La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 16 dicembre 2016

Due sì ai referendum contro il Jobs Act

Intervista a Roberto Speranza di Alessandro De Angelis
Roberto Speranza, leader della sinistra Pd, è nel suo ufficio, sommerso da un mare di carte con appunti scritti a penna: “Sto preparando la relazione con cui aprirò l’incontro di sabato. Parto con Aleppo, la situazione internazionale… Qui sta cambiando il mondo, anche il 4 dicembre ce lo dice e invece in Italia c’è chi testardamente non vuole vedere e soprattutto non vuole ascoltare il paese”. Sabato, al centro congressi Frentani, luogo storico della sinistra, si svolgerà un’assemblea dal titolo Il paese prima di tutto. Un altro Pd per ricostruire il centrosinistra.
Tanto per capirci è quel pezzo del Pd che ha votato no e che si prepara a sfidare Renzi a congresso: “Ho già detto – prosegue Speranza – che al congresso ci sarò, ma per favore non iniziamo la discussione dai ruoli dei singoli”.
Iniziamola da Poletti, che dice: per evitare il referendum sul jobs act, si andrà a elezioni anticipate.
"Semplicemente sconcertante. Grave, gravissima. Trovi lei l’aggettivo più forte, se gliene viene uno migliore. Innanzitutto, irrispettosa del Parlamento che stava votando la fiducia a un governo e anche del governo medesimo. Ma soprattutto offensiva per quei milioni di persone che hanno firmato i quesiti dei sindacati. Il popolo si rispetta sempre, quando raccoglie le firme, quando manifesta, quando vota e quando va ai gazebo. Non è che quando ti batte le mani dici “viva il popolo”, quando ti boccia o fa cose che non condividi diventi sordo. Non funziona così."
E dunque? 
"E dunque dico al mio partito e al governo che il Pd sostiene: dentro quei quesiti ci sono delle istanze di una parte della nostra gente, che poi è anche una parte del centrosinistra che ha votato no. Sarebbe opportuno portarle subito in Parlamento. Vogliamo far finta di non vedere che si deve mettere mano al sistema dei voucher? Le cifre sono eclatanti, oltre cento milioni da inizio ad autunno, in un trend crescente vertiginosamente. E il ministro Poletti lo sa bene, visto che più volte ha parlato giustamente di “monitoraggio”."
Non mi pare che il governo voglia mettere in discussione una delle riforme principali del governo Renzi, attorno a cui è stata costruita la narrazione dell’Italia moderna contro gli orpelli del passato.
"Una narrazione con cui si sono inondate le tv tranne poi constatare che l’Italia ha cambiato canale. Ma come si fa a non vedere che il paese col voto del 4 dicembre ha dato un segnale inequivocabile, ha chiesto discontinuità, come già l’aveva chiesta alle ultime amministrative? E invece il governo nella sua formazione ha dato un segnale di eccessiva continuità, come a dire: abbiamo alle spalle mille giorni fantastici andiamo avanti così. Purtroppo non basta. Io invece, già in questa relazione, chiederò una nuova agenda sociale a partire da lavoro e scuola, dove va aperto un dialogo con insegnanti e studenti, per rimetterci in sintonia con la nostra gente."
Lei dice parliamoci chiaro. Parliamoci chiaro. Se il governo accettasse la sua agenda sociale aprirebbe una falla nel suo rapporto con Renzi. E infatti un ministro rassicura che il governo è a termine, nessuno lo smentisce e l’impostazione è una fotocopia della precedente. Se si votasse domani domattina, lei che voterebbe al referendum del Cgil?
"Non condivido il suo pessimismo, perché per me bisogna tentarle tutte per una soluzione ragionevole. Ma mi pare del tutto evidente che, qualora si perseguisse sulla linea di arroccarsi nelle proprie certezze, io starei con chi ha firmato i quesiti. Su due quesiti, in particolare sui voucher, voterei convintamente sì. Più complesso l’articolo 18, su cui sarebbe ancora più giusto riaprire la discussione in Parlamento sulla base dei dati che stanno arrivando sui licenziamenti."
Speranza, #bastaunsi?
"(ride) Messa così, è la domanda di un provocatore… Però insisto, il governo sbaglia a non riflettere su questi pochi e mirati 
interventi. Ho molto apprezzato i toni garbati con cui il premier Gentiloni ha impostato la discussione sulla legge elettorale, dichiarando che il governo “accompagnerà” il lavoro del Parlamento. Nel frattempo, con uguale garbo, suggerisco al governo di provare a rispondere a istanze che vengono dal nostro popolo. Posso tornare alla relazione di sabato, così poi mi riposo un po’?"
Un attimo, non abbiamo parlato di domenica. Dopo sabato c’è domenica, l’attesa assemblea del Pd.
"Ascolteremo la relazione del segretario e vedremo in che forme aprirà la discussione. Abbiamo una statuto chiaro e più volte ha dichiarato che è giusto fare un congresso. Bene, noi in quel congresso presenteremo un’alternativa a Renzi, proprio a partire dalle questioni sociali. Ci dicono che noi che abbiamo criticato alcuni aspetti della cultura renziana - come il neoliberismo, i cedimenti populisti (che male ci hanno fatto i manifesti su meno politici), il partito minimo – staremmo aprendo la strada a Grillo. È esattamente l’opposto, come si è visto a Roma, Torino e il 4 dicembre. La strada a Grillo la stai aprendo se vieni percepito come chi difende chi sta già bene, chi è dentro il sistema. Magari se proviamo a rappresentare le ansie della società, la rabbia, le periferie, il finale di partita non è scontato."
Le risponderebbe Renzi: ho preso il 40 per cento.
"Andiamo bene… Così andiamo a sbattere davvero. Il 40 per cento sulla Costituzione non è un 40 per cento di consenso al Pd, altrimenti, noto sommessamente, non avremmo perso cosi le amministrative. Ma la vogliamo sentire l’aria che c’è in giro?Saranno anche quattro pazzi quelli che hanno intimidito Osvaldo Napoli, ma è la spia di un clima. Suggerirei maggiore umiltà e, ripeto, capacità di ascolto."

Fonte: Huffington Post 

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