La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 2 ottobre 2015

Sulla cosiddetta crisi dei rifugiati siriani

di Santiago Alba Rico
La cosiddetta «crisi dei rifugiati siriani» necessita di due distinti livelli di analisi. Il primo riguarda l’assistenza immediata ai fuggitivi; questo implica chiamare in causa i nostri governi, mettere in discussione le quote di accoglienza e procedere alla revisione delle politiche di asilo dell’UE. Ma fuori da questo dibattito, natodall’emergenza, resta il «genocidio strutturale» alle nostre frontiere, resta l’ingannevole e pericolosa distinzione tra «migranti» e «rifugiati» e la difesa del diritto al movimento all’interno di un quadro globale in cui la «sovranità nazionale», nonchè il valore dei passaporti, sono vergognosamente disuguali. In questo ambito, siamo davanti a uno scontro chiaro tra i governi e partiti di destra da un lato e la sinistra, nel suo insieme, dall’altro.
Ma c’è un secondo livello che ha a che fare con la geopolitica e con la revisione delle alleanze in Medio Oriente. L’improvvisa e fulminante epidemia di rifugiati – che sembra voler rovesciare sull’Europa un dolore finora sopportato solo dai paesi confinanti con la Siria: Turchia, Libano e Giordania – ha collegato, nella percezione dell’opinione pubblica, l’esodo dei siriani con la violenza dello Stato islamico. Con questa erronea associazione si dimentica che -secondo l’UNHCR- l’11 luglio 2014,prima della «invasione» di Iraq e Siria da parte dell’ISIS, c’erano già 3 milioni di rifugiati siriani nella regione e che, se nell’ultimo anno questa cifra è aumentata di un milione di unità, la decisione dei rifugiati di spostarsi in Europa è da collegare principalmente alla diminuzione degli aiuti in favore degli stessi rifugiati (in Turchia, in Libano ed in Giordania) da parte dell’Europa e degli USA.
C’è anche da ricordare che, secondo diverse organizzazioni (l’Osservatorio siriano, Amnesty International o Human Rights Watch), il 90 per cento delle vittime civili del conflitto siriano negli ultimi quattro anni va imputato al criminale regime di Bachir Assad. Circa 10.000 persone (tra cui 2.770 bambini) sarebbero morti a causa dei bombardamenti aerei con barili di dinamite solo nei primi sei mesi di quest’anno. Per converso, nel loro primo anno di vita gli assassini jihadisti avrebbero ucciso -dicono alcune fonti- tra i 1.100 ed i 1.900 civili, tra i quali oltre 100 (tra 100 e 150) bambini.
Nonostante questi dati, nella nostra opinione pubblica si è consolidata l’idea che il pericolo per i siriani – e per l’Europa – sia lo Stato islamico. E su questo, purtroppo,si trovano stranamente d’accordo tanto i governi che accolgono i rifugiati a denti stretti quanto l’estrema destra, nonchè un settore della sinistra «antimperialista» che appoggia i crimini di Bachir Assad.
Collusa con le organizzazioni ultranazionaliste e fasciste, questa «similsinistra stali-bana» si fa portavoce delle notizie trasmesse dall’agenzia d’informazione russa Sputnik e dallo stesso Bachir Assad, secondo cui migliaia di jihadisti con falsi passaporti starebbero entrando nell’UE, mescolati ai rifugiati, per compiere attentati contro gli europei. D’altro lato, come abbiamo già visto, questo intreccio tra minaccia jihadista e dolore dei rifugiati viene utilizzato dai governi europei per progettare nuovi interventi in Siria e promuovere (come ha esplicitamente dichiarato il ministro degli Esteri spagnolo Margallo) una riabilitazione del regime siriano: regime che le potenze occidentali non solo hanno rinunciato ad abbattere, ma che – dopo gli accordi tra USA e Iran – è diventato l’alleato privilegiato per qualunque soluzione politica. Si potrebbe pensare che è proprio grazie all’ISIS che Assad è diventato un interlocutore necessario; la mia opinione, invece, è che il nuovo ordine mediorientale trova nell’ISIS il pretesto perfetto per cedere davanti al protagonismo regionale dell’Iran, il maggior alleato del dittatore siriano.
Per come ora stanno le cose, bisogna alleviare in qualunque modo le sofferenze del popolo siriano. Ma non dobbiamo mai dimenticare chi sono i responsabili di quelle sofferenze e della sconfitta della democrazia in Siria: in primo luogo, il regime di Assad e quanti lo hanno sostenuto (Russia, Iran, Hezbollah). Ma anche coloro che l’hanno combattuto in maniera ipocrita, senza fare realmente nulla o dirottando risorse economiche e armi verso quegli stessi jihadisti che oggi sono da bombardare (Arabia Saudita, Turchia, USA, UE).
Bisogna fare molta attenzione. Se l’esistenza dell’ISIS sembra giustificare la dittatura di Bachir Assad, una brutta soluzione per la Siria giustificherà le azioni dell’ISIS e aggraverà tutte le sofferenze: più dittatura, più bombardamenti, più rifugiati, più terrorismo.
E si ricomincia daccapo.

L’articolo in spagnolo è apparso il 15 settembre 2015 su Rebelión.org con il titolo: Dictadura siria, Estado Islámico y crisis de refugiados ed è poi stato tradotto in italiano da Giovanna Barile per Tunisia in Red della cui redazione Alba Rico è tra i fondatori.

Fonte: comune-info.net 

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