La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 1 ottobre 2016

Il lato più oscuro dell’eredità di Shimon Peres

di Haggai Matar
La morte di Shimon Peres, alla veneranda età di 93 anni, è avvenuta nel mezzo di traboccanti ed elaborate memorie funebri ed elegie in tutto mondo, mentre i mezzi di informazione hanno notato che la sua vita politica ha attraversato l’intera storia dello stato di Israele, fin dalla sua fondazione nel 1948. Peres era, infatti, l’ultimo membro della generazione dei fondatori, gli uomini e le donne che si sono insediati per ragioni ideologiche nel Palestina del Mandato Britannico, e che hanno dedicato le loro vite alla costruzione dello stato di Israele.
Tuttavia mentre nella sua vita successiva è stato riconosciuto a livello internazionale come uno statista visionario, un ricercatore della pace, la sua eredità è in realtà ben più complessa, e spesso alquanto oscura.
Da precoce delfino di David Ben Gurion Peres è stato designato, alla giovane età di 29 anni, direttore generale del Ministero della Difesa israeliano. In quella posizione Peres ha costruito e fatto crescere il commercio israeliano di armi con la Francia. Ha anche aiutato a far costruire il reattore a Dimona. A causa della censura israeliana, i giornalisti non sono autorizzati a riconoscere che il reattore nucleare esiste. Ma “fonti straniere” (e pure Colin Powell) dicono che il reattore Dimona ha segnato l’introduzione di armi nucleari in Medio Oriente.
Mentre Peres era al Ministero della Difesa, Israele ha preso un ruolo di leadership nella Campagna del Sinai del 1956. Peres sfruttò i suoi contatti francesi per posizionare Israele come cliente delle potenze europee e per imbarcarsi in una guerra le cui finalità primarie erano stabilire il controllo israeliano sulla penisola del Sinai, strappare il controllo del canale di Suez dalle mani egiziane e metterlo invece in quelle francesi e britanniche nonché indebolire le forze anticoloniali nella regione. Stati Uniti e Russia, allora le due superpotenze mondiali, alla fine hanno obbligato Israele ad un ritiro completo dal Sinai, ma il messaggio inviato ai vicini era chiaro: noi stiamo con gli altri – con gli Europei.
Peres più tardi è stato un giovane ministro nel governo che seguì la guerra del 1967 che ha dato inizio all’impresa della colonizzazione – un progetto, attivo tutt’oggi, di furto di terre e oppressione, che avrebbe violato il diritto internazionale fin dal primo giorno, come sapeva bene lo stesso governo. Ma in quei giorni lontani, le colonie israeliane in West Bank, Gaza e Sinai erano presentate come una continuazione dello stesso movimento di coloni che aveva stabilito decine di kibbutz in Israele tra gli anni 30, 40 e 50.
Nel 1975 è stato Peres che ha offerto il supporto del governo alla prima ripetizione della “Hilltop Youth” (manifestazione di coloni, ndr) e ha attivamente sostenuto la fondazione del movimento di Kedumin e Gush Emunin, che Rabin definì il cavallo di Troia dei coloni. Come Ministro della Difesa, Peres ha mantenuto forte la crescita del movimento dei coloni e si è opposto alla restituzione del territorio (la West Bank) come parte dell’Accordo di Pace con la Giordania. Oggi gli Hilltop Youth sono i coloni più violenti e radicali di tutta la West Bank.
Erano pure gli anni in cui Peres, che poi avrebbe vinto il premio Nobel per la Pace, promosse la vendita di armi in vari paesi del mondo. Un report investigativo del Guardian ha trovato documenti che testimoniano che Peres aiutò a vendere testate nucleari al Sud Africa quando era governato dal regime dell’apartheid. L’ufficio del Presidente ha sempre negato le accuse.
Decine di anni dopo, da presidente dello stato, i commercianti di armi erano rimasti tra i migliori amici di Peres, e questi spesso hanno finanziato le sue celebrazioni stravaganti.
Nel 1984 durante il primo breve mandato da primo ministro, Peres ha cercato di coprire l’assassinio dei dirottatori palestinesi nel caso del Bus 300. L’indagine, che rivelò che i sequestratori erano stati picchiati a morte durante gli interrogatori dopo che erano stati fotografati vivi, in detenzione, nella scena del dirottamento, è stata al tempo un grande scandalo in Israele. Peres più tardi ha aiutato ad assicurare assoluzioni per i torturatori che avevano ucciso i prigionieri palestinesi.
Ma al contrario si rifiutò di assolvere il testimone Mordechai Vanunu, che rivelò al mondo solo un po’ di quanto stesse accadendo a Dimona. Infatti fu Peres che ordinò al Mossad di rapire Vanunu in Europa e portarlo in Israele, dove fu condannato a 18 anni in prigione a conclusione del processo.
Era solo il 1992 quando Yitzhak Rabin era primo ministro, che alcuni fasci di luce iniziano ad apparire nella carriera politica di Peres. Come Ron Gerlitz e Nidal Othman hanno scritto qui, le relazioni tra lo stato e i suoi cittadini arabi hanno raggiunto i massimi livelli quando il suo governo, per la prima e ultima volta nella storia israeliana, si basò su un accordo per una coalizione di maggioranza con membri arabi della Knesset. Peres aiutò pure a costruire supporto pubblico alla pace basata sui due stati, una proposta che ancora gode del supporto della maggioranza di israeliani e palestinesi.
E nonostante ciò, l’accordo di cui fu responsabile ultimo, quello di Oslo, fu un disastro. Senza mettere fine all’occupazione Peres riuscì a liberare Israele dalle proprie responsabilità sulla quotidianità dei palestinesi sul loro welfare, creando l’Autorità Palestinese. Perciò mentre Israele mantiene ancora controllo su quasi ogni aspetto della vita dei territori occupati, l’Autorità palestinese è liberata da ogni responsabilità, visto che non ha alcuna autorità per agire indipendentemente da Israele. Gli accordi di Oslo hanno mantenuto la supremazia israeliana nei territori ad ovest del fiume Giordano, con forze militari e controllo su risorse naturali come acqua ma anche hanno portato alla costruzione di una classe sociale palestinese imborghesita e con interessi garantiti – burocrati della PA o imprenditori privati – la cui qualità della vita è interamente dipendente dalla buona volontà di Israele. E questo è solo la punta dell’iceberg (puoi leggere di più qui).
Nonostante tutto ciò, dopo l’assassinio di Rabin, Peres avrebbe potuto scegliere di accrescere la rabbia e lo shock diffuso tra la nazione per riuscire ad avanzare realmente nel processo di pace. Al contrario, un mese prima delle elezioni nazionali decise di imbarcarsi in una devastante campagna militare in Libano “operazione grappoli di collera” che uccise 113 civili libanesi (assieme a 3 soldati israeliani e 21 combattenti di Hezbollah e dell’esercito siriano.) La maggior parte dei morti furono uccisi nel massacro di Qana, quando Israele sparò ad un quartier generale ONU dove centinaia di civili si erano riparati. (e si, le responsabilità del massacro di Qana rimangono pure sulle spalle di Peres). Peres non non ottenne mai la credibilità in termini di sicurezza che stava cercando con quella operazione. Al tempo stesso mancò l’opportunità di proiettarsi come l’unico leader impegnato a promuovere la pace e finire il processo che Rabin aveva iniziato.
Dopo aver perso le elezioni contro Benjamin Netanyahu nel 1996, Peres alla fine è ritornato al governo tra 1999 e 2002 all’inizio della Seconda Intifada e della successiva violenta repressione chiamata Operazione Scudo di Difesa. Alla fine di quell’anno lasciò il governo. Ma pochi anni dopo Peres rientrò nella coalizione, al fine di sostenere il disimpegno da Gaza di Ariel Sharon. Il disimpegno fu alla fine un ritiro unilaterale che ha premiato Hamas, anzichè basarsi su un accordo negoziato con la OLP. Questo fu un errore che poi lui stesso ammise
Nel ruolo perlopiù cerimoniale di presidente (tra il 2007 e 2014) Peres ha dimostrato il suo distacco dai bisogni sociali degli israeliani medi. Il budget operativo della residenza del Presidente si è raddoppiato durante il suo mandato (da allora è stata ridotta sotto il presidente Rivlin). La lussuosa “conferenza del presidente” che ha organizzato ogni anno è stata finanziata da industriali, gente di Wall Street e commercianti di armi, alcuni dei quali hanno legami con tirannici e sanguinosi regimi. Non è una coincidenza che Peres è stato onorato con il premio “Spirito di Davos” dal Forum Economico Mondiale, un gruppo dedicato a far crescere l’economia neoliberista a livello globale.
Dopo il suo mandato come presidente, Shimon Peres è diventato un lobbista per la più grande banca Israeliana, la Bank Hapoalim, e per un gigante farmaceutico internazionale, Teva. E’ anche rimasto coinvolto nel Peres Center for Peace, che “umilmente” ha fondato a proprio nome. Il Centro Peres in modo adeguato riassume l’eredità del premio Nobel, ex Primo Ministro e presidente. Il centro, che è diventato esso stesso un spazio di stravaganza per le ricchezze, è stato costruito in una delle più povere aree del quartiere Ajami a Jaffa. Il centro guarda il mare, ma ha alle sue spalle Jaffa e i suoi cittadini palestinesi. Dietro questo decadente palazzo di pace, appena dall’altro lato della strada mal pavimentata ci sono blocchi di crescenti edifici poveri e fatiscenti. In tre direzioni il centro sembra una mostruosità fortificata, solo da un lato, quello che si affaccia sul mare, con lo sguardo rivolto a ovest in modo rivelatorio, c’è la sua magica e invitante facciata di vetro. Questa è, forse, la perfetta metafora della eredità di Shimon Peres.

Articolo apparso su 927mag.com, portale informativo indipendente israeliano
Traduzione di Riccardo Carraro
Fonte: dinamopress.it 

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