La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 ottobre 2017

Perché in Germania si riaffaccia lo spettro nazista. Intervista a Herfried Münkler

Intervista a Herfried Münkler di Stefano Vastano
La Germania è cambiata. Ma non da oggi: dal 4 settembre 2015, il giorno in cui la cancelliera Merkel ha aperto i confini a un milione di profughi, quasi tutti siriani. E moltissimi tedeschi si sono infuriati. Sono quei milioni che la settimana scorsa hanno votato per Afd, il partito dell’estrema destra che ha fatto irruzione in Parlamento conquistando quasi 100 seggi, sottraendo un milione di voti alla Cdu, mezzo milione all’Spd e un altro mezzo milione alla sinistra (la Linke). Herfried Münkler, uno dei più prestigiosi storici tedeschi, aveva previsto lo scenario di un Paese diviso nel suo recente libro “I nuovi tedeschi“, scritto insieme a sua moglie Marina: un saggio sulle profonde mutazioni sociali, economiche e politiche che stanno caratterizzando la Germania di fronte alle migrazioni.

Quanto ha contato, nei risultati elettorali, la decisione di Merkel di due anni fa?

«Da un punto di vista sociologico ed economico, l’integrazione di un milione di rifugiati è una cosa fattibile. Ma le ripercussioni emotive, le paure che alcuni tedeschi oggi percepiscono rispetto ai migranti, amplificano questo compito e lo rendono cassa di risonanza per le nuove destre che, come Alternative für Deutschland, hanno cavalcato il senso di insicurezza dei cittadini».
Ma è stata l’apertura della Merkel ai profughi a far rinascere la nuova Destra in queste elezioni?
«La Merkel sapeva benissimo che sarebbe entrata in rotta di collisione con le posizioni dell’ala più conservatrice del suo partito e dell’elettorato tedesco in generale. La cancelliera si è ritrovata nella stessa situazione di Gerhard Schröder quando, contro gli interessi della Spd, realizzò le riforme del welfare con l’Agenda 2010. Però vorrei ricordare che con quelle riforme la Germania è ridiventata la locomotiva d’Europa».

oggi in che modo la politica migratoria della Merkel farebbe bene alla Germania?

«Aprendo la Germania ai profughi Merkel ha salvato la stabilità dell’Ue. Se la Germania e l’Austria, a settembre, non avessero aperto i confini, in pochi mesi si sarebbero ritrovati nei Balcani dai 300 ai 400 mila profughi. A quel punto, la Grecia sarebbe collassata e chi può escludere che in un’area così fragile non sarebbe riesplosa una guerra dei Balcani?».


Nel suo libro lei parla di “nuovi tedeschi“...

«Mi riferisco soprattutto al fatto che oggi in Germania si gioca la nostra identità, cioè cosa voglia dire essere tedesco in un Paese in cui oltre il 20 per cento dei cittadini ha origini straniere. Trovarsi al centro dell’Europa comporta per la Germania la continua novità delle migrazioni, anche se a quanto pare non tutti i tedeschi ne vedono i lati positivi».


Oggi la Germania è un Paese diviso, dice il suo libro. Specie nei cinque Länder dell’Est, montano le proteste contro i migranti, e Afd ha raggiunto proprio lì i suoi picchi...

«Inutile negarlo, quella a Est è la parte più “tedesca” della Germania e questo è il risultato delle menzogne ideologiche vissute per 40 anni nella ex-Rdt. Non solo nell’ex-Germania Orientale, ma anche nei Paesi dell’ex blocco sovietico, il mito dell’internazionalismo proletario si rovescia oggi nel più crudo nazionalismo e in accessi di xenofobia e antisemitismo. Oggi molti tedeschi dell’Est viaggiano liberamente, ma portandosi dietro le loro paure e frustrazioni, e alla fine votano Afd».
Com’è possibile che in Germania, a 70 anni dalla disfatta del regime nazista, siano rinati partiti d’estrema destra? 
«Nei decenni del dopoguerra la Repubblica federale si è sempre dimostrata resistente, a differenza di Francia e Italia, alle tentazioni del populismo: erano lo spettro della crisi di Weimar e degli orrori del nazismo a tenerci alla larga da una rinascita delle destre. Oggi la catastrofe di Weimar non incute più timore in molti cittadini e il ricordo si è affievolito nella memoria collettiva».
Cosa è cambiato in questa memoria dal crollo del Muro a oggi? 
«Ciò che è cambiato in Germania negli ultimi anni ha un nome e una data precisi: e cioè la percezione del bombardamento angloamericano di Dresda nel febbraio 1945. Rispetto a quell’evento, i tedeschi hanno iniziato a sentirsi anche come le vittime e non solo come i seguaci di Hitler. Forse non è un caso se i cortei di un movimento islamofobo e xenofobo come Pegida siano nati proprio lì, a Dresda. Oggi scontiamo il fatto che sino al 1990 la cultura democratica dei tedeschi dell’Est non era certo evoluta e anche in questo senso la Germania è un Paese diviso: basta guardare al voto a Berlino per accorgersene».
Cioè?
«Nei quartieri a Ovest della città Afd è comunque poca cosa, ma in certi distretti di Berlino-Est, quelli con la disoccupazione più alta, è una piaga che deforma il volto della capitale».


Disoccupazione ai minimi storici, Pil in crescita, esportazioni record: cosa spinge i tedeschi a seguire i pifferai dell’estrema destra?

«A differenza della fase finale della Repubblica di Weimar, oggi non sono più i rapporti economici a spingere la gente in braccio ai populisti di destra: nell’era del capitalismo globale il motore della destra è la molla del risentimento. Chi oggi vota Afd lo fa perché si sente declassato e abbandonato dai partiti tradizionali che, in questa visione, accordano privilegi ai rifugiati, sostegni agli stranieri, e non prima di tutto ai tedeschi».
E ora cosa accadrà con Afd sopra il 12 per cento? 
«Il successo di Afd è un terremoto per la stabilità dell’Ue. La Repubblica federale ha avuto dal dopoguerra una funzione di mediazione al centro d’Europa. Nel contesto europeo i governi di Berlino hanno esercitato la doppia funzione di ricerca del compromesso e finanziamento dei progetti e queste due virtù repubblicane sono state la cornice politica della prosperità della Germania. La funzione “moderatrice” della Germania potrebbe bloccarsi con una Afd forte nel Bundestag di Berlino».
Ce la farà la Germania della Merkel a superare la sua attuale divisione e a difendere la sua reputazione democratica o sbanderà a destra?
«L’integrazione dei migranti, anche dal punto di vista demografico ed economico, è una grande opportunità per questo Paese, e quindi per la politica della Merkel. Ma, ripeto, attualmente ci sono molto risentimento e frustrazione in giro e se la destra dovesse ancora montare allora non solo la Germania, ma l’Europa intera, si spaccherebbe in più parti».


Fonte: L'Espresso 

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