto di massicce campagne mediatiche, ha fatto breccia nella cultura popolare e operaistica, sono state predisposte le condizioni per avviare una stagione di riforme “lacrime e sangue”.

mercoledì 25 gennaio 2017

Gli “stregoni dei numeri” di Bruxelles

di Carlo Clericetti
E così gli “stregoni dei numeri” di Bruxelles ci chiedono altri tre miliardi e mezzo di manovra correttiva, lo 0,2% del Pil. Altrimenti – dicono – devieremmo dalle regole europee. In politica e diplomazia è sempre sbagliato dare rispostacce, ma certo che questa volta lo sforzo per trattenersi è grande, e le prime cose che vengono in mente sono alcune frasi molto usate nel dialetto romanesco quando si vuole esprimere all’interlocutore un giudizio netto su quello che ha detto.

Dopo il 4 dicembre i Comitati per il No restano in campo

di Domenico Gallo
Il voto del 4 dicembre non può essere archiviato come un incidente di percorso della classe dirigente, che adesso si tenta di minimizzare per passare oltre, senza trarne nessuna conseguenza. Noi siamo convinti che il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segni una svolta nella storia del nostro Paese. Con questo referendum il popolo italiano ha compiuto un nuovo importantissimo atto costituente. Precedenti a questo furono: l’insurrezione popolare del 25 aprile 1945, la scelta della Repubblica e l’elezione dell’Assemblea Costituente il 2 e 3 giugno 1946, la bocciatura della riforma costituzionale imposta dal governo Berlusconi, il 25 e 26 giugno 2006. 

Nessuna svolta del Psoe. Il “blairismo” ha ucciso la socialdemocrazia

di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena
L’ultimo tradimento in ordine cronologico è quello dei socialisti spagnoli che hanno deciso di dare il proprio appoggio esterno al governo conservatore di Mariano Rajoy. Una scelta sofferta, costata la leadership di Pedro Sanchez, contrario alla capitolazione verso le ragioni della destra. Ma è la conferma, l’ennesima, di come le socialdemocrazie europee abbiano abbandonato le ragioni della sinistra – sposando spesso e volentieri le larghe intese, ma anche a livello programmatico – da quando si è assunto come proprio il paradigma della “terza via” di Tony Blair, la stessa stagione di Bill Clinton e dei tanti emuli successivi. I quali hanno utilizzato la parola “riformismo” per sostenere guerre umanitarie, privatizzazioni, deregulation, restringimento del welfare state e precarizzazione della vita dei cittadini.

Non farò il segretario, ma la linea resta. Intervista a Paolo Ferrero

Intervista a Paolo Ferrero di Daniela Preziosi 
Paolo Ferrero, lei è segretario del Partito della rifondazione comunista dal 2008. Al congresso di marzo si ricandida per la quarta volta?
"No. Proporrò di cambiare."
Pronto a ripensarci se i delegati glielo chiedono?
"Oggi ci sono tutte le condizioni per il ricambio. Fin qui c’era chi chiedeva di cambiare il segretario volendo in realtà cambiare linea. Per questo non ho mollato. Oggi invece il 70 per cento del comitato politico ha votato in sintonia totale, fra noi non c’è mai stata una maggioranza così. Oggi si può cambiare senza rischio di cambiare linea."

Perché per i media Corbyn e Le Pen pari sono

di Tommaso Nencioni
Cosa accomuna Cristina Fernandez de Kirchner, succeduta al marito Néstor alla presidenza dell’Argentina sull’onda di una rivolta plebea e attaccata in patria prima di tutto e soprattutto per il suo essere donna, ed il miliardario misogino Donald Trump? Cosa condivide il premier ungherese razzista Victor Orban con il defunto Hugo Chavez, intenzionato a edificare il socialismo del XXI secolo e vittima in vita e in morte di bestiali attacchi razzisti da parte dell’oligarchia venezuelana?

Contro Trump 1459 giorni di resistenza

di Angela Davis 
In un momento difficile della nostra storia, dobbiamo ricordare a noi stessi che noi le centinaia di migliaia, i milioni di donne, transessuali , uomini e giovani che siamo qui alla Marcia delle donne, noi rappresentiamo le potenti forze del cambiamento che sono determinate a evitare che le culture morenti del razzismo, dell’etero-patriarcato risorgano di nuovo. Noi riconosciamo che siamo agenti collettivi della storia e che la storia non può essere cancellata come le pagine web. Sappiamo che ci riuniamo oggi pomeriggio sulla terra indigena e noi seguiamo l’esempio dei primi popoli che nonostante la massiccia violenza genocida non hanno mai rinunciato alla lotta per la terra, l’acqua, la cultura, la loro gente. Noi in particolare salutiamo oggi i Sioux di Standing Rock.

Ritorno alle origini

di Sergio Farris 
Siamo alle solite. La Commissione Europea ci rimprovera il fatto che, fra il disavanzo del bilancio pubblico programmato per il 2017 e quello che dovrebbe risultare dall'applicazione del Fiscal Compact, vi è uno scostamento significativo. A dire il vero, fra la richiesta iniziale di una correzione pari a 16 miliardi, l'1,1% di PIL, risalente al 5 dicembre, e l'ultima di circa 4 miliardi, lo 0,3% del PIL, tenuto anche conto delle inevitabili spese per le interminabili calamità naturali che affliggono il centro Italia, un certo grado di “tolleranza” è stato concesso.

Rompere le grandi intese europee

di Roberto Musacchio
La sconfitta, cocente, di Gianni Pittella, presidente dei socialisti e democratici europei, nella corsa alla Presidenza del Parlamento Europeo spinge lo stesso Pittella a parlare di un cambio di fase necessario rispetto alla stagione delle larghe intese e della austerità. Pittella non è il solo a esprimersi in questi termini. Lo stesso Massimo D'Alema ha detto cose simili. E la riflessione sulla fase nuova da aprire si accompagna con la proposta di un confronto con la sinistra cosiddetta radicale. Io penso che la situazione europea sia talmente grave e compromessa che manovre ed aggiustamenti politicisti non avrebbero grande credibilità ne' reali possibilità di successo.

domenica 22 gennaio 2017

Un programma politico che parla a tutte e a tutti

di Bia Sarasini 
Sono centinaia di migliaia le manifestanti che, insieme a tantissimi uomini, si sono riversate per le strade di Washington, rispondendo all’appello della Women’s march contro Donald Trump. Si sono superate così le più rosee previsioni della vigilia, che stimavano 200.000 persone. Mentre altre centinaia di migliaia si sono radunate in altre città degli Stati Uniti, come Boston, ma anche nel resto del mondo. Una marcia che è stata caratterizzata da un programma politico inedito, che dai diritti delle donne si allarga e include tutte le minoranze. Tutti coloro che sono oggetto di ingiustizie sociali minacciati dal feroce populismo di Trump.