La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 maggio 2016

La mia Europa

di Tonino D’Orazio
Questa Europa è un disastro totale. Politico, culturale e sociale. Ha perso qualsiasi idealità. La baracca, costruita sull’egoismo dell’euro si sta sfasciando, pezzo per pezzo. Ci sono paesi che vorrebbero scappare ma non possono, o comunque non possono essere quelli più asserviti a farlo. Altri lo stanno decidendo a pezzettini, tirando la corda delle regole un po’ di qua, un po’ di là. Non ubbidisce più nessuno alle regole, eccetto quelle pregnanti della Bce. L’immigrazione clandestina o meno ha finito per sgretolare il bunker neoliberista. Diceva qualcuno: l’Unione imploderà dall’interno, a causa delle sue contraddizioni. Barriere, i muri e i fili spinati. Analoghi al vituperato muro di Berlino o a quello attuale di Gerusalemme. Schieramento degli eserciti alle frontiere, gli uni contro gli altri. Offese reciproche tra i leader politici dei diversi paesi.
(ieri, Il leader nazionalista austriaco Hofer sfida Renzi: “non fa paura, è un incapace, non difende l’Italia”). Chi urla di più sono quelli che spingono sempre più a destra il proprio paese. Una xenofobia dormiente è riesplosa. I vari nazionalisti, di nuovo a nord, crescono sulle macerie culturali in un rigurgito e subcultura razzisti mai sopiti. Dovrebbe essere questa la Comunità europea? No, è solo l’Unione.
I paesi dell’est, ex Unione Sovietica, non si “trovano bene” con le regole dettate dalla Germania. Sono stati incamerati a forza. Le memorie popolari stratificate sono dure da morire. Scalpitano più degli altri perché strutturalmente rinati sull’orgoglio nazionale spesso in funzione antirussa cavalcato dall’Unione e dalla Nato. Sono il costoso fronte armato est dell’Unione. Solo per questo avranno sussidi a perdere. Persino Trump se n’è accorto. Non hanno ancora una struttura imprenditoriale e industriale e quindi sono loro che si vanno a prendere tutti i contributi UE. Ma in generale sono nuove colonie per lo “spazio vitale” non solo della Germania.
Alcuni fanno referendum contro gli altri (Olanda-Ukraina), altri ne fanno per uscire da questa Unione che in effetti non è Comunità, come il prossimo Brexit britannico, che, comunque andrà, rappresenta una grave sconfitta. Il referendum greco non è servito a niente; i greci sono stati ben imbrogliati. Gli Irlandesi sono stati obbligati a ripeterlo per ben tre volte per accettare Maastrict e il trattato di Lisbona (2007), fino ad un “sì” a questo matrimonio che non “s’aveva da fare”. Trattato rifiutato dalla Francia e dalla Olanda con referendum, ma sottilmente messo in opera sin dal 2009, facendolo passare per una Costituzione, a durata illimitata (art.53), per sempre. Non hanno optato per la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione” sia la Gran Bretagna che la Polonia e la Repubblica Ceca.
La Polonia, in mano a una destra che non si bene sa come definire, ha deciso, malgrado le “minacce” della Commissione (non eletta da nessuno), di non entrare nel giogo dell’euro. Hanno sotto gli occhi i risultati e permane una storica diffidenza verso la Germania. Gli accordi della Commissione voluti dagli statunitensi con i nazi-fascisti dell’Ukraina in testa di ponte, trascina tutta l’Unione ad auto lesive sanzioni, culturali ed economiche, alla Russia, chiudendo l’Unione su se stessa, e spingendo più ad est il grande paese europeo. Unione che, malgrado non minacciata, istituisce una nuova cortina formata da basi missilistiche atomiche per conto terzi.
Abbiamo davanti a noi gli accordi amorali e illegali, pagati in euro, con un altro fascista, il turco Erdogan, in merito alla situazione dei rifugiati, che aboliscono gli accordi internazionali. La critica ad un accordo simile tra Berlusconi e la Libia era servita a demolire l’immagine di Gheddafi e a preparare l’intervento armato nel 2011.
Abbiamo la presenza dei vari paesi dell’Unione in tutte le guerre neocoloniali nel Medio Oriente e nel nord Africa. Una Comunità che, uscita dalla guerra disastrosa e micidiale, aveva nei suoi principi fondatori e ideali la pace e lo sviluppo. L’Unione è la più grande fornitrice di armi nel mondo, anche se ogni membro per conto suo, spesso in competizione uno contro gli altri.
Per quanto riguarda lo sviluppo, possiamo dire che fino all’introduzione dell’euro la Comunità si manteneva, pur con difficoltà varie, sufficientemente equilibrata. La Comunità Europea era ancora modello di cooperazione e stato sociale unico al mondo. Il meccanismo bancario dell’euro ha creato, prima di definirne i disastri sociali ed economici, l’introduzione di una vera “guerra economica” interna, di volgare competizione tra gli stati che la compongono, e un vero massacro della classe lavoratrice. Tutti sono contro tutti, fino ad innalzare nuovamente pericolosi sbarramenti nazionali anche contro gli stessi cittadini dell’Unione; ma non per le merci e i capitali che godono di requisiti privilegiati. Abolendo di fatto il Titolo IV del Trattato, secondo convenienza.
I disoccupati nell’Unione europea, ufficialmente dati Eurostat, sono ormai più di 26 milioni, di cui 19 milioni nella sola zona euro. I tassi di disoccupazione più bassi (2015) sono stati registrati in Austria (4,8%), Germania (5,4%), Lussemburgo (5,5%) e Paesi Bassi (6, 2%). I più alti in Grecia (26,4%), Spagna (26,3%) e Portogallo (17,5%). La Francia raggiunge il suo massimo storico, 10,8%, mentre l’Italia si attesta ufficialmente al 11,6%. Vi sono poi In totale altri 18 milioni di “sottoccupati”, cioè 8,8 milioni che non cercano più lavoro e altri 9,2 milioni di occupati in “opportunità di vita” di part-time. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 23,1% a fine 2014 e continua a crescere. Il dato più elevato è quello spagnolo (51,4%), poco sopra quello greco (50,6%). Valori superiori al 40% si registrano anche in Portogallo, Croazia e Italia. Persino Eurostat preferisce ormai fare statistiche sugli “occupati” e non sui “disoccupati”. Fa più bon ton e le differenze potete farle da soli.
In realtà la situazione è diventata una guerra sociale contro i lavoratori dei paesi del sud Europa (e dell’est), dimostrata dall’abolizione, già in atto in alcuni paesi del nord, in deroga al Trattato, della tutela dei diritti sociali non prima di 5 anni di permanenza lavorativa. In pratica si paga tutto e non si ottiene niente per 5 anni. Un lavoro al nero con lo stato come committente, perché oggi la ricerca di un lavoro nell’ambito dell’Unione e della sua libera circolazione può anche essere definito “turismo sociale” per i propri cittadini. In un silenzio assordante della Confederazione Europea dei Sindacati (CES). In questa Unione probabilmente non bastano più i comunicati.
Una Unione in cui manca, dopo tutte le peggiori deforme dei mercati del lavoro capeggiate tra l’altro anche dai cosiddetti partiti socialisti europei, solo l’abolizione del diritto di sciopero, il risarcimento in tal caso delle perdite finanziarie delle aziende, e magari l’abolizione dei referendum popolari. A che serve tutta questa democrazia!
Eurostat ha pubblicato i dati su povertà ed esclusione sociale in Europa nel 2013, secondo cui le persone coinvolte i processi di esclusione e impoverimento sono state circa 122,6 milioni, pari al 24,5% della popolazione dell’Unione Europea. Nel 2010, erano 79 milioni gli europei sotto la soglia di povertà. In Europa ci sono 342 miliardari, con un patrimonio totale di circa 1.340 miliardi di euro, e 123 milioni di persone , quasi un quarto della popolazione, in povertà e esclusione sociale. È’ quanto emerge dal nuovo rapporto 2015 sulla disuguaglianza, lanciato da Oxfam. Abbiamo partecipato stupidamente a credere e a creare tutto questo.
Questa è l’Europa alla quale mi si chiede insistentemente di aderire con il cuore e non con il cervello; a volte spero proprio che qualcuno rompa questo giocattolo disastroso, al fine di riprendere un cammino meno disumano, magari con il concetto fondatore di “benessere” e uguaglianza per tutti. Sarà sempre più difficile far credere a qualcuno che viviamo nel “migliore mondo” possibile.
Non è questa la “la mia Europa”.

Fonte: cambiailmondo.org

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