La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 22 marzo 2017

Ripartiamo dai controlli sui movimenti di capitale

di Andrea Baranes
E' quasi impossibile anche solo fare l'elenco degli impatti provocati dall'assenza di controlli sui movimenti di capitale. Pensiamo all'impossibilità di tassare i capitali o anche solo di parlare di una patrimoniale, con la conseguenza che il peso del fisco si sposta su lavoratori e pensionati. Quale impatto ha questo sistema fiscale sulla crescita intollerabile delle diseguaglianze? Capitali liberi di muoversi e di sfuggire al fisco sono anche uno dei motivi centrali nella crescita ipertrofica della finanza, mentre mancano le risorse per investimenti di lungo periodo e per l'economia produttiva. Le conseguenze nei nostri Paesi sono deindustrializzazione e delocalizzazioni, mentre si apre una corsa verso il fondo tra nazioni per attrarre capitali abbassando gli standard ambientali, sociali, sui diritti del lavoro e ovviamente in materia fiscale.
Il vergognoso sviluppo dei paradisi fiscali è probabilmente l'emblema stesso dell'abbattimento di ogni controllo sui flussi di capitale. Tra le numerose conseguenze c'è una concorrenza sleale tra piccole imprese e multinazionali che possono sfruttare giurisdizioni compiacenti, così come un'ulteriore enorme aumento di ingiustizie e diseguaglianze tra la stragrande maggioranza della popolazione e i pochi ultra-ricchi che spostano i propri soldi offshore. Tutto questo per non parlare di come l'assenza di controlli sui movimenti di capitale sia al centro dei peggiori traffici internazionali, del riciclaggio, della corruzione e più in generale del successo delle mafie.
L'elenco potrebbe continuare, ma a dispetto della centralità del tema in ambito economico, sociale, finanziario, di politiche del lavoro, di giustizia ed equità, il controllo dei movimenti di capitale è quasi totalmente assente dal dibattito. Dopo oltre tre decenni di sbornia neoliberista, è come se alcune questioni fossero date per acquisite e per questo fossero sparite dall'agenda politica. Parlare di libertà del controllo dei capitali è come parlare di una legge della fisica: naturale e immutabile.
Nel momento in cui le peggiori destre centrano il proprio programma sul controllare i movimenti di esseri umani e l'amministrazione Usa millanta dazi e guerre commerciali per controllare i flussi di merci, da sinistra non ci si può limitare, nel migliore dei casi, a controbattere, giocando in difesa. Bisognerebbe ribaltare il discorso e affermare con forza che i controlli che realmente servirebbero sono sui flussi di capitale. Non bisogna guardare in basso, ma in alto. Non sono i migranti ad avere causato l'attuale crisi o a “rubarci il lavoro”, ma un casinò finanziario senza regole, al centro del quale troviamo il dogma del completo abbattimento di ogni controllo sui movimenti di capitale.
Come in altri ambiti, le difficoltà per cambiare rotta non sono tanto di natura tecnica, quanto politica. Alcuni primi strumenti di fatto esistono già. La tassa sulle transazioni finanziarie, se correttamente disegnata, rappresenterebbe uno strumento di controllo sui movimenti di capitale, ed è questo forse il principale motivo per cui è urgente quanto necessaria una sua approvazione su scala europea. Analogamente si parla finalmente di obbligare le multinazionali a pubblicare i propri bilanci suddivisi in ogni giurisdizione in cui operano, per rendere se non altro più difficili i giochi contabili per spostare e nascondere profitti nei paradisi fiscali.
Sono due primi esempi, ma molti altri potrebbero e dovrebbero seguire. In un approccio organico sarebbe ora di parlare esplicitamente della necessità di reintrodurre dei controlli sui movimenti di capitale. Con la Direttiva sull'Unione dei Mercati di Capitali, per l'ennesima volta l'UE sta invece marciando in direzione opposta. Un ulteriore segnale di un'Europa dove l'unione è solo quella monetaria, finanziaria e dei capitali, mentre rimane sullo sfondo l'idea di un'unione sociale, fiscale e dei diritti. Occorre cambiare radicalmente rotta, per un programma di giustizia sociale e per salvare la stessa UE dal baratro verso cui sta andando. E' ora di contrattaccare e di aprire uno spazio politico a sinistra, ponendo il controllo dei movimenti di capitale al centro dell'agenda come primo fondamentale passo per ribaltare gli attuali inaccettabili rapporti di forza tra finanza e democrazia.

Fonte: Attac

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