La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 1 ottobre 2015

Lavoro gratuito: l'ultima corvée si chiama «baratto amministrativo»

di Marco Bascetta
La mac­china infer­nale del lavoro gra­tuito, sal­da­mente pian­tata nel cuore del sistema-paese, si va arric­chendo di un set­tore molto pro­met­tente nella sosti­tu­zione di quello retri­buito, a van­tag­gio delle ammi­ni­stra­zioni comunali.
Si tratta del cosid­detto «baratto ammi­ni­stra­tivo», fon­dato sull’articolo 24 del decreto Sblocca-Italia. Si pre­vede che sin­goli e asso­cia­zioni pos­sano pro­porre inter­venti, «puli­zia, manu­ten­zione, abbel­li­mento di aree verdi, piazze, strade ovvero inter­venti di decoro urbano, di recu­pero e riuso con fina­lità di inte­resse gene­rale», in cam­bio di sconti fiscali.
Con una inter­pre­ta­zione alquanto esten­siva, per non dire cap­ziosa di que­sta gene­rica norma, diverse ammi­ni­stra­zioni comu­nali vi hanno sco­vato lo stru­mento per recu­pe­rare cre­diti fiscali altri­menti ine­si­gi­bili. Tra i primi a spe­ri­men­tare que­sta strada fu un comune della pro­vin­cia di Novara che aveva offerto a un cit­ta­dino in arre­trato con la Tasi e il canone di affitto di un appar­ta­mento comu­nale di sde­bi­tarsi svol­gendo gra­tui­ta­mente lavori di manu­ten­zione. L’episodio fu pron­ta­mente cele­brato su diversi organi di stampa come edi­fi­cante esem­pio di col­la­bo­ra­zione tra cit­ta­dini e isti­tu­zioni pub­bli­che, come nuova forma di par­te­ci­pa­zione, sia pure non pro­prio volon­ta­ria, ai biso­gni della collettività.
Nei giorni scorsi, due comuni impor­tanti, quello di Milano e quello di Bari, (quest’ultimo su sol­le­ci­ta­zione dei 5Stelle) si sono acco­dati alla pra­tica del baratto ammi­ni­stra­tivo, non in cam­bio di sconti fiscali ma a saldo di debiti pre­gressi con­tratti da sog­getti in dif­fi­coltà economica.
Non ci è ancora dato sapere quali saranno le con­di­zioni del baratto e cioè l’equivalente mone­ta­rio dell’ora lavo­rata nell’estinzione del debito e le con­di­zioni di lavoro. Ma dob­biamo ragio­ne­vol­mente sup­porre che risul­te­ranno più van­tag­giose per l’ente pub­blico di quelle del lavoro retri­buito garan­tito da con­tratti col­let­tivi e pro­tetto da orga­niz­za­zioni sin­da­cali. Il debi­tore si trova infatti in una ogget­tiva con­di­zione di debo­lezza, non deve avere ma resti­tuire, il suo potere di con­trat­ta­zione è pari a zero.
L’uso delle parole è ormai cor­ren­te­mente abu­sivo e fuor­viante, quando non puro e sem­plice fumo negli occhi. Il baratto è infatti noto­ria­mente uno scam­bio tra eguali che, per defi­ni­zione, non implica rela­zioni di obbli­ga­to­rietà né risar­ci­mento di debiti mone­tari. Men che meno com­porta risvolti puni­tivi. Del resto la gene­rosa offerta dei Comuni non si rivolge certo agli eva­sori fiscali, ma alla cosid­detta «insol­venza incol­pe­vole». Vale a dire al con­tri­buente che non è stato in grado, per avverse con­di­zioni o, peg­gio, per spro­por­zione per­ma­nente tra il pro­prio red­dito e la pres­sione fiscale cui è sot­to­po­sto, di sal­dare il debito. Qual­cuno ha ragio­ne­vol­mente intro­dotto, in que­sti casi, il ter­mine di elu­sione o eva­sione «per neces­sità», susci­tando gene­rale indi­gna­zione. La pre­sta­zione lavo­ra­tiva richie­sta a que­sti sog­getti non ha dun­que alcun carat­tere volon­ta­rio o pro­po­si­tivo e, men che meno, di baratto. Si tratta, insomma, di una forma masche­rata di coa­zione, che esclude qua­lun­que valu­ta­zione sulla soste­ni­bi­lità sociale del debito e sull’equità fiscale del sistema.
Il ter­mine che meglio si adatta a que­ste pra­ti­che è l’antico isti­tuto della cor­vée che impo­neva una certa quan­tità di lavoro gra­tuito come tri­buto da ver­sare al feu­da­ta­rio o, più pre­ci­sa­mente ancora, la cor­vée royale isti­tuita nel 1738 per costrin­gere i con­ta­dini a un «lavoro social­mente utile» e deci­sa­mente «pub­blico», ossia la manu­ten­zione delle strade. Obbligo abo­lito, non a caso, nel 1789 e ripri­sti­nato a rivo­lu­zione con­clusa. Allora, come oggi, la pos­si­bi­lità di ver­sare tri­buti in forma di lavoro gra­tuito piut­to­sto che in forma mone­ta­ria veniva con­si­de­rata una gene­rosa con­ces­sione nei con­fronti dei vassalli.
Nel caso del «baratto ammi­ni­stra­tivo», poi, non si tratta nem­meno di ver­sare un tri­buto, ma di sal­dare un debito pre­gresso. Lo schema ricalca dun­que quella «ser­vitù debi­to­ria” attra­verso la quale i pos­si­denti carai­bici del XVII secolo si assi­cu­ra­vano il ser­vag­gio dei migranti più poveri, acqui­stando sul mer­cato il debito con­tratto con gli arma­tori in cam­bio del viag­gio. Pur celan­dosi die­tro una par­venza di con­tratto a ter­mine si trat­tava di fatto di una forma, spesso feroce e il più delle volte ine­stin­gui­bile, di schia­vitù. Tut­tora dif­fu­sis­sima nel mondo della tratta di esseri umani, migranti e non.
E’ ovvio che il para­gone è una pura e sem­plice for­za­tura, una pro­vo­ca­zione. Ma, sul piano dei prin­cipi, ha un senso ben pre­ciso. Se si ammette lo scam­bio diretto tra il lavoro e un debito che non può essere pagato altri­menti, che sia nei con­fronti di un pri­vato o di un ente pub­blico, si attenta ine­vi­ta­bil­mente alla libertà della per­sona. Si cer­ti­fica che i suoi diritti sono subor­di­nati a quelli dei cre­di­tori. E si sblocca, in una forma o nell’altra, il ritorno della ser­vitù debitoria.
Ciò che allarma, dun­que, è che que­sto genere di tran­sa­zioni, nell’ignoranza delle inquie­tanti impli­ca­zioni che com­por­tano, susci­tino tanto super­fi­ciale entu­sia­smo. Quasi si trat­tasse di una occa­sione in più, di un cor­ret­tivo sociale alla fred­dezza della ratio burocratico-fiscale. E non invece di uno stru­mento di esa­zione stu­diato per spre­mere, in un modo o nell’altro, anche le fasce più povere della popolazione.
A Roma i cit­ta­dini ven­gono chia­mati al lavoro gra­tuito di puli­zia dei loro quar­tieri dis­se­mi­nati di immon­di­zie. Tra i pro­mo­tori dell’iniziativa figura l’Ama, il disa­strato ente comu­nale in via di pri­va­tiz­za­zione che se ne dovrebbe occu­pare. Non risul­tano baratti ammi­ni­stra­tivi in corso. La reto­rica della par­te­ci­pa­zione può bastare. Senza sconti, que­sta volta.

Fonte: il manifesto 

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