La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 7 ottobre 2017

Che Guevara, un antidogmatico che ci fa discutere ancora

di Aldo Garzia
Dopo pochi giorni da quel maledetto 9 ottobre 1967 in cui fu assassinato in Bolivia, Ernesto Guevara era già riferimento ideale dei movimenti che scuotevano l’occidente e il terzo mondo. Il 1968 italiano, con la pubblicazione da parte dell’editore Feltrinelli in anteprima mondiale del Diario del Che in Bolivia e di una antologia di discorsi e scritti, consacrò Guevara in questo ruolo. In quegli anni non esistevano voli aerei low cost, Cuba e Vietnam sembravano lontanissimi, eppure il Che e Ho Chi Minh ci parlavano da vicino del risveglio del terzo mondo e di liberazione. 

Berlinguer e la terza fase del movimento operaio. Presupposti e condizioni di un nuovo socialismo

di Paolo Ciofi
1 - Berlinguer e Lenin
«Nell’Europa occidentale c’è ancora il capitalismo: il Pci vuole sempre liquidare il capitalismo?», domanda Eugenio Scalfari in un’intervista del 2 agosto 1978. «La risposta è sì», afferma Enrico Berlinguer. «Noi vogliamo arrivare a realizzare qui, nell’Occidente europeo, un assetto economico, sociale, statale non più capitalistico, ma che non ricalchi alcun modello e non ripeta alcune delle esperienze socialiste finora realizzate e che, al tempo stesso, non si riduca a riesumare esperimenti di tipo socialdemocratico, i quali si sono limitati alla gestione del capitalismo. Noi siamo per la terza soluzione, la quale è richiesta proprio dalla impossibilità di acquietarsi nella situazione mondiale odierna».

Sinistra, svegliati: fuori c'è il mondo!

di Tomaso Montanari 
C'è un mondo, fuori. Fuori dai racconti giornalistici, dal teatro, dagli avvitamenti sui nomi e sulle biografie della vecchia politica: fuori da tutto questo c'è un mondo. Un mondo reale: un mondo da cambiare, "grande e terribile". E in quel mondo c'è un popolo. Un popolo che sente sulla propria pelle "la scandalosa realtà di questo mondo" (sono parole di papa Francesco). E che forse, questa è la speranza, è pronto a unirsi per cambiarlo, questo benedetto mondo.

Catalogna: non si tratta (solo) di indipendenza, ma di democrazia

di Joan Subirats
Siamo nel pieno di una spirale di eventi che non ci consentono di fondare i nostri commenti su di un terreno stabile. In Catalogna tutto si muove a un ritmo indiavolato. Sicuramente era tutto prevedibile, visto che era annunciato, tuttavia i principali attori hanno proseguito imperterriti per la loro strada. Per come stanno le cose e avendo già constatato direttamente e indirettamente che lo scontro finisce per alimentare e rafforzare le posizioni dei contendenti, credo che convenga cominciare a capire che la cosa rivoluzionaria è proprio uscire da questo status quo.

Maastricht: 25 anni bastano

di Marco Bersani
Per destrutturare l'economia del debito, occorre affrontare l'architettura monetarista dell'Unione Europea, a partire da uno spartiacque fondamentale: il Trattato di Maastricht1 approvato nel 1992. Perché se è vero che l'Europa Unita è stata da sempre pensata come un progetto neoliberale, è altrettanto vero che, con il Trattato di Maastricht, ogni possibile dialettica tra dottrina liberista e politiche redistributive di tipo keynesiano è stata definitivamente accantonata, per imporre un'integrazione continentale basata unicamente su una “economia di mercato aperta e in libera concorrenza”.

Ha ragione Montanari, il tempo è ora. L’Italia ha bisogno di una storia nuova a sinistra

di Nicola Fratoianni 
Tomaso Montanari ha ragione. Il tempo è ora. E non si può aspettare più. L'impressione è quella di essere precipitati dentro la sceneggiatura di una commedia, neppure ben scritta. Un dibattito asfittico e autoreferenziale perché privo degli occhi, e delle orecchie, per vedere e ascoltare ciò che accade nel mondo che ci circonda. Un dibattito che riduce la politica alla tattica, al posizionamento, nel quale ciò che scompare è il cuore della questione.

La parabola della democrazia dei partiti

di Nadia Urbinati
A giudicare dalla valanga di pubblicazioni sulla sua “crisi” la democrazia non sembra godere di buona salute, anche se non è facile misurare con oggettiva certezza il senso del suo stato di crisi, esso stesso una questione di opinione o “feeling”; e poi perché le forme di aperta critica all’establishment sono esse stesse segno di una società libera e ospitale al dissenso, e in questo solidamente democratica (in fondo, perché l’opposizione aspiri a diventare maggioranza deve sviluppare argomenti contro l’establishment). Dunque, perché “crisi”?

Sinistra e governo, essere divisivi è la premessa contro l’irrilevanza

di Michele Prospero
In certi momenti si deve essere divisivi, pena l’irrilevanza. Se non prevale nel Mdp chi spinge verso una nitida differenziazione, e prepara così le condizioni per uscire dal governo, si sprofonda in un chiacchiericcio che alla lunga stanca. I tempi stringono e, per aggregare le forze in un largo progetto unitario, serve una disincantata capacità di rottura. Senza operazioni costose (che attirano l’accusa prezzolata di essere per il tanto peggio) ma indispensabili di fuga, non si va lontano nella strategia.

Non si può trattare con un governo violento. Intervista a Ada Colau

Intervista a Ada Colau di Concita De Gregorio
"Sì, è così. Domani ci sarà la seconda riunione. Il Manifesto sottoscritto a Saragozza il 24 settembre è stato il primo passo di un progetto politico che punta ad arrivare a un'alternativa al governo Rajoy. È una mano tesa ai socialisti di Pedro Sánchez. Solo un nuovo governo può trattare con la Catalogna, ormai, dopo le violenze di domenica scorsa. E una trattativa che porti a un referendum concordato fra Spagna e Catalogna è l'unica via d'uscita da questa situazione pericolosissima. La dichiarazione unilaterale d'indipendenza non è una soluzione, porterebbe certamente alla sospensione dell'autonomia catalana da parte del governo centrale con conseguenze che nessuno può immaginare. Serve quindi un governo in grado di trattare con la Generalitat catalana, e questo non è il governo di Mariano Rajoy".

Stati Uniti e America Latina

di Luis Armando González
Ci sono alcuni che, purtroppo, hanno una visione delle relazioni tra Stati Uniti e America Latina che non va indietro nel tempo oltre gli anni novanta del XX secolo. Oltre a dimostrare questa miopia, sono soliti concentrarsi sui benefici di tali relazioni – giudicate principalmente sulla base della cooperazione economica – ignorando quanto nocivo, in termini sociali ed economici, sia stato l'appoggio degli Stati Uniti a governi autoritari, per non dimenticare i costi degli interventi diretti di questo paese nelle società che li hanno subiti.

venerdì 6 ottobre 2017

Il diritto all’autodeterminazione del popolo catalano

di Ramon Mantovani 
Quel che è successo il 1 ottobre in Catalunya non lascerà nulla uguale a se stesso. La violenza gratuita e brutale della Policia Nacional e della Guardia Civil contro la popolazione inerme che difendeva i seggi del referendum con la sola resistenza passiva, è l’ultimo atto di un processo sociale, politico ed istituzionale lungo ormai anni. Per quanto grave e ripugnante, questa violenza di stato, non è tanto importante in sé quanto perché vi si condensano numerose e pesanti ingiustizie secolari e più recenti. Si tratta di qualcosa che insiste su ferite aperte e mai rimarginate, che tocca nel profondo i sentimenti e non solo le ragioni di un intero popolo, che evoca i periodi più bui della storia della Spagna, che non sono pochi.

Podemos spiegato da podemos

di Fabrizio Marcucci 
C’è un momento in cui in aula qualcuno accenna a battere le mani, altri lo seguono. Lui s’inserisce in quell’attimo sospeso in cui l’applauso è partito ma non ancora decollato: «Non applaudite ora, applaudite quando ci sarà la rivoluzione». Scandita l’ultima sillaba, sarà tutta la sala a battere le mani. Non è la prima volta, e non sarà l’ultima in cui i tanti stipati anche sui gradini di quest’aula della facoltà di Scienze politiche di Perugia, interromperanno le sue parole per manifestare apprezzamento nei confronti di questo professore-teorico-politico spagnolo decisamente, e lucidamente, fuori dagli schemi.

Ecco perché la questione catalana riguarda tutti. Intervista a Mercè Barceló

Intervista a Mercè Barceló di Monica Pepe
“La nostra non è una rivendicazione meramente nazionalista ma stiamo reclamando più democrazia in Spagna. Questa vicenda riguarda tutti, non soltanto i catalani”. Mercè Barceló, professoressa di Diritto Costituzionale all'Università Autonoma di Barcellona, spiega le ragioni del referendum e della questione catalana, all'indomani delle violenze del governo spagnolo “davanti agli occhi del mondo” (come ha detto la sindaca Ada Colau). Sabato 7 e domenica 8 ottobre parteciperà alla prima conferenza dei giuristi del Mediterraneo organizzata dai Giuristi Democratici a Napoli presso l’Ex Asilo Filangieri e nel Complesso San Domenico Maggiore. 

Che bel gioco deridere la sinistra

di Bia Sarasini
Ci deve essere una ragione che io non capisco per cui appare così interessante e di moda prendersela con la sinistra. E insistere a dire che non c'è, e se c'è è malata, di una malattia mortale, la malattia della divisione continua. Perché prendersela tanto, se non c'è? Con chi se la prendono? Quello che so è che qui, in Italia, non si dice che sono stati i partiti e i governi di centrosinistra - oltre quelli di destra -a sostenere le politiche che hanno cancellato le misure che facevano stare meglio le persone che hanno niente o poco.

La terra di Bergoglio. Un messaggio contro la ubris del dominio sulla natura e sugli altri

di Guido Viale
Per Francesco la terra è innanzitutto il campo: la sede in cui si svolge e da cui dipende la vita di quei contadini di quei braccianti che, insieme ai recuperatori di rifiuti e di strutture abbandonate, costituiscono la base sociale principale dei movimenti popolari. Quei movimenti radunati dal papa per offrire loro una sede dove coordinarsi, definire i propri obiettivi, far sentire la propria voce. A loro sono infatti rivolti tre dei principali discorsi che hanno caratterizzato la svolta che Francesco ha cercato di imprimere al ruolo della chiesa con il suo pontificato.

Il Che 50 anni fa. Encuentro Mundial in Bolivia

di Claudio Madricardo
"Si compiono undici mesi dall’inaugurazione della guerriglia. Giornata senza complicazioni, bucolica… ci rendiamo conto che siamo a circa una lega da La Higuera." Questa è l’ultima annotazione che appare sul Diario boliviano di Ernesto Che Guevara, scritta il 7 ottobre 1967, un giorno appena dalla sua cattura alla Quebrada del Yuro, dove viene sorpreso da cinque battaglioni di ranger che gli danno la caccia per la probabile delazione di una vecchia contadina. Il cui silenzio Guevara aveva cercato di comprare con cinquanta pesos.

Il punto di vista della sinistra indipendentista catalana. Intervista ad Aina Tella

Intervista ad Aina Tella di Giansandro Merli
Intervista ad Aina Tella, responsabile delle relazioni internazionali della CUP, per approfondire la situazione catalana. Mercoledì 11 ottobre, presso ESC, il dibattito "La Catalogna dopo il referendum" con Nuria Gibert, portavoce nazionale della sinistra indipendentista, e Guido Caldiron, giornalista de Il Manifesto.

Il patto Italia-Libia per fermare il flusso di migranti rischia di collassare

di Patrick Wintour 
Il pilastro centrale e strategico sul quale si basano gli sforzi del governo italiano, affidatosi alla Libia per fermare il flusso migratorio nel Mediterraneo, è ora a rischio collasso: tale azione ha prodotto come risultato un conflitto sanguinoso per il controllo del potere nel porto libico principale, Sabratha, l'epicentro del traffico di esseri umani dalle coste della Libia a quelle italiane. Il Primo Ministro italiano, Paolo Gentiloni, aveva acclamato con soddisfazione la notizia del calo dell'80% degli sbarchi tra luglio e agosto ma, nell'ultimo mese, il numero dei migranti in arrivo è improvvisamente tornato a risalire.

Dare un senso nuovo alla parola “internazionalismo”

di Simona Maggiorelli 
Internazionalismo è una parola che è uscita da tempo dal vocabolario della sinistra. Oggi suona come un termine desueto, antico, buono soltanto per i manuali. Quale sia stato il suo significato e la sua importanza nella storia del socialismo lo abbiamo chiesto a uno studioso rigoroso e militante come Luciano Canfora, che aprendo la cover story invita a riflettere su quanto – purtroppo assai più della sinistra – il capitalismo abbia saputo sfruttare questo concetto a proprio vantaggio.

Catalogna tra crisi di legittimità, indipendentismo e repressione

di Nicola Melloni
Il conflitto, per ora solo politico, in atto in Catalogna divide coscienze e scalda gli animi, anche e soprattutto a sinistra: da una parte chi difende lo stato di diritto, dall’altro chi si concentra sulla volontà popolare, rievocando una vecchia discussione tra democrazia sostanziale e formale; e poi, il diritto all’autodeterminazione dei popoli contro quello degli Stati a difendere la loro integrità; per finire, chi accusa i catalani dell’egoismo di chi vuole sempre più dal governo centrale, mentre dall’altra parte si punta il dito contro la violenza di stato inscenata dalla polizia.

Riforma elettorale: due leggi e elementi incostituzionali, dove lavorare

di Alfiero Grandi
Noi rivendichiamo con forza il risultato del referendum del 4 dicembre 2016, che troppi stanno cercando di ignorare e di far dimenticare. Naturalmente la vittoria del No appartiene a tutti coloro che il 4 dicembre 2016 si sono pronunciati contro la deformazione della Costituzione fortemente voluta da Renzi. Quindi non è solo nostra, ma perfino di settori che in passato non si sono certo schierati a difesa della Costituzione, ma questo è un problema loro non nostro.

Lettera di una professoressa: questa è la scuola che vorrei

di Mariantonietta Rufini
Quando suona la campanella sono già in classe perché mi piace aspettare che i ragazzi entrino e mi trovino lì ad aspettarli. Mi piace vederli entrare un po’ assonnati e salutarli con un bel “Buongiorno!”. Sì, perché vorrei che ogni volta per noi fosse un buon giorno. Invece mi ritrovo immediatamente a dover fare cose che mi distraggono dal rapporto con loro. Devo tirar fuori il mio computer, perché la scuola, nonostante il Piano Nazionale per la Scuola Digitale, non me lo fornisce, e iniziare a registrare una serie di cose sul tanto osannato registro elettronico: assenze e giustificazioni che poi devo riscrivere anche sul registro cartaceo, oltre che firmare su ogni libretto delle giustificazioni.

Internazionalismo e indipendenza, una questione di classe

di Francesco Piccioni
La Catalogna che vuole essere indipendente ha stravolto molte consolidate convinzioni anche nella sinistra comunista (spesso sedicente, ma stendiamo un velo pietoso…). E improvvisamente ci siamo trovati a leggere considerazioni di compagni che sembrano ignorare, o aver dimenticato, la complessa relazione tra internazionalismo e indipendenza nazionale. Una relazione, diciamolo subito, che è stata un’architrave del movimento comunista storico, permettendo di sposare la spinta alle rivoluzioni (inevitabilmente limitate a singoli territori nazionali, anche se ovviamente internazionaliste come visione generale) con l’unità sovranazionale del movimento (almeno fin quando Urss e Cina non hanno seguito strade diverse).

Articolo 18 e Jobs act: licenziati in qualsiasi momento, reintegrati praticamente mai

di Francesco Montorio
Il Jobs act ha introdotto nel nostro ordinamento il contratto di lavoro a tempo “indeterminabile”. In pratica, dal 7 marzo 2015 si può essere licenziati in qualsiasi momento e senza particolari motivazioni. “Conquista” vanto di Renzi: Noi abbiamo infranto il tabù dell’art. 18. A ben guardare, però, anche per i lavoratori con un “vecchio” contratto a tempo indeterminato le tutele erano già state fortemente compresse: a più di 6,5 milioni di persone si applica l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, così come svilito da tutto l’impianto sostanziale e processuale della riforma Fornero del 2012.

Perché il mito di Ernesto Che Guevara è immortale

di Wlodek Goldkorn
I ribelli caduti in campo di battaglia si dividono grosso modo in tre categorie: la prima, coloro che cercano la morte gloriosa perché le generazioni future cantino le loro gesta, un po’ come Ettore, che nella versione omerica non era ribelle, ma comunque da oltre 2.500 anni funziona da modello. Poi ci sono coloro che perdono la vita perché sconfitti in una battaglia che pensavano di poter vincere o che valeva la pena di combattere; e stiamo parlando di migliaia e migliaia di rivoluzionari, partigiani, rivoltosi, da Spartaco in giù.

Dalle attività minerarie ai corpi

di Sandro Mezzadra e Stefano Rota 
Di cosa parliamo quando usiamo il termine estrattivismo? Riprendendo il percorso di analisi altrove sviluppato in maniera più completa da S. Mezzadra e B. Neilson, l’estrattivismo è definibile come l’ambito delle operazioni di capitale che, partendo dalle forme più tradizionali legate alle attività minerarie e di business agricolo – le cui radici risalgono agli albori dell’era coloniale -, si espandono ad altri settori apparentemente lontani da quelle due attività primarie. Questi nuovi ambiti, tuttavia, condividono con le pratiche estrattive intese in senso letterale le logiche di funzionamento e il rapporto con l’ambito in cui l’operazione avviene, sia esso rappresentato da un territorio, da dei corpi o da forme di cooperazione sociale.

Le ragioni del no all'alternanza scuola-lavoro (anche quando a promuoverla è la Cgil)

di Marina Boscaino 
Ci verranno a dire che è meglio occupare gli spazi per evitare che li occupino altri. Aggiungeranno che si tratta di un intervento per curvare il processo nella direzione giusta. Non voglio, con questo mio intervento, rischiare di essere annoverata tra gli odierni detrattori del sindacalismo, la cui fondamentali presenza e libertà organizzativa sono garantite dall’art. 39 della Costituzione. Eppure la notizia che la Cgil in alcune regioni di Italia stia scendendo in campo per proporsi come partner di alternanza scuola-lavoro non può che lasciare sbigottiti ed interdetti. È di questi giorni la presentazione di un progetto che coinvolgerà in Lombardia circa 200 ragazzi.

Il razzismo è dall’alto verso il basso

di Gaetano De Monte
«Le discriminazioni istituzionali, l’allarmismo dei media, il costante amalgama fra migranti e terroristi, la cattiva gestione dell’accoglienza – almeno in alcuni Stati-membri – non fanno che favorire ondate ricorrenti di xenofobia nei confronti degli indesiderabili, usati come capri espiatori», scrive l’antropologa Annamaria Rivera nel saggio: “Dalle politiche migranticide dell’Unione Europea alle comunità del rancore” che introduce il Quarto Libro bianco sul razzismo in Italia.

L’antivirus si chiama proporzionale

di Massimo Villone
Per capire meglio la colluttazione in atto nella Commissione affari costituzionali della Camera in tema di soglie di sbarramento e coalizioni bisogna tornare ai fondamentali. Proporzionale o maggioritario? Alcuni – tra cui io – insistono sul ritorno al proporzionale. Passatisti ultras? Niente affatto. Il maggioritario in qualunque forma – uninominale di collegio o proporzionale con premio di maggioranza – funziona su un principio di base: sovra-rappresentare i soggetti politici vincenti, sotto-rappresentare i perdenti.

Cooperative, così sono diventate un rifugio per peccatori di lusso

di Sergio Caserta 
Nella mia trascorsa attività di cooperatore, iniziata a metà degli anni 70 come fondatore di una cooperativa e poi divenuta attività professionale per lunghi anni, ho avuto modo per le diverse esperienze e situazioni vissute, di conoscere a fondo l’organizzazione della Lega nazionale delle cooperative e mutue, oggi ribattezzata sinteticamente “Legacoop”. La cooperazione italiana sorta agli albori della storia del movimento operaio e passata attraverso la prima rivoluzione industriale e le due guerre mondiali, è diventata nel secondo dopoguerra un esteso e forte movimento economico di imprese associate, con milioni di soci cooperatrici e cooperatori.

Scuola. I dati OCSE non la raccontano giusta

di Loredana Fraleone
Si fa un gran parlare sui media dei dati OCSE, pubblicati in questi giorni, e naturalmente stante il livello di omologazione, che regna sovrano, vengono richiamati in modo acritico, perfino rispetto all’esaltazione del “Jobs Act” e della “Buona Scuola”, che secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico provocherebbero un risanamento della mal messa situazione italiana. A entrare nel merito però, non solo per alcuni dati contraddittori, viene avvalorato il sospetto che la ricerca commissionata dai paesi “sviluppati” voglia dare un sostegno “autorevole” all’ideologia dell’impresa e del liberismo dominante.

17 ottobre: manifestazioni di lotta contro la povertà. L’ipocrisia dei governi

Il 17 ottobre sarà celebrato in Italia e in altri paesi del mondo, come ogni anno da tanti anni, il rito delle manifestazioni dette di “lotta contro la povertà”. Sono spesso e volentieri sostenute dagli stessi governi che per il resto dell’anno non hanno fatto che attuare politiche che rinforzano le cause strutturali generatrici dell’impoverimento dei già impoveriti. Le manifestazioni vedono coinvolte anche associazioni e movimenti per altri versi di prestigio e conosciute per il loro alto impegno umano e sociale. Come direbbe Papa Francesco, la lotta per lo sradicamento della povertà chiede ben altro che il rito della passerella dei buoni sentimenti sui media nazionali ed internazionali.

Ius soli. Un solo diritto, tante storie

di Chiara Ingrao
C’è qualcosa di particolarmente prezioso, nell’appello degli insegnanti per lo ius soli: il suo pacato spostare lo sguardo, dai fantasmi dell’emergenza alla normalità quotidiana. È intollerabile, per chi dovrebbe insegnare a rispettare cittadinanza e diritti, che a più di 800.000 dei propri studenti, nati o cresciuti in Italia, continui a essere negato il diritto alla cittadinanza. Punto. Io non so se questa assunzione di responsabilità riuscirà a trovare finalmente ascolto nei luoghi della politica. So che può e deve dilagare ben oltre, rispetto alle 5.000 firme finora raggiunte (è possibile firmare qui): che deve riuscire a risvegliare dal torpore colleghi e colleghe ancora troppo inerti, genitori e famiglie ancora troppo dubbiosi.

A proposito di Catalogna: ipotesi sconfinamento

di Emmanuel Rodríguez
Poco a poco in Catalogna stiamo uscendo dalla rappresentazione teatrale, dal divertente minuette che metteva contro i due partiti-amministrazione, per andare a infilarci in altro. Ciò che è successo negli ultimi cinque o sei giorni ha qualcosa della ripetizione storica, come se l’inerzia dei vecchi problemi nazionali (la “questione catalana”, l’inflessibilità-irriformabilità dello Stato) ci avessero catapultato in una sorta di bis pop o postmoderno del 1934. In quell’anno, una dichiarazione d’indipendenza della Catalogna finì con varie decine di morti, mentre si accendeva l’insurrezione operaia nelle Asturie. Fu il prolegomeno della guerra civile. La questione (tutta la questione) sta, nonostante ciò, in quegli aggettivi: “pop” e “postmoderno”.

Perché in Germania si riaffaccia lo spettro nazista. Intervista a Herfried Münkler

Intervista a Herfried Münkler di Stefano Vastano
La Germania è cambiata. Ma non da oggi: dal 4 settembre 2015, il giorno in cui la cancelliera Merkel ha aperto i confini a un milione di profughi, quasi tutti siriani. E moltissimi tedeschi si sono infuriati. Sono quei milioni che la settimana scorsa hanno votato per Afd, il partito dell’estrema destra che ha fatto irruzione in Parlamento conquistando quasi 100 seggi, sottraendo un milione di voti alla Cdu, mezzo milione all’Spd e un altro mezzo milione alla sinistra (la Linke). Herfried Münkler, uno dei più prestigiosi storici tedeschi, aveva previsto lo scenario di un Paese diviso nel suo recente libro “I nuovi tedeschi“, scritto insieme a sua moglie Marina: un saggio sulle profonde mutazioni sociali, economiche e politiche che stanno caratterizzando la Germania di fronte alle migrazioni.

L'impegno di Angela Davis

di Giovanni De Mauro 
L’ottimismo è solo mancanza di informazioni, ha detto una volta Heiner Müller, poeta e drammaturgo tedesco. Angela Davis di sicuro non la pensa così. Nel suo lungo dialogo con Ida Dominijanni, sabato scorso al teatro Comunale di Ferrara, ha ripetuto più volte che viviamo in tempi entusiasmanti, malgrado tutte le difficoltà.

Referendum in Catalogna. L’onda lunga della Ragion di Stato in tre scene

di Fabio Mengali
Se fosse dubbio che la storia si ripresenta sempre come farsa, gli ultimi quindici giorni in Catalogna dovrebbero liberare da qualsiasi incertezza. Non è del resto la prima volta che un potere centrale situato a Madrid dispieghi la forza militare per sedare e silenziare la volontà popolare dei paesi catalani, tanto per iniziare durante la guerra civile spagnola degli anni Trenta che finì con una carneficina dei catalani, colpevoli di essere repubblicani. Un paragone forte, si dirà; e sicuramente, per certi versi, lo è. Non bisogna però pensare all’omologo delle tecniche di guerra, dei suoi crimini e della situazione politica di quasi cento anni fa, ovviamente.

Il superticket è iniquo ma è tutta la sanità allo sfascio. E Pisapia non lo sa...

di Ivan Cavicchi
L’incontro di lunedì tra Campo progressista, Movimento democratici e progressisti e governo sull’aggiornamento del Def, ovvero la legge di bilancio, mi ha lasciato francamente senza parole. Applaudo, quindi, al ravvedimento di Mpd che si sfila dagli impegni politici presi incautamente in quella circostanza perché ritengo che appoggiare una politica economica antipopolare per chi fa opposizione sia praticamente un suicidio. Bravo Filippo Bubbico, le sue dimissioni valgono più di mille discorsi.

Populismo e Stato sociale. Alla radice del problema

di Ugo Carlone
C’è un pericolo, in Europa e nel mondo, che ha un nome ben preciso: si chiama populismo. E al combattere questo pericolo, Tito Boeri, attuale presidente dell’Inps, ha dedicato un breve, ma denso e chiarissimo libro da poco uscito per Laterza, Populismo e stato sociale. Secondo l’economista, i partiti europei che si ispirano a questa area “offrono un messaggio semplice quanto pericoloso: interrompere il processo di integrazione europea e chiudere le frontiere agli immigrati, per meglio proteggere le persone più vulnerabili dalle sfide della globalizzazione”.

Gente di fabbrica

Filomena è entrata in fabbrica a 25 anni. In una fabbrica “speciale”, l'Olivetti. Oggi di anni ne ha 42 e lavora in un call center della Telecom. All'Olivetti di Leinì faceva l'operaia, dopo la trafila di un bel po' di lavoretti precari, perché nel 2000 – quando è stata assunta – si era già nell'era della flessibilità. Oggi, con il dissanguamento dell'Olivetti e la dissoluzione della fabbrica è un'impiegata; ma lei e i suoi colleghi preferiscono definirsi “piegati” e sarebbe una bugia dire che ne sono contenti.

mercoledì 4 ottobre 2017

È un Def che prepara ulteriore austerità

di Sergio Farris
Nel documento, la crescita del Pil prevista per l'anno in corso è pari a 1,5%, superiore quindi alle previsioni precedenti. La crescita tendenziale prevista è invece del 1,2%. Ci si attende un rallentamento della crescita dal rafforzamento dell'euro, da una contrazione del commercio mondiale e da un prossimo ridimensionamento dello stimolo monetario straordinario finora messo in atto dalla Bce. Aggiungerei, inoltre, la cessazione della flessibilità di bilancio concessa in occasione delle manovre finanziarie negli ultimi anni (il che comporta un'imminente pedissequa adesione al percorso verso l'obiettivo di medio termine, come previsto dal Fiscal compact). 

Mdp, come al solito, è stampella del Pd

di Maurizio Acerbo 
MDP ancora una volta sosterrà con il suo voto questo governo. Il non voto sulla relazione è il fumo che copre il voto a favore dell’arrosto. La cosa non ci stupisce in quanto i dirigenti di MDP, a partire da Bersani, sono tra i principali responsabili dell’inserimento in Costituzione della follia del pareggio di bilancio e dell’accettazione dei parametri dell’UE. Ancora una volta si dimostra che non è possibile una politica economica di sinistra dentro la gabbia in cui centrosinistra e centrodestra hanno imprigionato l’Italia. Una formazione di sinistra dovrebbe porre condizioni vere di cambiamento per rispondere alla crisi sociale o votare contro un governo liberista.

La sinistra dev'essere l’antidoto alla disperazione delle classi popolari

di Nicola Fratoianni 
Andrea Del Monaco si chiede e chiede alla sinistra del nostro paese, dalle colonne dell'Huffington Post, perché un esodato o un disoccupato dovrebbe votarci: è purtroppo ormai vecchia la tendenza per cui gli strati popolari abbiano deciso progressivamente di abbandonare al momento del voto il recinto politico della loro rappresentanza più tradizionale, cui erano abituati, per scegliere formazioni della destra estrema, o cosiddette populiste (termine su cui prima o poi bisognerà approfondire, soprattutto a sinistra).

Catalogna: un affare europeo

Condanniamo la violenza della Policia National e della Guardia Civil sulla popolazione inerme ai seggi in Catalogna domenica 1 ottobre ed esigiamo che si faccia luce sulle responsabilità politiche di una aggressione che non può trovare cittadinanza in uno Stato europeo del ventunesimo secolo. Il fatto che, per la attuale Costituzione spagnola, il referendum fosse illegale in alcun modo giustifica la violenza contro una grande e nonviolenta espressione di partecipazione popolare. I problemi politici si risolvono con la politica.

Rodotà, il giurista che metteva la persona sopra le regole

di Gustavo Zagrebelsky 
Nel 1968, se la memoria non m’inganna, si tenne a Bologna nella sede della casa editrice il Mulino un incontro tra giovani e giovanissimi giuristi promosso da quell’ infaticabile cercatore di idee nuove e di studiosi innovatori che fu Giovanni Evangelisti. Stefano Rodotà, che aveva 35 anni ed era già considerato da tutti i presenti un punto di riferimento e di rinnovamento, fece una relazione inquadrata in quel tempo, un tempo che si pensava potesse essere, se non epocale, almeno fecondo di novità. La sua relazione si sarebbe potuta intitolare: «Sullo stato presente e sui compiti futuri dei giuristi e della scienza giuridica». Non so se sia stata mai pubblicata.

Solo il proporzionale ridà voce ai cittadini e dignità alle Camere

di Gaetano Azzariti
La discussione sulla riforma del sistema elettorale è diventata insopportabilmente confusa, anzi del tutto indecifrabile, almeno per chi vuole ragionare in base a valori e non solo per perseguire i propri interessi di partito, se non direttamente quelli strettamente personali. Ci vengono proposti sistemi elettorali, sempre più complessi, che sembrano fondarsi sul mistero della cabala, con il solo scopo di acquisire prima del voto un risultato politico desiderato ovvero con il fine di esorcizzare esiti non graditi.

Le scelte economiche del governo alimentano solo disuguglianze e ingiustizie

di Roberta Fantozzi 
Il governo continua con la stessa politica che ha portato avanti in questi anni e che diversamente dalla propria storytelling ha raccolto risultati che aumentano le divergenze con il resto d’Europa. Così per la crescita del Pil all’1,5% contro il 2,2% della zona euro e il 2,3% della UE, mentre la caduta del Pil in Italia negli anni passati è stata imparagonabilmente più grave che nel resto d’Europa.

Il governo di Rajoy insiste nella sua grande menzogna

di Ada Colau
Il governo del PP insiste nella sua grande menzogna. Continua a negare ciò che è evidente per la stampa internazionale e per tutti quelli che hanno visto le immagini delle cariche della polizia il 1° ottobre in Catalogna: che c’è stata violenza, brutalità e accanimento. Da molto tempo la destra spagnola ha creato un’immagine falsa e distorta di quello che succede in Catalogna. Parlano di totalitarismo, di convivenza spezzata, di una popolazione intimidita da violenti “separatisti”.

martedì 3 ottobre 2017

Una bussola per la sinistra italiana? Forse si trova in Inghilterra

di Norma Rossi 
La sinistra italiana in cerca d'autore dovrebbe guardare oltre la Manica: dopo più di un decennio, è tornato il dibattito politico in Inghilterra. Lo scontro tra due opposte visioni e ideologie è di nuovo al centro della discussione. Non che la politica avesse mai lasciato l'isola, ma con Tony Blair si era quasi riusciti a credere che in fondo non ci fosse così tanta diversità fra i Labour e i Tories. La cosa non deve stupire. Sin dagli anni 80, l’Inghilterra di Margaret Thatcher era diventata uno dei laboratori principali di sperimentazione e poi di esportazione del neoliberalismo.

I tweet di Renzi e di Gentiloni non aumentano l’occupazione

di Alfonso Gianni 
I dati sull'occupazione forniti dall'Istat continuano a essere branditi come clave dagli uni e dagli altri per condurre battaglie politiche che hanno scarso o nessun rispetto della realtà. Sarebbe ingiusto attribuire questa tendenza a una parte sola dei contendenti politici. Spesso ne abusano sia il governo che le opposizioni. Con la non piccola differenza che per il primo la cosa è più grave. Non solo perché ancora maggiore dovrebbe essere la responsabilità di fornire ai cittadini valutazioni non peregrine, evitando wishful thinking, ma anche e soprattutto perché ha pieno e totale accesso ai dati veri.