La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 4 ottobre 2017

La sinistra dev'essere l’antidoto alla disperazione delle classi popolari

di Nicola Fratoianni 
Andrea Del Monaco si chiede e chiede alla sinistra del nostro paese, dalle colonne dell'Huffington Post, perché un esodato o un disoccupato dovrebbe votarci: è purtroppo ormai vecchia la tendenza per cui gli strati popolari abbiano deciso progressivamente di abbandonare al momento del voto il recinto politico della loro rappresentanza più tradizionale, cui erano abituati, per scegliere formazioni della destra estrema, o cosiddette populiste (termine su cui prima o poi bisognerà approfondire, soprattutto a sinistra).
C'è una considerevole letteratura di sociologia politica che racconta, per esempio, della crescita elettorale del fenomeno Lega Nord nelle zone industriali delle città del Nord Italia, proprio nella base operaia, già dalla fine degli anni '80.
Un fenomeno che s'inserisce in un più ampio contesto europeo e mondiale, legato ai periodi di governo di Tatcher e Regan, in cui il capitalismo e il suo sistema produttivo hanno iniziato una ristrutturazione in maniera quasi indisturbata, cui le forze tradizionali non avevano fornito una lettura corretta al momento. La finanziarizzazione dell'economia, di certo, insieme al crescere dell'ideologia neoliberista, che ha informato intere generazioni di economisti, intellettuali e politici, hanno preso sempre più piede nel mondo occidentale e hanno impresso cambiamenti e accelerazioni, cui nemmeno i partiti della Sinistra si sono sottratti.
È quindi vero che oggi sempre più gli strati popolari preferiscano riporre le proprie speranze e la propria fiducia in forze di destra estrema, che poi una volta al governo, a dispetto delle chiacchiere da campagna elettorale, propongono politiche che aiutano soltanto i più forti delle società in cui vivono e si insediano. Basti vedere Trump.
È ciò che accade quando, molto banalmente, la Sinistra smette di essere se stessa, di proporre il suo universo valoriale, di imporre il suo punto di vista sul mondo e rinuncia ai meccanismi complessi e sempre più ostici del confronto con la base sociale di riferimento, per farsi un pezzo del sistema complessivo, che come detto, spinge a destra. Per molti anni, un pezzo rilevante della sinistra ha persino confuso la sua base sociale di riferimento.
Ecco perché sono convinto, e lo vado ripetendo ormai da mesi, che questo processo di aggregazione in Italia debba partire dalle ragioni di fondo per cui ci si presenta alle elezioni rompendo con la tradizione recente del centro-sinistra, cui la dimensione ipermaggioritaria e bipolare della seconda repubblica, aveva costretto le culture politiche italiane. Se non si affronta questo nodo, è più difficile comprendere quello che accade e metterlo a valore, da un punto di vista meramente elettorale. Mi pare che in larga parte, ci sia una consapevolezza abbastanza chiara su tutto ciò che è accaduto in questi anni e su ciò che sia necessario dire, fare e proporre . I temi sono tutti lì, sul tavolo, senza nemmeno il bisogno di una eccessiva ricerca, visto che gli istituti di statistica ci raccontano a cadenza mensile le dimensioni del disastro.
E partiamo anche da un punto abbastanza chiaro: la maggior parte di coloro che propongono un processo unitario della sinistra in vista dell'appuntamento elettorale non hanno alcuna responsabilità diretta o indiretta nelle scelte disastrose e avventate degli anni precedenti. Anzi, molti di noi hanno costantemente messo in guardia il mondo politico su ciò che si preparava nella pancia più profonda del paese, e hanno anche continuato a fare battaglie sociali e politiche per opporsi alle scelte scellerate.
Qual è adesso il prezzo da pagare, per poter riprendere tutti insieme la parola su questioni fondamentali? Mi pare eccessivo chiedere la damnatio memoriae. Piuttosto considero un fatto positivo la maturazione di una consapevolezza su alcuni nodi di fondo, sia sul piano della cultura politica, che delle proposte che vanno messe in campo.
Proviamo a indicarne qualcuna: dalla riduzione del tempo di lavoro, al ripristino dell'articolo 18; dalla gratuità dell'istruzione, al diritto alla salute, come sancito dalla Costituzione; dalla ripresa degli investimenti pubblici, alla definizione di un piano industriale che consenta al nostro sistema produttivo di riconvertirsi e di mettersi con i piedi ben piantati nel futuro.
Mi spaventa, per esempio, che la Francia annunci l'addio al diesel nel settore dell'automotive entro il 2040 (e quindi il progressivo passaggio all'elettrico), mentre in Italia non si discute del tema, se non in convegni o nelle colonne distratte di qualche editoriale. Per buona parte della politica il tema semplicemente non esiste.
E poi c'è il nodo Europa. Lì mi pare che il problema sia chiaro e netto, ma di difficile risoluzione, per una banale questione di rapporti di forza. È chiaro a tutti che sia necessario e urgente stracciare il pareggio di bilancio dalla nostra Costituzione, e qualche iniziativa in tal senso è già stata assunta in Parlamento, sia dal mio gruppo politico che da altri della sinistra, così come è evidente che serva una battaglia senza quartiere alle politiche ordoliberiste dei paesi del Nord Europa, le cui conseguenze poi generano i mostri neofascisti cui si rivolgono gli strati popolari. Molto efficace l'immagine dell'ostetrica utilizzata da Del Monaco.
Va compiuto il primo passo in Italia, innanzitutto, e stiamo provando a farlo con tutte le forze, per offrire al panorama politico europeo un'altra voce forte e chiara, come è quella di altre sinistre europee (penso a Linke, Podemos, Syriza, Bloqueo e altre).
Iniziamo a lavorare sui rapporti di forza politici, sulla capacità egemonica del discorso pubblico che proponiamo, e potremo cambiare il destino di un intero continente. D'altro canto, il piano B per l'Europa lo stanno preparando di già fra Berlino e Parigi, ormai da qualche tempo, prefigurando scenari di un'Europa a due velocità, che non farà altro che alimentare paure, ansie, disperazione in particolare in quei settori sociali che non hanno altra scelta per vivere, se non lavorare.
La Sinistra deve essere l'antidoto alla disperazione.

Fonte: Huffington Post 

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