La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 27 gennaio 2017

Giornata della memoria: non un rito, una necessità

di Enzo Collotti
Anche quest’anno si rinnova quello che non deve diventare un rito ma deve rimanere l’occasione per tornare a sottolineare la necessità di non dimenticare. Contro i dubbi sollevati da più parti sull’opportunità di mantenere il Giorno della Memoria. Va infatti ripetuto con forza che questa scadenza, il Giorno della Memoria, oggi è più necessaria che mai. Se da una parte la crescente distanza che ci separa dai fatti in cui si concretizzò lo sterminio degli ebrei contribuisce ad affievolirne la memoria, dall’altra la realtà nella quale viviamo sollecita la riflessione su una serie di circostanze che ricordano da vicino aspetti della cultura della quale si nutrì l’indifferenza dei tanti e che consentì la realizzazione quasi indolore dello sterminio.
Nella crisi attuale dell’Europa il dilagare del populismo maschera a fatica il volto del razzismo che non è né vecchio né nuovo, è il razzismo di sempre, contro ogni minoranza e contro ogni eguaglianza tra i popoli.
È chiaro che il passare delle generazioni produce cambiamenti nella memoria e nei modi di esprimerla e di rappresentarla, tanto più oggi che la testimonianza dei sopravvissuti incomincia a farsi sempre più rara per ovvie ragioni fisiologiche. Troppo spesso la tragedia delle migrazioni viene dissociata nell’attenzione e nella memoria dei più dalle derive degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Dappertutto in Europa l’irresponsabile diffusione della minaccia di una invasione da parte di chi fugge da guerra e miseria genera confusione e oblio.
Situazioni paradossali e insieme esemplari come quella dell’Ungheria di Viktor Orbán, che dimentica la catastrofe degli ebrei ungheresi e rifiuta l’accoglienza ai migranti con cinismo e crudeltà. Un comportamento che apparentemente dovrebbe isolare l’Ungheria dal resto d’Europa ma che in realtà rischia ormai di diffondersi al di là delle sue frontiere, in assenza tra l’altro di fratture interne che costringano Viktor Orbán a modificare o almeno a mitigare il rigore dei suoi rifiuti.
Questo significa anche una frattura nella memoria collettiva dell’Europa che indebolisce la possibilità di una presa di coscienza non parcellizzata, solidale senza riserve.
Il Giorno della Memoria dovrebbe servire a tenere viva la sensibilità di popoli e società verso problemi che ne hanno plasmato negativamente la storia ma che sono anche terribilmente attuali.
Oggi la minaccia più insidiosa non è rappresentata dal negazionismo né dal neofascismo o dal neonazismo, ma piuttosto dall’acquiescenza diffusa a comportamenti di insofferenza se non di ostilità nei confronti dell’altro.
Nessuno ha il coraggio di dirsi anti-semita o anti-musulmano, ma nei fatti il prevalere di una sorta di agnosticismo etico ci riporta al punto in cui tutto è incominciato, alla deresponsabilizzazione e all’indifferenza.
È un problema politico e culturale di enorme portata che si inserisce nella crisi dell’Europa non meno che in quella della nostra democrazia.

Fonte: Il manifesto 

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