La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 ottobre 2017

Il Che 50 anni fa. Encuentro Mundial in Bolivia

di Claudio Madricardo
"Si compiono undici mesi dall’inaugurazione della guerriglia. Giornata senza complicazioni, bucolica… ci rendiamo conto che siamo a circa una lega da La Higuera." Questa è l’ultima annotazione che appare sul Diario boliviano di Ernesto Che Guevara, scritta il 7 ottobre 1967, un giorno appena dalla sua cattura alla Quebrada del Yuro, dove viene sorpreso da cinque battaglioni di ranger che gli danno la caccia per la probabile delazione di una vecchia contadina. Il cui silenzio Guevara aveva cercato di comprare con cinquanta pesos.
Nello scontro che segue, sei uomini cadono sotto il fuoco delle truppe boliviane, otto riescono a fuggire, tre sono fatti prigionieri. Ferito è lo stesso Guevara, che rivela la sua identità ed è trasportato nel villaggio di La Higuera, distante otto chilometri.
Del gruppo si salvano tre cubani: Harry Villegas, alias Pombo, Dariel Alarcon (Benigno), Leonardo Tamayo (Urbano) che dopo un viaggio durato mesi riescono a far ritorno all’Avana dove vengono accolti da Fidel Castro in persona.
A quasi cinquant’anni di distanza da quegli eventi, venerdì scorso il governo boliviano ha annunciato che gli ex guerriglieri Pombo e Urbano giungeranno a La Paz e si riuniranno con i soldati che li combatterono per mettere finalmente la parola fine e cercare di sanare le antiche ferite.
Nelle intenzioni del governo di Evo Morales l’Encuentro Mundial coinvolge le forze armate boliviane, che nella lotta al guerrigliero argentino persero 59 soldati. Una manifestazione che si apre oggi per concludersi il 9 ottobre, e si svolgerà a Vallegrande, la città del sud est del paese dove il corpo del Che fu esibito dopo l’esecuzione. E dove quest’anno sono attesi più di diecimila visitatori, tra i quali i quattro figli ancora viventi del guerrigliero argentino.
La scelta di Morales rischia di creare attriti con le forze armate, e non è stata particolarmente gradita dai veterani che hanno deciso di dare vita a proprie iniziative per rendere omaggio ai commilitoni caduti, ben distinte da quelle organizzate dal governo.
Pare, infatti, totalmente da escludere un qualsiasi gesto di riappacificazione, come vorrebbe invece Morales, che in molte occasioni ha espresso la sua ammirazione per Guevara.
Netta chiusura a ogni ipotesi di riconciliazione è venuta per esempio dall’ex generale Gary Prado che all’epoca comandava la compagnia che catturò Guevara, che in un’intervista rilasciata l’altro giorno a Bbc Mundo ha anche escluso la partecipazione di ex militari che combatterono i guerriglieri ad atti di omaggio promossi dal governo.
Da parte sua Mario Moreira, presidente de la Confederación Nacional de Beneméritos de la Campaña Contraguerrillera de Ñancahuazú che raggruppa 350 militari ancora in vita, ha rincarato la dose in un’intervista all’agenzia EFE, e ricordato che tra il 6 e il 10 ottobre la sua associazione promuoverà manifestazioni in tre differenti città della Bolivia, scartando totalmente l’invito del governo di fare la pace con gli antichi nemici.
Un netto disaccordo da parte dei veterani sul ruolo che il Che ebbe nel paese, che mal tollerano la rilettura fatta da Evo. Tanto più che per lunghi anni hanno avuto sempre pubblici riconoscimenti dai governi che si sono succeduti nel tempo per quanto accaduto nel 1967.
Una situazione che si è protratta fino all’arrivo di Evo nel 2006, quando la musica è cambiata e gli omaggi sono stati indirizzati a Guevara e ai suoi compagni.
Quanto questo cambio sia gradito alle forze armate in servizio non è dato sapere, anche se da parte sua il presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia in una conferenza stampa al Palacio Quemado in La Paz ha mostrato di essere fiducioso e si è detto sicuro che l’esercito lo accompagnerà nelle manifestazioni promosse. E ha colto l’occasione per annunciare l’arrivo a Vallegrande il 9 ottobre dei vicepresidenti cubano e venezuelano, difesi da uno schieramento di ben cinquecento poliziotti.
Intanto la piccola e sonnolenta cittadina del dipartimento di Santa Cruz si prepara a ricevere scrittori, artisti e studiosi che ricorderanno la figura e il pensiero del Che, e va a occupare il posto importante che nel percorso del turismo della nostalgia politica le spetta.
Pur non senza qualche ombra, o dubbio. Perché se è vero che il corpo del Che vi fu esposto agli obiettivi dei fotografi come un trofeo, qualche perplessità pare esserci invece sui resti che nel 1997 sono stati trovati in una fossa comune della pista di atterraggio di Vallegrande.
E che, portati all’Avana, dopo un interminabile lentissimo percorso lungo tutta l’isola cui accorse ad assistere tutta la popolazione, ora riposano nel mausoleo al Che e ai suoi compagni eretto a Santa Clara.
La città dove “desde la historica altura”, come cantava Carlos Puebla nel suo massimo hit, poco più di una dolce collinetta nella realtà, Guevara comandò l’assalto al tren blindado, che decise le sorti della rivoluzione.
Già nel 2007 i due giornalisti Bertrand de la Grange e Maité Rico avanzarono forti dubbi che quelli trovati dalla spedizione cubano-argentina a Vallegrande fossero i resti del Che. Ci fu perfino chi affermò che il repentino ritrovamento fosse funzionale al vecchio amico Fidel all’Avana per alleggerire la pesante situazione politica che si viveva nell’isola con l’introduzione del período especial, susseguente al collasso dell’alleato sovietico. E che dalla messa in scena cercasse di trarre benefici per sé grazie l’enorme popolarità di cui il Che ancora godeva a Cuba.
Nella lunghissima intervista pubblicata il 4 ottobre dal quotidiano boliviano El Deber, il generale Gary Prado Salmón, al quale Guevara si arrese rivelando la sua identità e dicendo di essergli più utile da vivo che da morto, racconta la lunga conversazione avuta con il comandante guerrigliero.
"Abbiamo avuto varie occasioni di conversazione durante il pomeriggio e la notte che fu prigioniero, perché credo che né lui né io dormimmo. Io per la preoccupazione della sicurezza, andavo ogni momento, gli portavo da mangiare, caffè, sigarette. Entravo con un caffè e ci mettevamo a parlare. Io gli volevo chiedere delle cose, non un interrogatorio, semplicemente curiosità. Perché è venuto in Bolivia?… Mi disse: Mi hanno dato cattive informazioni. Non sono stato io a preparare questa spedizione. Chi l’ha preparata? Altri livelli. Quali altri livelli? Fidel? Altri livelli, e non volle approfondire di più."
Poi, da La Paz, assente Gary Prado che era uscito coi suoi uomini di pattuglia, venne l’ordine di René Barrientos Ortuño. E fu la coronazione del mito.

Fonte: Ytali.com 

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