La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 31 agosto 2017

I signori dei disastri

di Naomi Klein
Nei viaggi che ho fatto per scrivere reportage dalle zone di crisi ci sono stati momenti in cui ho avuto l’inquietante sensazione non solo di assistere al succedere di un evento, ma di scorgere un barlume di futuro, un’anteprima di dove ci porterà la strada che abbiamo preso se non afferriamo il volante e non diamo una bella sterzata. Quando sento parlare il presidente degli Stati uniti Donald Trump, che evidentemente si diverte a creare un clima di caos e destabilizzazione, penso spesso di avere già visto quella scena. Sì, l’ho vista negli strani istanti in cui ho avuto l’impressione che mi si spalancasse davanti il nostro futuro collettivo. Uno di questi momenti arrivò a new Orleans dopo l’uragano Katrina, nel 2005, mentre guardavo calare sulla città inondata orde di mercenari armati.

Razzismo e linea Minniti: saremo giudicati dalla Storia. Intervista a Alex Zanotelli

Intervista a Alex Zanotelli di Rachele Gonnelli
«Un giorno diranno di noi e di ciò che stiamo facendo sui migranti ciò che noi diciamo sui nazisti e sulla Shoah». Padre Alex Zanotelli si è svegliato male ieri e ha iniziato così la giornata, con una sorta di scomunica, se non fosse che è un missionario e non un papa. «Sì, sto male – ammette come un fiume in piena – sono arrabbiatissimo, mi fa star male ciò che sento, specialmente questa guerra contro le ong perché, si diceva, facevano accordi con i trafficanti e ora invece è il governo a fare accordi con i trafficanti. Si resta a bocca aperta, sono esterrefatto, bisogna reagire, meno male che c’è papa Francesco ma non basta, chiedo a tutti i missionari e i sacerdoti di schierarsi, di fare di più».

Dell’austerity e di altri falsi miti

di Guglielmo Forges Davanzati 
Il combinato di politiche di austerità (ridenominate misure di “consolidamento fiscale”) e precarizzazione del lavoro, secondo la Commissione europea e i Governi italiani che si sono succeduti negli ultimi anni, dovrebbe garantire la ripresa della crescita economica attraverso l’aumento delle esportazioni. Il consolidamento fiscale viene perseguito con l’obiettivo dichiarato di ridurre il rapporto debito pubblico/Pil, mentre la precarizzazione del lavoro viene attuata con l’obiettivo dichiarato di accrescere l’occupazione. Le due misure – ci si aspetta – dovrebbero inoltre migliorare il saldo delle partite correnti, mediante maggiore competitività delle esportazioni italiane.

Crisi del lavoro, precarietà diffusa e reddito garantito

di Luca Santini e Sandro Gobetti
E’ diffusa tra la popolazione una sensazione di incertezza riguardo al futuro, la percezione di essersi lasciati alle spalle una classicità infranta. La contestazione o la disaffezione colpiscono la maggioranza delle forze politiche tradizionali del continente europeo. Al cospetto di un declino sociale che desta preoccupazioni crescenti, è forte la sensazione di trovarsi in un’epoca di mezzo. E’ impossibile parlare della crisi europea senza riferirsi alla crisi della società salariale. Tutte le opzioni politiche del secolo scorso, quella liberale come quella liberista, quelle progressiste, socialiste, comuniste o socialdemocratiche, anche quelle più radicali, di fatto hanno messo il lavoro al centro della società, ne hanno fatto un perno-motore dello sviluppo e quindi del benessere economico, ma anche dell’affrancamento delle masse e degli individui.

L’accordo infame sui migranti mostra la ferocia dell'Ue

di Giorgio Cremaschi 
A me l’accordo sui migranti dei governi della Unione Europea fa ribrezzo. Prima di tutto per l’infamia di un progetto che, come fu detto dagli autori dello sgombero di Roma, serve a far sparire le persone, non a risolvere i loro e i nostri problemi. Lo scopo di tutta l’operazione è costituire campi di concentramento di migranti, chiamati ipocritamente hotspot, in piena Africa, impedendo così alle persone di giungere ai confini della Unione Europea. Naturalmente per fare questo bisognerà costruire basi militari, inviare soldati, corrompere ancor di più governanti già abbondantemente corrotti, pagare lautamente le bande di tagliagole che sul traffico di persone guadagnano.

Avanti Savoia!!

di Sergio Cararo
Lo spettro Sabaudo torna ad aggirarsi per l’Italia. La ciliegina sulla torta ce l’ha messa la popolare ex conduttrice di Report, Milena Gab(b)anelli, prendendo parte a sostegno del ministro degli Interni Minniti, della sua visione della società e del suo “pragmatismo” nella soluzione del problema immigrazione. In un passaggio successivo dell’intervista rilasciata a Radio Cusano, la Gab(b)anelli opera poi una piegatura dei problemi generali agli interessi di pancia: i propri.

Industria 4.0, il problema c’è

di Claudio Gnesutta
Certo che c’è “un” problema, come sostiene Aimar, ma forse è “il” problema, se è vero che – come indicano Guarascio e Sacchi – il salto tecnologico giunto a maturazione, e riassunto sotto l’etichetta “Industria 4.0”, prospetta – o, meglio, impone – una società in cui le condizioni di lavoro, e quindi di vita, di una larga parte della popolazione siano contraddistinte da precarietà e insussistenza. Nelle sue linee essenziali, il problema è ben definito dai due interventi. Come argomentano Guarascio e Sacchi, l’organizzazione produttiva di Industria 4.0 non è “neutrale” per quanto riguarda la quantità e la qualità dell’occupazione futura dato che, come noto, le forme della distribuzione sociale dipende dalle forme dell’organizzazione produttiva.

Reddito di inclusione, un piatto vuoto

di Giordano Sivini
Rimaste vuote persino le sedie nella sala della festa del PD di Modena preparate per il comizio del ministro Poletti1, l’ennesimo annuncio dell’istituzione del Reddito di Inclusione Sociale è stato lasciato a Gentiloni. E Gentiloni ha ripetuto le stesse cose che Poletti aveva detto altre volte in precedenza, sempre per annunciare l’istituzione del RIS. Ma c’è un fatto nuovo: entrerà in funzione nel gennaio 2018 e consisterà da 190 a 490 euro mensili per famiglia, a seconda della sua composizione. sempreché abbia un reddito ISEE non superiore a 6 mila euro annui. L’erogazione avrà la durata di un anno e sarà condizionata alla realizzazione di “un progetto personalizzato volto al superamento della condizione di povertà”.

Più spesa sociale!

di Tommaso Gabellini e Tommaso Nencioni 
È ormai troppo corta la coperta dell’austerità. Anche per quei governi e quei partiti che dall’entrata in vigore dei trattati di Maastricht sembrano trarre legittimità meno dall’appoggio popolare che dal presentarsi come i guardiani dell’ortodossia monetarista e neoliberale di fronte ai «mercati».L’Italia ha ormai da più di un ventennio un avanzo primario di bilancio: tradotto in parole per tutti comprensibili, lo Stato prende ai cittadini di più rispetto a quanto rende loro in termini di servizi. La possibilità di ottenere uno sforamento dei rigidi vincoli di bilancio imposti dai trattati sembra la panacea in vista del rilancio dell’agognata e tanto invocata «crescita»; o per lo meno, l’unica possibilità di ottenere un minimo di consenso in vista dell’imminente tornata elettorale.

La furia inarrestabile del mercato

di Paolo Cacciari
Le critiche teoriche avanzate nei confronti del Prodotto interno lordo (Pil) e le dimostrazioni pratiche della sua fallacia si vanno accumulando. Lorenzo Fioramonti, giovane economista approdato all’università di Pretoria e collaboratore del gruppo di ricerca «New Economy Foundation», le ha raccolte lungo la breve storia di «una delle più grandi invenzioni del XX secolo», secondo la definizione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti.

Fiscal Compact, un appuntamento da non mancare

di Roberto Romano
L’Unione Europea ha mostrato nel corso della sua storia una serie di vincoli politici, istituzionali ed economici che ne hanno limitato il suo sviluppo; questi limiti sono diventati manifesti soprattutto con la crisi economica del 2007. L’Europa nel tempo, purtroppo, è diventata una istituzione burocratica che al limite coordinava o indirizzava le politiche economiche e sociali, con degli obiettivi che diventavano sempre meno credibili in assenza di una politica pubblica nel senso stretto del termine, in particolare se consideriamo i “principi”, le “norme” e le “regole” che sottendono l’economia pubblica e i suoi tre campi d’azione tracciati da Musgrave[1], così come i così detti fallimenti del mercato sottesi all’economia del benessere (V. Pareto[2]) ripresi in molti testi di economia pubblica[3].

La soluzione finale

di Franco Berardi Bifo
Finalmente l’Europa ritrova l’unità: uno stalinista convertito al nazismo, di nome Marco Minniti, ha indicato la linea della nuova Unione: la soluzione finale diviene legge europea. Pagheremo (poco) perché i nostri Gauleiter africani impediscano ai migranti di raggiungere il mare. Come faranno non ha importanza per i nazisti europei. Ma non ci vuole molta fantasia per immaginarlo. Il piano d’azione elaborato all’Eliseo prevede “un’identificazione nei Paesi di transito” attraverso “una cooperazione con i Paesi africani con una presenza anche militare sul campo”, ha aggiunto Macron.

Dopo le classi dirigenti, i gruppi dominanti

di Giulio Azzolini
Quali sono le nuove forme di dominio dei gruppi transnazionali di interesse privato? […] Da anni echeggia il refrain secondo cui i soggetti privati transnazionali avrebbero ormai acquisito un potere paragonabile o addirittura superiore a quello di molti Stati. In grado di ricattare i governi, le corporations sono considerate alla stregua di veri e propri enti sovrani[1], in una trama istituzionale sfaccettata, entro la quale la capacità di controllo degli Stati è sfidata anche dalla presenza di regimi regolatori globali e di organizzazioni sovrannazionali di vario genere, governativo e non. […]

L’erdoganizzazione della Germania di Merkel IV

di Nicola Carella
In una Repubblica Federale Tedesca stretta tra il passato G20 di Amburgo e le prossime elezioni federali di settembre, ha suscitato scalpore una decisione del Ministro degli Interni Thomas De Maiziere. Il Ministro, del partito di Angela Merkel, nonostante le sue competenze in fase elettorale dovrebbero essere limitate alla sola supervisione delle consultazioni, ha disposto l’oscuramento del più importante sito della sinistra radicale tedesca: indymedia.linksunten. Dopo la conferenza stampa in pompa magna sono scattati i blitz, le perquisizioni e i sequestri presso le abitazioni dei responsabili del sito nella regione del Baaden Wuettemberg e a Friburgo. La motivazione che il Ministro ha fornito per l’atto censorio, senza precedenti nella recente storia tedesca, è stato che la piattaforma “agisce contro l’ordine costituzionale”.

Potere, moneta e crisi. Le vere incognite dell’economia 4.0

di Andrea Pannone
Come giustamente evidenziato da Pierfranco Pellizzetti su questo sito, l’attuale dibattito sullo sviluppo dell’industria 4.0 è pervaso (non certo solo in Italia) da una insopportabile retorica, che finisce per bollare “come reazionaria ogni pur timida obiezione alla funzione economicamente apprezzabile e socialmente meritoria della robotizzazione”2. Tale retorica è solo mitigata dalle preoccupazioni sui rischi di perdita definitiva delle opportunità di lavoro, specie per coloro che non sapranno adeguare velocemente i propri skill al processo di introduzione delle nuove macchine3.

I migranti di Piazza Indipendenza, il diritto alla casa e le occupazioni

di Alessandro Somma
Il violento sgombero dei migranti accampatisi nei giardini di Piazza Indipendenza a Roma, dopo essere stati allontanati dal palazzo che occupavano, ha ispirato innumerevoli commenti e prese di posizione. In massima parte l’operato delle forze dell’ordine è stato contestato, o al limite condiviso, dal punto di vista della sua equità o della sua opportunità politica. Non si è invece analizzata la vicenda dal punto di vista delle regole destinate a dirimere un conflitto che tradizionalmente agita la vita delle nostre città: quello tra i diritti dei proprietari di case e quelli di chi è senza casa.

A dieci anni dalla crisi: business as usual

di Simone Sillani
La mamma di Tom Joad, nel romanzo Furore di John Steinbeck, riferisce al figlio una barzelletta (ma si affretta a dirgli “non è per niente divertente, non c’è niente di buffo”): «Oggi uno mi ha detto: “La crisi dev’essere finita. Ho visto un coniglio, e nessuno gli dava la caccia”. E un altro fa: “Qui la crisi non c’entra. È questione che la caccia è proibita”». Fanno venire in mente il capolavoro dello scrittore californiano alcune considerazioni di certe autorità politiche e finanziarie in occasione del decennale dell’inizio della crisi.

Il migliore dei mondi

di Sergio Bruno
Le borse sono al loro massimo storico, l’inflazione è minima, le Banche centrali, a partire dalla FED e dalla BCE si congratulano per il successo delle loro politiche di Quantitative Easing (QE). Il loro entusiasmo è appannato solo da un tenue pericolo che scoppi una nuova bolla speculativa e dalle minacce che partono da Trump e Goldman Sachs di allentare le regole di disciplina finanziaria introdotte negli USA da Obama. Vorrei provare a spiegare, con pochi riferimenti colti ma molto semplici, perché vi è qualcosa di illusorio e illogico in questa contentezza.

Lo stile coloniale di Minniti

di Tommaso Di Francesco 
Che arriva dal patto di Parigi di quattro Paesi decisivi per i destini dell’Ue? Niente di concreto e niente di vero. Solo uno stile coloniale, confermato dalle ultime dichiarazioni di Minniti: «Se non avessimo fatto questo in Libia c’era da temere per la tenuta democratica del Paese». Smentito ieri clamorosamente dal ministro della giustizia Orlando. Quindi trasformiamo in lager buona parte del continente africano «per la democrazia»? In realtà finanziando milizie mafiose, come rivela un veridico reportage dell’aurorevole Ap, per reprimere i migranti. Come non definire colonial-criminale questo lessico e questi intenti?

mercoledì 30 agosto 2017

Guerra contro i poveri: prove tecniche di ordinaria disumanità.. e nuovo colonialismo

di Marco Revelli
Non troviamo altro modo per definire nella sostanza il significato del “vertice di Parigi”. Un’iniziativa che gronda ipocrisia nel modo con cui è presentata. E che sancisce la vocazione dell’Europa a coniugare la propria “guerra contro i poveri” con una forma inedita di nuovo colonialismo nei suoi contenuti. I tratti dell’operazione sono chiari, a saper leggere dietro il velo d’ignoranza costruito dal linguaggio diplomatico: estendere i confini dell’Europa fino alla portata dello sguardo, così da tenere i disperati della Terra fuori dalla nostra vista.

La coscienza sporca dell’Europa

di Raffaele K. Salinari
Gli accordi di Parigi sulla gestione dei flussi migratori nei Paesi del nord Africa sancisce una nuova cornice geopolitica. Nell’ambito del lungo periodo della Guerra fredda, in cui gli Stati africani ottennero o si conquistarono l’indipendenza dal giogo coloniale, nacque la cosiddetta Cooperazione allo sviluppo, uno strumento geopolico sostanzialmente volto a coprire, con la retorica sviluppista, la necessità dei due blocchi di spartirsi le risorse africane, e non solo, imponendo, al posto delle tanto decantate democrazie, i «loro figli di puttana», secondo la celebre definizione che Roosevelt diede del dittatore nicaraguense Somoza.

Una pezza miserabile per una grande piaga

di Marco Revelli 
Nel giorno in cui si vede assegnato dall’Europa il ruolo di capofila nella guerra ai poveri del resto del mondo nella persona del ministro di polizia Minniti, il governo italiano vara un provvedimento legislativo a firma del suo ministro del Lavoro Poletti che dovrebbe suonare come prova di attenzione verso i poveri nostrani (una sorta di risposta al grido sovranista: «Pensiamo alla povertà degli italiani»). Ma che in realtà, a leggerlo con attenzione, suona più come beffa che come riconoscimento. Si tratta, è bene ricordarlo, del decreto attuativo della legge delega approvata in via definitiva a marzo dal Senato.