La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 1 aprile 2017

Jean-Luc Mélenchon, la superstar rossa delle presidenziali francesi

di Gianluca Schiavon 
Ho conosciuto Jean Luc Mélenchon circa un anno e mezzo dopo dalla sua fuoriuscita dal Parti Socialiste (PS) nel 2010 al III Congresso del Partito della Sinistra Europea a Parigi, era già eurodeputato per il nostro partito avendo scelto, una volta lasciato la casa dei socialisti francesi postmitterrandiani di abbandonare anche i socialisti europei, fondare il Parti de Gauche e aderire, senza indugi, al mio partito europeo fondando, con il Partito comunista, il Front de gauche. Uomo colto, perfettamente bilingue tra francese e castigliano, grandissimo oratore. Mi è capitato, poi, di conoscerlo meglio e di seguirlo a Marsiglia in uno straordinario comizio durante il Forum alternativo mondiale dell’acqua a pochi giorni dalle scorse presidenziali del 2012.
La sua biografia è estremamente interessante: formazione liceale in Normandia, università dalla parte opposta della Francia, a Beçanson, dove si è laureato in filosofia e ha acquisito la capes che gli ha permesso di insegnare nelle scuole superiori sia francese che filosofia.
Politicamente è stato un dirigente della sinistra fin dal 1968 come capo del sindacato studentesco unitario e dirigente trotzkista nella frazione allora maggioritaria dei lambertisti. Il gruppo fondato dal combattente antifascista Pierre Boussel, nome di battaglia Lambert, che ruppe con la IV Internazionale quando la stessa decise l’entrismo nei partiti comunisti e che perciò ebbe relazioni con i partiti socialisti, portando agli stessi un novero di tutto rispetto di quadri e militanti.
Sono stati, o secondo alcuni sono, ex-lambertisti o lambertisti Jean Cristophe Cambadelis, attuale segretario nazionale del PS, e Lionel Jospin, ex segretario PS e presidente del Consiglio dei ministri.
Nel partito socialista Mélenchon è diventato politico di professione nel 1976 trasferendosi a Massy, cittadina tra Versailles e l’aeroporto di Orly, e da lì diventando senatore. La coerenza politica, anche negli anni del PS, gli fa premio avendo contrastato da sinistra la linea del partito fin dalla prima guerra del Golfo, votando contro, nel 1998, all’adesione della Francia all’euro e contro la cosiddetta Costituzione europea nel 2005. In questo contesto è stato anche ministro alla formazione professionale del governo social-comunista presieduto da Jospin tra il 2000 e il 2002.
Oggi potrebbe essere definito un eco/socialista e la storia recente è caratterizzata dai successi personali alle elezioni europee e dalle due candidature alle elezioni presidenziali. Va riconosciuto che, rispetto a cinque anni fa, lo schema di gioco è significativamente cambiato: se, infatti, la prima candidatura era la candidatura del Front de Gauche, questa seconda, invece, è stata una candidatura maturata in autonomia e, per un breve periodo, anche in frizione col PCF, che del Front de Gauche è il principale soggetto (si veda quanto scritto il 6 gennaio 2016 in questa rivista). C’è voluta la proverbiale pazienza del segretario comunista Pierre Laurent e degli altri dirigenti delle formazioni più piccole, come Clémentine Autain, per rimettere insieme tutti gli aderenti francesi al Partito della Sinistra Europea.
La campagna di Mélenchon ha assunto il titolo suggestivo di France insoumise (Francia non sottomessa) ed è coordinata assai bene dall’altro, più giovane, ex-lambertista Alexis Corbière. L’avvenire in comune è il programma presidenziale di 130 pagine e compendia molte proposte di sinistra radicale – socialista, ecologista e repubblicana – con una componente antieuropea che non lascia alcun margine al nazionalismo o al populismo, ma che non è frutto di un gruppo di lavoro partecipato dal PCF.
Se si vede la parte economica, Mélenchon non parla di uscita dall’euro, ma di svalutazione dello stesso al livello del dollaro, di ripubblicizzazione della Banca di Francia e di un nuovo “protezionismo solidale”. Nell’assetto dell’UE contesta l’assenza di democrazia e vuole “mettere fine ai trattati fondanti l’UE” per un rifondazione democratica e solidale dell’Europa.
Interessante appare anche l’approccio istituzionale: propone l’abolizione dei privilegi della casta e la fondazione di una VI Repubblica parlamentare e partecipata, eletta con una legge elettorale proporzionale, che porti a una révolution citoyenne nella quale anche i media statali siano a disposizione dei cittadini.
Molto condivisibile, benché impopolare in Italia, è la campagna per la fuoriuscita dalla NATO e per la reintroduzione del servizio militare di leva. Altro aspetto fondamentale è la pianificazione ecologica, già presente nel programma del 2012, che orienta tutta la riorganizzazione dell’apparato industriale e tecnologico francese.

L’Albatros (da “I fiori del male” di Charles Baudelaire) è la poesia che @JLMelenchondedica via twitter ai suoi sostenitori dopo il grande comizio di mercoledì scorso a Le Havre: “Allez les petits albatros, c’est le moment de voler!”

Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.

E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell’azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.

Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L’altro, arrancando, mima l’infermo che volava!

Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell’arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.

Fonte: ytali.com 

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