La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 11 novembre 2016

Genealogia di Trump, popolarità di Sanders

di Michael Brull  
Nel 2008 il presidente George Bush (il secondo) era ferocemente impopolare. Aveva portato gli Stati Uniti in guerra in Afghanistan e in Iraq e la seconda si era dimostrata assolutamente disastrosa. Dopo aver presieduto alle liberalizzazioni e ai regali alle imprese Bush aveva portato al mondo la Crisi Finanziaria Globale. Era divenuto il presidente più impopolare della storia statunitense moderna, con la sua percentuale di approvazione precipitata al 25 per cento e quella di disapprovazione al 71 per cento. Bush era ancora il presidente vivente più impopolare.
C’erano tendenze di lungo corso di disgusto statunitense per il proprio sistema politico e la propria forma di capitalismo. Il presidente Bush aveva unificato tali tendenze.
Barak Obama ha condotto la sua campagna promettendo “speranza” e “cambiamento”. Non ha sottolineato il fatto di essere nero e che perciò la sua elezione sarebbe stata storica. Ha prevalentemente evitato persino di far riferimento a tale aspetto della campagna elettorale; è stato semplicemente lasciato implicito o da discutere da parte di altri.
Obama ha usato una retorica elevata a proposito di quanto grandi erano gli Stati Uniti, in modo da poter piacere a uditori che pensavano che intendesse dire che il cambiamento stava per arrivare e anche a uditori che volevano semplicemente un’amministrazione Democratica al potere. E’ stato efficace: molti avevano sperato che le cose sarebbero cambiate sotto Obama e hanno votato con entusiasmo per lui.
All’epoca l’eredità di Bush era così tossica che contro di lui si sono candidati persino i Repubblicani. John McCain e la sua scelta per la vicepresidenza, Sarah Palin, si sono presentati come dissidenti, in lotta contro l’establishment politico e contro Washington, sfidando sia i Democratici sia i Repubblicani. Speravano anche loro che quelli che volevano il cambiamento avrebbero votato per loro.
Nel 2008 sia i Democratici sia i Repubblicani promettevano il cambiamento a un pubblico che ne aveva piene le scatole di politici e di capitalismo clientelare. Gli statunitensi sono andati con i Democratici e lo hanno fatto sonoramente. Obama ha vinto 365 dei 538 voti elettorali e il 52,7 per cento del voto popolare. Nel 2012 ha vinto il numero ugualmente impressionante di 332 voti elettorali contro lo sfortunato Mitt Romney […].
E oggi abbiamo Trump.
Anche ‘Il Donald’ ha beneficiato del sentimento antisistema. La sua enorme ricchezza gli ha consentito di proclamare che non sarebbe mai stato comprato, diversamente dai suoi disonesti avversari.
Ha twittato: “Sheldon Adelson sta pensando di dare un mucchio di dollari a Rubio perché sente di poterlo trasformare in un suo perfetto piccolo burattino. Concordo!”
Il giornalista Matt Taibbi ha spiegato che “nell’era di Trump anche i Cruze [Ted Cruze – n.d.t.] del mondo devono ribellarsi contro il ‘sistema’”. Tuttavia “sono in realtà tutti dei lacchè corrotti, incapaci di opporsi a Trump perché non sono nemmeno persone ma sono, come Jeb e Rubio, semplicemente rappresentanti automatici balbettanti di donatori invisibili.”
Un anno dopo Trump ha tranquillamente cambiato la sua posizione passando a una più sostenitrice del governo israeliano, e ha corteggiato Adelson con successo. Ma il considerevole periodo di indipendenza tra tali due eventi gli è servito bene. E quando ha affrontato la Clinton non c’era nessuno che lo interrogasse al riguardo.
Quando la gara si è ridotta a Trump contro Clinton, la maggior parte dell’establishment si è schierata con la Clinton. Aveva il sostegno preferenziale della maggior parte degli amministratori delegati delle prime 500 società della classifica di Fortune, l’appoggio dei grandi banchieri e aveva raccolto più di un miliardo di dollari, il doppio di Trump. I media dell’industria appoggiavano prevalentemente la Clinton, con molti giornalisti selezionati che lavoravano in coordinamento con la sua campagna elettorale.
Trump l’ha dipinta come la candidata del sistema e per gran parte del pubblico è stata una critica devastante.
Guardate il suo annuncio finale di due minuti. Se si trascura il mediocre antisemitismo e il riferimento all’immigrazione illegale, suona prevalentemente come un attacco di sinistra ai super-ricchi. La dirigenza politica non si cura di persone come voi, ha distrutto i vostri posti di lavoro e li ha trasferiti in paesi stranieri, mettendo la vostra ricchezza nelle mani di un pugno di grandi imprese e grandi entità politiche. Soltanto noi possiamo fermarli.
Il quadro è chiaro, la retorica è stimolante, e il messaggio è seducente. Molti statunitensi si sentono effettivamente privati di diritti ad opera delle élite politiche ed economiche degli Stati Uniti.
Paragonatelo all’annuncio finale della Clinton. Del tutto scialba, la Clinton declama una serie di cliché, quali la sua eterna dedizione a “bambini e famiglie”.
In un altro annuncio finale della Clinton suona una canzone popolare su una finestra di testo che spiega perché una serie diversa di persone, attentamente selezionata, motiva la propria decisione di votare la Clinton. “Per il pianeta”, “per questo bambino”, “per il nostro futuro” e via di seguito.
Mentre accennano a impegni a obiezioni progressiste a Trump non offrono alcun motivo significativo per appoggiare lei. Uno dei suoi annunci finali più forti cataloga alcuni dei commenti sessisti di Trump, ma alla fine la sua campagna si è basata sul fatto che Trump è orribile e su pochi cliché.
Come la stessa Clinton ha lamentato in email interne, il suo staff “si limita a darle affermazioni basate su sondaggi che non funzionano, come far sì che la classe media conti qualcosa”.
Trump ha vinto facendo appello alle proteste della classe lavoratrice, non al razzismo
Nel 2016 molti degli stati che avevano votato per Obama hanno votato oggi per Trump. Florida, Ohio, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania hanno 93 voti elettorali in tutto. Hanno votato due volte per Obama. Del Michigan non si conosce ancora il risultato, ma tende a Trump. […]
Nel 2008 e nel 2012 se avessero votato per i Repubblicani Obama avrebbe perso. Quegli stati erano razzisti quando hanno contribuito a eleggerlo? Il fatto di avere un presidente nero li ha resi più razzisti? Sono stati allettati dalla promessa di Trump di un aperto razzismo e sessismo? Non hanno notato che Obama è nero?
Forse i loro voti sono stati basati su altri temi. Michigan, Wisconsin, Pennsylvania e Ohio sono considerati parte della “Rust Belt”. Cioè questi sono stati che avevano occupazione nell’industria manifatturiera. Poi gli Stati Uniti hanno firmato accordi commerciali, trasferito i loro posti di lavoro in paesi come Messico e Cina e chiuso le fabbriche.
Fu Bill Clinton, appoggiato da Hillary, a firmare il NAFTA nel 1994, l’accordo di libero scambio che, come ha spiegato Michael Moore, “ha contribuito a distruggere gli stati industriali del Midwest Superiore”.
Le tute blu bianche sono state la base di Trump in questi stati, mentre i colletti bianchi con istruzione superiore sono stati più resistenti al messaggio di Trump. In particolare gli operai sono più economicamente precari e sono più vulnerabili al genere di accordi di libero scambio promossi da politici come i Clinton.
Come ha segnalato Moore: “Quando Trump era all’ombra di una fabbrica della Ford Motor durante le primarie del Michigan ha minacciato la società che se davvero avesse portato avanti il suo piano di chiusura della fabbrica e l’avesse trasferita in Messico, lui avrebbe schiaffato un dazio del 35 per cento su ogni auto costruita in Messico e rimandata negli Stati Uniti. E’ stata una dolce, dolce musica per le orecchie della classe operaia in Michigan e quando ha lanciato la sua minaccia alla Apple che l’avrebbe costretta a smettere di produrre i suoi iPhone in China e a fabbricarli negli Stati Uniti, beh, i cuori sono andati in estasi.”
Le élite mediatiche hanno preferito irridere e ignorare gli elettori di Trump. Come potevano essere così stupidi e poco istruiti? Non sanno quando problematiche sono le sue idee? Non hanno visto il più recente filmato virale di un comico televisivo lautamente remunerato “distruggere” Trump e mostrar loro quanto sono ottusi?
I sostenitori della Clinton non erano in condizioni di prendere in considerazione le loro proteste. Così non hanno manifestato alcun interesse alla loro disperazione e vulnerabilità, imposte da politiche che i Clinton avevano promosso per decenni.
Trump certamente non appartiene alla classe lavoratrice, ma ha detto loro che stava dalla loro parte, ha cestinato gli accordi commerciali che avevano devastato i loro stati e non ha parlato loro dall’alto in basso. Sapeva che erano arrabbiati ed è sembrato interessarsene.
La Clinton, d’altro canto, non ha visitato il Wisconsin da aprile. Potete farvi un’idea della sua simpatia per i lavoratori bianchi guardando alla sua campagna di decisioni calcolate di ignorare gli appelli a sostenere l’aumento del salario minimo.
Il razzismo nudo e crudo è un male, il razzismo istituzionale è complicato
Molte élite mediatiche hanno alla fine reagito con orrore e disgusto a Trump. Ha detto molte cose orribiliriguardo a gruppi minoritari, particolarmente messicani e mussulmani. Tradizionalmente i Repubblicani sono ritenuti dei mentitori. Non ci si aspettano da loro commenti crudamente razzisti. Tuttavia, come ha mostrato Matt Taibbi, sono stati essi tutto ciò che c’è voluto a Trump per conquistare le primarie Repubblicane, poiché il pubblico ha visto che stava ricevendo la cosa vera, che non sarebbe stato fregato dalla correttezza politica.
Trump ha anche tratto immensamente vantaggio dalla copertura mediatica gratuita ottenuta grazie a ogni commento spregevole da lui fatto, piattamente riferito sui media statunitensi.
Trump non ha fatto appelli in codice. Ha dato voce ai più crudi, più estremi razzisti degli Stati Uniti, come David Duke e il Ku Klux Klan. Ha anche offerto una sorta di convalida a quelli che nutrivano preoccupazioni e ansie meno estreme a proposito di messicani e mussulmani, che sentivano di vivere repressi dalla correttezza politica.
Questo genere di razzismo è quello che le persone istruite e rispettabili sanno che non va mai bene e che dovrebbe essere condannato. Il genere rispettabile, tuttavia, si è solidamente stabilito come buonsenso bipartisan.
Si prenda la retorica di Trump sui messicani, la costruzione del muro e la necessità di deportare gli immigrati illegali. Tale retorica è stata orrenda e offensiva.
Ora considerate il dato effettivo del presidente Obama, docente di diritto costituzionale. Nel febbraio del 2014 l’Economist ha scritto che:
Gli Stati Uniti stanno espellendo immigrati illegali a un ritmo nove volte superiore a vent’anni fa (vedere l’articolo); quasi due milioni sinora sotto Barack Obama, che facilmente supera qualsiasi presidente del passato. Gli agenti di pattuglia ai confini non si limitano a pattugliare il confine; perlustrano il paese in cerca di illegali da cacciare. La macchina della deportazione costa più di tutte le altre aree di competenza delle forze federali dell’ordine messe insieme. Smembra famiglie e impoverisce gli Stati Uniti.
L’Economist ha riflettuto sul perché Obama sovrintendesse a una simile politica “illiberale, crudele e inutile”. La “spiegazione machiavellica è che motiva i latinoamericani, che associano tale barbarie ai Repubblicani, a continuare a votare per i Democratici”. Gli apologeti di Obama affermano che:
“Egli sta semplicemente rispettando leggi scritte da nativisti Repubblicani. E’ un pretesto. Da presidente egli fissa priorità per il ramo esecutivo, che non può arrestare e processare chiunque violi una dei miliardi di leggi federali. Può trovare modi per rallentare la deportazione di immigrati innocui e per concentrarsi su quelli che hanno commesso reati gravi. Ha già rimandato le azioni contro quelli che arrivano da bambini”.
Nel marzo del 2014 la più vasta organizzazione di difesa dei latinoamericani negli Stati Uniti ha alla fine rotto con Obama. E’ stata l’ultima grande organizzazione latinoamericana a difendere i risultati di Obama. La presidente del NCLR [National Council of La Raza – n.d.t.], Janet Murguìa ha definito Obama il “deportatore in capo”. Ha denunciato che: “Può fermare lo smembramento di famiglie. Può fermare il gettare comunità e aziende nel caos. Può smettere di guardare dall’altra parte di fronte ai danni che sono causati. Ha assolutamente il potere di fermare questo. Non agire sarà la vergognosa eredità della sua presidenza”.
A fine 2014, sotto la pressione di attivisti, Obama ha promulgato un intervento esecutivo per riformare la politica delle deportazioni e ha protetto dalla deportazione fino a 5 milioni di persone prive di documenti negli Stati Uniti. Poi nel 2016 ha intensificato nuovamente le deportazioni, ordinando la deportazione di migliaia di bambini senza alcuna udienza in tribunale. Lisa Mascaro ha scritto che perquisizioni nei fine settimana, che prendono di mira genitori e bambini, “minacciano di oscurare quello che è stato un forte contrasto tra la posizione del partito e quella sposata dai principali candidati Repubblicani alla presidenza, più in particolare Donald Trump, che ha proposto modi duri per tener lontano i migranti.”
Davvero.
I commenti di Trump sui messicani e le persone prive di documenti sono censurabili. Ma le azioni del deportatore in capo hanno già avuto un effetto orrendo su milioni di esseri umani.
La conseguenza è stata che un numero minore di latinoamericani è stato disposto a sostenere la candidata Democratica questa volta. Nel 2012 Obama ha conquistato il 71 per cento dei voti dei latinoamericani, mentre Romney aveva ottenuto il 27 per cento. In questa elezione la Clinton ha ottenuto il 65 per cento dei voti dei latinoamericani, con il 29 per cento andato a Trump. Trump ha fatto meglio tra gli elettori ispanici di quanto aveva fatto Romney. Trump ha anche fatto meglio di Romney tra gli elettori neri, e la Clinton ha fatto peggio di Obama.
Il ridotto entusiasmo dei latinoamericani per i Democratici è una conseguenza dei privilegi? Hanno interiorizzato più razzismo negli ultimi quattro anni? O sono semplicemente divenuti delusi? Avevano votato per un presidente che aveva promesso speranza e cambiamento e si era rivelato assolutamente crudele.
Mentre i tizi dei media stavano comodamente denunciando la retorica razzista di Trump, le deportazioni di Obama si dimostravano più controverse. Quanti vite egli distruggeva era semplicemente una disputa sulla politica.
Per vincere un’elezione ci vogliono sostenitori entusiasti. Trump aveva dalla sua parte razzisti entusiasti. I Democratici trovavano più difficile schierare dalla propria parte antirazzisti entusiasti, a causa del loro passato disgustoso.
Prendiamo il famigerato appello di Trump a costruire un muro. Jorge Ramos ha segnalato che la Clinton aveva votato per costruire una barriera sul confine con il Messico nel 2006. 
“Qual è la differenza tra la sua idea e quella di Donald Trump di costruire un muro con il Messico?” ha chiesto Ramos. La Clinton ha negato di voler costruire un muro.
“Beh, ho votato a favore della sicurezza al confine e parte di essa era una barriera … Non penso di averla mai chiamata un muro. Forse da qualche parte era un muro”.
Questo genere di distinzione tra Trump e la Clinton può aver indotto i latinoamericani a reagire a Trump in modo paragonabile a come avevano reagito a Romney.
I Democratici hanno sabotato la loro miglior possibilità elettorale
Per sintetizzare: la Clinton è stata la candidata dell’establishment in un momento in cui il pubblico era stanco dell’establishment. Gli statunitensi bianchi della classe lavoratrice avevano votato per la speranza e il cambiamento nel 2008, quando avevano eletto Obama. Hanno votato di nuovo per lui nel 2012.
Nel 2016 si sono arresi e hanno votato per il Repubblicano che prometteva di attaccare l’establishment, di opporsi agli accordi di libero scambio e di imporre dazi per proteggere i lavoratori della Rust Belt.
Nonostante una forte maggioranza di statunitensi neri e ispanici abbia sostenuto la Clinton, le hanno dato meno sostegno di quanto ne avevano dato a Obama. La retorica dell’odio di Trump non è stata sufficiente a bilanciare la mediocre storia della Clinton e dei Democratici.
Forse se i Democratici avessero nominato un candidato migliore avrebbero vinto. Qualcuno che fosse in grado di rivolgersi alla classe lavoratrice della Rust Belt. Qualcuno che sarebbe stato capace di promuovere la democrazia sociale come risposta alle loro preoccupazioni, anziché il razzismo e il nazionalismo.
Gli Stati Uniti avevano un simile candidato. Bernie Sanders non era perfetto ma era un candidato più fortecontro Trump, e nei sondaggi aveva costantemente ottenuto risultati migliori della Clinton contro Trump.
Sanders è attualmente il politico più popolare negli Stati Uniti con un certo margine. Dimostra che una campagna credibile contro l’establishment può venire dalla sinistra dichiaratamente socialista e ottenere un considerevole sostegno, anche tra quelli che hanno votato per Trump.
Naturalmente Sanders ha subito degli svantaggi sin dall’inizio contro la Clinton. La Clinton aveva un profilo nazionale molto superiore a Sanders e aveva i vantaggi di un considerevole sostegno delle élite politiche, mediatiche e finanziarie.
La campagna della Clinton ha usato la sua influenza per pregiudicare le primarie contro Sanders. Ad esempio il Comitato Nazionale Democratico (DNC) ha discusso con l’organizzazione della campagna come limitare i dibattiti e programmarli in modo tale da minimizzarne l’impatto.
Anche Donna Brazile, presidente del DNC e in precedenza collaboratrice regolare della CNN, ha fatto trapelare in anticipo alla campagna della Clinton alcune delle domande del dibattito.
Dopo che il suo comportamento è stato denunciato, è stata licenziata dalla CNN.E’ divenuta il capo del DNC dopo le dimissioni di Debbie Wasserman. Schultz è stato costretto alle dimissioni dopo che WikiLeaks aveva rivelato email che mostravano il DNC cospirare contro la campagna di Sanders.
Tra le email c’erano quelle che mostravano dirigenti del DNC che valutavano l’uso dell’ateismo di Bernie Sanders contro di lui, poiché i battisti del sud “farebbero una gran differenza tra un ebreo e un ateo”.
Quale è stata l’influenza della manipolazione del processo delle primarie da parte della campagna della Clinton? Difficile saperlo. Anche se WikiLeaks ha rivelato parte di ciò che è accaduto, molto può non essere stato scritto in email. Quella che abbiamo in concreto è una email rivelatrice dall’interno dell’organizzazione della campagna.
L’autore invia l’email al capo della campagna della Clinton spiegando che aveva lavorato “sotto tre presidenti Democratici della Camera e di aver lavorato per 6 anni per Lloyd Bentsen. So come si gioca la partita e so qual era il trucco, perché ho contribuito ad aggiustare partite sotto alcuni dei migliori, quali Tip e Jim Wright”.
E, spiega, “la base Democratica, i lavoratori sindacalizzati, i liberali non possono capire le sfumature e la sofisticazione riguardo a come si operano questi aggiustamenti, ma sono infuriati perché lo intuiscono, sanno che stanno subendo un accordo marcio”. E dunque, “gli elettori Democratici diffidano dei politici Democratici e restano a casa”.
Davvero. I Democratici non sanno come sono operati gli aggiustamenti, ma lo intuiscono, sanno che stanno subendo un accordo marcio e sono infuriati. E se è questo che i Democratici pensano del loro stesso partito, si può immaginare che cosa ne pensino gli elettori di destra.
Anche loro sono infuriati. Hanno eletto il candidato per dar voce alla loro rabbia. Un candidato pericoloso, fuori di testa, che oggi è la persona più potente del pianeta, con accesso a un intero arsenale nucleare.

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Newmathilda.com
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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