La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 22 aprile 2017

La Francia Ribelle che sta con Mélenchon. Intervista a Raquel Garrido

Intervista a Raquel Garrido di Cole Stangler
Jean-Luc Mélenchon non sta cercando la leadership di una sinistra marginalizzata. Il suo scopo è di trasformare per intero la politica francese. La campagna per la presidenza francese di Jean-Luc Mélenchon è esplosa nelle recenti settimane –arrivando terzo, e potendo quasi toccare con mano il secondo turno, secondo alcuni sondaggi. Oltre a trasmettere nervosismo ai mercati finanziari, il suo successo ha trasformato le elezioni francesi, offrendo un’alternativa di sinistra alla battaglia tra l’establishment e l’estrema destra. Ma quali sono le politiche della campagna? E cosa c’è dietro il suo successo? Il movimento che ci sta dietro, France Insoumise (Francia ribelle), si ispira alle esperienze populiste latinoamericane e spagnola, il cui esempio più vicino è Podemos. 

Io non gioco secondo le loro regole, cambierò questo sistema truccato

di Jeremy Corbyn 
Gran parte dei media e dell’establishment sta già dicendo che l’esito di queste elezioni è scontato. Pensano che in politica ci siano regole, che se non le segui togliendoti il cappello di fronte ai potenti e se non accetti che le cose non possono davvero cambiare, allora non puoi vincere. Ma, naturalmente, non vogliono che noi vinciamo. Perché quando vinciamo noi a vincere è la gente, non i potenti. Vincono l’infermiera, l’insegnante, il piccolo commerciante, la colf, il muratore, l’impiegato, lo studente. Tutti vinciamo.

Cara sinistra, non basta il risveglio dal sonno dogmatico neoliberista

di Aldo Tortorella 
Per la stampa di parte conservatrice, la divisione del Partito democratico, la nascita di un nuovo partito e di nuove aggregazioni a sinistra, l’inizio di un movimento progressista volto alla ripresa del centro-sinistra, tutto è stato immediatamente catalogato come un ritorno al vecchiume: figurarsi, hanno detto, che gli uni si sono spinti sino a cantare Bandiera rossa e gli altri, addirittura, l’Internazionale. E non è stata da meno la stampa liberal, quella che (come la Repubblica) ha promosso la lunga trasmutazione della sinistra moderata in qualcosa di opposto a se stessa, compiendo il miracolo di Cana alla rovescia – il vino che si fa acqua, neppure troppo limpida, meravigliandosi, poi, che avesse perso il sapore, cioè l’anima.

La vera ragion d'essere del 25 Aprile

di Stefano Bartolini 
Il 25 aprile è ormai una festa che da contesa è passata ad essere riconosciuta da un po’ tutti (eredi del fascismo e centri commerciali esclusi), ma in questo passaggio, se si è mantenuta la memoria, se ne sono persi i significati a favore di una vuota retorica. Sentiamo parlare ovunque di libertà, ma il termine è a sua volta insensato. Di quale libertà parliamo? Di quella dal bisogno o della libertà di licenziare? Della libertà dallo sfruttamento e dalle discriminazioni o di quella della volpe nel pollaio? Nessuno ce lo indica. Eppure il 25 aprile è forse la festa più faziosa nel calendario laico. Vi si celebrano i partigiani, quelli che si schierarono, che parteggiarono.

Oltre il municipalismo: la sfida all’Europa dell’alcaldessa Ada Colau

di Steven Forti 
Il 24 maggio del 2015 in diverse città spagnole delle liste civiche nate dal basso vincono le elezioni comunali. A Madrid, Barcellona, Saragozza, Cadice, Pamplona, Santiago de Compostela, La Coruña, Badalona i cittadini entrano per davvero nelle istituzioni con progetti di rottura rispetto al passato. Esperienze diverse in contesti urbani diversi. Grandi metropoli e piccoli capoluoghi di provincia. Ma con un punto in comune: cambiare la Spagna e chiudere con i quarant’anni di bipartitismo PP-PSOE, partendo dalla partecipazione della cittadinanza e dallo strettissimo legame con i movimenti sociali presenti sul territorio. Sono passati quasi due anni da quel giorno e la scommessa neomunicipalista, che ha ottenuto importanti risultati nelle città in cui governa, guarda già oltre il municipalismo. 

Sanità: ancora sul welfare aziendale e sul “trappolone” di Renzi & C.

di Ivan Cavicchi
Ho letto, su Quotidiano sanità, puntuali come il destino, le rimostranze contro il def dei nostri abituali commentatori. Tutti a gridare risentiti al de-finanziamento della sanità come se fosse una novità. Il de-finanziamento, come ho scritto tante volte, è la conseguenza logica di una precisa strategia finanziaria (peraltro mai nascosta dal governo Renzi) e che in ragione di una, tutt’altro che casuale politica economica, conta di abbassare nel tempo l’incidenza della spesa sanitaria nei confronti del pil. Il def 2017 in sintonia con questa politica economica, ispirata dal Jobs act e che la “mozione Renzi”, per evidenti ragioni di coerenza, non smentisce, conferma il de-finanziamento della sanità ma, questa volta, (ecco la vera novità sulla quale i nostri arcigni commentatori hanno stranamente taciuto), prevedendo in modo esplicito, di contro, misure per lo sviluppo del welfare aziendale.

C'è un solo 25 Aprile. Intervista a Carlo Smuraglia

Intervista a Carlo Smuraglia di Gio. Vi. 
«Abbiamo fatto ogni sforzo per trovare una soluzione: mesi fa avevamo invitato la Comunità ebraica, all’inizio sembrava profilarsi una possibilità concreta, poi però qualcuno ha posto come condizione che non ci fossero i filo-palestinesi. E noi abbiamo spiegato che non eravamo in grado di garantirlo. Come si fa a escludere qualcuno da una manifestazione pacifica e aperta a tutti i cittadini?». Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi, è scosso dalla polemica, ma declina ogni responsabilità.

Gentiloni da Trump, come Fantozzi dal capufficio

di Giorgio Cremaschi
Se gli esseri umani segnassero il loro percorso come le lumache, un filo di bava accompagnerebbe il percorso dei governanti italiani in visita dai padroni americani, e le stesse tracce troveremmo sulle orme di Gentiloni di fronte a Trump. A proposito del "nuovo" che questo governo ogni tanto fa finta di inscenare, qui siamo di fronte alla tradizione più vecchia del servilismo delle classi dirigenti italiche. Gentiloni è espressione di un governo che teoricamente dovrebbe essere critico verso l'attuale presidente USA, nel nome dei valori (ahahah) dell'Unione Europea.

Sui Campi Elisi volano gli avvoltoi

di Tommaso Di Francesco 
Non erano passate nemmeno 12 ore dall’attacco di un terrorista per fortuna isolato sugli Champs Elysées nel cuore di Parigi, subito rivendicato dall’Isis, che Marine Le Pen è volata con ferocia inusitata, come un avvoltoio, sulla bara del povero poliziotto rimasto ucciso. Anche il candidato della destra storica, il conservatore Franois Fillon, ha fatto altrettanto quasi a volere contendere la preda in palio: la paura di una popolazione che sta per eleggere il capo di una repubblica presidenziale. Ma Marine Le Pen è stata particolarmente «programmatica», parlando come fosse già il presidente in pectore della Francia.

Le lotte antirazziste a un anno dalla Loi Travail

di Davide Gallo Lassere
La mobilitazione della primavera 2016 è iniziata con la contestazione della Loi Travail per assumere immediatamente una portata molto più ampia e generale, che è sembrata andare ben aldilà della Loi Travail. Ciò non tanto perché la Loi Travail non sia qualcosa di importante o perché la contestazione di questa legge sia rimasta marginale nel movimento, bensì per due altre ragioni. Innanzitutto, perché questa legge si salda perfettamente con l’insieme dei rapporti sociali esistenti; perché fa sistema con il quadro normativo e istituzionale del presente francese, e più largamente del presente europeo (si può sostenere che, un anno fa soltanto, questa legge potesse essere considerata come l’anello mancante dell’attuale regime europeo del salariato).

Populismo e contro-populismo nello specchio americano

di Etienne Balibar 
Negli Stati Uniti, dopo l’elezione di Trump, i miei amici e i miei studenti avevano sempre la stessa domanda sulle labbra: chi è il prossimo? Crede che Le Pen vincerà le elezioni francesi? Sullo sfondo della rovina delle politiche redistributive cancellate dal neoliberalismo, gli scenari evocati richiamavano alternativamente una sorta di effetto domino – ogni “democrazia liberale” che cade trascina con sé la seguente – e il principio di contagio. La Brexit gli appariva come un segno premonitore di nuove “cattive sorprese” a venire. Lo scacco di Renzi al “suo” referendum costituzionale e la rinuncia di Hollande a candidarsi alla propria successione facevano eco alla disfatta di Hilary Clinton e segnalavano la decomposizione del “centro-sinistra”.

Mais que fait la police? Stato d’elezione e d’ordinaria emergenza

di Jamila Mascat
Una fucilata sugli Champs Elysèes, un poliziotto ucciso da un colpo a fuoco (e altri due feriti), l’aggressore abbattuto anche lui, per mano dei colleghi della prima vittima, un tweet della Prefettura che comunica l’evacuazione della zona, la pista terrorista evocata da François Hollande, poi confermata dalla rivendicazione di Daesh, e tutto ovviamente ancora in attesa di delucidazioni ufficiali. Lo script non ha nulla di sorprendente e l’episodio si lascia facilmente annoverare nella lunga lista dei micro-attentati (micro per distinguerli dai bagni di sangue, senza dire nulla rispetto alla specificità dei bersagli designati) che la Francia ha conosciuto nel corso degli ultimi due anni.

Sotto il segno dello sciopero. Il nostro femminismo di parte e le urgenze del presente

di Connessioni Precarie 
Dopo l’entusiasmo prodotto dalla prima sollevazione globale contro il neoliberalismo, non è facile essere all’altezza dello sciopero dell’8 marzo e dello spazio politico che ha aperto. In tutti i luoghi in cui è stato praticato, le donne si stanno domandando come raccogliere i frutti di un’esperienza capace di abbattere con la forza di una marea gli argini delle abitudini consolidate e le certezze stabilite nel tempo. In molte hanno salutato l’evento come il segno di una «nuova ondata» di femminismo. È una prospettiva incoraggiante e forse persino rassicurante, perché ricerca una continuità con pratiche e discorsi riconosciuti e riconoscibili soprattutto da chi non ha smesso di praticare il proprio femminismo nemmeno nei momenti della «ritirata carsica» del movimento delle donne.

Resistere alla guerra

di Francesco Martone
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in alcune vecchie foto, in bianco e nero, scattate nel lontano 1979, avevo poco più di diciotto anni, ed ero assieme ad un gruppo di pacifisti, antimilitaristi e nonviolenti che decisero quell’estate di attraversare l’Europa e protestare contro la Nato e il Patto di Varsavia. Partimmo da Bruxelles, facendo una catena umana intorno al quartier generale della Nato e dopo varie tappe attraverso basi Nato in Belgio, Olanda e Germania arrivammo a Berlino. C’era ancora il muro, e ci sedemmo a cavallo della linea che separava Berlino Est da Berlino Ovest per bloccare – formando un enorme simbolo della pace (che poi significa Disarmo Nucleare in verità) – il Checkpoint Charlie.

Dov’è finita la democrazia?

di Vittorio Lovera
Ottima e, al contempo, tristissima domanda. Ce la poniamo in un momento in cui incombe su tutto il globo il rischio di una nuova guerra nucleare globale. Si può ancora parlare di democrazia quando 3 uomini, Trump, Putin e tal Kim Jong-un, possono attivare un disastro nucleare generalizzato?  Di che democrazia parliamo se le decisioni di tre soli uomini possono delineare scenari apocalittici per il pianeta Terra? E’ proprio vero, come affermava Montesquieu, che uno dei maggiori problemi dell’uomo è che non ha mai saputo trovare modo per non essere governato dai più indegni. Che fine ha fatto la democrazia? Il prossimo periodo, caratterizzato da incontrollabili venti di guerra, vedrà a livello internazionale un ulteriore aumento delle tensioni geo-politiche, sia sul versante guerra sia sul fronte profughi-migranti. 

Il governo rilancia la speculazione romana

di Paolo Berdini
Un anno fa, era il 31 marzo 2016, l’allora ministro alle politiche industriali Federica Guidi ebbe la dignità di dimettersi quando venne a galla che una mano misteriosa aveva scritto sotto dettatura e fatto approvare una norma ad hoc sullo sfruttamento delle risorse petrolifere in Basilicata. Quella mano abilissima è poca cosa in confronto a quanto il governo Gentiloni ha inserito nella «manovrina economica». Se il testo dell’articolo 64 verrà infatti confermato (e non c’è motivo per dubitarne visto che il testo gira da ieri) saremmo di fronte ad uno scandalo di proporzioni ben maggiori. L’articolo innova la cosiddetta «legge sugli stadi di calcio» e cioè i due articoli della legge di bilancio 147/2013 (commi 304 e 305 dell’articolo 1).

25 Aprile, scegliere la parte

di Thomas Müntzer
E' ancora una festa, non si va a scuola, non si lavora, i negozi sono chiusi. E' una delle pochissime feste non religiose del nostro paese e un motivo in fondo, ancora, c'è. Per noi l'importanza di festeggiare il 25 aprile, di valorizzare consapevolezza e memoria, cresce di anno in anno, considerando che vediamo la nostra società, il dibattito pubblico, le coscienze collettive, regredire progressivamente. Probabilmente proprio per questo, perchè da "semplice" festa e commemorazione il 25 aprile è ritornato a porre temi attualissimi e non più condivisi (l'uguaglianza sociale, l'antirazzismo, la democrazia reale, l'antisessismo) negli ultimi anni questa data è stata occasione di polemiche e strumentalizzazioni costruite ad arte.

I poveri sono ancora matti nella società della spietatezza esplicita e rivendicata

di Francesco Paolella
La nostra società, la società del disagio e della spietatezza esplicita e rivendicata, ha un grosso problema, forse il più grosso di tutti: quello della povertà. I poveri ci sono sempre stati e ci saranno sempre, ma è evidente che nel nostro tempo si è instaurato ormai un nuovo modo di pensare la povertà, di giudicarla e di rapportarsi ad essa. Una visione sostanzialmente punitiva. In particolare, poi, è importante la relazione, anch’essa da sempre essenziale, fra povertà e malattia mentale. Ed è questo il tema de La semimbecille e altre storie, ampia ricerca, a un tempo storica, sociologica ed etnografica, di Stefania Ferraro.

Orfini lascia i partigiani, si tenga i boy scout

di Massimo Villone 
Il presidente Orfini ci informa che il Pd non sarà al corteo Anpi di Roma perché l’associazione partigiani è «divisiva». Ma chi divide chi, e per cosa? Avremmo apprezzato se il Pd avesse provato a evitare la frattura, ingiustificata, tra comunità ebraica romana e un pezzo della sinistra.a comunità ebraica non può non sapere che a sinistra il legame con il popolo d’Israele è stato ed è forte e radicato, mentre tale non è l’apprezzamento per le politiche dello stato d’Israele. I palestinesi esistono, e i loro diritti – ivi inclusa l’aspirazione a uno stato autonomo – sono largamente riconosciuti, certo non solo dall’Anpi. Etichettare i palestinesi di oggi come i discendenti del Gran Muftì non ha niente a che fare con la politica, quella vera.

La variante grillina del populismo tra Laclau e Casaleggio

di Pasquale Voza
Dei tre populismi italiani individuati da Marco Revelli nel suo ultimo libro (Populismo 2.0, Einaudi) vale a dire quelli incarnati da Berlusconi, da Grillo e da Renzi, il secondo viene efficacemente definito «cyberpopulismo», in quanto poggiante non più sul «popolo televisivo», ma sul «popolo della rete», sul «popolo del web». Si tratta naturalmente di una specificazione concreta, imprescindibile per chi voglia mettere a fuoco il fenomeno nella sua genesi e nelle sue modalità specifiche. D’altro canto, ciò non toglie che, al di là delle varianti italiane, si debba tener conto della modalità fondativa del discorso populista.

La perversione del senso del 25 aprile

di Moni Ovadia 
Nel corso della mia vita e da che ho l’età della ragione, ho cercato di partecipare, anno dopo anno a ogni manifestazione del 25 aprile. Un paio di anni fa, percorrendo il corteo alla ricerca della mia collocazione sotto le bandiere dell’Anpi, mi imbattei nel gruppo che rappresentava i combattenti della “brigata ebraica”, aggregata nel corso della seconda guerra mondiale alle truppe alleate del generale Alexander e impegnata nel conflitto contro le forze nazifasciste. Qualcuno dei componenti di quel drappello mi riconobbe e mi salutò cordialmente, ma uno di loro mi rivolse un invito sgradevole, mi disse: «Vieni qui con la tua gente».

«PIIGS», ovvero l’austerity sullo schermo

di Matteo Bortolon
Non è chiaro se l’integrazione europea sopravviverà al 2017; le tensioni dovute all’austerità che fomentano i partiti antisistema paiono giunte al punto cruciale. Mentre la Grecia ha dimensioni assai modeste e l’Olanda alla fine pur avendo una economia più vitale non ha un peso decisivo, la Francia non solo ha una caratura politico-economica determinante, ma in queste presidenziali (primo turno 23 aprile, secondo 7 maggio) candidati antisistema sono davvero ad un passo da quella posizione di potere enorme che la carica, in forza dell’iperpresidenzialismo, conferisce al vincitore.

Il programma neo-giacobino di Jean-Luc Mélenchon

di Antonello Tinelli
Le prossime elezioni presidenziali francesi del 23 aprile (primo turno) e del 7 maggio (ballottaggio), potrebbero rappresentare il punto di non ritorno per le traballanti e screditate istituzioni dell’Unione Europea. Dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, la Francia si accinge a sferrare un colpo decisivo al concetto di Europa a trazione tedesca. Se quasi tutti gli analisti politici europei prevedono per la corsa all’Eliseo una contesa tutta a destra tra il “thatcheriano” Fillon e la “gollista” Le Pen, con un Partito Socialista dilaniato e in caduta libera dopo la fallimentare gestione di Hollande, e con l’europeista Macron nel ruolo di ago della bilancia, un quarto incomodo potrebbe scombinare il quadro politico transalpino: il socialista di sinistra, nonché leader carismatico e indiscusso del Front de Gauche, Jean-Luc Mélenchon.

Avviciniamoci a don Milani rispettando il suo spirito

di Francuccio e Michele Gesualdi
Quest’anno, in cui ricorre il cinquantesimo dalla sua morte, sentiamo il bisogno di esprimere quello che a nostro avviso è il modo giusto di avvicinarsi a don Lorenzo Milani rispettando il suo spirito. Crediamo che di fronte ad una persona che come lui ha lasciato un segno nella storia, l’unico atteggiamento corretto è capire cosa ha ancora di importante da dirci, per assumerci le nostre responsabilità. Ossia per chiederci come applicare nel nostro tempo la sua proposta intramontabile. Don Lorenzo ha speso la sua vita per ridare dignità ai contadini e agli operai, che a causa della propria inferiorità culturale, erano umiliati, oppressi e saccheggiati da imprenditori, proprietari terrieri e ogni sorta di profittatori.

La guerra in classe

di Armando Lancellotti
A pagina 183 del Libro della V classe elementare, volume di Religione, Storia, Geografia, stampato a Roma dalla Libreria dello Stato nell’anno XVIII dell’era fascista (1940), nel paragrafo Guerre coloniali, si legge che «L’Italia aveva assoluto bisogno di terre al di là del Mediterraneo, che le assicurassero il più ampio respiro sui mari, possibilità di lavoro ai suoi contadini, aiuti allo sviluppo delle sue industrie e dei suoi commerci».

L’abisso culturale del consumo di suolo

di Paolo Pileri
Non è consentito il consumo di suolo tranne che per “gli interventi e i programmi di trasformazione […] previsti nei piani attuativi […] per i quali i soggetti interessati abbiano presentato istanza per l’approvazione prima della data di entrata in vigore della presente legge, nonché le varianti, il cui procedimento sia attivato prima della data di entrata in vigore della presente legge, che non comportino modifiche di dimensionamento dei piani attuativi”. Non state leggendo un estratto da “La speculazione edilizia”, scritto da Italo Calvino nel 1957. La frase arriva dal disegno di legge che il Senato sta decidendo se approvare o no, nel 2017. Alcuni articoli vanno bene, ma molti altri, come questa che è particolarmente grave e fa l’esatto contrario di quel che abbiamo bisogno, nient’affatto.

Africa, guerra all'umanità

di Roberto Barbieri 
Trenta milioni di persone intorno al bacino del Lago Ciad, in Sud Sudan e nel Corno d'Africa rischiano letteralmente di morire di fame e tra loro ci sono 1,5 milioni di bambini, che potrebbero essere tra le prime vittime di malnutrizione e malattie correlate. Una carestia - che non ha precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale - causata da siccità, guerre e persecuzioni, che generano a loro volta epidemie, esodi di massa, morte. Esempi dell'impatto, che l'uomo può avere su stesso e i propri simili. Crisi che quindi non sono inevitabili, e che dipendono prima di tutto dall'azione umana.

Le applicazioni killer degli algoritmi

di Benedetto Vecchi
Ray Kerzweil è un informatico diventato miliardario per alcuni programmi dedicati al riconoscimento da parte di un computer dei caratteri scritti su carta, alla simulazione del suono di strumenti musicali, alla gestione di archivi usati da medici per le diagnosi dei propri pazienti. La sua è la storia di tanti altri computer scientist che hanno contribuito alla lunga parabola ascendente dell’industria digitale. Il suo nome è tuttavia citato con ammirazione da alcuni e con disprezzo da molti studiosi per la sua tesi della «singolarità tecnologica», in base alla quale lo sviluppo di una tecnologia non ha nessuna linearità, perché si arricchisce di elementi imprevisti che possono determinare il suo momentaneo declino e una successiva repentina accelerazione.

Tasse, multe, regali per potenti. Ecco la «manovretta» di Padoan

di Andrea Colombo 
Cala la sera e la manovra correttiva, in teoria approvata l’11 aprile, infine annunciata per ieri dal ministro Padoan con tanto di scuse per il ritardo, ancora non c’è. Dovrebbe arrivare sul Colle stamattina: «Stiamo limando». Si scrive limando, si legge riscrivendo: impossibile spiegare altrimenti un simile ritardo, che comporta tra l’altro una figura incresciosa con l’Europa. A «limare» è soprattutto Maria Elena Boschi. Deve controllare la correttezza del provvedimento in termini di ritorno propagandistico e impatto sul consenso.

Basta con una sinistra succube del pensiero unico liberista

Intervista a Mauro Alboresi di Vindice Lecis
Parliamo con Mauro Alboresi, segretario nazionale del ricostituito Partito comunista italiano, un preparato e concreto bolognese di 62 anni che ha lavorato a lungo come operaio metalmeccanico ed educatore professionale e ha una solida esperienza come sindacalista della Cgil.
Jean-Luc Mélenchon che conclude a Parigi il comizio al canto dell’Internazionale e ricordando la Comune, che cosa le dice?
“Che la sinistra europea sta facendo finalmente i conti con la propria crisi, tentando di rimettere in campo un pensiero alternativo al liberismo. Un pensiero critico e di profondo cambiamento che nasce da lontano e che rimette al centro valori fondamentali per l’uomo e per la trasformazione della società in senso socialista”.

Campane a morto per la democrazia

di Enrico Euli
La democrazia elettorale e rappresentativa va a rivelare sempre più il suo carattere oligarchico e anti-democratico. Le democrature (dittature “democratiche”) si diffondono nel mondo, e non sono solo una degenerazione all’interno di paesi storicamente poco inclini alla democrazia, come Russia e Turchia, ma vanno a definirsi chiaramente anche nei paesi che si fregiano del titolo di suoi iniziatori: Inghilterra, Francia e Stati Uniti.

Meditazione sull’elettore incompetente

di Andrea Inglese
Siccome è appurato che, con la società liquida, anche l’elettorato diventa liquido, e tutto va verso la magnifica fluidità iper-moderna, anche e soprattutto le credenze, in ispecie quelle politiche che consolidavano i comparti elettorali con la loro auspicata corrispondenza tra interessi di classe e espressione di voto, siccome tutto questo vecchio mondo, psico e socio-rigido si sfalda, qualcuno lamenta una generale impreparazione dell’elettorato. L’elettorato, oggi più che mai, improvvisa e in modo approssimativo. Questa diseducazione è funesta alla democrazia, come la storia europea ha ampiamente dimostrato, con l’idiozia di quei tedeschi che nel 1933 votarono Hitler, per poi pentirsene al più tardi il 7 maggio del 1945, ossia il giorno della resa incondizionata della non più grande Germania.

Di lavoro festivo, modernità e Scalfarotto

di Alessandro Gilioli 
Caro Scalfarotto, ho letto con interesse e piacere il tuo post che - partendo dalle campane medievali - mette i piedi nel piatto di una delle questioni più dibattute e interessanti del nostro tempo e della nostra quotidianità: il lavoro 7/24, o meglio la disponibilità dei beni e dei servizi per i consumatori 7/24. Non c'è dubbio che ci sia una parte di verità in quello che scrivi: siamo sempre più abituati, come consumatori, a godere della disponibilità di beni e servizi all'ora che vogliamo, nei giorni che vogliamo. Ciò, come consumatori, ci facilita la vita.

25 aprile

di Sergio Cararo
Può apparire paradossale che per le manifestazioni del 25 aprile si parli, a sproposito, di tutto tranne che del senso di una giornata che segna la Liberazione dal nazifascismo. A cacciare via i nazifascisti dal nord del paese furono i partigiani che un anno prima non obbedirono agli ordini del generale britannico Alexander (che aveva chiesto di sospendere le azioni militari) e le truppe alleate che avevano risalito la penisola. Da questo prese corpo nel 1946 una Repubblica nata dalla Resistenza. Due anni dopo venne varata una Costituzione repubblicana che ne assunse il valore fondativo.

Come farsi eleggere dittatore della Turchia in dieci mosse

di Thoreau Redcrow
Sembra che il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan si sia fatto eleggere dittatore della Turchia fino al 2029, con un risicato ma conveniente margine del 51%. Quindi, per qualunque altro leader autocratico che voglia replicare le sue gesta, stanco di quelle noiose Costituzioni e limitazioni dell’esecutivo, ecco alcuni passaggi utili compiuti da Erdogan che potreste seguire.

L'aumento dell'IVA è vivo e lotta insieme a noi

di Pietro Nicola Salemi e Davide Serafin
Il dibattito sull’aumento IVA ha oramai raggiunto un picco di surrealismo non più eguagliabile. Come se non esistessero le clausole di salvaguardia che, come un piccione, sono là – ferme – a guardarci sulla guglia del 1 Gennaio 2018. Renzi sostiene di non aver aumentato le tasse. Ed ora si dice contrario al previsto aumento IVA, scolpito nella pietra della Legge di Bilancio 2017, scritta prima del 4 Dicembre e quindi opera sua. Saremmo portati, ora, a scovare qualche rimando alla psicanalisi freudiana. Ma ci tratteniamo e restiamo nel solco della polemica. Le clausole di salvaguardia debuttano nella “tumultuosa” estate del 2011, quella del redde rationem di Berlusconi. Funzionano così: si iscrivono dei soldi a bilancio prevedendone la copertura tramite una misura non certa, da compiere nel futuro ed entro una tale data.

Lettera a Matteo Renzi su lavoro e reddito di cittadinanza

di Alessandro Pertosa
Caro Matteo, so che non leggerai mai questa mia lettera, ma te la scrivo lo stesso nella speranza che qualche ipotetico lettore, incuriosito dall’intestazione, possa decidere di spendere cinque minuti del suo tempo per capire cosa ho da dirti sul lavoro. Lo spunto per il tema me l’hai dato tu con quell’improvvida intervista, rilasciata a Il Messaggero (il 26 febbraio del 2017), in cui contesti il reddito di cittadinanza e proponi invece un «lavoro di cittadinanza». Non ti nascondo che di primo acchito, a leggere quelle parole, ho avuto un travaso di bile. Poi ho lasciato decantare i miei sentimenti bellicosi e alla fine ho deciso di prendere carta e tastiera per provare a dirtene quattro. E non, bada bene, per un’antipatia politica nei tuoi confronti (che non ho: mi sei del tutto indifferente).

Un ritratto dell'indomito Mélenchon

di I Diavoli
«Mi chiamo Jean-Luc Mélenchon. Sono nato il 19 agosto 1951 a Tangeri, in Marocco. Sono alto 1.74 m. Peso 79 chili. Porto la taglia 41/42 per le camicie, la 42 (46 italiana, ndr) per i pantaloni. Calzo il 42. Tutti i miei capelli sono naturali e non sono tinti. Non ho ereditato un castello né un partito fondato da mio padre». Correva l’anno 2013 e l’allora presidente del Front de Gauche sciorinava i suoi personalissimi dati online. L’ironia era riservata a Marine Le Pen, leader del Front National di estrema destra, e all’amara battaglia di Francia per la pubblicazione dei patrimoni dei politici.

Perché le ong che salvano vite nel Mediterraneo sono sotto attacco

di Annalisa Camilli 
Nel fine settimana del 15 e 16 aprile sono state soccorse al largo della Libia 8.300 persone in 55 diverse operazioni condotte dalle navi delle organizzazioni non governative e dalle navi militari, i soccorsi sono stati coordinati dalla centrale operativa della guardia costiera di Roma e l’aumento degli arrivi è in parte da attribuire al miglioramento delle condizioni del mare. I nuovi arrivi, tuttavia, hanno riacceso le polemiche che negli ultimi mesi hanno coinvolto le organizzazioni umanitarie che si occupano di soccorrere i migranti nel Mediterraneo. Il leader della Lega nord Matteo Salvini ha minacciato di “denunciare il governo italiano” per aver soccorso migliaia di persone al largo della Libia. Anche il leader dei cinquestelle Beppe Grillo sul suo blog ha parlato “del ruolo oscuro delle ong”.

Anticorruzione? avevamo scherzato

di Anna Lombroso 
Aveva ricevuto una investitura come un crociato, rinnovata in tutte le liturgie ufficiali e esibita in ogni cerimonia e celebrazione di regime. Era lui l’alta autorità con funzioni più pubblicitarie che etiche, più propagandistiche che concrete, il babau dei malfattori, lo spaventapasseri dei prezzolati e lo spauracchio dei tentatori, offerto come una reliquia morale all’adorazione di chi voleva credere che bastasse una icona prestigiosa a intimidire e scoraggiare usi e costumi diventati sistema di governo e pratica comune a tutti i livelli decisionali.

Droni militari, la minaccia volante

di Giacomo Pellini 
Quindici anni fa, il 4 febbraio del 2002, nei pressi della città di Khost in Afghanistan, un drone americano lanciava un missile Helfire contro tre uomini, uccidendoli. Si tratta del primo attacco effettuato da un velivolo a pilotaggio remoto. Il drone era sulle tracce di Bin Laden, ma con ogni probabilità le vittime non erano terroristi, ma uomini intenti a recuperare metallo. Quel giorno cominciò l’epoca dei droni militari. Una tecnologia spesso poco conosciuta ai più – in Italia solo il 40% delle persone ne è a conoscenza – ma incrementata negli anni.

Pensieri “scorretti”: in Italia si muore di lavoro

di Ernesto Ferrante 
Possono affittarsi l’utero di una “madre portante” di un paese più povero del nostro, unirsi “civilmente” con il collega di cantiere o di reparto e vincere addirittura l’epica battaglia contro l’olio di palma ma devono pisciarsi addosso e continuare a cadere dai solai, ad essere schiacciati come mosche sotto pietre e ferro, svenire per la fatica o perdere arti. Sono i lavoratori di quest’Italia virtuosa solo nelle agiografie firmate da gazzettieri e cantastorie. Qualche giorno fa, un operaio edile è stato schiacciato dal monumento funebre che stava costruendo nel cimitero di Teverola, in Provincia di Caserta. Dinamiche da Egitto al tempo dei Faraoni, eppure siamo nel 2017.

Per quale scienza abbiamo bisogno di marciare?

di Angelo Piga
Sabato 22 Aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, in tante città del mondo si terrà la March for Science [1] (Marcia per la Scienza), un evento che sta avendo ampio risalto in rete e ci si aspetta molto partecipato. A livello locale si differenzierà in cortei, sit-in, conferenze, concerti ed è per un verso una “celebrazione della scienza” e dall’altro un invito a “difenderla”. I virgolettati sono presi dall’appello statunitense, quello originario che successivamente è stato riadattato in svariati paesi cambiandone alcune sfumature. In Italia a Roma è convocato un corteo che alle 16.00 partirà dal Pantheon e terminerà a Campo de’ Fiori con interventi di ricercatori e artisti e collegamenti dalle altre piazze.

Storie da hotspot

di STAMP, Campagna Welcome Taranto e Un Ponte Per
La persona in oggetto indicata è invitata a presentarsi presso la questura di Bologna – Ufficio Immigrazione, in data 10/04/2017, per regolarizzare la propria posizione sul Territorio nazionale in relazione alla richiesta di protezione internazionale formalizzata nella suddetta questura”. Questo è quanto si legge in un documento dell'ufficio immigrazione della questura di Taranto: un foglietto scritto in italiano, non tradotto nelle lingue veicolari, è stato consegnato a due donne delle Isole Comore arrivate, o meglio, prelevate coattivamente da Ventimiglia nella notte tra il 7 e l'8 aprile, per essere identificate all'hotspot di Taranto ed essere rilasciate il giorno successivo.

G7, incubo flop a Taormina. Alla città non rimarrà nulla

di Alberto Sofia 
Sarà pure un vizio italico, quello dei ritardi cronici e dei rinvii, con l’incubo del flop internazionale. O un copione che si ripete identico, per ogni “grande evento” da organizzare, con le opere da assegnare in “somma urgenza“, le inevitabili ombre sui cantieri, i “soliti noti” a puntare la torta degli appalti. Quel che è certo è che nemmeno al G7 di Taormina del 26 e 27 maggio si cambierà abitudine. Stessa corsa, stessi errori: quando manca poco più di un mese al summit dei grandi della Terra, la “Perla dello Ionio” è ancora un gran cantiere, tra disagi, confusione, promesse e annunci traditi. In fondo, era già chiaro tre mesi fa come sarebbe finita: tutto fermo, nemmeno un euro speso, nessun lavoro ancora partito. Oggi si lavora per evitare in extremis la “figuraccia” temuta dal sindaco del centro siciliano, Eligio Giardina. Ma, almeno per ora, c’è ben poco da esultare.

Moltitudine chavista in piazza contro la «spallata» delle destre

di Geraldina Colotti
La marea rossa avanza cantando e gridando «Pace, pace». I giornalisti indipendenti lanciano sui social immagini e proiezioni di numeri: di sicuro più di un milione, c’è chi dice due. È la risposta popolare alla «madre di tutte le manifestazioni», lanciata dall’opposizione venezuelana. Anche le destre sparano numeri, subito ripresi e amplificati dalla grande stampa internazionale. Le poche immagini messe a confronto, mostrano una realtà assai diversa: dal lato dell’opposizione, a sfilare saranno state 30-50.000 persone. Ben pochi dubbi, per chi conosce l’urbanistica di Caracas anche con le inquadrature «giuste».

16,1 miliardi di euro in sussidi ambientalmente dannosi. Iva compresa

di Luca Aterini
«Si tratta di oltre 41 miliardi di euro di sussidi, circa il 2,5% del Pil nazionale, di cui 9 Mld€ classificati come incerti o neutri, mentre i 32 Mld€ rimanenti si dividono circa a metà», tra sussidi ambientalmente favorevoli (Saf) e sussidi ambientalmente dannosi (Sad). Per l’esattezza questi ultimi sono i maggiori: 16,1 contro 15,7 miliardi di euro. In altre parole, lo Stato sostiene le attività dannose per l’ambiente più di quanto non faccia con quelle pulite.

venerdì 21 aprile 2017

Il regime neoliberista e il nuovo autoritarismo. Intervista a Henry A. Giroux

Intervista a Henry A. Giroux di Joao Pedro-Carañana
Il marchio del populismo di Trump e la sua politica sono una tragedia per la democrazia e un trionfo per l’autoritarismo. Usando la manipolazione, la rappresentazione sbagliata e un discorso di odio, sta mandando avanti le politiche designate a distruggere lo stato sociale e le istituzioni che rendono possibile la democrazia. I primi pochi mesi di Trump in carica offrono uno scorcio terrificante di un progetto autoritario che unisce la spietatezza del neoliberalismo con un attacco alla memoria storica, all’operato critico, all’educazione, alla parità e alla verità stessa. Mentre gli Stati Uniti forse non sono nel pieno della fioritura del fascismo degli anni ’30, sono nel momento critico di un autoritarismo violento di stile americano. Questi sono tempi realmente pericolosi quando gli estremisti di destra continuano a spostarsi dai margini al centro della vita politica.

Dove stanno i «veri» partigiani

di Alessandro Portelli
Grazie a una straordinaria combinazione di stupidità, meschinità e arroganza, stiamo riuscendo a realizzare quello che non era riuscito a Berlusconi: cancellare il 25 aprile. Io trovo stupida e settaria la pretesa di impedire la presenza delle bandiere della Brigata Ebraica. La Resistenza, la guerra di liberazione, l’antifascismo sono state realtà complesse e molto diversificate. La Brigata ebraica, corpo militare inquadrato nell’esercito inglese, non è la stessa cosa della Brigata Garibaldi, ma nel ’44 nel fronte contro i nazisti c’era; non è giusto dimenticarselo, ed è sciocco settarismo farne occasione di scontro in un momento che dovrebbe invece sancire la capacità della democrazia antifascista di far convivere differenze e contrasti senza trasformarli in violenza.

La fine non è già scritta: Corbyn lancia la campagna da combattimento

di Leonardo Clausi
Jeremy Corbyn è un po’ l’uomo che cadde su Westminster: un alieno colpevole di non avere nulla dell’arrogante accondiscendenza che scorre di solito tra quegli scranni – di cui Theresa May ha dato particolare sfoggio in queste ultime ore – e che per questo viene regolarmente sbeffeggiato. Ma è qui che ha scelto di lanciare ieri la sua campagna elettorale, con una breve orazione da combattimento. Esattamente come se fosse in piazza, a una delle migliaia di manifestazioni alle quali ha partecipato nella sua lunga carriera politica. Usando un linguaggio semplice ed efficace, si è scrollato di dosso il disagio carsico che affiora nei suoi interventi in aula. Soprattutto, è stato capace di trascinare, cosa impossibile a chiunque dei suoi innumerevoli detrattori nel partito. E per un attimo, figurarsi quest’uomo buono e onesto al numero dieci di Downing Street è parso addirittura possibile.