La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 25 marzo 2017

Geopolitica ed energia dal sole e dal vento

di Giuseppe Palazzo 
Un mio recente articolo sull’energia spiega come il nostro modo di organizzarci come società e sistema economico sia influenzato dalle fonti fossili e tratta le possibili implicazioni politiche e sociali della transizione alle rinnovabili. Anche questo articolo si pone in un futuro in cui queste fonti sono affermate e utilizzabili su vasta scala. Un futuro, come dicono alcuni dati [1], non considerato così lontano. Queste righe si concentrano sulla geopolitica, su quanto sia influenzata dal bisogno di accedere alle fonti fossili e su come può cambiare con la transizione. La situazione attuale è influenzata dai seguenti elementi. Le fonti fossili sono esauribili e questo, per quanto vi siano nuove scoperte, è un dato di fatto. Intanto secondo la IEA la domanda di energia sarà il 36% in più nel 2035 rispetto al 2008. Ciò aumenta la dipendenza dai Paesi produttori di gas e petrolio, concentrati in Medio Oriente, Russia e bacino del Caspio.
Perciò il mercato delle fonti fossili è un seller’s market, un mercato dei venditori. Senza contare la situazione politica e il livello di sicurezza in alcuni Paesi produttori[2].
Un mondo basato sulle rinnovabili avrebbe altre regole. Prima di tutto le fonti rinnovabili non sono concentrate in alcune aree, bensì distribuite. Certo, delle differenze ci sono. L’energia solare, ad esempio, può essere sfruttata meglio dove le ore di sole sono di più e la luce è più intensa. In particolare il sole “picchia” nelle zone desertiche del Sahara, in Australia e in Medio Oriente [3]. Emerge con chiarezza però che queste fonti sono sfruttabili un po’ ovunque (il solare ha potenziale anche in Europa, non solo nei deserti) e ve n’è varietà. Dove non c’è molto sole può esserci più vento ad esempio. Inoltre vi sono le biomasse, l’energia idroelettrica, marina e geotermica[4].
Pertanto le rinnovabili sono più diffuse delle fonti fossili e la produzione energetica può essere decentrata. Tutti i Paesi accedono a delle fonti rinnovabili. Un’altra differenza rispetto al mondo delle fonti fossili sta nella limitata trasportabilità dell’energia. Il petrolio, il gas e il carbone possono essere trasportati anche a livello globale, attraverso dotti e in container via nave, senza che nel trasporto le sostanze perdano contenuto energetico. Invece le rinnovabili producono una forma di energia che può essere trasportata solo sotto forma di elettricità, con dispersione di contenuto. Quindi ci deve essere una rete elettrica che colleghi il luogo di produzione e quello di consumo tenendo conto che le distanze non possono essere eccessive.
La natura elettrica dell’energia rinnovabile ha anche conseguenze sullo stoccaggio. Mentre le fonti fossili possono essere accumulate, come fanno gli Stati con le scorte di emergenza di barili di petrolio, ciò è più difficile con le rinnovabili, perché si tratta di conservare la stessa elettricità. Fra i progetti al riguardo vi sono le batterie, sempre più efficienti e meno costose[5]. Pur facendo la tecnologia importanti passi avanti, il tema dello stoccaggio è una sfida, che tra l’altro non si può evitare. Infatti l’intermittenza della produzione solare ed eolica (funziona solo se ci sono sole e vento) e la velocità elevatissima a cui viaggia l’elettricità (che cancella i tempi tra produzione e consumo) rendono i prezzi dell’energia rinnovabile molto volatili. I sistemi di stoccaggio serviranno per dare più stabilità e per fornire energia in caso di necessità.
La rete elettrica come infrastruttura ha i suoi pro e contro. Più la rete è estesa e più centri produttivi sono agganciati, il che è coerente con la dispersione della produzione energetica sul territorio permessa dalle rinnovabili. Inoltre una rete estesa collega aree con condizioni metereologiche diverse, gestendo così gli inconvenienti dovuti all’intermittenza di certe fonti. Per evitare che la fornitura di energia sia troppo scarsa o poco continuativa è utile avere la possibilità di accedere ad altre zone dove il meteo è migliore. Tuttavia, più la rete è grande e più energia si perde nel trasporto, maggiori manutenzioni sono necessarie e il sistema diventa più vulnerabile, dato che un guasto o un sabotaggio in un punto può avere ripercussioni su vaste aree. Inoltre, per evitare vi sia eccessiva dispersione di contenuto energetico, bisogna distribuire più centri di produzione in modo decentrato, così da far percorrere le distanze più brevi possibili fino ai luoghi di consumo. In ogni caso le reti possono al massimo avere un’estensione continentale, non globale [6].
Ponendoci in un futuro in cui le rinnovabili sono affermate e sfruttabili su vasta scala e considerato quanto scritto sopra (quindi presupponendo le attuali tecnologie), si possono fare alcune riflessioni. Le rinnovabili sono molto più distribuite sul pianeta ma vi sono differenze riguardanti diversi tipi di fonti, perciò un Paese è più o meno efficiente di un altro a produrre un certo tipo di energia. Quindi uno Stato può scegliere se tendere verso l’autosufficienza energetica, producendo energia con le fonti rinnovabili a cui accede, o se ricorrere all’importazione. Da una parte ci si garantisce la sicurezza energetica. Dall’altra si sceglie di acquistare da Paesi che producono con maggiore efficienza, facendo la scelta economicamente più conveniente. Si tratta di una situazione che delinea un mercato in cui i produttori hanno meno peso rispetto a quello delle fonti fossili. Infatti un Paese consumatore può decidere di cambiare produttore con più facilità o può scegliere l’autoproduzione. Si tratta quindi di un mercato molto più concorrenziale e più simile a un buyer’s market, mercato del compratore [7].
Due possibili scenari per l’energia
Scholten e Bosman ipotizzano due scenari. Il primo è il continental scenario, in cui i singoli Paesi decidono di comprare un certo tipo di energia rinnovabile da altri Stati che la producono meglio. Si sovrappongono più mercati (del solare, dell’eolico e così via). Il secondo è il national scenario, in cui i singoli Stati tendono, magari in modo decentrato nel proprio territorio, a produrre energia autonomamente[8].
Nel continental scenario le diverse produzioni sono centralizzate e grandi reti distribuiscono l’energia per la regione o il continente. Due progetti europei, ad esempio, Desertec e North Sea, se realizzati, allocherebbero rispettivamente la produzione di energia solare in Nord Africa e quella eolica in Nord Europa. Il conflitto politico in questo scenario non può essere per il controllo della fonte di energia ma della rete, su come costruirla, come distribuire i costi e i benefici. Sarebbe uno scenario in cui i Paesi sono interconnessi in modo profondo e ad avere un ruolo importante sono istituzioni sovranazionali e grandi imprese, in grado di affrontare le sfide economiche, organizzative e logistiche.
Un altro elemento interessante: la geopolitica energetica passerebbe dall’avere dimensioni globali, come oggi, a dimensioni al massimo continentali a seconda dell’estensione della rete [9].
Nel national scenario ogni Paese produce la propria energia rinnovabile. Non vi sono interessanti novità geopolitiche [10], ma le ripercussioni interne possono essere profonde, come spiega il mio articolo precedente. Se il singolo Paese al suo interno sceglie di gestire la produzione energetica in modo decentrato si pongono le basi per un sistema energetico (e non solo) più orizzontale, in cui i cittadini e le comunità locali hanno maggior peso (Rifkin parla di “riglobalizzazione dal basso”) [11]. In questo contesto i conflitti possono crearsi tra cittadini desiderosi di avere una produzione locale (per motivi economici e posti di lavoro) e non (le cosiddette proteste NIMBY, not in my back yard, “non nel mio giardino”) e poi evolversi tra istanze decentralizzatrici e accentratrici più generali [12].
Il contributo di Sholten e Bosman è interessante, anche se si concentra sull’energia presumendo le attuali tecnologie e condizioni politiche, culturali ed economiche globali. I loro scenari sono però ottimi strumenti per riflettere, sapendo comunque che probabilmente nel futuro ci saranno novità tecnologiche (il solare e l’eolico hanno grandi margini di innovazione), il sistema energetico non rinuncerà del tutto, o almeno non rapidamente, alle fonti fossili, e i Paesi opteranno al massimo per un mix dei due scenari, gestendo autonomamente l’energia per i servizi essenziali e importando il resto, ad esempio [13].
Passando a riflessioni meno teoriche, Criekemans ritiene che nella transizione alle rinnovabili il peso degli Stati dipenda dagli investimenti nelle tecnologie del settore e dall’accesso ai materiali rari necessari ad esse, come neodimio, litio, gallio, indio e silicio. Considerando questi elementi, l’autore prevede che il potere nel sistema internazionale sarà più distribuito ma ci saranno due attori principali: gli USA, per gli investimenti, e la Cina, sia per gli investimenti sia per l’accesso ai materiali rari [14].
Finora un tema sempre presente ma non menzionato è l’interdipendenza. Nei due scenari, per via delle reti estese, essa trova una nuova manifestazione. Il continental scenario dà più potere ai centri politici ed economici e connette i Paesi. Quello national con generazione energetica distribuita sul territorio riduce (teoricamente) il peso dei centri di potere e più che gli Stati connette i loro territori, le loro comunità locali. Come le reti del commercio e di internet, anche queste reti possono creare connessioni orizzontali, confermando l’idea di un mondo diviso in confini che lascia spazio ad uno scandito dalle reti [15].
L’interdipendenza è al centro, nel campo delle relazioni internazionali, di correnti secondo cui l’interdipendenza scoraggia la guerra, anche se non ha impedito conflitti mondiali. Altre correnti, infatti, affermano che l’interdipendenza avvantaggia chi è già più forte e ricco (di capitale, lavoro, tecnologia) e crea comunque motivi di conflitto, dato che l’essere soggetti a fenomeni oltre il proprio potere spinge a estendere il controllo, anche con la forza, su di essi. Rousseau spiega anche come non si cerca un vantaggio assoluto bensì uno relativo, avere qualcosa in più rispetto agli altri [16].
D’altro canto secondo Osti si può evitare lo scontro se sono possibili geometrie variabili, se lo schema di relazioni, cooperazioni e accordi è flessibile, potendo accedere a più risorse, più controparti e potendo contare su più convergenze (non solo energetiche ma anche economiche e storico-culturali) [17]. Un sistema basato sulle rinnovabili si presta a geometrie variabili più di uno basato sulle fossili, essendoci diverse fonti distribuite e un buyer’s market. Inoltre per il controllo della rete, principale oggetto del contendere, la guerra può non essere indicata.
Bisogna chiedersi anche che effetti può avere l’interdipendenza nello scenario in cui aumenta il ruolo delle comunità locali piuttosto che quello dei centri del potere. Una “riglobalizzazione dal basso” vuol dire più pace?
Le riflessioni possono essere vastissime. Il sistema energetico e la sua geopolitica si faranno più complessi, anche per la coesistenza di fonti fossili e rinnovabili [18].

[1] Bellomo Sissi, “Dalla Tesla la prossima crisi dell’oro nero?”, Il Sole 24 ore, 4 Febbraio 2017

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-02-03/dalla-tesla-prossima-crisi-dell-oro-nero–214953.shtml?uuid=AEEPFsN; IEA, “Renewable Energy Medium-Term Market Report 2016”, IEA Publication, Ottobre 2016; LeVine Steve, “Battery powered”, Foreign Affairs 94, pp. 119-24, Marzo/Aprile 2015; Pinner Dickon, Rogers Matt, “Solar panel comes of age”, Foreign Affairs 94, pp. 111-8, Marzo/Aprile 2015

[2] Scholten Daniel J., Bosman Rick, “The Geopolitics of Renewable Energy; a Mere Shift or Landslide in Energy Dependencies?”, Maggio 2013

[3] Criekemans David, “The geopolitics of renewable energy: different or similar to the geopolitics of conventional energy?”; ISA Annual Convention 2011, Montréal, Québec, Canada, Global Governance: Political Authority in Transition, Panel “Geopolitics, Power Transitions and Energy, 19 Marzo 2011

[4] Scholten Daniel J., Bosman Rick, “The Geopolitics of Renewable Energy; a Mere Shift or Landslide in Energy Dependencies?”, Maggio 2013

[5] LeVine Steve, “Battery powered”, Foreign Affairs 94, pp. 119-24, Marzo/Aprile 2015

[6] Scholten Daniel J., Bosman Rick, “The Geopolitics of Renewable Energy; a Mere Shift or Landslide in Energy Dependencies?”, Maggio 2013

[7] Idem

[8] Idem

[9] Idem

[10] Idem

[11] Criekemans David, “The geopolitics of renewable energy: different or similar to the geopolitics of conventional energy?”; ISA Annual Convention 2011, Montréal, Québec, Canada, Global Governance: Political Authority in Transition, Panel “Geopolitics, Power Transitions and Energy, 19 Marzo 2011 (pag 10)

[12] Scholten Daniel J., Bosman Rick, “The Geopolitics of Renewable Energy; a Mere Shift or Landslide in Energy Dependencies?”, Maggio 2013

[13] Idem

[14] Criekemans David, “The geopolitics of renewable energy: different or similar to the geopolitics of conventional energy?”; ISA Annual Convention 2011, Montréal, Québec, Canada, Global Governance: Political Authority in Transition, Panel “Geopolitics, Power Transitions and Energy, 19 Marzo 2011

[15] Slaughter Anne-Marie, “How to Succeed in the Networked World”, Foreign Affairs, Volume 95, Numero 6, pag 76-89, Novembre/Dicembre 2016

[16] Andreatta Filippo, Clementi Marco, Colombo Alessandro, Archibugi Mathias Koenig, Parsi Emanuele Vittorio, “Relazioni internazionali”, prima edizione, Manuali, il Mulino, 2007

[17] Osti Giorgio, presentazione del suo libro “Storage and Scarcity – New Practices for Food, Energy and Water” (edito da Routledge, 2016) presso il Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano Bicocca il 6 marzo 2017

[18] Criekemans David, “The geopolitics of renewable energy: different or similar to the geopolitics of conventional energy?”; ISA Annual Convention 2011, Montréal, Québec, Canada, Global Governance: Political Authority in Transition, Panel “Geopolitics, Power Transitions and Energy, 19 Marzo 2011

Fonte: pandorarivista.it

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