La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 23 dicembre 2015

Critiche puntigliose dall'estero su jobs act e contante. La luna di miele di Renzi è finita

di Vincenzo Comito 
L’ultimo periodo non è stato tra i più propizi per il governo Renzi e non facciamo solo o tanto riferimento ai problemi delle banche in crisi, che stanno comunque scuotendo parecchio l’opinione pubblica nazionale. Ci riferiamo invece alle notizie relative in senso lato al fronte economico.
Intanto ricordiamo che lo stesso Pier Carlo Padoan, il nostro ministro dell’economia, trovandosi probabilmente in un momento di debolezza, ha dichiarato candidamente nei giorni scorsi che la crescita economica del paese appare abbastanza mediocre e che forse sono all’opera dei meccanismi che portano a prevedere una stagnazione economica secolare del mondo occidentale e quindi anche dell’Italia. Tali dichiarazioni ci sembra contrastino sostanzialmente con gli annunci trionfalistici del presidente del consiglio e forse sottintendono qualche difficoltà di rapporti tra i due, difficoltà che potrebbero star crescendo.
Ma, al di là di questo, vogliamo qui in particolare fare riferimento alle notizie che sulla situazione italiana arrivano da fonti estere tra le più autorevoli, fonti che sino a ieri non hanno nascosto la loro simpatia di fondo per il nostro governo.
Intanto sul tema del lavoro, che sta, come è noto, così a cuore ai nostri ministri, un rapporto della Bce sottolinea che le cose vanno abbastanza male e che l’andamento dell’occupazione nel nostro paese appare peggiore persino di quello della Grecia.
Ma a rincarare la dose sempre sul fronte del lavoro e ad aprire poi le contestazioni su quello fiscale ci pensano due tra i grandi quotidiani occidentali più prestigiosi, il New York Times e il Financial Times.
Il primo ha pubblicato (www.nytimes.com, 14 dicembre 2015) un articolo, ripreso dalla Reuters, dal titolo “ Il job act di Renzi non sta portando il lavoro agli italiani”.
Ricordiamo intanto che nel nostro paese c’è una notevole confusione di dati sul tema dell’occupazione tra Istat, Inps e il dilettantesco ministero del lavoro, ma che le sole informazioni fornite utilizzando i criteri internazionali standard sono quelle dell’istituto di Statistica.
L’autore dell’articolo, districandosi tra le cifre non sempre chiare dell’Istituto, è arrivato a calcolare con precisione l’andamento dell’occupazione nel nostro paese e ne ha tratto la conclusione che il job act, almeno sino ad oggi, è stato un fallimento. Da quando in effetti esso è stato posto in essere, in particolare tra il gennaio e l’ottobre 2015, sottolinea lo scritto, il numero dei lavori a tempo indeterminato non ha certo brillato per dinamica, diminuendo anzi di 23.000 unità, mentre quelli a tempo determinato, che la legge avrebbe dovuto scoraggiare, hanno continuato a crescere.
In generale, tra il gennaio e l’ottobre di quest’anno risulta al giornale che c’è stata una creazione netta di 83.000 posti di lavoro; ma, ricorda sempre il testo dell’articolo, nello stesso periodo dell’anno scorso, quando il job act non c’era ancora, il numero dei nuovi posti era cresciuto molto di più, di 174.000 unità.
Noi sappiamo peraltro che, in realtà, alcuni obiettivi perseguiti dalla legge e non dichiarati troppo esplicitamente sono stati in realtà raggiunti dal governo; tra questi, la forte riduzione dei diritti dei lavoratori e l’azione volta ad agevolare la vita ai padroni del vapore, ma la presa di posizione del quotidiano appare comunque molto significativa.
E veniamo all’articolo del Financial Times, che si occupa invece dell’analisi della più recente legislazione in tema fiscale. L’articolo relativo, senza il nome dell’autore, è stato pubblicato sul sito del quotidiano londinese (www.ft.com) in data 10 dicembre e il suo titolo fa riferimento alla non chiara posizione del governo Renzi in tema di evasione fiscale in Italia.
Lo scritto, ricordando l’alto livello di evasione fiscale tradizionale del nostro paese, fa riferimento in maniera molto critica a due provvedimenti recenti sul tema del nostro governo e che sembrano andare in direzione opposta alla necessità di combattere l’evasione.
Da una parte, si sottolinea nel testo come l’importo di contante che può essere usato per ogni singolo pagamento, come è noto, è stato portato con la nuova legge di stabilità a 3.000 euro, dai 1.000 precedenti. La mossa, afferma il giornale, sembra non avere alcun senso. La seconda misura riguarda la soglia di punibilità penale dell’evasione fiscale, che è stata elevata da 50.000 a 150.000 euro. L’Italia, commenta il quotidiano, non può permettersi un tale approccio all’evasione fiscale.
E per fortuna che al momento della stesura dell’articolo non era ancora emerso un emendamento alla legge di stabilità che prevede ora anche l’abrogazione della norma che sanciva il raddoppio dei termini di accertamento da parte dell’amministrazione fiscale in presenza di reato tributario, mentre i tempi di decadenza dell’accertamento in caso di dichiarazione omessa vengono contemporaneamente ridotti.
La luna di miele tra il nostro governo e la stampa internazionale sembra così trovarsi ad un punto di svolta.

Fonte: controlacrisi.org

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