La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 7 ottobre 2017

Non si può trattare con un governo violento. Intervista a Ada Colau

Intervista a Ada Colau di Concita De Gregorio
"Sì, è così. Domani ci sarà la seconda riunione. Il Manifesto sottoscritto a Saragozza il 24 settembre è stato il primo passo di un progetto politico che punta ad arrivare a un'alternativa al governo Rajoy. È una mano tesa ai socialisti di Pedro Sánchez. Solo un nuovo governo può trattare con la Catalogna, ormai, dopo le violenze di domenica scorsa. E una trattativa che porti a un referendum concordato fra Spagna e Catalogna è l'unica via d'uscita da questa situazione pericolosissima. La dichiarazione unilaterale d'indipendenza non è una soluzione, porterebbe certamente alla sospensione dell'autonomia catalana da parte del governo centrale con conseguenze che nessuno può immaginare. Serve quindi un governo in grado di trattare con la Generalitat catalana, e questo non è il governo di Mariano Rajoy".
Ada Colau, sindaca di Barcellona, nella giornata dello sciopero generale nella sua regione e alla vigilia della seduta sul caso catalano al Parlamento di Madrid, e al Parlamento europeo, disegna con voce calma e chiara lo scenario. Il lavoro politico di queste ore è il seguente: provare a creare una nuova maggioranza in grado di votare una mozione di sfiducia al governo Rajoy. Un nuovo governo potrebbe trattare con la Catalogna le condizioni per un referendum concordato nella legalità. L'agenda segreta è ora dunque evidente. Il primo passo è stato il Manifesto di Saragozza: Podemos, En Comú Podem (la forza politica di Colau), i partiti autonomisti (baschi, galiziani, maiorchini), la sinistra di Izquierda Unida, i catalani del PdeCat (la forza del presidente Puigdemont) e di Esquerra republicana (il partito del vicepresidente Junqueras) erano in quella riunione. Ma non bastano a fare la maggioranza in Parlamento. Serve il Psoe. Pablo Iglesias, leader di Podemos, ieri ha convocato per stamani a mezzogiorno, a Madrid, un nuovo incontro. Una "Tavola di partiti per la libertà la fraternità e la convivenza" aperta anche ai sindacati e agli osservatori di partiti stranieri. Ha fatto esplicito riferimento alla "proposta di Ada Colau", di fatto indicandola come capofila del progetto. Ha fatto "un appello alla responsabilità" del Partito socialista. Ha invitato personalmente Pedro Sánchez, leader del Psoe, il quale ha risposto: "Non posso, per ora".
Come interpreta quel "per ora", sindaca Colau?
"Pedro Sánchez sa che un Partito socialista non può sostenere un governo che esercita la violenza. È uno spettacolo triste vedere gli elettori socialisti disorientati da una leadership che tace davanti alle brutalità. La repressione della volontà popolare non è nel loro Dna. Sánchez si deve smarcare, deve muoversi. Fino a che non lo fa la situazione resta paralizzata, in bilico su un pericolo enorme".
Muoversi significa allearsi con le forze di Saragozza per far cadere il governo, ma Sánchez deve rispondere alla base andalusa dei suo partito, a Susana Díaz, che ha posizioni fortemente anticatalaniste.
"Il Psoe è diviso. Si trova in una posizione scomodissima: sostiene un governo i cui metodi e le cui menzogne non può più assecondare. I socialisti catalani si sono già espressi per la mozione di sfiducia a Rajoy e molte figure importanti del partito lo hanno fatto. Lo stesso Sánchez ha detto ieri che se Rajoy in Senato voterà con Ciudadanos la sospensione dell'autonomia catalana in base all'articolo 155 della Costituzione - e possono farlo perché in Senato (solo in Senato) hanno la maggioranza - l'appoggio del Psoe al governo sarebbe messo in dubbio. Ha tirato il freno a mano. Questo è qualcosa, ma non è abbastanza. Bisogna lavorare perché il Psoe aderisca alla mozione di censura. È un percorso, ci vorrà tempo. Alternative non ci sono. Con Rajoy la Catalogna non tratta e se si arriva alla Dichiarazione unilaterale di indipendenza sarà rottura, sospensione delle autonomie e conseguente reazione della popolazione. Pericolosissimo. I catalani sono pacifici, "la carta vince sempre sul sasso" c'era scritto nei cartelli dei manifestanti che sfilavano ieri, ma non sono deboli né sciocchi. Non reagiscono alla violenza in nome di un obiettivo comune: la democrazia, il diritto di esprimersi. Un partito che si chiama socialista non può essere sordo a questo, non può farlo in nome della sua storia a pena di pagare un prezzo altissimo, di rinnegare la sua identità. Il Psoe deve stare vicino ai cittadini, non al potere. Questo dunque è un appello al popolo socialista: affrontare e risolvere la questione catalana è una responsabilità che dobbiamo assumerci insieme, tutti".
Lei ha votato scheda bianca, non è in favore dell'indipendenza.
"Ma sono in favore dei diritti e delle libertà. Votare dev'essere possibile, sempre. La Catalogna deve poter votare. Non è un fenomeno di élite quello che abbiamo visto. È un formidabile movimento di popolo. Come può la politica non ascoltare la voce del popolo? Abbiamo il dovere di creare le condizioni per un referendum legale: decidiamo insieme come, dove, quando. Rajoy non vuole farlo. È sordo e cieco, esercita la forza e non la ragione. È debole, in questo senso. Debolissimo. Dice: la democrazia è rispetto delle regole. Io penso invece che le regole siano al servizio della democrazia: e le regole le scriviamo noi, in nome del popolo. Possiamo cambiarle. Quello che ha fatto Rajoy attraverso la sua polizia è davanti agli occhi del mondo: ha usato violenza a cittadini inermi che non hanno mai reagito. La democrazia è forse repressione di cittadini inermi? Lo chiedo all'Europa di Altiero Spinelli".
Lei lo ha definito "codardo" e ha condannato la violenza sessista della polizia.
"I codardi nascondono la mano dopo aver tirato il sasso, in questo caso proiettili di gomma e manganelli. Lui e la sua vice Sáenz de Santamaría hanno avuto la sfacciataggine impudente di negare quello che tutto il mondo ha visto. Mentono. Quanto alla violenza sessista della polizia: la vecchia politica è colma di testosterone. Io credo che una femminilizzazione del governo delle cose sarebbe utile. Ci serve una politica che si prenda cura, ascolti, dialoghi, cooperi e non abbia paura di cambiare posizione. Lo dico a Sánchez, di nuovo: cambiare posizione non è una sconfitta, è il solo modo per governare la realtà tenendone conto".
E se Rajoy convocasse elezioni prima? Se giocasse d'anticipo?
"Tutto è possibile. È una situazione incerta e fluida. Io non andrò domani all'incontro di Madrid, la situazione a Barcellona è tale per cui credo che sia mio compito restare qui. Ma da quel tavolo può nascere davvero il seme di un'alleanza che ci porti fuori da questo vicolo cieco. Esiste sempre una soluzione, in politica. Quello che non è stato possibile un anno fa - un'alleanza fra socialisti e Podemos, e con tutte le forze autonomiche - è possibile adesso. Dire: "potevate farlo prima", è privo di senso. Prima non è ora. La sintonia con tempo - l'ascolto, la percezione del ritmo della vita - è la materia prima della politica. Il tempo per farlo è ora".

Fonte: La Repubblica 

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