La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 4 febbraio 2016

Sciopero generale in Grecia, Tsipras riapra la partita con i creditori

di Luigi Pandolfi 
In Grecia è il giorno dello sciopero generale contro la riforma delle pensioni presentata dal governo. L'adesione di medici, professionisti, giornalisti, commercianti, imprenditori, pensionati, che si aggiungono a lavoratori dipendenti del settore pubblico e di quello privato, oltre agli agricoltori che da giorni sono protagonisti di blocchi stradali sulle principali arterie del paese, dice che quello della previdenza costituisce un campo minato per l'esecutivo di Alexis Tsipras. Da un lato la Troika, che a questa riforma ha subordinato lo sblocco dei finanziamenti del terzo memorandum, dall'altro un paese intero che di tagli e sacrifici non vuole più sentire parlare. In mezzo, un governo palesemente in difficoltà, stretto tra l'esigenza di onorare gli impegni sottoscritti con i creditori e quella di rispettare il nuovo mandato ricevuto dagli elettori solo 4 mesi fa.
Nel merito, la proposta dal governo cerca di coniugare razionalizzazione del sistema, certamente auspicabile, ed equità, evitando nuovi tagli draconiani agli assegni pensionistici, che, negli ultimi cinque anni, hanno subito ben undici sforbiciate, perdendo, in media, il 40% del loro valore nominale.
Ma, al netto di tutto, anche degli aspetti condivisibili, si tratta pur sempre di una riforma per fare cassa (si prevede di ricavarne un paio di miliardi di euro, l'1% del Pil). E in un paese sull'orlo di una catastrofe sociale, essa, a rigor di logica, non può rappresentare una priorità. Purtroppo, l'imposizione del nuovo memorandum ha nuovamente invertito l'ordine delle priorità per la Grecia, ponendo la questione della "sostenibilità" del debito al di sopra di ogni altra cosa, anche della legittima pretesa del governo di occuparsi, con misure urgenti, dell'emergenza umanitaria che continua a flagellare il paese. Una dimostrazione? La vicenda dal "programma sociale parallelo", il pacchetto di misure pensato dal governo per contrastare la povertà ed estendere alcuni diritti, ritirato dopo pochi giorni dal suo deposito in parlamento perché avrebbe incontrato la netta opposizione dei creditori.
Ma il debito greco è davvero sostenibile? Se per "sostenibile" si intende anche "ripagabile", la risposta non può che essere negativa. In fondo, è quello che hanno sempre lasciato intendere, o paventato, le "istituzioni" europee, salvo poi accordare un nuovo prestito per ben 86 miliardi.
Rimane sempre il dubbio se l'ultimo memorandum sia stato imposto per essere realmente rispettato o perché fallisse. Se si dà uno sguardo ai fondamentali dell'economia ellenica, la seconda ipotesi appare la più plausibile. A meno di considerare i suoi estensori una comitiva di apprendisti stregoni. In questi giorni, sulla grande stampa internazionale, ha fatto di nuovo capolino la parolagrexit. Semplice previsione o minaccia? Forse che questo sia stato fin dall'inizio l'obiettivo dei (cosiddetti) creditori? Le prossime settimane saranno decisive per capire come andranno realmente le cose. Certamente, per Alexis Tsipras ed il suo governo da oggi sarà ancora più difficile barcamenarsi tra le pretese della Troika e la domanda di cambiamento che proviene dalla società. Tanto più se si mette nel conto anche la spinosa questione dei migranti. La strada è stretta, anzi strettissima. Ma da luglio ad oggi tante cose sono cambiate in Europa, dalle elezioni portoghesi a quelle spagnole, fino al braccio di ferro tra Ue e Gran Bretagna. E se perfino Renzi può permettersi di alzare la voce invocando più flessibilità, perché Tsipras non potrebbe riaprire la partita con i cosiddetti "creditori" (leggi: la stessa Ue)?

Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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