La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 17 dicembre 2016

Perché il M5S si vuole suicidare a Roma tramite fascio-partitocrazia?

di Paolo Flores d'Arcais 
Il 5 agosto (sono passati ormai quattro mesi e 11 giorni) ho messo in rete un tweet che diceva: «Se il #sindaco #Virginia #Raggi continua a servirsi anche di una sola persona del giro #Alemanno tradisce coloro che l'hanno votata». Dieci giorni dopo, il 15 agosto (quattro mesi e un giorno fa), rincaravo e precisavo: «Se il sindaco #Virginia #Raggi continua con il 'raggialemanno magico' (#Marra #Romeo #Viggiano ...) porta la #giunta e il M5S al disastro». Nel M5S nessuno ha fatto una piega (eppure seguono tutti con attenzione frenetica i “social”). 
Di fronte a tanta suicida indifferenza, il 6 settembre scrivevo un pezzo di apertura per il sito di MicroMega in cui, oltre a richiamare i due tweet precedenti, aggiungevo: 
«Il ‘raggialemanno magico’ è più che mai dominante nella giunta, è riuscito a far fuori tutti i possibili "competitor", in compenso la giunta è a pezzi e il M5S rischia il disastro. L'assessore Muraro è indifendibile, e ogni ora di sua permanenza e arroccamento del sindaco sul suo nome peggiora una situazione già disastrosa. Indifendibile non tanto per l'indagine (dipende dall'imputazione e dagli elementi a carico) ma per la plateale e reiterata menzogna, e soprattutto per le frequentazioni, le scelte, le decisioni, spesso scellerate, nel caso Ama, che gli articoli di Iacoboni e Sarzanini, che riportiamo qui sotto, documentano dettagliatamente. E la nomina di De Dominicis al bilancio, un ex magistrato della Corte dei Conti consigliato dall'avvocato Sammarco e ammiratore sfegatato e ditirambico di Giulio Andreotti (altro che rifiuto dei ‘poteri forti’!) aggiunge buio a buio. 
Sembra che purtroppo i ‘competitor’ possibili in seno alla giunta, il superassessore Marcello Minenna e il capo di gabinetto Carla Raineri, fossero sensibili alle sirene delle Olimpiadi-Malagò e altri richiami di establishment. Sembra insomma che di uno scontro tra due pezzi di establishment (anche se‘diversamente impresentabili’) si sia trattato, mentre gli elettori che hanno votato M5S a Roma lo hanno fatto per voltare radicalmente pagina, cioè per avere una giunta radicalmente libera da qualsiasi "inciucio" con qualsiasi establishment. 
I vertici nazionali del M5S sono stati assolutamente incapaci, ‘per opere o per omissioni’, come si dice nel catechismo (anche nel M5S ai vertici nazionali e locali i cattolici assai fedeli sono in sovrabbondanza), con le due personalità di punta, Di Maio e Di Battista, che ricordavano i surplace di Maspes e Gaiardoni anziché la capacità di decisione e responsabilità politica degli statisti. 
Questo il quadro. Desolante. E tuttavia al momento il voto M5S resta l'unico possibile, visto che le alternative sono il disastro in atto di mediocrità autoritaria e vuoto arrogante e ipocrisia e menzogne in quantità industriale dei Renzi e Berlusconi (che vuole tornare per interposta persona). Oggi la lucida disperazione impone di votare ancora M5S, anche perché il sindaco di Roma non è quello di Torino, ma il consenso per disperazione (ancorché lucida) non dura a lungo. Nella società civile le risorse cui potrebbe attingere il M5S ci sono, e abbondantissime. Una stolta autoreferenzialità sta portando invece questo movimento/speranza a innescare un processo di implosione: autoreferenzialità che al dunque diventa inciucio con poteri opachi e brutti assai, come il caso di Roma sta evidenziando». 
Questa apertura del sito di MicroMega veniva inviata, come sempre facciamo, a quasi quattrocentomila persone tramite una newsletter. È perciò escluso che il M5S, anche nei suoi vertici, romani e nazionali, non ne sia venuto a conoscenza. Ma l’indifferenza suicida è continuata. Più catafratta che mai. 
Ora, uno dei componenti di quello che fin dall’inizio, da elettore che si è sentito tradito, ho definito il “raggialemanno magico”, è finito in manette per corruzione. Poiché siamo garantisti, per stabilire che meriti di passare qualche anno in galera è necessaria la sentenza definitiva, ci mancherebbe altro. Ma per ogni carica pubblica o di nomina pubblica vale invece il principio della moglie di Cesare, che non solo deve essere onesta ma anche apparire tale. E nel frattempo le inchieste giornalistiche che davano i dettagli del ritorno in tutte le posizioni chiave di Ama, Atac, ecc., dei più stretti collaboratori di Alemanno si erano moltiplicate. 
L’atteggiamento corrivo dei vertici nazionali del M5S di fronte alla continuità fascio-partitocratica, che Virginia Raggi ha impresso in modo crescente alle scelte dei dirigenti che contano davvero, lascia assolutamente sbalorditi. Mentre sempre più oscuri suonano i motivi di tale comportamento del sindaco, contrari non solo ad ogni promessa elettorale di radicale discontinuità, ma anche ad ogni razionalità rispetto agli interessi del M5S, consentendo la stura ad ogni interpretazione e immaginazione, comprese quelle più azzardate che circolano (non solo nei mondi giornalistici, ma tra i tassisti, che a Roma sono strumento assai efficace del “tam tam” popolare) ipotizzando una qualche ignota “ricattabilità” del sindaco rispetto agli ambienti della estrema destra romana. 
È del tutto evidente che Virginia Raggi prima o poi, per la pervicacia con cui continua ad abbarbicarsi al vecchio entourage della giunta Alemanno, sarà costretta a dimettersi. Un “prima o poi” che ha tutta l’aria di aver subìto una forte accelerazione. Resta la domanda, ovvia da mesi, che ancora non riceve risposta: perché il M5S nei suoi vertici nazionali ha lasciato e ancora lascia che il veleno della fascio-partitocrazia contamini e distrugga la vittoria elettorale di Roma, ottenuta giurando (e spergiurando, abbiamo visto) ai cittadini che tale vittoria avrebbe prodotto una radicale rottura col passato, un radicale “nuovo inizio”?

Fonte: MicroMega online 

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