La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 4 ottobre 2017

È un Def che prepara ulteriore austerità

di Sergio Farris
Nel documento, la crescita del Pil prevista per l'anno in corso è pari a 1,5%, superiore quindi alle previsioni precedenti. La crescita tendenziale prevista è invece del 1,2%. Ci si attende un rallentamento della crescita dal rafforzamento dell'euro, da una contrazione del commercio mondiale e da un prossimo ridimensionamento dello stimolo monetario straordinario finora messo in atto dalla Bce. Aggiungerei, inoltre, la cessazione della flessibilità di bilancio concessa in occasione delle manovre finanziarie negli ultimi anni (il che comporta un'imminente pedissequa adesione al percorso verso l'obiettivo di medio termine, come previsto dal Fiscal compact). 

Il Governo replica l'ormai consueto schema delle ultime manovre: un deficit maggiore rispetto a quello tendenziale per avere qualche spazio da impiegare per provvedimenti espansivi (a parole si è tutti austeritari, in pratica pare che tutti siano coscienti del fatto che occorre più deficit). Il deficit obiettivo per il 2018 è, così, più elevato di quello tendenziale: 1,6% sul Pil, contro l'1% tendenziale e contro l'1,2% programmato nel Def ad Aprile. Un esercizio di equilibrio che, da una parte, punta come detto a generare un po' di espansione e che, dall'altra, deve cedere davanti allo sguardo vigile della Commissione europea. Infatti, il deficit è costretto ancora a calare: 2,1% quest'anno e 1,6% nel 2018. Anche il disavanzo strutturale è destinato a 'migliorare' (0,3% dallo 0,8%), con l'avanzo primario che sale al 2%.
Il ministro dell'economia Pier Carlo Padoan ha illustrato in Parlamento le misure governative di finanza pubblica per il triennio 2018-2020. Per quanto riguarda l'anno venturo, i margini di flessibilità verranno primariamente impiegati per un nuovo 'rinvio' dell'attivazione delle clausole di salvaguardia (15,7 miliardi). Tanto più che la manovra finanziaria di questo autunno cade nell'imminenza delle elezioni politiche generali, per cui l'attuale maggioranza ha un pressante interesse alla loro sterilizzazione, evitando l'aumento dell'Iva. Dei 19,58 miliardi circa previsti in manovra, 10,9 devono venire dall'aumento del disavanzo e 8,6 da nuove entrate. 

Dietro la retorica dello sviluppo e del contrasto alla disoccupazione giovanile, 4 miliardi nel prossimo triennio verranno indirizzati agli ennesimi sgravi fiscali alle imprese (ancora misure dal lato dell'offerta, le uniche concepibili negli ambienti 'che contano'). Padoan ha poi parlato di 3 miliardi nel triennio per spese varie, fra cui il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici (anch'esso, intuibilmente, in chiave elettoralistica) e di 2,7 miliardi per il contrasto alla povertà (vedremo). E' poi previsto lo stanziamento, sempre nel triennio, di 1,9 miliardi per investimenti pubblici. Nelle previsioni di Padoan, le voci non finanziate tramite deficit verranno coperte, per l'anno 2018, con 8,6 miliardi. 3,5 miliardi dovranno provenire da una nuova raffica di tagli alla spesa pubblica (probabilmente con effetti recessivi) e 5,1 dalla lotta all'evasione fiscale (chissà come andrà). Ci troviamo dinanzi, ancora una volta, a una 'scommessa' riguardante la crescita che si pretende verrà stimolata da misure rese possibili da un rallentamento del ritmo di allineamento al Fiscal compact, la più importante delle quali è la procrastinazione dell'aumento dell'IVA. Vedremo.
Una volta che, in esito alla tornata elettorale della prossima primavera, a Bruxelles ci si sarà assicurata una maggioranza fidata e 'moderata', dal prossimo anno dovrebbero terminare le gentili concessioni nella flessibilità di bilancio. Insieme al termine o a un drastico ridimensionamento del 'Quantitative easing' di Draghi si tornerà all'ordinaria austerità. Saranno dolori. Anche perchè i miliardi cumulati con la flessibilità finora concessaci non sono stati impiegati in provvedimenti che abbiano avuto significativi riflessi in termini di buona occupazione e nelle condizioni delle fasce di popolazione a medio - basso reddito.

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