La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 5 maggio 2016

Le scarpe strette di Fortuna

di Guido Viale
Fortuna era una bambina bellissima, con il viso dolce come un angelo, così l'ha definita anche il preside della sua scuola, che appare in molte foto con la coda di cavallo e una tutina semplice di colore verde chiaro. A Corrado Augias, non sono piaciuti i riccioli biondi che incorniciano il suo bel viso nella foto ricordo mostrata dalla sua mamma, perché secondo lui troppo artefatti, non consoni alla sua piccola età. "Questa bambina che ha 5-6 anni si atteggia come se ne avesse sedici o diciotto - ha detto intervistato da Floris l'altra sera in televisione e rincarando la dose ha aggiunto- una mamma che pettina la figlioletta di 5 anni come se ne avesse 18 è una donna che ha perso i riferimenti". Un discorso che se applicato a dei criteri valoriali generali è da condividere in pieno, perché vestire le bambine come donne adulte, che posano in atteggiamenti seduttivi indica un segno di sottomissione alla sessualità maschile, una deprivazione della loro identità e le espone ai gravi rischi della pedofilia, che si manifesta in modo terribilmente violento e osceno sui corpi dei bambini.
Ma è un giudizio assolutamente impietoso se applicato al caso specifico di quanto avvenuto nel palazzo di Caivano, che si può definire il palazzo dei "mostri", degli orchi cattivi, che a distanza di un anno hanno fatto volare dalla finestra due bambini dopo averne abusato ripetutamente, il primo un maschietto di tre anni, Antonio, la seconda Fortuna Loffredo di sei anni nel giugno del 2014.
Qui non c'era posto per la civetteria delle mamme, né per mini aspiranti modelle, in queste scale, dentro gli appartamenti, questi bambini sono stati costretti a vivere nella tragedia quotidiana, soli contro un muro di omertà eretto dagli adulti che ne abusavano, che ripetutamente ferivano i loro corpi per poi sbarazzarsene, buttandoli giù dal settimo e dall'ottavo piano.
Il dolore della mamma di Chicca (così chiamavano Fortuna la mamma e le amichette), una donna giovane, povera, sola, con due figli, merita tutto il nostro rispetto. Forse sembra ingenua quando fa vedere i vestitini di Chicca appesi nell'armadio, perché è così che vuole ricordare la sua bellissima bambina; così vuole che la ricordiamo, gioiosa e bella com'era, nonostante l'orrore delle sofferenze che ha dovuto subire.
La mamma di Chicca ha voluto fin dal primo momento che si facesse luce e che venisse fuori la verità da quel muro di omertà e di bugie che gli adulti del palazzo avevano costruito intorno a lei. E i bambini alla fine hanno parlato; ha parlato la amichetta del cuore di Chicca, che portata in un ambiente protetto con le sue sorelline, ha finalmente tirato fuori quel segreto che le pesava nel cuore e che i genitori e le nonne e le zie varie l'avevano costretta a mantenere con minacce e intimidazioni. Così nel suo diario racconta la bimba, che aveva nove anni quando è avvenuto quell'orribile delitto: "Quel giorno stavamo a casa. Mia mamma era in cucina. Io stavo lavando per terra. Chicca è venuta a bussare alla porta. Mi ha detto: Vuoi giocare? Io ho detto: aspetta sto lavando per terra. Si è seduta, ha detto: mi fanno male le scarpe e usciva a cambiarle e risaliva. In casa - continua il suo racconto - c'era la mamma, Raimondo e Fortuna. Lui (Raimondo) l'ha accompagnata; invece di scendere (dal settimo al sesto piano dove abitava Chicca ndr) sono saliti su all'ottavo piano". La bimba racconta che quando è salita con la mamma ha visto Chicca sdraiata per terra e lui, Raimondo, era sopra di lei, mentre Chicca cercava di difendersi scalciando disperatamente. "Poi - dice ancora - la prende e la butta giù. L'ho visto che entrava in quel cancello (che delimita il terrazzo, ndr), ho sentito le urla". E termina il racconto dicendo: "Finalmente ho detto la verità, sono più tranquilla, sono felice, lui deve pagare per quello che ha fatto".
Stringe il cuore quella frase: "Mi fanno male le scarpe", perché è la prima e l'ultima volta che sentiamo parlare Chicca. Verrà uccisa subito dopo. Ma in quelle scarpe strette quasi si avverte la sensazione di soffocamento che Chicca doveva provare in quella casa dove era presente l'uomo che, dagli atti, risulta aver abusato ripetutamente di lei. Forse era una scusa per scappare via, ma era troppo tardi. L'orco l'ha seguita, braccata, uccisa, perché si era ribellata a lui, scaraventandola giù dal terrazzo. È una storia che finisce orrendamente male, nessuna ha salvato la piccola Chicca. È morta con il suo orribile segreto, impossibile da confessare anche alla sua mamma. Ma la mamma vedeva che c'era qualcosa che non andava nel comportamento di Chicca e la portava due volte alla settimana dalla logopedista e a fare psicomotricità, perché gli insegnanti a scuola avevano rilevato in lei dei ritardi nell'apprendimento scolastico.
Nei suoi disegni a volte strani e incomprensibili, si leggono anche giudizi del tipo: "Hai disegnato malissimo", "Fortuna lavora bene solo se seguita individualmente". Il 20 maggio 2014, un mese prima della sua morte, i medici dell'Asl le avevano riscontrato "instabilità motoria e attentiva, scarso rispetto delle regole e dei ruoli, intolleranza alle frustrazioni con etero aggressività". Fa trasecolare venire a sapere che che questa bimba sia passata per così tante mani, che non fosse sola, che c'erano anche degli adulti buoni che se ne occupavano e che quindi avrebbe potuto salvarsi se gli addetti ad aiutare i bambini, quelli che nella morfologia delle fiabe vengono chiamati i "facilitatori", non si fossero dimostrati troppo miopi, troppo rinchiusi dentro schemi e categorie prestabilite, poco aperti all'ascolto. Forse dipende anche dalla struttura scolastica e dal modo in cui organizza il servizio di sostegno per i bambini in difficoltà, che spesso non lascia ai suoi operatori né il tempo né il modo di capire e approfondire. 
Chicca viveva in uno stato di trauma permanente. Nei suoi disegni dopo la sua morte gli inquirenti e gli psicologi forensi hanno trovato tracce di abusi che duravano da quando Chicca aveva tre o quattro anni. Tratti sconnessi, imprecisi, case senza porte, finestre sbarrate, fiori sparsi, figure di donne cancellate, farfalle nere e uccelli che sembrano scarabocchi. Ma noi la vogliamo ricordare così come la sua mamma vuole ricordarla: dolce, sorridente, con quei bellissimi occhi neri, i capelli biondi come un angelo, i vestitini colorati e tanta voglia di vivere.

Testo a cura di Francesca Costantini
Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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