La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 1 ottobre 2015

Mare Nostro: la carica No Triv delle dieci regioni

di Serena Giannico
Non vogliamo il Paese delle tri­velle. E così ieri i dele­gati di dieci Con­si­gli regio­nali – Basi­li­cata, come capo­fila; e poi Mar­che, Puglia, Sar­de­gna, Abruzzo, Veneto, Cala­bria, Ligu­ria, Cam­pa­nia e Molise — hanno depo­si­tato in Cas­sa­zione sei que­siti refe­ren­dari con­tro l’invasione delle piat­ta­forme petro­li­fere. Con essi si chiede l’abrogazione dell’articolo 38 dello Sblocca Ita­lia e di vari suoi commi e dell’articolo 35 del Decreto svi­luppo. «Vogliamo che non ci siano pozzi entro le 12 miglia e che siano ripri­sti­nati i poteri delle Regioni e degli enti locali, met­tendo inol­tre i cit­ta­dini al riparo dalla limi­ta­zione del loro diritto di pro­prietà rispetto alle società estrat­trici», spiega il pre­si­dente del Con­si­glio regio­nale della Basi­li­cata, Piero Lacorazza.
Il refe­ren­dum, sulla cui ammis­si­bi­lità dovrà ad anno nuovo pro­nun­ciarsi la Corte Costi­tu­zio­nale, porta la firma e l’intuizione del coor­di­na­mento nazio­nale No Triv e di altre 200 asso­cia­zioni. «Con que­sta con­sul­ta­zione – afferma Enrico Gagliano, No Triv – si resti­tui­sce ai cit­ta­dini il diritto di deci­dere di se stessi e del futuro del pro­prio ter­ri­to­rio. Si tratta di un fatto straor­di­na­rio ed unico nella sto­ria dell’Italia repub­bli­cana, il cui signi­fi­cato va ben oltre la pur impor­tante dimen­sione ener­ge­tica». «Sul piano isti­tu­zio­nale, — aggiunge Enzo Di Sal­va­tore, No Triv — il governo dovrà fare i conti con una mutata realtà e con mutati rap­porti di forza nel Paese. Quanto alle scelte ener­ge­ti­che, l’esercizio dell’opzione refe­ren­da­ria con­sen­tirà di ria­prire una par­tita che sem­brava già persa all’indomani del varo della Stra­te­gia Ener­ge­tica Nazio­nale: i que­siti sull’articolo 38 rimet­tono in discus­sione il sistema di gover­nance che finora ci è stato impo­sto a suon di leggi e decreti (Sblocca Ita­lia su tutti); quello «secco» sull’articolo 35 punta ad inflig­gere un duro colpo alle mire delle com­pa­gnie petro­li­fere, a sal­va­guar­dare i nostri mari e a pre­ve­nire qual­siasi ten­ta­tivo di ritorno al pas­sato (abo­li­zione del limite delle 12 miglia o sua ridu­zione a 5) da parte di un governo aper­ta­mente schie­rato sul fronte delle ener­gie fossili».
Un’iniziativa che viene defi­nita «una delle poche note liete in una lunga e tri­ste sta­gione color nero-petrolio». «E’ la prima volta che dei que­siti refe­ren­dari soste­nuti dai Con­si­gli regio­nali ven­gono pre­sen­tati da dieci Regioni, che rap­pre­sen­tano il dop­pio del quo­rum richie­sto -, riprende Laco­razza -. In Basi­li­cata, una delle realtà più mar­to­riate, con­tiamo già la pre­senza di 70 impianti di tri­vel­la­zione: non siamo affetti dal ’nimby’, ossia non vogliamo non ’spor­care il nostro giar­dino’ e spo­stare il pro­blema in quello degli altri, ma cre­diamo che la poli­tica ener­ge­tica dell’Italia debba rac­cor­darsi con l’Unione euro­pea, che non può sol­tanto occu­parsi di moneta e buro­cra­zia». «Dieci Regioni – evi­den­zia Fabri­zia Arduini, refe­rente Ener­gia Wwf Abruzzo — sono un mes­sag­gio gra­ni­tico a Renzi. I que­siti refe­ren­dari par­lano chiaro e una rile­vante parte del Paese ha capito che l’Italia non può riper­cor­rere gli stessi modelli di svi­luppo che hanno pro­dotto una delle peg­giori crisi eco­no­mi­che mai vis­sute. Un modello di spre­chi e disu­gua­glianze, inso­ste­ni­bile per la nostra fra­gi­lis­sima e bella nazione, ma anche per il pia­neta intero.
Il costo ambien­tale di que­ste atti­vità è davanti gli occhi di tutti: i cam­bia­menti cli­ma­tici sono un vero fla­gello. A Parigi, nella COP21 (Con­fe­renza sul clima) di dicem­bre, gli Stati dovranno con­clu­dere un accordo glo­bale per agire in fretta, in modo effi­cace ed equo per stop­pare le alte­ra­zioni cli­ma­ti­che. Che dirà il pre­mier? Che l’Italia punta sulle sue risi­bili pro­du­zioni di idro­car­buri sino all’ultima goccia?
Nell’attesa che la Cas­sa­zione si pro­nunci sul refe­ren­dum, — con­ti­nua Arduini — con­ti­nue­ranno le azioni di mobi­li­ta­zione per fer­mare pro­getti petro­li­feri off shore recen­te­mente sdo­ga­nati, a comin­ciare da “Ombrina Mare”, la piat­ta­forma con raf­fi­ne­ria gal­leg­giante, che dovrebbe sor­gere a poche miglia dalla costa della pro­vin­cia di Chieti e di cui si discu­terà il pros­simo 14 otto­bre al mini­stero dello Svi­luppo eco­no­mico in una con­fe­renza dei servizi».
«E poi – fa eco Vit­to­rio Cogliati Dezza, pre­si­dente nazio­nale di Legam­biente – biso­gna bloc­care “Vega B, piat­ta­forma pre­vi­sta nel Canale di Sici­lia, al largo del lito­rale ragu­sano, che da poco ha rice­vuto il nulla osta ambien­tale e su cui pen­dono già ricorsi al Tar». «Occorre abban­do­nare il petro­lio – afferma Luzio Nelli, Legam­biente Abruzzo – e ripar­tire dalle fonti rin­no­va­bili e soste­ni­bili, garan­tendo la qua­lità del ter­ri­to­rio e il benes­sere delle popo­la­zioni, non gli inte­ressi delle mul­ti­na­zio­nali del greggio».

Fonte: il manifesto 

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